Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2012-02-02, n. 201200547
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N. 00547/2012REG.PROV.COLL.
N. 04278/2008 REG.RIC.
N. 05644/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4278 del 2008, proposto da:
C P, rappresentato e difeso dagli avv. G C D G e L A, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, piazza Mazzini, n. 27;
contro
U R, rappresentato e difeso dagli avv. A C, P G L, F T e D G, con domicilio eletto presso lo studio del terzo, in Roma, largo Messico, n. 7;
nei confronti di
Comune di Ameglia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Federico Pardini, con domicilio eletto presso la Segreteria del Consiglio di Stato, in Roma, p.za Capo di Ferro, n. 13;
sul ricorso numero di registro generale 5644 del 2008, proposto da:
Comune di Ameglia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Roberto Giromini, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Maurizio Canfora, in Roma, viale Giulio Cesare, n. 71;
contro
U R, rappresentato e difeso dagli avv. A C, P G L, F T e D G, con domicilio eletto presso lo studio del terzo, in Roma, largo Messico, 7;
nei confronti di
C P, non costituito in giudizio;
per la riforma
quanto ad entrambi i ricorsi, della sentenza del T.a.r. Liguria – Genova, Sezione I, n. 00380/2008, resa tra le parti, di accoglimento del ricorso proposto dal sig. R U per l’annullamento della deliberazione del Consiglio Comunale di Ameglia n. 16 del 2004, avente ad oggetto la vendita di un terreno di proprietà comunale al sig. P C;
Visti i ricorsi in appello con i relativi allegati;
Visti, nel ricorso n. 4278/2008, gli atti di costituzione in giudizio del sig. R U e del Comune di Ameglia ;
Visto, nel ricorso n. 5644/2008, l’ atto di costituzione in giudizio del sig. R U;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Vista, nel ricorso n. 4278 del 2008, la propria ordinanza 15 marzo 2011, n. 1183;
Visti gli atti tutti delle cause;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 novembre 2011 il Cons. Antonio Amicuzzi e uditi per le parti gli avvocati Granara, Acquarone, Di Gioia e Pardini;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
I.- Con il ricorso in appello che ha assunto il numero di R.G. 4278 del 2008 il sig. P C ha chiesto l’annullamento o la riforma della sentenza del T.A.R. in epigrafe indicata con la quale è stato accolto il ricorso proposto dal sig. R U per l’annullamento della deliberazione del Consiglio Comunale di Ameglia n. 16 del 2004, di vendita di un terreno di proprietà comunale al suddetto sig. C mediante trattativa privata, per violazione dell’art.41 del r.d. n. 827/1924, che consente il ricorso alla trattativa privata solo nei casi ivi espressamente previsti, cui certamente non può ascriversi quello in esame.
A sostegno del gravame sono stati dedotti i seguenti motivi:
1.- Difetto di giurisdizione del G.A. in quanto la fattispecie riguarda la vendita di un bene patrimoniale disponibile assoggettata alle regole del diritto comune.
2.- Erroneità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 41 del r.d. n. 827/1924 in relazione alla violazione dell’art. 12 della l. n. 127/1997 e dell’art. 3 del d. l. n. 310/1990.
Poiché si verteva in materia di alienazione di un bene patrimoniale disponibile non erano applicabili le disposizioni del Regolamento di Contabilità Generale dello Stato, ma il diritto comune, con possibilità di legittimo ricorso alla trattativa privata per procedere alla alienazione del bene di cui trattasi.
Con atto depositato il 23.6.2008 si è costituito in giudizio il sig. R U, che ha eccepito la irricevibilità, la inammissibilità e la improcedibilità dell’appello, nonché ne ha dedotto la infondatezza.
Con memoria depositata il 16.12.2010 si sono costituiti in giudizio per il sig. R U nuovi difensori che hanno chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile o irricevibile, ovvero infondato.
Con atto notificato il 16.2.2011 e depositato il 23.2.2011 l’appellante ha chiesto la sospensione della efficacia della sentenza appellata.
Con memoria depositata il 9.3.2011 il sig. R U ha affermato la sussistenza della giurisdizione del G.A. in materia ed ha dedotto la infondatezza del ricorso e della istanza cautelare, concludendo per la reiezione.
Con memoria depositata il 14.3.2011 il Comune di Ameglia ha eccepito lA inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio per difetto di giurisdizione del G.A. e ne ha dedotto la infondatezza, concludendo per la riforma della impugnata sentenza.
Con ordinanza 15 marzo 2011 n. 1183 la Sezione ha preso atto della rinuncia della parte appellante all'istanza cautelare.
Con memoria depositata il 12.5.2011 parte appellante ha contestato le avverse argomentazioni ed ha ribadito tesi e richieste.
