Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-05-04, n. 201002558
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Testo completo
N. 02558/2010 REG.DEC.
N. 10124/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
sul ricorso in appello nr. 10124 del 2009, proposto dalla signora F P G D G, rappresentata e difesa dagli avv. L B e M V, con domicilio eletto presso Grez &Associati S.r.l. in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18,
contro
il COMUNE DI MILANO, in persona del Sindaco
pro tempore,
rappresentato e difeso dagli avv.ti R I, A M A e M R S, con domicilio eletto presso il primo in Roma, Lungotevere Marzio, 3,
nei confronti di
- IMMOBILIARE STEFY S.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore,
rappresentata e difesa dagli avv.ti Claudio Colombo e Paolo Gattini, con domicilio eletto presso l’avv. Giulia Greco in Roma, via F. Cesi, 21;
- IMMOBILIARE BAVARIA 79 S.r.l. e ITALEASE NETWORK S.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti
pro tempore,
non costituite;
per l’annullamento, previa sospensiva,
della sentenza nr. 4886/09 resa dal T.A.R. della Lombardia, Sezione Seconda, sul ricorso nr. 2126/09 R.G., depositata in Segreteria il 23 ottobre 2009 e non notificata, e per l’accoglimento del ricordato ricorso nr. 2126/09 R.G.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Immobiliare Stefy S.r.l. e del Comune di Milano;
Visto l’appello incidentale proposto dalla Immobiliare Stefy S.r.l.;
Viste le memorie prodotte dalla appellante (in date 15 gennaio 2010 e 2 aprile 2010) e dalla appellata Immobiliare Stefy S.r.l. (in data 30 marzo 2010) a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, all’udienza pubblica del giorno 13 aprile 2010, il Consigliere Raffaele Greco;
Uditi l’avv. Viviani per la appellante e l’avv. Izzo e l’avv. Donella Resta, su delega dello stesso avv. Izzo, per la Immobiliare Stefy S.r.l.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La signora Francesca Piovene Giusti del Giardino ha impugnato, chiedendone la riforma previa sospensione dell’esecuzione, la sentenza con la quale il T.A.R. della Lombardia ha dichiarato in parte irricevibile e in parte inammissibile il ricorso con il quale la medesima aveva chiesto l’accertamento dell’insussistenza dei presupposti per il perfezionarsi della d.i.a. presentata dalla Immobiliare Stefy S.r.l. per l’esecuzione di opere edili in Milano, via Broletto nr. 39, nonché l’annullamento dell’atto con il quale il Comune di Milano ha riscontrato negativamente la sua istanza intesa a sollecitare l’intervento in autotutela dell’Amministrazione comunale sulla predetta d.i.a.
A sostegno dell’impugnazione, la appellante ha dedotto:
1) erroneità dell’appellata sentenza quanto alla dichiarata irricevibilità, per tardività, della domanda di accertamento dell’insussistenza dei presupposti per il perfezionarsi della dichiarazione di inizio attività presentata dalla Immobiliare Stefy S.r.l. il 14 novembre 2008;
2) erroneità della medesima sentenza quanto alla domanda di annullamento dell’atto con cui il Comune di Milano ha dato seguito all’istanza della ricorrente.
Pertanto, la appellante ha riproposto come segue i motivi di impugnazione di primo grado, non scrutinati dal T.A.R. milanese:
I) illegittimità della qualificazione dell’intervento come di manutenzione straordinaria: violazione dell’art. 3, comma 1, lettera b), e comma 2, del d.P.R. 6 giugno 2001, nr. 380;in ipotesi, illegittimità costituzionale degli artt. 27, comma 1, lettera b), seconda parte, e 103 della legge regionale 11 marzo 2005, nr. 12;
II) violazione dell’art. 18.3 delle N.T.A. del P.R.G. di Milano;violazione della disciplina dei titoli abilitativi.
Il Comune di Milano, costituitosi, si è opposto all’accoglimento dell’appello chiedendo la conferma della sentenza impugnata e comunque la reiezione del ricorso di primo grado siccome infondato.
Altrettanto ha fatto l’appellata Immobiliare Stefy S.r.l., la quale ha altresì gravato in via incidentale la medesima sentenza del T.A.R. lombardo, limitatamente alla parte con la quale è stata disposta la compensazione delle spese di giudizio.
Alla camera di consiglio del 19 gennaio 2010, fissata per l’esame della domanda incidentale di sospensiva, questa è stata differita sull’accordo delle parti, per essere abbinata alla trattazione del merito.
All’udienza del 13 aprile 2010, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. L’appello principale è infondato e va conseguentemente respinto.
