Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2019-11-07, n. 201907598

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2019-11-07, n. 201907598
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201907598
Data del deposito : 7 novembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/11/2019

N. 07598/2019REG.PROV.COLL.

N. 05070/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5070 del 2011, proposto dal Ministero dell’economia e delle finanze, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato ope legis in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro

il signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati F C e A Giuseppe Caparello, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Pasubio, n. 4;

per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, sezione seconda, n. -OMISSIS-/2010, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio del signor -OMISSIS-;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 giugno 2019 il consigliere F F e uditi per le parti l’avvocato F C e l’avvocato dello Stato Gianmario Rocchitta;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’oggetto del presente giudizio è costituito dalla determina del Comandante generale della Guardia di finanza prot. numero 0087601/09 del 24 settembre 2009, con cui è stata comminata al finanziere scelto signor -OMISSIS- la sanzione della perdita del grado per rimozione, a causa di una riscontrata positività all’uso di cannabinoidi.

2. Avverso tale provvedimento, l’interessato ha proposto il ricorso di primo grado n. -OMISSIS-del 2009, dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma.

Il Ministero dell’economia e delle finanze si è costituito nel giudizio di primo grado, resistendo al ricorso.

Nel corso del giudizio di primo grado, il signor -OMISSIS-, con decreto del 15 luglio 2010, è stato giudicato dall’amministrazione non idoneo permanentemente al servizio d’istituto della Guardia di finanza ed è stato trasferito nel ruolo unico del personale del Ministero dell’economia e delle finanze, che, con successivo contratto del 6 settembre 2010, lo ha definitivamente assunto a tempo indeterminato.

3. Con l’impugnata sentenza n. -OMISSIS- del 21 dicembre 2010, il T.a.r. per il Lazio, sezione seconda, ha accolto il ricorso, con compensazione tra le parti delle spese di lite.

4. Con ricorso ritualmente notificato e depositato – rispettivamente in data 10 giugno 2011 e 17 giugno 2011 – il Ministero dell’economia e delle finanze ha interposto appello avverso la su menzionata sentenza, articolando un unico composito motivo, con cui, in sintesi, ha dedotto che la condotta contestata non sarebbe stata unica e che, ad ogni modo, la sanzione della rimozione del grado deve ritenersi automatica e, pertanto, sarebbe dovuta al di là della unicità o meno della condotta.

5. Il signor -OMISSIS- si è costituito, eccependo:

a) l’inammissibilità dell’appello per assenza di una lesione concreta ed attuale dell’interesse sostanziale dedotto, posto che l’appellato non è più un appartenente al Corpo della Guardia di finanza, b) l’inammissibilità dell’appello per cessazione della materia del contendere conseguente ad un’asserita intervenuta acquiescenza alla sentenza impugnata;

c) l’infondatezza del gravame in fatto e diritto.

6. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 18 giugno 2019.

7. Il Collegio ritiene infondate le due eccezioni preliminari di inammissibilità dell’impugnazione.

7.1. Da un lato, invero, non si può escludere un interesse al ricorso in capo all’amministrazione in relazione a potenziali effetti di illegittimità derivata che un’eventuale conferma della destituzione del signor -OMISSIS- dal Corpo della Guardia di finanza potrebbero avere sul suo attuale rapporto lavorativo di tipo civile alle dipendenze del Ministero dell’economia e delle finanze.

7.2. D’altra parte, se è vero che il Consiglio di Stato, con ordinanza n. 3126 del 20 luglio 2011, ha sospeso l’esecutività della sentenza impugnata e che, ciononostante, l’appellante ha successivamente dato attuazione alla pronuncia di primo grado, almeno in via omissiva, non rescidendo il rapporto di lavoro con il signor -OMISSIS-, non può non osservarsi che l’istituto dell’acquiescenza, disciplinato dall’art. 329 del codice di procedura civile e applicabile al processo amministrativo alla stregua del rinvio esterno formulato dall’art. 39, comma 1, del c.p.a., opera pacificamente soltanto con riferimento ad un’impugnazione non ancora proposta, mentre, dopo la proposizione della stessa, è possibile solo una sua espressa rinuncia (cfr. Cass. civ. pronunce 16 ottobre 2013, n. 23529;
9 novembre 2005, n. 21685;
10 febbraio 2005, n. 2704;
18 febbraio 2000, n. 1823;
6 maggio 1999, n. 4535;
19 maggio 1990, n. 4557;
3 aprile 1989, n. 1591). Ne discende che nel caso di specie nessuna acquiescenza si è formata, atteso che il comportamento – tra l’altro omissivo – incompatibile con la volontà di impugnare si è verificato successivamente alla proposizione dell’appello.

