Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2019-06-13, n. 201903994

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2019-06-13, n. 201903994
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201903994
Data del deposito : 13 giugno 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/06/2019

N. 03994/2019REG.PROV.COLL.

N. 06038/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6038 del 2008, proposto dai signori F Z, F G e A Z, quali eredi del signor F Z, rappresentati e difesi dall’avvocato C G, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Felice Barnabei, 5,

contro

il CONSORZIO PER IL NUCLEO DI SVILUPPO INDUSTRIALE L’AQUILA, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato R L, domiciliato presso la Segreteria Sezionale del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, 13,

per l’annullamento e/o la riforma integrale

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale dell’Abruzzo, Sezione Prima, n. 576/2008, depositata in data 2 maggio 2008, con cui è stato dichiarato irricevibile il ricorso in primo grado n. 588/2004, proposto dagli odierni appellanti per il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno subito a seguito della dichiarazione di pubblica utilità e dell’occupazione legittima dei terreni, siti in L’Aquila, frazione Bazzano, fogl. 28, part. 228, a causa dell’estinzione del diritto domenicali sugli stessi avvenuto, in seguito all’intervenuta occupazione appropriativa in favore del Consorzio per il Nucleo di Sviluppo Industriale.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Consorzio Nucleo Sviluppo Industriale L’Aquila;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, all’udienza pubblica del giorno 4 giugno 2019, il Presidente R G;

Udito l’avvocato C G per gli appellanti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. I signori Francesco Zugaro, Fortunata Graia e Antonella Zugaro, in qualità di eredi del defunto signor Ferdinando Zugaro, hanno impugnato, chiedendone la riforma, la sentenza con la quale il T.A.R. dell’Abruzzo ha dichiarato irricevibile il ricorso con cui essi avevano chiesto il riconoscimento del proprio diritto al risarcimento del danno subito, a seguito della dichiarazione di pubblica utilità e dell’occupazione legittima dei terreni siti in L’Aquila, frazione Bazzano, a causa dell’estinzione del diritto domenicale sugli stessi avvenuta in seguito all’intervenuta occupazione appropriativa in favore del Consorzio per il Nucleo di Sviluppo Industriale;
danno da commisurarsi al valore venale che il bene aveva al momento della sua irreversibile trasformazione, rivalutato all’attualità, oltre agli interessi legali sulla somma così rivalutata, nonché all’indennità di occupazione legittima.

2. In tale ricorso, gli interessati avevano riferito che con decreto n. 1100 del 12 novembre 1992, il Presidente della Giunta Regionale dell’Abruzzo aveva disposto, per la realizzazione di un impianto industriale, l’occupazione d’urgenza per la durata di tre anni, ai fini della successiva espropriazione, del terreno di proprietà del loro dante causa signor Ferdinando Zugaro, in catasto a fl. 28, part. 228, in favore del Consorzio per il Nucleo di Sviluppo Industriale L’Aquila, il quale procedeva alla presa di possesso del bene in data 23 febbraio 1993.

I ricorrenti affermavano, però, che a seguito dell’occupazione delle aree e del completamento dell’impianto industriale, non veniva emanato, nel termine fissato per l’occupazione legittima, il decreto di esproprio.

Per l’effetto, gli interessati, con atto di citazione notificato in data 19 febbraio 1998, adivano il Tribunale Civile di L’Aquila per sentir condannare il Consorzio per il Nucleo di Sviluppo Industriale alla restituzione del terreno occupato con remissione in pristino dello status quo ante , nonché alla corresponsione dell’indennità d’occupazione per il periodo indicato nel decreto d’occupazione d’urgenza, nonché, in subordine, al risarcimento del danno, nel caso in cui il giudice avesse ravvisato nella fattispecie in esame un’ipotesi di occupazione appropriativa.

Di poi, a seguito della sentenza del 12 maggio 2003, n. 572, con cui il giudice ordinario declinava la propria giurisdizione in favore di quella del giudice amministrativo, gli odierni appellanti si vedevano costretti a riassumere la controversia innanzi al competente Tribunale amministrativo regionale.

3. Gli interessati riproponevano, quindi, dinanzi al Tar per l’Abruzzo la domanda subordinata già avanzata dinanzi al Tribunale Civile di L’Aquila, chiedendo accertarsi il proprio diritto al risarcimento del danno, commisurato al valore venale del bene al momento dell’irreversibile trasformazione, nonché la corresponsione dell’indennità per il periodo di occupazione legittima.