Con memorie depositate il 27.5.2011 il sig. R U ed il Comune di Ameglia hanno ribadito tesi e richieste.
Con memoria depositata il 7.6.2011 ed il 27.10.2011 il sig. R U ha replicato alle avverse deduzioni ed ha ribadito tesi e richieste, insistendo per la reiezione dell’appello.
II.- Con ricorso in appello che ha assunto il n. di R.G. 5644 del 2008 il Comune di Ameglia ha a sua volta impugnato la citata sentenza n. 380 del 2008, chiedendone l’annullamento o la riforma per i seguenti motivi:
1.- Difetto di giurisdizione.
Il bene immobile per cui è causa apparteneva al patrimonio disponibile del Comune sicché la vendita dello stesso è assoggettata alle regole del diritto comune, con competenza in materia del G.O..
2.- Omessa motivazione sulle due prime censure di inammissibilità svolte in primo grado, per tardività del ricorso introduttivo del giudizio e per omessa impugnazione dell’atto definitivo di compravendita.
3.- Erroneità per travisamento dei presupposti e conseguente violazione e falsa applicazione dell’art. 41 del r.d. n. 827/1924 in relazione alla violazione dell’art. 12, comma 2, della l. n. 127/1997, dell’art. 3 del d.l. n. 310/1990, convertito in l. n. 403/1990, e dell’art. 28 del d.l. n. 269/2003, convertito in l. n. 326/2003. Esistenza del diritto di prelazione.
Trattandosi di un bene patrimoniale disponibile non erano applicabili le disposizioni del Regolamento di Contabilità Generale dello Stato, ma il diritto comune;comunque, ai sensi dell’art. 12, comma 2, della l. n. 127/1997, poteva derogarsi a dette disposizioni e il bene poteva essere ceduto a trattativa privata.
L’immobile in questione è stato prima locato e poi alienato al sig. C per ragioni di solidarietà sociale ed umanitarie, costituenti ragione derogatoria alla disciplina di cui all’art. 41 del r.d. n. 827/1924. Peraltro il suddetto aveva maturato un diritto di prelazione su detto bene, che, ex art. 3 del d.l. n. 310/1990 e art. 28 del d.l. n. 269/2003, poteva essere alienato senza ricorrere ad una procedura ad evidenza pubblica.
4.- Errata applicazione dell’art. 41, punto 6), del r.d. n. 827/1924. Contraddittorietà, illogicità ed irrazionalità della sentenza impugnata.
Non è stato adeguatamente valutato, nel ritenere sussistente la violazione dell'art. 41 del r.d. n. 827/1924, che tale norma consente il ricorso alla trattativa privata per speciali ed eccezionali circostanze, nel caso sussistenti e consistenti in ragioni di solidarietà sociale, non perseguibili mediante procedura ad evidenza pubblica.
Con memoria depositata il 9.9.2008 si è costituito in giudizio il sig. R U, che ha eccepito la irricevibilità, la inammissibilità e la improcedibilità del gravame, nonché ne ha dedotto la infondatezza.
Con memoria depositata l’1.8.2011 si sono costituiti nuovi difensori per il sig. Ullo, chiedendo la reiezione dell’appello.
Con memoria depositata il 5.9.2011 il sig. Ullo ha affermato la giurisdizione in materia del G.A., ha eccepito che le eccezioni formulate in primo grado dal Comune appellante, non essendo state riproposte espressamente in appello, sono da ritenersi rinunciate ed ha dedotto la infondatezza del gravame, concludendo per la reiezione.
Con memoria depositata il 27.10.2011 il sig. Ullo ha ribadito tesi e richieste.
III.- Alla pubblica udienza del 29.11.2011 i ricorsi in appello sono stati trattenuti in decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da verbale di causa agli atti del giudizio.
DIRITTO
1.- Il giudizio n. 4278 del 2008 in esame verte sulla richiesta di annullamento, formulata dal sig. P C, di annullamento della sentenza del T.A.R. in epigrafe specificata, con la quale è stato accolto il ricorso proposto dal sig. R U per l’annullamento della deliberazione del Consiglio Comunale di Ameglia n. 16 del 2004, avente ad oggetto la vendita di un terreno di proprietà comunale al suddetto sig. C.
Il giudizio n. 5644 del 2008 verte sulla richiesta di annullamento della medesima sentenza formulata dal Comune di Ameglia.
2.- Innanzitutto, il Collegio ritiene di dover riunire i gravami in esame, per la palese loro connessione oggettiva (trattandosi della stessa sentenza impugnata), per cui i medesimi devono essere esaminati e decisi con un’unica pronuncia.
