Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-05-06, n. 202103565

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-05-06, n. 202103565
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202103565
Data del deposito : 6 maggio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/05/2021

N. 03565/2021REG.PROV.COLL.

N. 10557/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10557 del 2019, proposto da
R S ed A L, rappresentati e difesi dall'avvocato P V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Luca Giovarruscio in Roma, via San Tommaso D'Aquino, n. 7;

contro

Comune di Salerno, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati A B ed A D M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania n. 676/2019.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Salerno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 aprile 2021 il Cons. Giordano Lamberti e dato atto che l’udienza si svolge ai sensi degli artt. 4, comma 1, del Decreto Legge n. 28 del 30 aprile 2020 e 25 del Decreto Legge n. 137 del 28 ottobre 2020, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1 - Gli appellanti sono comproprietari per pari quote di un immobile sito in Salerno, località Sant’Angelo di Ogliara, alla via Cavolella (foglio 8, particelle 299 e 301).

2 - In data 5 dicembre 2018, gli agenti comunali hanno accertato l’esecuzione delle seguenti opere abusive: a) realizzazione di una struttura in cemento armato, n. 6 pilastri e solaio in laterocemento, in sopraelevazione al fabbricato già oggetto di istanza di condono n. 119111/03, di dimensioni esterne di mt. 9,60 x 9,20 ed altezza, dal calpestio all’estradosso del sovrastante solaio, di mt. 3,30. La tamponatura, allo stato ancora incompleta, era posta al margine esterno del solaio, generando, una volta completata, un volume vuoto per pieno di circa mc. 291;
b) realizzazione, sull’intera area del piano di cui al punto precedente, di un piano sottotetto completo di copertura, a due falde, in legno e tegole di cemento e tamponatura perimetrale con altezza, dal calpestio all’estradosso copertura, minima di circa mt. 0,20, e massima di circa mt. 2,20, con volume vuoto per pieno di circa mc. 106.

L’accertamento ha riguardato anche una parte dell’immobile già oggetto di istanza di condono edilizio, ove sono emerse le seguenti difformità: c) realizzazione al piano rialzato (definito stenditoio) di un vano scala di collegamento al sottostante piano garage. Il vano è in muratura con dimensioni di circa mt. 1,40 x mt. 1,60 ed altezza interna di 2,04 mt, all’interno era presente una scala a chiocciola in ferro e legno;
superiormente, nella restante altezza interpiano, era stato ricavato un vano deposito dotato di sportello e separato da detto vano scala a mezzo di piccolo solaio.

2.1 – In riferimento all’istanza di condono (n. 119111/03), deve darsi atto che il relativo provvedimento di diniego veniva impugnato dinanzi al T.A.R. per la Campania, sezione di Salerno, che con il decreto n. 306/2019 dichiarava la perenzione del giudizio, sicché il provvedimento di diniego di condono diveniva definitivo.

3 - Con l’ordinanza n. 53 del 6 dicembre 2018, il Comune ha accertato che le opere edilizie abusive ricadevano nella zona omogenea E del vigente P.U.C. e che nel piano per l’assetto idrogeologico dell’Autorità di Bacino l’area è campita come R3 – Rischio elevato;
quindi - preso atto che la pratica di condono edilizio risultava respinta con l’atto di diniego n. 397/2010 e considerato che le opere abusive sopra descritte, in quanto interventi di nuova costruzione, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera e), del D.P.R. n. 380/2001, erano assoggettate al regime normativo del permesso di costruire - ha intimato la demolizione sia degli interventi di cui al diniego di condono n. 119111/2003, sia delle ulteriori opere realizzate abusivamente.

4 - Gli appellanti hanno impugnato tale provvedimento avanti il T.A.R. per la Campania, sezione di Salerno che, con la sentenza n. 676/2019, ha rigettato il ricorso.