Il Consorzio per lo Sviluppo Industriale, allora, si costituiva in giudizio, eccependo l’irricevibilità del ricorso per tardività dell’atto di riassunzione, nonché l’inammissibilità per mancata notifica dello stesso alla concessionaria dei lavori, la NA.ME S.r.l.

All’esito di acquisizione di chiarimenti e documentazione dall’Amministrazione convenuta, il T.A.R. adito ha dichiarato irricevibile il ricorso perché tardivo, evidenziando che il ricorso in esame costituiva un atto di riassunzione del giudizio già svoltosi dinanzi al Tribunale Civile di L’Aquila, proposto oltre il termine previsto per la riassunzione.

Al riguardo, il giudice di prime cure ha, infatti, chiarito che, pur mancando all’epoca nel processo amministrativo norme che precisassero il termine entro il quale il ricorso poteva essere riassunto dinanzi al plesso giurisdizionale competente, tale termine poteva essere dedotto applicando in via analogica l’art. 35, ultimo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, il quale disponeva che la riassunzione del giudizio dinanzi al Tribunale amministrativo a seguito di declaratoria di difetto di competenza dovesse essere effettuata entro sessanta giorni dalla notificazione della sentenza o, in difetto di notificazione, entro un anno dalla pubblicazione della decisione stessa.

Pertanto, secondo il T.A.R., il ricorso era da ritenersi irrimediabilmente tardivo e quindi irricevibile, per essere stata la notifica dello stesso successiva al termine annuale dalla data di pubblicazione della sentenza del Tribunale ordinario.

4. Nell’odierno appello, i ricorrenti deducono avverso la decisione così sintetizzata il seguente unico motivo di gravame: errore di fatto e di diritto nei presupposti, conseguente violazione, per falsa applicazione dell’art. 35, ultimo comma, della legge n. 1034/71.

Secondo gli appellanti, infatti, la sentenza del T.A.R. è erronea e viziata e merita di essere integralmente riformata, poiché non è possibile parlare di tardività del ricorso se si tiene conto del fatto che la translatio iudicii è entrata a far parte del diritto vivente successivamente alla proposizione del loro ricorso al T.A.R.

In aggiunta, secondo gli interessati, non può ritenersi appropriata l’applicazione dell’art. 35 della l. n. 1034/1971, riguardando quest’ultimo le ipotesi di incompetenza territoriale e non quelle di difetto di giurisdizione.

Inoltre, secondo i ricorrenti, il ricorso da essi proposto non aveva alcun contenuto impugnatorio e per l’effetto esso non costituiva “ atto di riassunzione ” del giudizio svoltosi dinanzi al giudice ordinario, dichiaratosi carente di giurisdizione.

In altre parole, secondo quanto sostenuto dagli appellanti, non trattandosi di riassunzione del giudizio, ma bensì di un’autonoma e nuova azione risarcitoria, questa poteva ben essere esperita dinanzi al T.A.R. nel termine di prescrizione quinquennale del diritto (nella specie interrotto dalla precedente citazione dinanzi al Tribunale Civile).

5. Il Consorzio Nucleo Sviluppo Industriale di L’Aquila si è costituito, opponendosi all’accoglimento della domanda attorea e riproponendo altresì la preliminare eccezione di prescrizione del diritto al risarcimento, non esaminata dal T.A.R.

6. Di poi, le parti hanno sviluppato con memorie le rispettive tesi.

7. Infine, all’udienza del 4 giugno 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

8. Tutto ciò premesso, l’appello è infondato e va conseguentemente respinto.

9. Ed invero, va innanzi tutto evidenziato come correttamente il ricorso proposto dagli attuali appellanti dinanzi al T.A.R. dell’Abruzzo sia stato da questo qualificato come atto di riassunzione del giudizio già svoltosi dinanzi al Tribunale Civile di L’Aquila, e definito con sentenza declinatoria della giurisdizione.

Infatti, all’epoca della sentenza qui appellata tanto la Corte di cassazione quanto la Corte costituzionale avevano già ammesso, in casi analoghi, il trasferimento dell’azione spiegata dinanzi al giudice privo di giurisdizione, in applicazione dell’istituto della translatio iudicii , originariamente concepito per le ipotesi di incompetenza.

