Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2013-01-24, n. 201300438

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2013-01-24, n. 201300438
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201300438
Data del deposito : 24 gennaio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04682/2011 REG.RIC.

N. 00438/2013REG.PROV.COLL.

N. 04682/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4682 del 2011, proposto da:
M Spa, rappresentata e difesa dagli avv. V B, A G, C A, con domicilio eletto presso V B in Roma, via Antonio Bertoloni, 35;

contro

Provincia di Arezzo, rappresentata e difesa dall'avv. C B, con domicilio eletto presso Maurizio Brizzolari in Roma, via della Conciliazione, 44;

nei confronti di

C Spa, rappresentata e difesa dagli avv. D I, R A, con domicilio eletto presso D I in Roma, corso Vittorio Emanuele II,18;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. TOSCANA - FIRENZE: SEZIONE II n. 00568/2011, resa tra le parti, concernente AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE. SMALTIMENTO RIFIUTI. RISARCIMENTO DANNI


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Provincia di Arezzo e di C Spa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 giugno 2012 il Cons. A B e uditi per le parti gli avvocati Biagetti, Brizzolari, per delega dell'Avvocato Baldo, Chierroni per delega dell'Avvocato Iaria, e Alboni;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La società C s.p.a. esercita sin dal 1985 attività di smaltimento rifiuti nel Comune di Civitella in Val di Chiana (AR).

Nel 2001 ha inserito un nuovo forno nell’impianto di incenerimento, autorizzato con decreto regionale n. 2390/2001.

Nel 2004 ha richiesto l’A.I.A. in sostituzione di tutte le autorizzazioni ricevute.

Nel giugno 2007 ha altresì richiesto l’autorizzazione all’ampliamento dell’impianto, con l’installazione di un nuovo forno, contestualmente domandando l’attivazione della procedura di V.I.A.

La Provincia di Arezzo, di riscontro alla richiesta del 2004 ha rilasciato l’A.I.A. con provvedimento 6.12.2007 n. 195.

Con ricorso al T.A.R. Toscana n. 249/2008, evidenziando la propria situazione di concorrente imprenditoriale con C s.p.a., la società M s.p.a. è insorta avverso tale atto, domandandone l’annullamento e chiedendo il risarcimento dei danni asseritamente subiti.

Nelle more del giudizio, con deliberazione di Giunta n. 535/2009 , la Provincia di Arezzo ha concluso il procedimento di V.I.A. avviato nel giugno 2007 ed ha formulato :

un giudizio negativo in ordine all’ampliamento dell’impianto;

ii) un giudizio positivo, di conferma, delle autorizzazione ambientali esistenti, con riferimento agli attuali livelli produttivi. Tale atto non risulta essere stato impugnato.

Con provvedimento dirigenziale n. 51 del 16 marzo 2010, la Provincia di Arezzo ha quindi revocato l’A.I.A. del 2007 (impugnata con ricorso n. 249/2008) e ne ha rilasciata una nuova, in sostituzione della prima.

Con nuovo ricorso al T.A.R. Toscana n. 882/2010, la società M è insorta anche avverso tale atto, riprendendo sostanzialmente i motivi già dedotti con il primo gravame e formulando una nuova domanda di danni.

Con sentenza n. 568 depositata il 1° aprile 2011 il T.A.R , previa riunione dei due ricorsi, ha dichiarato improcedibile il n. 249/2008 per sopravvenuto difetto di interesse ;
ha dichiarato in parte inammissibile ed in parte infondato il n. 882/2010;
ha rigettato le domande risarcitorie .

Avverso tale sentenza ha proposto appello M s.p.a. deducendo, sostanzialmente, cinque motivi di gravame.

Si sono costituiti in giudizio la Provincia di Arezzo e la società C s.p.a. , chiedendo la reiezione del gravame .

Alla pubblica udienza del 26 giugno 2012 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. L’appello è infondato.

