Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-04-15, n. 201302070

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-04-15, n. 201302070
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201302070
Data del deposito : 15 aprile 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06849/2012 REG.RIC.

N. 02070/2013REG.PROV.COLL.

N. 06849/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6849 del 2012, proposto da:
Regione Campania, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dall'avv. A M, con domicilio eletto presso Ufficio Rappresentanza Regione Campania in Roma, via Poli, 29;

contro

A C, rappresentato e difeso dagli avv. Luigi D'Angiolella, F B, con domicilio eletto presso Studio Luponio in Roma, via M. Mercati 51;

nei confronti di

Snam Rete G, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dall'avv. Giulio Gomez D'Ayala, con domicilio eletto presso Bragaglia &
De Zordo in Roma, viale Tupini N. 133;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. della CAMPANIA – Sede di NAPOLI - SEZIONE V n. 02897/2012, resa tra le parti, concernente occupazione temporanea aree - realizzazione gasdotto – mcp.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di A C e di Snam Rete G;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 marzo 2013 il Consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti gli avvocati Edoardo Barone (su delega di A M) e Eliseo Laurenza (su delega di Luigi M. D'Angiolella e di F B);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con la sentenza in epigrafe appellata il Tribunale amministrativo della Campania – Sede di Napoli- ha accolto il ricorso di primo grado proposto dall’ odierna appellata Sig.ra Cameretti Amalia, avversante la nota della Giunta Regionale della Campania dell’8/4/2010 con cui si era reso noto che con Decreto Dirigenziale n.238 del 7/4/2010 – mai comunicato – era stato disposto l’asservimento e l’occupazione temporanea di alcuni tratti di proprietà della originaria ricorrente in Pratella (Ce) fl.7 – p.lle 5014-103nonchè dello stesso Decreto Dirigenziale n.238 del 7/4/2010;
degli atti ivi richiamati, tra cui il Decreto Dirigenziale n.466 del 24/9/2009, la nota del 18/2/2010, il Decreto Dirigenziale n.2584 del 16/12/2009.Era stato altresì richiesto il risarcimento dei danni da occupazione e trasformazione abusiva.

Erano state dedotte numerose ed articolate censure di violazione di legge ed eccesso di potere.

Il primo giudice con ordinanza n.5440 del 2011 ha disposto consulenza tecnica d’ufficio che ( anche in ragione della perizia di parte dell’Arch. Lucio Santangelo che individuava in € 182.600,00 la somma da corrispondere, avuto riguardo nei termini dianzi riassunti al disposto dell’art.42-bis del DPR n.327/2001) previa esatta individuazione dell’area da asservire, quantificasse i danni a vario titolo provocati per l’imposizione della servitù di metanodotto e relativi sia al valore per anno di occupazione per ogni singola superficie, sia all’occupazione illegittima, anche con riferimento ad altre perizie di stima per suoli vicini a quelli oggetto di occupazione ( ciò al fine della stima del valore del fondo in contestazione).

Ha quindi introitato la causa, accogliendo in parte il gravame.

In particolare, il Tribunale amministrativo regionale ha affermato la sussistenza della giurisdizione amministrativa in ordine alla detta controversia ( affermando altresì che la domanda di reintegra nel possesso proposta poteva essere soddisfatta con le forme di tutela previste dal codice del processo amministrativo – anziché con quelle di cui all’art 703 c.p.c., che rinviava agli art. 669 bis e ss. c.p.c.-) ed ha esaminato (e respinto) le eccezioni proposte dalla Regione Campania con le quali si era sostenuta la regolarità della procedura espropriativa.

Nel merito, infatti, richiamate le risultanze della disposta consulenza tecnica d’ufficio secondo cui “si era in presenza di due terreni censiti al Catasto del Comune di Pratella (CE) al fl.7 – p.lle 5014 e 103: mentre la p.lla 103 risulta interclusa, al fondo individuato con il mappale 5014 si perviene attraverso strada interpoderale denominata Vicinale Ospedale;
quest’ultimo era interessato dal passaggio del metanodotto nel tratto compreso tra i terreni individuati con i mappali 5015 e 68. I lavori di attraversamento del metanodotto, iniziati immediatamente dopo la redazione del verbale di presa di possesso del 19.05.2010, risultavano conclusi a far data dall’11.08.2010 e, anche per effetto di ordinari dissuasori infissi nel terreno, di fatto la originaria consistenza di mq 19.888 è stata suddivisa in tre parti: a) la porzione di mq 2560 oggetto della servitù del metanodotto;
b) la porzione di mq 16.128 posta ad ovest della descritta servitù;
c) la porzione di circa mq 1200 ubicata ad est del metanodotto. Sul confine est del lotto, precisamente sulle particelle 5015 e 5016, era situata la cabina di decompressione del gas del Comune di Pratella, mentre la p.lla 103 dalla superficie di complessivi mq 64 è stata occupata temporaneamente per l'esecuzione dei lavori di metanizzazione ed al momento dei sopralluoghi risultava libera” ha accolto, con assorbimento delle ulteriori censure, le doglianza con le quali era stato sostenuto il vizio dell’intera procedura espropriativa scaturente dalla mancata comunicazione dell’avvio del procedimento.