9.1. A tal proposito, sia la S.C. (sez. un., 22 febbraio 2007, n. 4109) che il giudice delle leggi (sent. 12 marzo 2007, n. 77) erano arrivati ad affermare, attraverso percorsi logico-argomentativi diversi, l’operatività della translatio iudicii non solo all’interno del medesimo ordine giurisdizionale, ma anche nel rapporto tra diversi ordini giurisdizionali ogni qual volta vi fosse una pronuncia concernente la giurisdizione, con rilievi successivamente recepiti dallo stesso legislatore.

In particolare, la Corte costituzionale, dando voce a quanto da tempo sostenuto dalla dottrina e partendo dai principi costituzionali della effettività della tutela e del giusto processo ex artt. 24 e 111 della Costituzione, ha dichiarato incostituzionale l’art. 30 della l. n. 1034/1971, nella parte in cui impediva di far salvi gli effetti sostanziali della domanda proposta erroneamente dinanzi al giudice ordinario.

9.2. Ciò premesso, per quanto concerne il termine entro il quale riassumere il giudizio dinanzi al giudice munito di giurisdizione, è necessario premettere che oggi tale termine è espressamente previsto dall’art. 11 cod. proc. amm., secondo cui “ il giudice amministrativo quando declina la propria giurisdizione, indica, se esiste, il giudice nazionale che ne è fornito. Quando la giurisdizione è declinata dal giudice amministrativo in favore di altro giudice nazionale o viceversa, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, sono fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda se il processo è riproposto dinanzi al giudice indicato nella pronuncia che declina la giurisdizione, entro il termine perentorio di tre mesi dal suo passaggio in giudicato ”.

Al contrario, prima dell’entrata in vigore del codice del processo amministrativo non esisteva una norma analoga, e pertanto, come nel caso in oggetto, erano sorti dubbi e dibattiti circa la tempistica della riassunzione del giudizio.

In particolare, erano riscontrabili due orientamenti.

Per un primo indirizzo, seguito anche dal giudice di prime cure nel presente giudizio, in mancanza di una norma concernente la riassunzione per difetto di giurisdizione era ammessa l’applicazione analogica dell’art. 35, ultimo comma, della l. n. 1034/1971, concernente la riassunzione a seguito di sentenza declinatoria della competenza.

Tale orientamento trova riscontro in risalente giurisprudenza per lo più di primo grado (cfr. T.A.R. Abruzzo, Pescara, 10 luglio 2007, n. 697;
T.A.R. Campania, Napoli 13 ottobre 2004, n. 18079;
T.A.R. Lazio, sez. II, 5 marzo 1987, n. 314).

Il secondo orientamento, tra l’altro prevalente in dottrina e confermato anche dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, invece, prevedeva in mancanza di un termine espressamente previsto, l’applicazione analogica dell’art. 50 cod. proc. civ., ammettendo, quindi, che il giudice ad quem potesse pretendere il rispetto del termine semestrale di riassunzione ivi stabilito.

In particolare, secondo quanto deciso in materia di translatio iudicii da questo Consiglio di Stato (sez. IV, sent. n. 2027 del 6 maggio 2008), dopo la sentenza dichiarativa di difetto di giurisdizione del giudice ordinario, il ricorso davanti al T.A.R. può avvenire entro il termine di sei mesi, con espresso richiamo all’art. 50 cod. proc. civ., concernente la riassunzione della causa per difetto di competenza.

9.3. Orbene, alla luce della ricostruzione che precede non risulta meritevole di accoglimento il motivo di gravame sollevato dagli appellanti avverso la statuizione di tardività resa dal giudice di prime cure, atteso che, quale che sia l’orientamento che si voglia seguire fra quelli prevalenti nella giurisprudenza dell’epoca, il termine per la riassunzione non risulta rispettato.

Infatti, non vi è dubbio che il ricorso proposto dai signori Fortunata Graia, Antonella Zugaro e Francesco Zugaro – correttamente qualificato come atto di riassunzione del giudizio già svoltosi dinanzi al giudice ordinario - sia da ritenersi tardivo, in quanto notificato in data 9 settembre 2004, ovvero anche oltre il termine di sei mesi, previsto dall’art. 50 cod. proc. civ. dal 12 maggio 2003, data di deposito della sentenza del Tribunale ordinario.

10. Alla luce dei rilievi che precedono, s’impone una decisione di reiezione dell’appello e conferma della sentenza impugnata.

11. In ragione delle incertezze interpretative evocate dai profili processuali implicati nella vicenda esaminata, le spese del grado possono essere compensate tra le parti.

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