3.- In secondo luogo la Sezione ritiene non condivisibili le eccezioni di difetto di giurisdizione del G.A., formulate da entrambe le parti appellanti nell’assunto che la fattispecie riguarda la vendita di un bene patrimoniale disponibile assoggettata alle regole del diritto comune, sussistendo la giurisdizione del G.A. sulla richiesta impugnatoria.
In materia di dismissione di beni pubblici, alla luce del criterio di riparto della giurisdizione basato sul "petitum" sostanziale, spetta infatti a detto Giudice la giurisdizione in ordine all'impugnazione degli atti relativi alla doverosità della indizione di una procedura ad evidenza pubblica e aggiudicazione a terzi di un bene immobile pubblico, essendo la domanda principalmente rivolta all'accertamento della nullità degli atti della procedura, che sono espressione di attività pubblicistica provvedimentale e rispetto ai quali la posizione del privato riveste carattere di interesse legittimo, e soltanto in via consequenziale all'annullamento del contratto di compravendita (Cassazione civile, sez. un., 05 marzo 2010, n. 5288).
4.- In terzo luogo deve essere esaminata la eccezione del Comune di Ameglia di omessa motivazione da parte del Giudice di primo grado sulle due prime censure di inammissibilità svolte in primo grado, per tardività del ricorso introduttivo del giudizio e per omessa impugnazione dell’atto definitivo di compravendita.
Va rilevato al riguardo che la mera dichiarazione di riproposizione in appello delle eccezioni di inammissibilità disattese in primo grado non configura un vero e proprio mezzo di gravame e pertanto la relativa censura deve essere dichiarata inammissibile (Consiglio Stato, sez. V, 18 febbraio 1992, n. 128). Il principio risulta ora normativamente fissato dall’art. 101, comma 2, del d. lgs. n. 104/2010, che stabilisce che “Si intendono rinunciate le domande e le eccezioni dichiarate assorbite o non esaminate nella sentenza di primo grado, che non siano state espressamente riproposte nell'atto di appello o, per le parti diverse dall'appellante, con memoria depositata a pena di decadenza entro il termine per la costituzione in giudizio”.
Nel caso che occupa il Comune di Ameglia ha semplicemente dedotto che il primo Giudice ha omesso di motivare in merito ai primi due motivi di difesa di inammissibilità e/o improcedibilità “per tardività del ricorso (otre il 60° giorno) e/o per omessa impugnazione dell’atto definitivo di compravendita”, reintrodotte e da intendersi integralmente trascritte.
La esposizione delle eccezioni di cui trattasi è stata formulata in appello in maniera generica ed inidonea a costituire vero e proprio mezzo di gravame, perché insufficiente a consentirne l’autonomo apprezzamento in appello e ad acquisire una compiuta conoscenza delle relative questioni, sicché esse devono ritenersi inammissibilmente riproposte.
5.- Il sig. C con l’appello ha dedotto la erroneità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 41 del r.d. n. 827/1924 in relazione alla violazione dell’art. 12 della l. n. 127/1997 e dell’art. 3 del d. l. n. 310/1990.
Ciò nell’assunto che si verteva in materia di alienazione di un bene patrimoniale disponibile, sicché non sarebbero state applicabili le disposizioni del Regolamento di Contabilità Generale dello Stato, ma il diritto comune, con possibilità di legittimo ricorso alla trattativa privata per procedere alla alienazione del bene di cui trattasi.
Il Comune di Ameglia ha a sua volta dedotto che la impugnata sentenza sarebbe viziata da erroneità per travisamento dei presupposti e conseguente violazione e falsa applicazione di detto art. 41 del r.d. n. 827/1924 in relazione alla violazione dell’art. 12, comma 2, della l. n. 127/1997, dell’art. 3 del d.l. n. 310/1990, convertito in l. n. 403/1990, e dell’art. 28 del d.l. n. 269/2003, convertito in l. n. 326/2003. Trattandosi di un bene patrimoniale disponibile non sarebbero state applicabili le disposizioni del Regolamento di Contabilità Generale dello Stato, ma il diritto comune;comunque, ai sensi dell’art. 12, comma 2, della l. n. 127/1997, poteva derogarsi a dette disposizioni e il bene poteva essere ceduto a trattativa privata.
L’immobile in questione è stato prima locato e poi alienato al sig. C per ragioni di solidarietà sociale ed umanitarie, costituenti ragione derogatoria alla disciplina di cui all’art. 41 del r.d. n. 827/1924. Peraltro il suddetto aveva maturato un diritto di prelazione su detto bene, che, ex art. 3 del d.l. n. 310/1990 e art. 28 del d.l. n. 269/2003, poteva essere alienato senza ricorrere ad una procedura ad evidenza pubblica.