2. Con il primo motivo M assume l’erroneità della sentenza , laddove ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso R.G. n. 249/2008, per sopravvenuta carenza di interesse.

Assume , al riguardo , che la revoca dell’A.I.A. del 2007 e la sua sostituzione con quella del 2010 non avrebbero fatto venir meno l’interesse alla decisione , in quanto l’esercizio del potere di autotutela non avrebbe comunque soddisfatto le pretese della ricorrente .

Inoltre , l’A.I.A. del 2007 costituirebbe il presupposto giuridico e di fatto per il successivo provvedimento, cosicchè i suoi vizi si riverbererebbero su quest’ultimo.

2.1 Il motivo è infondato.

Ed invero , sotto il profilo processuale l’autotutela determina in linea di principio , quantomeno in relazione alla pretesa caducatoria , una sopravvenuta carenza di interesse alla coltivazione del gravame, in quanto l’atto impugnato alla cui eliminazione si correlava l’originario interesse del ricorrente , viene comunque espunto dal mondo giuridico anche se ad opera della stessa amministrazione che lo ha emanato.

Correttamente, pertanto, il T.A.R., ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, una volta accertata la revoca dell’A.I.A. tramite questo impugnata e la sua sostituzione , ad ogni effetto giuridico , con una nuova autorizzazione .

Non v’è dubbio , infatti , che non possa derivare oggettivamente alcuna utilità dal richiesto annullamento di un atto non più giuridicamente sussistente e che l’interesse del ricorrente venga ad incentrarsi sulla sopravvenuta determinazione sostitutiva , nei cui confronti è stato del resto proposto specifico gravame .

3. Con il secondo ed il terzo motivo di appello, M deduce l’erroneità della sentenza impugnata laddove , nel rigettare analoghe censure proposte nei due ricorsi introduttivi, non ha accertato l’illegittimità dell’A.I.A. di cui alla determinazione n. 195/2007 (primo ricorso) e dell’A.I.A. di cui al provvedimento n. 51/2010 (secondo ricorso), in quanto ambedue asseritamente rilasciate in assenza di V.I.A.

A dire dell’appellante, infatti, l’A.I.A. rilasciata con provvedimento n. 51/2010 “era esattamente la prima A.I.A. già oggetto del primo ricorso giurisdizionale, senza alcuna modifica se non il recepimento della delibera n. 535/2009 recante la tardiva [pretesa] V.I.A. sull’impianto nella sua configurazione esistente” (cfr. pag. 12 appello).

In questi termini, pertanto , la deliberazione di Giunta provinciale n. 535/2009 confermerebbe l’illegittimità della prima A.I.A.

3.1 La censura non è condivisibile.

Quanto alla riproposizione del motivo contenuto nel primo ricorso (249/2008), valga l’assorbente pronuncia di improcedibilità del gravame.

Per il resto , va osservato che l’A.I.A. rilasciata con provvedimento n. 51/2010, pur confermando in toto i contenuti della pregressa A.I.A., se ne discosta e differisce da questa, proprio in ragione dell’avvenuta effettuazione della V.I.A. di cui alla deliberazione di Giunta provinciale n. 535/2009 , non impugnata dall’appellante .

L’A.I.A. del 2010 , pertanto , è un provvedimento distinto ed autonomo, che per sua espressa previsione sostituisce la precedente autorizzazione.

E tale diversità attiene proprio al presupposto contestato dall’appellante, ovvero l’effettuazione della V.I.A.

Sulla scorta delle verifiche e degli accertamenti svolti nell’ambito del procedimento di V.I.A. e pur pervenendo alle medesime conclusioni della prima A.I.A., infatti, la Provincia di Arezzo ha accertato la compatibilità ambientale dell’impianto sino a quel momento operante.

Ciò posto , l’illegittimità del provvedimento n. 51/2010 non può farsi derivare dall’assenza di un presupposto (la V.I.A.), che invece risulta esser stato effettuato e che non è stato ritualmente contestato.