2. Oggetto della presente controversia sono gli interventi edilizi posti in essere dalla Immobiliare Stefy S.r.l. all’interno di un immobile sito in Milano alla via del Broletto, sulla base di una dichiarazione di inizio attività presentata al Comune in data 14 novembre 2008.
In primo grado l’odierna appellante, signora Francesca Piovene Giusti del Giardino, proprietaria di altra unità immobiliare all’interno dello stesso fabbricato, ha chiesto accertarsi l’insussistenza dei presupposti per il perfezionamento della d.i.a., ritenendo i predetti interventi non riconducibili alla nozione di “ manutenzione straordinaria ”;inoltre, ha chiesto l’annullamento di un atto con il quale l’Amministrazione, in riscontro ad una istanza formulata dalla stessa odierna appellante, ha dichiarato di non intendere attivarsi in autotutela sulla precitata d.i.a., ribadendo il proprio avviso in ordine alla realizzabilità delle opere de quibus sulla base di detto titolo abilitativo.
Il T.A.R. della Lombardia ha dichiarato irricevibile l’azione di accertamento, siccome proposta oltre la scadenza del termine di sessanta giorni dal momento in cui la ricorrente aveva avuto conoscenza della d.i.a. censurata, ed ha altresì dichiarato inammissibile l’azione di annullamento, ritenendo che la citata nota di riscontro dell’Amministrazione comunale fosse atto meramente confermativo, e quindi non autonomamente impugnabile.
3. Tanto premesso, ai fini della risoluzione del problema della tempestività del ricorso di primo grado (evocato con il primo motivo d’appello), la Sezione reputa superfluo l’approfondimento della vexata quaestio in ordine alla natura provvedimentale o privata della d.i.a.
Al riguardo, il primo giudice ha aderito alla tesi secondo cui la d.i.a. costituisce un atto di natura privata, recentemente sostenuta – come noto - dalla Sesta Sezione di questo Consiglio di Stato (dec. nr. 917 del 9 febbraio 2009);permangono però a tutt’oggi pronunce nelle quali la d.i.a. viene qualificata come provvedimento implicito, impugnabile secondo gli ordinari criteri (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 13 gennaio 2010, nr. 72).
Tuttavia, quale che sia la prospettiva che si accoglie, appare corretta la statuizione di tardività dell’azione proposta in primo grado avverso la d.i.a. per cui è causa.
Infatti, anche a voler effettivamente aderire alla tesi “privatistica”, appare corretto concludere – come ritenuto dal giudice di primo grado – che l’azione di accertamento di insussistenza dei presupposti per la d.i.a., costituente in tale ipotesi il rimedio a disposizione del terzo che si ritenga leso dall’intervento posto in essere in esecuzione di essa, debba restare anch’essa soggetta al termine decadenziale di sessanta giorni ex art. 21 della legge 6 dicembre 1971, nr. 1034, decorrente dalla conoscenza della d.i.a. (in tale senso, la citata decisione nr. 917 del 2009).
Laddove, al contrario, si propenda per la natura provvedimentale della d.i.a., a fortiori essa dovrà essere impugnata nel medesimo termine a partire dal perfezionarsi del titolo abilitativo implicito, alla scadenza del trentesimo giorno dalla presentazione della dichiarazione (ovvero, come ordinariamente accadrà, dal momento della conoscenza che il terzo abbia avuto di tale titolo).
Orbene, nel caso di specie – come correttamente rilevato dal primo giudice – non è contestato che l’originaria ricorrente abbia preso piena conoscenza della d.i.a. per cui è causa in data 23 dicembre 2008, allorché essa fu depositata agli atti di un giudizio civile intentato dalla stessa signora Piovene, unitamente ad altri condomini, con riferimento alle medesime opere per cui qui si controverte;mentre il ricorso di primo grado risulta notificato solo in date 17 e 18 settembre 2009.
Né è possibile accedere alla richiesta di riconoscimento dell’errore scusabile formulata dall’odierna appellante, atteso che, al di là dei contrasti giurisprudenziali in ordine alla natura giuridica della d.i.a. ed ai conseguenti rimedi a disposizione del terzo, entrambe le opinioni astrattamente accoglibili comportano, alla stregua dell’attuale stato della normativa e della giurisprudenza, la necessità di rispettare il termine di cui all’art. 21 della legge nr. 1034 del 1971.
4. Privo di pregio è anche il secondo motivo d’appello, con il quale si lamenta l’erroneità della declaratoria di inammissibilità della domanda di annullamento dell’atto con il quale l’Amministrazione comunale, in riscontro a un’istanza formulata dall’odierna appellante in data 7 agosto 2008, ha esplicitato le ragioni per le quali non riteneva di intervenire in autotutela sulla ridetta d.i.a., ai sensi dell’art. 19, comma 3, della legge 7 agosto 1990, nr. 241.