5 – Con il primo motivo di appello si contesta il passaggio della predetta sentenza nel punto in cui afferma che, a seguito della perenzione del giudizio amministrativo avente ad oggetto l’impugnazione proposta avverso il provvedimento di diniego della concessione edilizia in sanatoria ai sensi della legge 24 novembre 2003, n. 326, il provvedimento impugnato, ossia il diniego della concessione edilizia in sanatoria, si sarebbe consolidato, diventando inoppugnabile;
di guisa che l’ordinanza di demolizione oggetto del presente giudizio amministrativo non sarebbe nient’altro che un provvedimento strettamente consequenziale al predetto diniego, atteggiandosi come atto dovuto, volto al ripristino dell’assetto urbanistico violato.

5.1 – La censura non deve trovare accoglimento.

Il T.A.R. ha fatto corretta applicazione dei principi che regolano la materia, valorizzando correttamente la relazione tra l’intervenuto consolidamento del provvedimento di condono e la seguente ordinanza di demolizione.

In generale, deve ritenersi inammissibile l’impugnazione giurisdizionale di un provvedimento amministrativo che rimetta in discussione la legittimità del provvedimento definitivo presupposto, divenuto inoppugnabile.

In casi assimilabili a quello oggetto di causa, la giurisprudenza ha precisato che il soggetto che ha prestato acquiescenza al rigetto dell’istanza di sanatoria di opera da lui abusivamente realizzata decade dalla possibilità di rimettere in discussione le ragioni del diniego in sede di impugnazione dell’ordine di demolizione, atteso che quest’ultimo in detto diniego, divenuto definitivo a seguito dell’estinzione del relativo giudizio di impugnazione, rinviene il suo presupposto ( cfr . Cons. St. sez VI n. 4475 del 2018; cfr . anche Cons. St. sez. VI, n. 3744 del 2015: “ il soggetto, che ha prestato acquiescenza al rigetto dell'istanza di sanatoria di opera da lui abusivamente realizzata, decade dalla possibilità di rimettere in discussione le ragioni del diniego in sede di impugnazione dell'ordine di demolizione, atteso che quest'ultimo in detto diniego, divenuto definitivo perché non impugnato, rinviene il suo presupposto ”).

5.2 – Non scalfisce tale conclusione l’assunto di parte appellante secondo cui il ricorso avverso l’ordinanza di demolizione avrebbe ad oggetto esclusivamente vizi propri dell’ordinanza medesima e non vizi derivati dall’atto presupposto, in quanto le relative opere edilizie (garage) sarebbero state già precedentemente assentite;
né può trovare accoglimento la censura con cui si deduce il difetto di motivazione dell’ordinanza di demolizione in riferimento ai manufatti edilizi non indicati nel preambolo e nella parte motiva.

Al riguardo, è sufficiente rilevare che l’istanza di concessione edilizia in sanatoria del 4 dicembre 2003 (protocollo n. 119111) riguardava anche tale locale, al quale deve pertanto ritenersi logicamente riferito il corrispondente provvedimento di diniego.

Quanto alla dedotta carenza di motivazione, deve rilevarsi che nella premessa dell’atto impugnato si dà pienamente conto sia del diniego della concessione edilizia in sanatoria che delle opere, da ritenersi note ai ricorrenti per averne chiesto la sanatoria, che conseguentemente avrebbero dovuto ritenersi abusive.

Alla luce di tale circostanza non deve trovare accoglimento nemmeno il terzo motivo di appello con cui si lamenta la carenza di motivazione del provvedimento impugnato, che non descriverebbe compiutamente le opere abusive di cui è ingiunta la demolizione.

6 – Le conclusioni che precedono assorbono le ulteriori censure svolte dagli appellanti, che già il giudice di primo grado ha considerato inammissibili.

In ogni caso, le doglianze degli appellanti non appaino in grado di superare la valutazione di merito, comunque effettuata dal T.A.R., secondo cui la concessione edilizia n. 43982/13512 del 5 febbraio 1987 non dimostrerebbe la sussistenza di un legittimo titolo abilitativo edilizio inerente al locale garage attinto dall’ordinanza di demolizione, posto che tale titolo sarebbe riferibile ad un altro e diverso manufatto.

Appare inoltre ragionevole la considerazione del giudice di primo grado, secondo cui non avrebbe avuto alcun senso richiedere la concessione edilizia in sanatoria per la realizzazione di un garage già regolarmente assentito con regolare concessione edilizia.

7 – Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

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