Richiamata in proposito la costante giurisprudenza secondo cui, anche nelle ipotesi in cui ricorre la dichiarazione di pubblica utilità c.d. “implicita”, ovvero quella insita nell’approvazione del progetto dell’opera pubblica, il relativo procedimento deve essere preceduto dalla comunicazione prevista dall’art. 7 della Legge n.241/1990, il primo giudice ha evidenziato che gli artt. 16 e 17 del DPR n.327/01 prevedevano l'obbligo di dare comunicazione, rispettivamente dell'avvio del procedimento e della avvenuta approvazione del progetto definitivo, al "proprietario dell'area ove era prevista la realizzazione dell'opera".

Detta locuzione poteva ragionevolmente riferirsi solo al proprietario di aree da espropriare: ciò si desumeva chiaramente dagli artt. 16, comma 11 e 17, comma 3, i quali sottendevano entrambi la qualità di soggetto ad espropriazione nel "proprietario dell'area": nel primo caso, infatti, la norma facoltizzava tale soggetto a "chiedere che l'espropriazione riguardi anche le frazioni residue dei suoi beni", mentre nel secondo caso gli conferiva la possibilità di interloquire sul valore dell'area ai fini della determinazione della indennità di esproprio. S

Peraltro, ai sensi degli artt.11 e 16 del DPR n. 327/2001, al proprietario del bene immobile, sul quale si intenda apporre il vincolo preordinato all'esproprio, dovesse essere inviato l'avviso dell'avvio del relativo procedimento, così come antecedentemente all'approvazione del progetto definitivo/esecutivo dell'opera pubblica andava comunicato l'avvio del procedimento ablatorio al proprietario dell'area ove è prevista la realizzazione dell'opera pubblica.

La originaria ricorrente era indiscutibilmente la proprietaria dei fondi espropriati ed era in vita, ragion per cui non soccorreva l’ipotesi di cui all’art.16, comma 8, del DPR n.327/2001.

Peraltro dalla stessa documentazione depositata dalla difesa della Regione si evinceva che il medesimo Ente era a conoscenza dell’indirizzo della originaria ricorrente: la semplice consultazione della visura catastale avrebbe consentito alla stessa SNAM di individuare l’indirizzo di residenza della ricorrente già prima della notifica dell’immissione in possesso e di consentire, così, la conoscenza effettiva da parte dell’interessata e la partecipazione fattiva della stessa all’attività amministrativa.

Preso atto della intervenuta declaratoria di incostituzionalità dell’art. 43 del D.P.R. n. 327 del 2001 con la sentenza n.293 dell’8 ottobre 2010 ( e della conseguente eliminazione dal mondo giuridico dell'istituto della cd. “acquisizione sanante”) il Tribunale amministrativo ha rammentato che, per porre fine ai contrasti ed alle incertezze giurisprudenziali manifestatesi in costanza del vuoto normativo venutosi a creare, con l’art.34 del Decreto-Legge 6.7.2011, n.98 convertito in Legge 15.7.2011, n.111 era stato reintrodotto – dal Legislatore- attraverso l’art.42-bis l’istituto dell’acquisizione coattiva dell’immobile del privato utilizzato dall’Amministrazione per fini di interesse pubblico, (potendosi acquisire al suo patrimonio indisponibile il bene del privato allorchè la sua utilizzazione risponde a “scopi di interesse pubblico” nonostante difetti un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità).

Il primo giudice, ha quindi rimarcato che allorchè venga accertata l’illegittimità dell’operato dell’Amministrazione e la rilevanza nel giudizio dei principi desumibili dall’ art.42-bis, l’accoglimento del ricorso e la condanna dell’Ente al risarcimento ponevano il problema dell’eventuale applicazione dell’art.

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