Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2018-10-09, n. 201805774

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2018-10-09, n. 201805774
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201805774
Data del deposito : 9 ottobre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/10/2018

N. 05774/2018REG.PROV.COLL.

N. 07866/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7866 del 2011 proposto dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro

- il Comune di Trivento, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato C N, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Roma, via Cipro, n. 77;
- la Regione Molise, in persona del Presidente della giunta regionale pro tempore , non costituita nel giudizio di appello;;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Molise, 9 maggio 2011 n. 255, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Vista la costituzione in giudizio del Comune di Trivento ed i documenti prodotti;

Vista l’ordinanza della Sezione 26 ottobre 2011 n. 4724 con la quale è stata accolta l’istanza cautelare di sospensione della sentenza qui fatta oggetto di appello;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del 25 gennaio 2018 il Cons. S T e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Chiarina Aiello e l’avvocato C N;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. – Il Ministero per i beni e le attività culturali (oggi Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, d’ora in poi per brevità MIBACT) interpone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Molise, 9 maggio 2011 n. 255, con la quale è stato accolto il ricorso proposto dal Comune di Trivento nei confronti del MIBACT per l’annullamento del decreto ministeriale del 18 maggio 1999, di apposizione del vincolo paesaggistico sull'intero territorio del Comune di Trivento.

2. - Era avvenuto che, con il decreto impugnato in primo grado, il predetto Ministero ebbe a dichiarare di notevole interesse pubblico, ai sensi della l. 1497/1939 e dell'articolo 82 d.p.r. 616/1977, una vasta area di territorio comprendente, tra l'altro, l'intero territorio del Comune di Trivento e ciò perché gli uffici competenti (per come si legge nel decreto impugnato in primo grado) ritennero che detta area “ si contraddistingue come complesso di cose immobili, per la sua singolarità geologica e per il suo valore estetico e tradizionale, caratterizzata dalla presenza di antichi borghi adattati su emergenze rocciose circondate da boschi e orti;, dalla presenza del Tratturo Celano-Foggia, dalla presenza di numerose fontane e corsi d'acqua per l'abbeveraggio degli armenti;
che l’area in questione riveste caratteristiche di eccezionale pregio sia per la posizione, lungo la valle del Trigno, che per la presenza degli importanti centri storici
” e quindi lo scopo era quello di preservare tale pregevole area da eventuali interventi edilizi che avrebbero potuto contaminarne i tratti caratteristici.

3. - Il Comune di Trivento aveva gravato dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Molise il suindicato decreto sostenendone la illegittimità per i seguenti motivi (riprodotti come di seguito a pag. 2 dell’atto di appello):

1) violazione di legge e travisamento dei fatti per violazione dell'art. 7 L.241/90: il Comune osservava l'irrilevanza del ruolo svolto dalla nota n. 9207/96 ai fini della comunicazione d'avvio del procedimento di imposizione del vincolo.

2) violazione di legge e del principio di buon funzionamento e coordinamento dell'azione amministrativa per inosservanza dell'art. 14 L.241/90: il ricorrente lamentava la mancata convocazione di una conferenza di servizi da parte dell'Amministrazione procedente, per acquisire le :relative valutazioni comunali;

3) illogicità ed arbitrarietà del provvedimento adottato in ordine all'individuazione dell'area sottoposta a vincolo: il Comune contestava l'apposizione del vincolo sull'intero territorio comunale, a prescindere dalle diverse caratteristiche delle località vincolate;

4) eccesso di potere per inadeguatezza dell'istruttoria e insufficienza della motivazione, per la mancata comparazione dell'interesse pubblico con l'interesse privato ”.

4. – Il Tribunale amministrativo regionale aveva accolto il ricorso proposto valorizzando (così si legge testualmente nella sentenza qui gravata) “ la censura relativa al mancato adeguato coinvolgimento degli enti territoriali rappresentativi della collettività stanziale e quindi esponenziali di gran parte degli interessi coinvolti dalla decisione in questione, i quali, messi in condizione di partecipare al procedimento di apposizione del vincolo, avrebbero potuto arricchire l'istruttoria, quantomeno di tutte quelle considerazioni esposte nel presente ricorso e ritenute meritevoli di tutela ”, di conseguenza ha annullato il decreto ministeriale del 18 maggio 1999 impugnato in primo grado.