8. L’appello è infondato e deve essere respinto alla stregua delle seguenti considerazioni in fatto e diritto.

9. Del tutto legittimamente il T.a.r. ha affermato che «L’assenza di univoci elementi istruttori comprovanti l’uso ripetuto e non occasionale di sostanze stupefacenti da parte del militare implica l’illegittimità del provvedimento impugnato, in quanto adottato in ragione di un unico episodio accertato, considerato che l’unicità della condotta, di per sé comunque riprovevole, non può fare desumere in maniera inconfutabile quella dedizione all’uso di sostanze stupefacenti che, per la sua ripetitività, determina quella mancanza di moralità, asserita nel provvedimento (moralità che deve essere sicuramente posseduta da un militare della Guardia di Finanza), tale da necessitare l'adozione della misura espulsiva». Ed invero, al di là di meri indizi, non vi è prova certa che il signor -OMISSIS- abbia fatto un uso ripetuto di cannabinoidi: l’appellato, infatti, è risultato positivo soltanto alle analisi del 24 marzo 2009, mentre tutte le successive visite sanitarie effettuate (in data 31 marzo, 27 maggio e 2 luglio 2009), a cui egli si è spontaneamente sottoposto, non hanno riscontrato alcuna positività a sostanze stupefacenti.

9.1. Il Ministero appellante ha sostenuto che, a prescindere dall’unicità o meno della condotta illecita, la sanzione espulsiva sarebbe comunque legittima.

Il Collegio non condivide siffatto assunto, che non è in linea con il principio generale della proporzionalità e gradualità della sanzione rispetto all’illecito.

In proposito il T.a.r. ha correttamente evidenziato che: « la proporzione fra addebito e sanzione è principio espressivo di civiltà giuridica (…) comportando la sproporzione della sanzione la violazione del principio di ragionevolezza e di gradualità della sanzione stessa ».

Al riguardo va evidenziato che il doveroso rispetto del principio di proporzionalità della sanzione disciplinare in ambito lavorativo ha condotto la giurisprudenza amministrativa a considerare legittimo il provvedimento di rimozione di grado assunto nei confronti di un militare, siccome adeguatamente motivato e in sintonia con il principio di proporzionalità tra addebito e sanzione disciplinare, soltanto laddove sia stato accertato che trattasi di assunzione della sostanza stupefacente non isolata, non casuale e non involontaria (cfr. Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 1° febbraio 2017, n. 413).

Si rileva peraltro che la tesi dell’automaticità della sanzione espulsiva è altresì smentita dalla disposizione di cui dell’art. 40, punto n. 6), della legge 3 agosto 1961, n. 833 (disciplinante lo « Stato giuridico dei vicebrigadieri e dei militari di truppa della Guardia di finanza » e ratione temporis applicabile, essendo poi stata abrogata dal decreto legislativo n. 95 del 2017). Tale norma, infatti, prevedeva la « rimozione per violazione del giuramento o per altri motivi disciplinari, ovvero per comportamento comunque contrario alle finalità del Corpo alle esigenze di sicurezza dello Stato, previo giudizio di una Commissione di disciplina », lasciando, per tal via, un margine di discrezionalità all’amministrazione ed escludendo, pertanto, qualsiasi automatismo nell’applicazione della sanzione massima.

Delineato tale quadro ordinamentale e giurisprudenziale, emerge con chiarezza che l’amministrazione è tenuta ad effettuare una valutazione complessiva e contestualizzata della condotta illecita al fine di irrogare una sanzione equa.

Sul punto vanno sottolineate diverse emergenze fattuali che avrebbero dovuto condurre l’appellante ad una più mite valutazione della posizione dell’odierno appellato.

In particolare, il signor -OMISSIS-:

a) nell’ambito del procedimento penale non ha mai ricoperto il ruolo di persona sottoposta alle indagini, bensì di persona informata sui fatti;

b) non può considerarsi soggetto con rapporti di contiguità ad ambienti dediti al traffico di stupefacenti;

c) ha prestato servizio nel Corpo della Guardia di finanza per ben dieci anni, acquisendo titoli ed elogi da parte dei propri superiori;

d) ha dichiarato spontaneamente di aver fatto un uso isolato di droga leggera ed ha assunto un atteggiamento collaborativo, fornendo il nominativo dell’interlocutore telefonico intercettato e non sottraendosi nessuno dei controlli medici richiesti dall’amministrazione.

10. In conclusione l’appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

11. La peculiarità della vicenda giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese di lite del presente grado di giudizio.

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