Del tutto condivisibile è, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del motivo effettuata dal primo giudice , sul presupposto dell’omessa impugnazione del provvedimento di V.I.A. di cui alla deliberazione di Giunta provinciale n. 535/2009.

L’appellante , infatti , non può dolersi in sede di rilascio della nuova A.I.A. dell’assenza di un procedimento di valutazione ambientale, viceversa sussistente .

Per cui , se le modalità di svolgimento di tale procedimento non erano ritenute conformi alle disposizioni normative vigenti , era circostanza questa da farsi valere nei termini di decadenza (chiedendo l’annullamento della relativa deliberazione giuntale ) , e non di certo in sede di impugnativa del successivo provvedimento di A.I.A. , per ragioni legate alla asserita assenza di V.I.A.

4. Con il quarto motivo di appello la società M lamenta il mancato accoglimento di profili d’illegittimità riferibili al contenuto sia della prima A.I.A ( ricorso n. 249/2008 ) , che della seconda ( ricorso n. 882/2010 ) .

La censura non merita accoglimento.

4.1 Sotto un primo profilo, l’appellante contesta la mancata indicazione nelle due A.I.A. della “capacità del forno di incenerimento”, in asserita violazione dell’art. 4, comma 3, del D.Lgs n. 133/2005, circostanza che lascerebbe aperta la possibilità di aumentare il quantitativo di rifiuti smaltibili tramite un semplice innalzamento della capacità termica del forno.

Il rilievo è privo di pregio .

Ed invero, come correttamente osservato dal primo Giudice , il punto 5.1.2.1 del provvedimento impugnato con ricorso n. 882/2010 (seconda A.I.A.) indica , con relative tabelle descrittive , proprio la “capacità nominale, carico termico nominale degli impianti di incenerimento e p.c.i. del

materiale di ingresso”, anche se calcolata come prodotto tra la potenzialità termica e specifica ed il volume del forno.

Inoltre , la problematica in ordine all’innalzamento della potenzialità termica ed al contestuale incremento della capacità di smaltimento di rifiuti è stata sollevata dall’appellante in primo grado in forma ipotetica , per cui correttamente la sentenza ha osservato una assenza di attualità nel dedotto profilo .

La doglianza , quindi , è inconducente .

4.2 Con riferimento alla prima A.I.A., l’appellante contesta altresì la declaratoria di improcedibilità con cui il T.A.R. ha rigettato la censura relativa all’omessa indicazione dei valori di inquinamento ammessi nei periodi di avviamento e di arresto dell’impianto, riproponendo detto motivo.

Per le medesime ragioni di cui al punto 2 che precede , il profilo di censura non merita accoglimento.

4.3 L’appellante , poi , contesta la sentenza impugnata anche laddove , con riferimento alla seconda A.I.A. , non avrebbe accertato la carenza di indicazione del limite massimo di monossido di carbonio, riferito ad un arco di tempo pari a 10 minuti per ogni semiora, ai sensi dell’allegato I, par. 5, D.Lgs. n. 133/2005.

Anche detta censura è infondata, atteso che ai sensi della disposizione richiamata, l’indicazione del limite massimo “riferito ad un arco di tempo pari a 10 minuti per ogni semiora” è subordinata all’ipotesi in cui si riscontri il non totale rispetto del “valore medio su 30 minuti, in un periodo di 24 ore”.

Posto che, come correttamente osservato dal T.A.R., nella specie non è stato dimostrato il superamento del primo parametro (valore medio su 30 minuti), manca il presupposto per l’applicazione del secondo, con conseguente infondatezza della doglianza.

4.4 Sotto un quarto profilo, M lamenta l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui non ha rilevato la violazione della disciplina in materia di prevenzione dell’inquinamento delle acque e precisamente dell’art. 10 del D.Lgs. n. 133/2005 in materia di scarichi.