5. – Il Ministero ha quindi spiegato appello nei confronti della sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Molise sostenendone l’erroneità nell’avere ritenuto che il decreto ministeriale fosse illegittimo “ perché privo, se considerato nella sua interezza, dei tratti di omogeneità ed uniformità idonei a giustificare la determinazione ministeriale ” (così a pag. 3 dell’atto di appello) e quindi sulla scorta di considerazioni di ordine meramente quantitativo.

Soggiunge il Ministero appellante che, nel caso di specie, non sarebbe stato comunque possibile isolare singole aree comprese nella bellezza d'insieme proprio perché l'intero complesso paesaggistico è meritevole di tutela. Ne deriva l’erroneità delle conclusioni alle quali è giunto il giudice di primo grado, nel caso in questione, non avendo neppure tenuto in considerazione la circostanza che l’esercizio del potere di apposizione di un vincolo paesaggistico è caratterizzato da discrezionalità tecnica, espressione delle valutazioni operate dagli uffici competenti, sicché nei confronti dei provvedimenti conseguentemente adottati l’indagine del giudice amministrativo va limitata alla sola illogicità e arbitrarietà manifeste.

E’ poi documentalmente dimostrato che la Soprintendenza, con nota del 29 aprile 1996, aveva comunicato alla Regione Molise ed ai Sindaci di tutti i Comuni interessati l’intendimento di sottoporre a vincolo paesaggistico i territori di Salcito e Trivento, di talché ben avrebbero potuto i destinatari di tale comunicazione presentare osservazioni alla Soprintendenza, cosa che non è avvenuta. Ne deriva che la sentenza qui appellata si presenta erronea anche nella parte in cui ha valorizzato le censure del Comune ricorrente in materia di mancato coinvolgimento, nel procedimento impositivo, delle amministrazioni locali interessate dall’apposizione del vincolo paesaggistico.

Da qui la richiesta di riforma della sentenza appellata e di reiezione del ricorso proposto in primo grado.

6. – Si è costituito nel presente giudizio di appello il Comune di Trivento contestando la fondatezza dei motivi dedotti dal Ministero appellante e confermando la correttezza delle conclusioni alle quali sono giunti i giudici di primo grado. Ribadendo la illegittimità del decreto ministeriale impugnato in prime cure il Comune appellato chiedeva la reiezione del gravame.

7. – Con l’ordinanza 26 ottobre 2011 n. 4724 la Sezione ha accolto l’istanza cautelare di sospensione della sentenza qui fatta oggetto di appello.

All’udienza pubblica del 25 gennaio 2018 il ricorso in appello è stato trattenuto per la decisione.

8. – L’appello è infondato.

Il contenuto della nota 29 aprile 1996 (che nella documentazione prodotta in giudizio, peraltro, non risulta essere stata inviata se non alla Regione Molise) reca una “laconica indicazione” in virtù della quale l’Ufficio scrivente “ (…) considerato il notevole interesse paesaggistico del territorio del Comune di Trivento, invita codesta Regione a procedere agli atti di competenza·per sottoporre detto territorio alle norme della legge 1497/39 ”, seguita da una ulteriore nota del 27 giugno 1996 con la quale l’Ufficio centrale per i beni ambientali e paesaggistici del Ministero chiedeva alla Soprintendenza molisana, tenuto conto della nota n. 920 del 29 aprile 1996 (con la quale la Soprintendenza aveva invitato la Regione Molise a procedere agli atti di competenza per sottoporre l'area in questione a vincolo paesaggistico) “ (…) di voler comunicare se il suddetto Ente abbia provveduto. (…)” , rammentando alla Soprintendenza stessa che in caso di inerzia regionale ai sensi dell’art. 82 DPR 24 luglio 1977, n. 616 essa avrebbe potuto procedere in via sostitutiva.