Al riguardo, appare forse non condivisibile la qualificazione di atto “ meramente confermativo ” che il primo giudice ha dato della censurata nota comunale: infatti, può dirsi tale quel solo atto che, senza acquisizione di nuovi elementi di fatto e senza alcuna nuova valutazione, tenga ferme le statuizioni in precedenza adottate in altro provvedimento amministrativo (cfr. Cons. Stato, sez. V, 29 dicembre 2009, nr. 8853;Cons. Stato, sez. IV, 10 dicembre 2009, nr. 7732);in questo caso, invece, non v’è alcun provvedimento precedente il cui contenuto possa dirsi richiamato dalla nota de qua.
Malgrado ciò, non sembra dubbio che debba escludersi la natura provvedimentale della determinazione in questione, con la quale l’Amministrazione comunale, senza aver proceduto ad alcuna attività istruttoria o ricognitiva rispetto a quella che aveva condotto al perfezionarsi della d.i.a. presentata dalla Immobiliare Stefy S.r.l., si è limitata ad esporre le ragioni dell’inerzia tenuta in tale circostanza ed a rappresentare l’insussistenza di presupposti per l’attivazione dei propri poteri di autotutela.
Pertanto, ammettere l’autonoma impugnabilità di siffatta nota implicherebbe il sostanziale aggiramento del termine decadenziale cui si è visto essere assoggettata in ogni caso, comunque la si voglia intendere, l’azione a disposizione del terzo per contestare l’insussistenza dei presupposti di legge per il perfezionarsi della d.i.a.
Né le conclusioni testé esposte possono mutare in virtù di una supposta “specialità” dei poteri di autotutela attribuiti all’Amministrazione in materia di d.i.a. dal già citato art. 19, comma 3, della legge nr. 241 del 1990: infatti, tale disposizione si limita a rimandare agli ordinari strumenti di autotutela, oggi disciplinati dagli artt. 21 quinquies e 21 nonies della stessa legge nr. 241 del 1990.
Pertanto, devono considerarsi validi anche in tale settore i consolidati principi giurisprudenziali per cui, a fronte di un’istanza di un privato intesa a sollecitare l’esercizio di poteri di autotutela, l’Amministrazione non ha alcun obbligo di rispondere in modo espresso;dal che non può non discendere anche che, qualora l’istanza sia riscontrata con un atto nel quale l’Amministrazione si limita a escludere l’avvio di un procedimento di autotutela, tale atto non è autonomamente impugnabile, risolvendosi in una mera conferma della legittimità del precedente operato della stessa Amministrazione, ormai definitivo e inoppugnabile (al contrario, in caso di effettivo esercizio dei poteri di autotutela, gli atti eventualmente posti in essere – di annullamento, revoca o quant’altro – potranno naturalmente essere impugnati dagli interessati, costituendo rinnovata esplicazione del potere pubblico).
Insomma, una volta giunta a conoscenza della d.i.a. per cui è causa, l’odierna appellante ha legittimamente ritenuto di far valere i propri diritti seguendo strade alternative a quella della proposizione di un ricorso giurisdizionale (esercizio di azioni in sede civile, sollecitazione di interventi in autotutela alla stessa Amministrazione comunale), ciò che le ha precluso la possibilità di poter poi esperire tale rimedio.
5. Le considerazioni che precedono, comportando la conferma della statuizioni di irricevibilità e inammissibilità delle azioni esperite in primo grado, esonerano la Sezione dall’esame nel merito dei motivi di ricorso di primo grado (qui riproposti dalla parte appellante).
6. La reiezione dell’appello per le ragioni anzi dette non comporta, peraltro, l’accoglimento dell’appello incidentale proposto dalla Immobiliare Stefy S.r.l. con riferimento alla statuizione di compensazione delle spese del giudizio di primo grado.
Infatti, tale statuizione appare corretta e ragionevole, tenuto conto della circostanza che sulle questioni determinanti la soccombenza della ricorrente (disciplina dell’azione di accertamento di insussistenza dei presupposti della d.i.a. e impugnabilità di un atto con cui la p.a. riscontri negativamente una richiesta di autotutela) non si rinvengono né disposizioni espresse né diffusi e consolidati orientamenti giurisprudenziali.
Pertanto, l’appello incidentale va respinto.
7. Per le medesime ragioni testé esposte, sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti anche le spese del presente grado di giudizio.