La doglianza è del pari infondata, in considerazione della rilevata inapplicabilità del regime degli scarichi in quanto, sempre come correttamente affermato dal T.A.R., nell’impianto C non risultano scarichi esterni, poichè parte delle acque si disperde per evaporazione mentre altra confluisce in un serbatoio interno al ciclo produttivo al fine di riciclo per esigenze aziendali. Inconferenti risultano, pertanto, i richiami a presunte violazioni in materia di scarichi di acque reflue.

A ciò si aggiunga , che nel piano di controllo sono state previste specifiche prescrizioni al riguardo e che, comunque, l’appellante non ha dedotto violazioni della disciplina sostanziale.

5. Con l’ultimo motivo di appello, M contesta la declaratoria di rigetto delle due istanze risarcitorie formulate con i ricorsi introduttivi.

Anche tali censure non meritano accoglimento.

5.1 Con riferimento alla domanda formulata con il ricorso n. 882/2010, la rilevata infondatezza nel merito del gravame, è di per sé sufficiente a determinare il rigetto dell’annessa richiesta di danni.

5.2 E’ inoltre condivisibile anche la statuizione del T.A.R. relativa alla domanda risarcitoria formulata con il ricorso n. 249/2008.

Al riguardo, pur ipotizzando l’eventuale fondatezza delle censure avverso la prima A.I.A. in base al principio della c.d. “soccombenza virtuale”, il Tribunale di prime cure ha negato il diritto al risarcimento dei danni rilevando l’incongruità temporale della domanda risarcitoria , il difetto di prova del danno, nonché la carenza del requisito del nesso causale tra condotta e danno.

5.1 Invero , priva di fondamento è la pretesa di far retroagire la domanda di danni all’anno 2003, in ragione del fatto che l’asserita illegittima sostituzione del forno di incenerimento in assenza di V.I.A. sarebbe avvenuta nel 2001.

Come correttamente rilevato dal T.A.R., infatti, tale richiesta non risulta supportata dall’impugnazione dell’atto che ha autorizzato la sostituzione del forno, né da altre pronunce giurisdizionali di annullamento.

5.2 Limitato l’ambito di azione al periodo 6.12.2007 - 16 marzo 2010 ( ovvero a quello intercorrente tra il rilascio della prima A.I.A. e la sua revoca ) , è poi corretta la statuizione di rigetto del T.A.R., sul presupposto dell’assenza di prova in ordine al danno subito.

Al riguardo , M afferma che in caso di chiusura dell’impianto C il quantitativo di rifiuti da questa smaltiti (o in subordine la maggior quantità che avrebbe smaltito successivamente al rilascio dell’A.I.A.) sarebbero transitati nel suo impianto. A supporto di ciò, l’appellante deduce il limitato numero delle imprese che operano nel settore, nonché la vicinanza tra i due impianti. Inoltre, la mancata sottoposizione a V.I.A. avrebbe consentito a C di essere più concorrenziale, non dovendo “rientrare” degli ingenti costi invece sostenuti dall’appellante per l’espletamento delle procedure ambientali.

Sennonchè , dette argomenti costituiscono mere supposizioni dell’appellante, prive di ogni riscontro oggettivo, né altrimenti dimostrate e come tali inconducenti .

Analogamente, l’assunto secondo cui C avrebbe fatto confluire in prezzi più concorrenziali il “risparmio” garantito dalla mancata effettuazione della V.I.A., con ciò determinando un danno a M, risulta anch’esso meramente ipotetico , non essendo stato allegato alcun elemento probatorio a supporto.

Manca, pertanto, la dimostrazione del nesso causale tra condotta della Provincia e danno patito, nel senso che non vi è prova ai sensi dell’art. 2697 c.c. del rapporto di causa ad effetto, tra il rilascio dell’A.I.A. e l’asserito danno subito.

6. Per le ragioni esposte l’appello è infondato e , come tale , da respingere.

Sussistono giusti motivi , per disporre la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

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