Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2015-02-12, n. 201500767

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2015-02-12, n. 201500767
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201500767
Data del deposito : 12 febbraio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05850/2012 REG.RIC.

N. 00767/2015REG.PROV.COLL.

N. 05850/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5850 del 2012, proposto da:
M I, rappresentato e difeso dall'avv. G G, con domicilio eletto presso Antonio Funari in Roma, Via Girolamo Da Carpi N1;

contro

Ministero dell'Interno - Prefettura di Latina, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - SEZ. STACCATA DI LATINA: SEZIONE I n. 00184/2012, resa tra le parti, concernente divieto di detenere armi e munizioni


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno - Prefettura di Latina;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 febbraio 2015 il Pres. P G L e uditi per le parti gli avvocati Gallinaro e dello Stato Tito Varrone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.L’appellante, già ricorrente in primo grado, è stato destinatario del decreto del Prefetto di Latina 9 maggio 2011, n. 7800, con il quale gli è stato fatto divieto di detenere armi e munizioni, in dichiarata applicazione dell’art. 39 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.

Il provvedimento era motivato, in sostanza, con la considerazione che l’interessato risultava condannato, in sede penale, con sentenza “patteggiata”, per detenzione di armi non consentite e non denunciate.

2. L’interessato ha proposto ricorso al T.A.R. del Lazio, sezione staccata di Latina, deducendo diversi motivi di legittimità.

Il ricorso è stato respinto dal T.A.R. con sentenza n. 184/2012.

L’interessato ha proposto appello a questo Consiglio, senza domanda cautelare. L’appello consiste, in buona sostanza, nella mera riproposizione dei motivi di ricorso già disattesi dal T.A.R..

Si è costituita l’Amministrazione dell’Interno. Il ricorso viene ora in discussione.

3. Con il primo motivo di appello viene riproposto il primo motivo del ricorso di primo grado, riferito all’asserito vizio di incompetenza.

La censura si basa sulla circostanza che il decreto prefettizio appare firmato dal Viceprefetto vicario – e non dal Prefetto titolare – senza che nell’atto si dia alcuna giustificazione di tale sostituzione.

Il T.A.R. ha respinto la censura osservando, in buona sostanza, che il dirigente vicario può ordinariamente compiere tutti gli atti di competenza del titolare, senza bisogno che vengano espressamente enunciate le specifiche ragioni che caso per caso giustificano l’esercizio delle funzioni vicarie. In altre parole la legittimità della sostituzione del titolare da parte del vicario si presume fino a prova contraria.

La sentenza del T.A.R. rispecchia princìpi consolidati e di comune applicazione nell’organizzazione degli uffici amministrativi, e pertanto può essere confermata senza bisogno di ulteriori approfondimenti, considerata anche la sommarietà del motivo di appello.

4. Per il resto l’atto di appello (al pari del ricorso di primo grado di cui, come già detto, non è che una pedissequa riproposizione) si risolve in una serie di considerazioni che difficilmente si possono qualificare come veri e propri motivi di legittimità, mentre riguardano piuttosto il merito insindacabile della discrezionalità amministrativa.

5. A questo proposito, si deve ricordare innanzi tutto che l’art. 39 t.u.l.p.s. concede al Prefetto un’ampia discrezionalità nell’esercizio del potere di vietare la detenzione di armi e munizioni ai soggetti che non diano pieno affidamento riguardo alla correttezza della loro custodia e del loro uso.

Lo scopo di questa e altre analoghe disposizioni del t.u.l.p.s. non è quello di sanzionare illeciti bensì quello di prevenire i sinistri (non necessariamente intenzionali e non necessariamente ascrivibili al destinatario del provvedimento) che possono verificarsi per effetto di un uso improprio o anche semplicemente incauto delle armi pur legittimamente detenute, ovvero di una non corretta custodia.

Il giudizio di non piena affidabilità – che giustifica i provvedimenti in discorso – può basarsi su elementi di fatto di natura assai varia, e tra questi assumono particolare importanza le condanne penali riportate dal soggetto, a maggior ragione se si tratta di condanne per reati commessi mediante abuso delle armi, o altrimenti consistenti in violazione di norme (penalmente sanzionate) concernenti la disciplina delle armi.

6. Nel caso in esame, l’attuale appellante è stato sanzionato, per l’appunto, in sede penale per violazioni alle leggi sulla disciplina delle armi.

L’appellante tenta di rimettere in discussione la stessa sentenza penale (patteggiata), ad es. sostenendo che le armi in questione, per la loro vetustà, non potevano essere considerate “illegali” né tanto meno classificate “da guerra”;
ma questo tipo di argomenti avrebbero dovuto trovare la loro sede appropriata nel processo penale.

Non è determinante, poi, il fatto che il giudice penale, pur irrogando la condanna, abbia concesso i benefici di legge mostrando di apprezzare positivamente la personalità dell’interessato e di ritenere improbabile la commissione di ulteriori illeciti. La prospettiva dell’autorità di pubblica sicurezza è necessariamente diversa da quella del giudice penale;
questo ha il compito di sanzionare gli illeciti commessi, quella ha il compito di prevenire gli illeciti e più in generale i sinistri che potrebbero verificarsi in futuro.

7. Non è compito del giudice amministrativo sostituirsi all’autorità di pubblica sicurezza nelle valutazioni discrezionali di sua competenza;
queste ultime possono essere sindacate solo per manifesta illogicità, travisamento di fatti, e simili.

In questo caso, in presenza di una condanna penale (sia pure patteggiata) per violazione delle norme sulla disciplina delle armi, non è censurabile per manifesta illogicità la determinazione, adottata discrezionalmente dell’autorità di pubblica sicurezza, di applicare l’art. 39 t.u.l.p.s. e di vietare al colpevole la detenzione di armi e munizioni.

8. La difesa dell’appellante si diffonde nell’illustrare gli aspetti positivi della personalità dell’interessato e le sue benemerenze sociali.

Elementi di questo genere – peraltro non direttamente pertinenti al controllo delle armi – si sarebbero forse dovuti rappresentare all’autorità di pubblica sicurezza ai fini delle valutazioni discrezionali di sua esclusiva competenza (e potrebbero ancora esserle rappresentati ai fini di un riesame, che è sempre ammissibile in questa materia);
ma il fatto che l’autorità di p.s. non ne abbia tenuto conto non costituisce un vizio di legittimità sindacabile in questa sede.

9. Va dunque confermata la sentenza del T.A.R. che ha respinto il ricorso dell’interessato. S’intende che la presente decisione non preclude all’autorità amministrativa un riesame discrezionale, eventualmente anche alla luce dei comportamenti tenuti dall’interessato successivamente al provvedimento impugnato.

Si ravvisano giusti motivi per compensare le spese.

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