Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-03-07, n. 202302362

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-03-07, n. 202302362
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202302362
Data del deposito : 7 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/03/2023

N. 02362/2023REG.PROV.COLL.

N. 00421/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 421 del 2017, proposto da
MIFA s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato D P, con domicilio eletto presso la Segreteria del Consiglio di Stato, in Roma, piazza Capo di Ferro n. 13;

contro

Regione Umbria, in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato T C, con domicilio eletto presso lo studio Daniele Guidoni in Roma, via F. Siacci, n. 2/B;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria (Sezione Prima) n. 00457/2016, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Umbria;

Viste le memorie delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza straordinaria del giorno 14 dicembre 2022 il Cons. Annamaria Fasano e uditi per le parti l’avvocato Pacchiarotti Giulia, in dichiarata delega dell'avvocato Panzarola Donatella, e l’avvocato Gobbo Annarita, in dichiarata delega dell'avvocato Caselli Tiziana, in collegamento da remoto;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La società MIFA s.p.a. presentava domanda per la concessione di contributi a sostegno delle piccole e medie imprese, indetto con determinazione dirigenziale della Regione Umbria n. 4105 del 10 maggio 2006, finalizzati all’acquisto di beni aziendali.

2. Con determinazione dirigenziale n. 12473 del 28 dicembre 2006, la Regione concedeva alla richiedente un contributo di 61.500,00 euro a fronte di investimento complessivo di 205.000,00. Con vari atti comunicati alla società MIFA s.p.a., la Regione Umbria contestava l’inadempimento degli obblighi previsti nel Bando, consistenti nell’acquisto di beni non ammissibili a finanziamento, in un primo momento negando la possibilità di riconoscere l’importo integrale del contributo, e giungendo, infine, alla definitiva revoca del contributo concesso, e non liquidato, con determinazione dirigenziale n. 4400 del 17 giugno 2011. L’Ente denunciava la sussistenza di molteplici motivi a sostegno dell’atto di ritiro, ovvero: a) l’acquisto di beni non ammissibili;
b) l’intervenuta cessione con atto del 17 dicembre 2010 - mai comunicata alla Regione - del ramo d’azienda in favore della Profilumbria s.p.a., comprensiva dei beni oggetto della domanda di contributo, ivi compresa la ‘Stazione tipo Scatter Mis. 4 modello 9329’;
c) la realizzazione dell’investimento per un importo inferiore al 75 % di quanto ammesso a finanziamento.

3. La società proponeva ricorso dinanzi a Tribunale amministrativo regionale per l’Umbria, denunciando l’illegittimità del suddetto provvedimento, sotto vali profili, quali eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e sviamento. La ricorrente rilevava che i beni acquistati, ritenuti dall’Amministrazione non ammissibili, erano tecnicamente equivalenti e costituivano un miglioramento del ciclo produttivo dell’impresa, con particolare riferimento alla Stazione per trattamenti termici “tipo Scatter Mis. 4 modello 9329”, chiedendo all’uopo disporsi consulenza tecnica. MIFA s.p.a. deduceva, inoltre, che nessuna rilevanza aveva la contestata cessione del ramo d’azienda, poiché il Bando vietava le sole ipotesi di cessione dei beni ammessi a finanziamento e non già quelle in cui avveniva la vendita di una parte dell’azienda. Inoltre, l’importo complessivo degli investimenti eseguiti era comunque superiore al 75% dell’importo ammesso al finanziamento.

4. Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria, con sentenza n. 457 del 2016, respingeva il ricorso. Il giudice di primo grado riteneva nella specie “ la violazione dell’obbligo imposto ai beneficiari del contributo dall’art. 15 comma 3 del bando - che recepisce il principio di stabilità delle operazioni fissato dall’art. 57 del reg. CEE n. 10832006 dell’11 luglio 2006 recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale sul fondo sociale europeo - secondo cui i beni per i quali è stato concesso il contributo non possono essere ceduti, alienati o distratti dall’uso produttivo in favore dell’impresa beneficiaria per un periodo non inferiore ad anni 5 dal momento in cui l’investimento è stato completato. ” Il Tribunale accertava che, dalla documentazione versata in giudizio dalla difesa regionale e, in particolare, dalla Relazione di stima del patrimonio netto del ramo d’azienda allegata al verbale di assemblea straordinaria, emergeva che tra i beni ceduti era ricompreso la ‘Stazione di tipo Scatter’ oggetto dell’investimento su cui la ricorrente aveva chiesto la liquidazione del contributo.