Seguiva un carteggio tra i due uffici ministeriali che esitava nella proposta di decreto e nel decreto stesso nel quale l’apposizione del vincolo paesaggistico era spiegata dalla circostanza secondo la quale, dopo aver descritto per ciascuno dei due Comuni i percorsi storico architettonici caratterizzanti alcune aree comunali e segnalato taluni vestigia e bellezze idro geografiche, “ si riconosce ai territori comunali di Salcito e Trivento una valenza architettonico paesaggistica di particolare interesse, caratterizzata dalla presenza di antichi borghi adattati su emergenze rocciose circondate da boschi e orti;
dalla presenza del Tratturo Celano-Foggia, nonché dalla presenza di numerosi fontanili e corsi d'acqua per l abbeveraggio degli armenti
”, segnalando l’urgenza nel provvedere all’apposizione del vincolo onde scongiurare eventuali interventi edilizi che potrebbero modificare le caratteristiche dell’area.

Orbene, da quanto sopra, non si evidenzia dalla documentazione prodotta nei due gradi di giudizio che gli enti interessati siano stati realmente posti nella condizione di valutare la portata e la sussistenza dei presupposti dell’atto di imposizione del vincolo in contraddittorio con l’amministrazione dei Beni culturali, effettuandosi quindi un bilanciamento con le esigenze edilizie comunali che, seppur realizzate, non avrebbero scalfito né potuto compromettere l’operazione di conservazione storico architettonica della zona. Tanto meno possono considerarsi alla stregua di comunicazioni di avvio di procedimento le note di cui sopra, in buona parte riprodotte testualmente, come al contrario ritiene il Ministero appellante.

9. – Sotto altro profilo va poi osservato che, come è noto, il vincolo paesaggistico ha la funzione di tutelare l'assetto complessivo di una porzione di territorio ritenuta di valore sotto il profilo estetico o storico-culturale, al fine di prevenirne la modificazione e di garantirne la fruizione da parte del pubblico, conservando i valori di cui è riconosciuto portatore. Proprio per la peculiare natura dello stesso, il vincolo paesaggistico interviene non già sul singolo edificio o bene, ma, ontologicamente, su un ambito territoriale più esteso, corrispondente, secondo la discrezionale valutazione delle Autorità preposte alla tutela del vincolo stesso, a quello necessario per garantire la sua effettività

Va poi inoltre considerato che il potere ministeriale di apposizione del vincolo paesaggistico costituisce estrinsecazione di discrezionalità tecnica dell'Amministrazione, sindacabile in sede giurisdizionale nei limiti della logicità della motivazione ovvero con riferimento all'esistenza e alla errata rappresentazione dei presupposti di fatto cui l'attività valutativa fa riferimento" (cfr., ex plurimis , Cons. Stato, Sez. VI, 19 febbraio 2007 n. 5436 e 22 gennaio 2004 n. 161).

Fermo quanto sopra occorre però, per aversi un percorso istruttorio ed una esplicazione delle ragioni dell’imposizione di un vincolo di ampia portata territoriale legittimi, che l’amministrazione procedente sviluppi con apprezzabile puntualità le necessità di estensione dei limiti alla edificazione all’intero territorio interessato e verifichi se tali limitazioni possano essere circoscritte sino al punto da non coinvolgere i territori nella loro interezza, sì da mitigare ragionevolmente le conseguenze dell’atto impositivo.

Ritenere acriticamente che tutto il territorio ricadente nell’ambito dei due comuni interessati debba essere coinvolto nell’operazione di tutela paesaggistica potrà anche costituire la soluzione finale dell’istruttoria, ma allo stato non si comprende, dalla motivazione del decreto ministeriale impugnato in prime cure e dalla documentazione prodotta nei due gradi di giudizio, come tale esito sia stato raggiunto, evidenziandosi quindi una insufficiente istruttoria (peraltro colpevolmente orfana della fase di contraddittorio con gli enti locali coinvolti) e una conseguente inadeguata ed incompleta motivazione.

10. - Deriva da quanto sopra la infondatezza dell’appello proposto, di talché va confermata la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Molise, 9 maggio 2011 n. 255, con conseguente conferma dell’accoglimento del ricorso n. R.g. 822/1999 ed annullamento dell’ivi impugnato decreto ministeriale 18 maggio 1999.

In ragione del principio di soccombenza processuale, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., per come espressamente richiamato dall’art. 26, comma 1, c.p.a., il Ministero appellante va condannato a rifondere le spese del giudizio di appello nei confronti del Comune appellato, che possono liquidarsi nella misura complessiva di € 3.000,00 (euro tremila/00) oltre accessori come per legge. Possono compensarsi le spese processuali del grado con riferimento alla Regione Molise.

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