5.1.- Osserva la Sezione che il T.A.R. non ha affermato che in materia di alienazione di un bene patrimoniale disponibile fossero applicabili le disposizioni del Regolamento di Contabilità Generale dello Stato di cui al r.d. n. 827/1924, ma solo che essendo stato con la delibera consiliare impugnata deciso di alienare al controinteressato il terreno di cui trattasi mediante trattativa privata, era stato comunque violato l’art. 41 di detto r.d., che prevede il ricorso ad essa solo nei casi ivi espressamente previsti (effettivamente non ricorrenti nel caso di specie).
Nell’indicare che l’alienazione del bene de quo veniva effettuata mediante trattativa privata la deliberazione n. 16 del 27.4.2004 del C.C. di Ameglia impugnata con l’atto introduttivo del giudizio si era, infatti, autolimitata, escludendo il ricorso alla alienazione del bene con applicazione del diritto comune, e correttamente il Giudice di primo grado ha asserito che comunque la scelta di ricorrere alla trattativa privata era stato non legittimamente effettuato in base alle stesse disposizioni che la regolano.
Quanto alla dedotta circostanza che ai sensi dell’art. 12, comma 2, della l. n. 127/1997, poteva derogarsi a dette disposizioni e il bene poteva essere ceduto a trattativa privata va rilevato che detta norma prevede che “I comuni e le province possono procedere alle alienazioni del proprio patrimonio immobiliare anche in deroga alle norme di cui alla legge 24 dicembre 1908, n. 783 e successive modificazioni, ed al regolamento approvato con regio decreto 17 giugno 1909, n. 454 e successive modificazioni, nonché alle norme sulla contabilità generale degli enti locali, fermi restando i princìpi generali dell'ordinamento giuridico-contabile. A tal fine sono assicurati criteri di trasparenza e adeguate forme di pubblicità per acquisire e valutare concorrenti proposte di acquisto, da definire con regolamento dell'ente interessato”.
L’art. 3, comma 1, della l. n. 783/1908 stabiliva che “La vendita dei beni si fa mediante pubblici incanti sulla base del valore di stima, previe le pubblicazioni, affissioni ed inserzioni da ordinarsi dall'amministrazione demaniale in conformità del regolamento per la esecuzione della presente legge”;il seguente art. 10 stabiliva che “L'amministrazione demaniale è autorizzata a vendere, a partito privato, senza previo esperimento di pubblico incanto, i beni, il cui valore di stima non superi le lire 10,000, e dei quali il Governo del Re abbia ordinata l'alienazione”.
L’art. 17, comma 1, del r.d. n. 454/1909, prevede che la vendita di detti beni venga effettuata mediante apertura degli incanti e resa nota al pubblico mediante appositi avvisi.
E’ evidente che nessuna di dette disposizioni consentiva di procedere alla vendita di beni del patrimonio disponibile mediante trattativa privata, ma anzi prevedeva espressamente che la vendita avvenisse con criteri di trasparenza e adeguate forme di pubblicità per acquisire e valutare concorrenti proposte di acquisto.
Quanto alla dedotta censura che il bene poteva essere alienato per ragioni di solidarietà sociale ed umanitarie, in deroga alla disciplina di cui all’art. 41 del r.d. n. 827/1924, osserva la Sezione che non è stata indicata (né risulta sussistere) alcuna norma che consenta che, specificamente per dette ragioni, possa derogarsi alle disposizioni che prevedono il ricorso alla procedura ad evidenza pubblica e possa ricorrersi alla trattativa privata per la alienazione di beni del patrimonio disponibile comunale;detto art. 41, come meglio in seguito specificato, consente invero la deroga solo per speciali ed eccezionali circostanze..
Circa l’argomentazione che, poiché il sig. C aveva maturato un diritto di prelazione su detto bene, a seguito di pregressa locazione ad esso di parte dello stesso, ex art. 3 del d.l. n. 310/1990 e art. 28 del d.l. n. 269/2003, poteva essere alienato senza ricorrere ad una procedura ad evidenza pubblica, osserva innanzi tutto la Sezione che la vendita in questione, peraltro relativa ad una porzione di terreno maggiore rispetto a quella a suo tempo locata al sig. C, non risulta essere stata effettuata in base a detta normativa, non richiamata nella deliberazione impugnata, né ai fini indicati dal comma 1 di detto art. 3 (per la realizzazione di opere pubbliche o per il finanziamento delle perdite di gestione delle aziende pubbliche di trasporto o per i fini indicati agli articoli 24 e 25 del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 1989, n. 144, e al comma 3 dell'art.