5. La società MIFA s.p.a. ha appellato la suddetta pronuncia, chiedendone l’integrale riforma e denunciando: “ I) Error in procedendo. Mancata rilevazione del sopravvenuto difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo;
II) Error in iudicando. Difetto di motivazione della sentenza appellata. Mancata rilevazione del vizio di violazione della lex specialis, eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti. Falsa e/o erronea applicazione dell’art. 15, comma 3, del 13 Bando di sovvenzione e dell’art. 57 del Reg. CE 1083/2006. III) Riproposizione delle ulteriori censure, riguardanti gli altri motivi posti a sostegno del provvedimento di revoca, non esaminate nella pronuncia gravata, con specifico riguardo alla violazione dell’art. 10 del Bando di sovvenzione, laddove prevede la possibilità di effettuare variazioni non sostanziali del programma degli investimenti.

6. La Regione Umbria si è costituita in resistenza chiedendo il rigetto dell’appello.

7. All’udienza straordinaria del 14 dicembre 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

8.Con il primo mezzo, la società appellante denuncia il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. Secondo l’esponente il giudice di primo grado, in aperto contrasto con l’indirizzo cristallizzato dalle pronunce dell’Adunanza Plenaria e dalle Sezioni Unite, ha ritenuto la giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia per cui è causa. Tale decisione è stata giustificata sulla base dell’erronea convinzione, secondo cui le controversie in tema di revoca di contributi pubblici rientrerebbero pur sempre ‘nell’ampia giurisdizione esclusiva in materia di concessione di beni pubblici’ di cui all’art. 113, comma 1, lett. b) cod. proc. amm.

8.1. Il motivo è inammissibile.

Il Collegio ribadisce l’indirizzo più volte precisato dalla giurisprudenza amministrativa, secondo cui “ la parte che abbia adito la giurisdizione amministrativa con l'atto introduttivo del giudizio non è legittimata a contestarla attraverso l'eccezione di difetto di giurisdizione in appello, perché tale contraddittoria condotta integra un abuso del diritto di difesa, dettato da mere ragioni opportunistiche ed in contrasto con il dovere di cooperazione per la realizzazione della ragionevole durata del processo sancita dall'art. 2, comma 2, c.p.a. ” (Consiglio di Stato sez. V, 19/09/2019, n.6247).

9. Con il secondo motivo, MIFA s.p.a. lamenta che i giudici di prime cure hanno reputato corretta ed idonea a fondare in via autonoma la decisione di revoca la censurata violazione del principio di stabilità delle operazioni soggette a contributo, invocata dal provvedimento impugnato quale elemento legittimamente la perdita dell’agevolazione. In particolare, la avvenuta cessione del ramo di azienda, comprensivo della ‘Stazione tipo Scatter Mis. 4 modello 9329’, secondo il Collegio di prima istanza, integrerebbe la violazione dell’art. 15, punto 3, del Bando. Tale statuizione sarebbe carente sotto il profilo motivazionale, in quanto si limita a rilevare in modo del tutto apodittico la presunta violazione dell’invocato principio di stabilità delle operazioni finanziate, senza tenere in debita considerazione la peculiarità, rispetto alla casistica indicata nel Bando, della fattispecie dedotta in giudizio. Inoltre, secondo l’esponente, l’art. 15 del Bando, pur prevedendo il divieto di cessione dei beni sovvenzionati, non statuirebbe, quale necessaria ed obbligata conseguenza della violazione di tale regola, la revoca del contributo. Secondo l’appellante, dalla lettura di altri bandi relativi ad erogazioni di contributi disposti dalla Regione Umbria, ad esempio dell’art. 13 del ‘Bando TIC Innovazione’ relativo a fondi POR

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