Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2021-02-26, n. 202101666
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Testo completo
Pubblicato il 26/02/2021
N. 01666/2021REG.PROV.COLL.
N. 02802/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 2802 del 2017, proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, dalla Scuola Nazionale dell'Amministrazione, in persona del Direttore pro tempore, e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Funzione Pubblica, in persona del Direttore pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
La professoressa -OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato A B, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via di San Nicola da Tolentino, 67;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, Sezione I, n. -OMISSIS-, resa tra le parti, in materia concernente la rideterminazione del trattamento giuridico ed economico dei docenti della SNA (ex SSEF).
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della professoressa -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 luglio 2020 il consigliere Daniela Di Carlo e uditi per le parti l’avvocato A B e gli avvocati dello Stato Fabrizio Fedeli ed Eugenio De Bonis, i quali hanno chiesto il passaggio in decisione con tutti gli effetti di legge;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Scuola Nazionale dell'Amministrazione hanno appellato la sentenza -OMISSIS-, con la quale il Tar per il Lazio, sede di Roma, Sezione I, in accoglimento del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti proposti dalla professoressa -OMISSIS-, ha annullato “nei sensi di cui in motivazione il d.p.c.m. 25.11.2015, n. 202, nella parte impugnata nell’interesse della ricorrente, nonché i collegati provvedimenti impugnati con i motivi aggiunti.”.
2. Più in particolare, la ricorrente ha impugnato il DPCM del 25.11.2015, n. 202 (pubblicato nella G.U. n. 295/2015) nella parte in cui stabilisce che ai docenti a tempo indeterminato della Scuola Nazionale dell’Amministrazione si applica la disciplina delle incompatibilità e delle autorizzazioni prevista per i professori e i ricercatori universitari a tempo pieno (art. 2, comma 4) e, altresì, nella parte in cui individua i criteri per la determinazione del trattamento economico dei docenti a tempo indeterminato della Scuola Nazionale dell’Amministrazione (art. 2, comma 1 e art. 5, commi 2 e 4).
Ha impugnato, inoltre, gli atti applicativi mediante i quali la Scuola ha diffidato dal proseguire eventuali attività professionali incompatibili, ha rideterminato il trattamento economico e ha disposto il recupero delle maggiori somme erogate.
3. A sostegno delle proprie pretese, la ricorrente ha articolato le seguenti censure.
3.1. “Radicale assenza del potere regolamentare in capo al Governo - Violazione dell’art. 11, co 1, lett. d), L. n. 124/2015 - Falsa applicazione art. 21, co. 4, D.L. n. 90/2014”.
La potestà normativa regolamentare del Governo di cui all’art. 21, co. 1, lett. d) d.l. n. 90/2014 è venuta meno per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 11, co. 1, lett. d) l. n. 124/2015, con la conseguente inesistenza della necessaria base legale per l’emanazione del d.P.C.M. impugnato.
3.2. “Illegittimità per violazione dell’art. 21, co. 4, D.L. n. 90/2014 e dell’art. 31 del d.lgs. n. 165/2001 – Eccesso di potere per illogicità e ingiustizia manifesta – Illegittima determinazione del trattamento economico dei docenti della SNA”.
La norma regolamentare contrasta con la legge di delega, perché introduce il criterio della necessaria coincidenza del trattamento economico dei professori ex SSEF a quello dei professori universitari, non avvedendosi che – al contrario - il criterio fissato dalla legge primaria è quello della tendenziale omogeneità del trattamento medesimo.
Viola il divieto di reformatio in pejus nei rapporti di durata, senza prevedere meccanismi di mantenimento del livello retributivo in godimento mediante la corresponsione di un assegno ad
personam riassorbibile.
Non si limita a provvedere per il futuro, ma incide anche per il passato, prevedendo che i periodi di servizio prestato nelle qualifiche di provenienza sono computati come anzianità di servizio nel ruolo dei professori universitari.
Contrasta con l’art. 31 del d.lgs. n. 165/2001, che disciplina la procedura della cd. "mobilità obbligatoria".
La riduzione del trattamento retributivo produrrà conseguenze pregiudizievoli anche sul futuro trattamento pensionistico e sul trattamento di fine servizio.
3.3. “Violazione di legge – Violazione della legge n. 240 del 2010 e del d.P.R. n. 232 del 2011”.
Il d.C.P.C. impugnato viola il principio generale della invarianza sostanziale e i principi applicativi sulle progressioni economiche stipendiali.
3.4. “In via subordinata: illegittimità comunitaria ed incostituzionalità delle disposizioni legislative in esame: art 21 del d.l. n. 90/2014 (convertito dalla legge n. 114/2014); dell’art. 1, comma 657 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 - Violazione dei principi di tutela del legittimo affidamento, della certezza del diritto, dei principi di ragionevolezza e proporzionalità delle norme - Violazione degli artt. 3, 36, 38 e 97 della Costituzione”.
L'art. 21 del d.l. n. 90/2014, ove interpretato come modificativo dello stato giuridico ed economico in godimento, viola il legittimo affidamento e i principi della certezza del diritto e della proporzionalità del mezzo rispetto al fine; sconvolge un assetto di interessi consolidato e riconosciuto da numerose norme primarie e secondarie e da precedenti atti amministrativi mai contestati; concreta una legge-provvedimento ad personam, con sacrifici personali gravemente pregiudizievoli e non giustificati da un sostanziale interesse pubblico generale.
3.5. I medesimi motivi sono stati riproposti con i motivi aggiunti, per illegittimità derivata.
4. Il Tar del Lazio, sede di Roma, Sezione I, con la sentenza impugnata di cui in epigrafe:
a) ha ricostruito il quadro normativo di riferimento, osservando che:
a.1) l’art. 21 d.l. n. 90/14, conv. in l. n. 114/14, rubricato “Unificazione delle Scuole di formazione”, prevede al comma 4 che: “I docenti ordinari e i ricercatori dei ruoli a esaurimento della Scuola Superiore dell'economia e delle finanze, di cui all'articolo 4-septies, comma 4, del decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2008, n. 129, sono trasferiti alla Scuola nazionale dell'amministrazione e agli stessi è applicato lo stato giuridico dei professori o dei ricercatori universitari. Il trattamento economico è rideterminato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, al fine di renderlo omogeneo a quello degli altri docenti della Scuola nazionale dell'amministrazione, che viene determinato dallo stesso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sulla base del trattamento economico spettante, rispettivamente, ai professori o ai ricercatori universitari a tempo pieno con corrispondente anzianità. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.”;
a.2) l’art. 2 del d.p.c.m. impugnato prevede che “Ai docenti a tempo pieno, scelti tra dirigenti di amministrazioni pubbliche, magistrati ordinari, amministrativi e contabili, avvocati dello Stato e consiglieri parlamentari, nonché ai docenti a tempo indeterminato si applica il trattamento economico annuo lordo dei professori universitari di prima fascia a tempo pieno, come fissato dall'articolo 3, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 2011, n. 232, e successive modificazioni.
Ai docenti a tempo pieno, scelti tra professori universitari di prima o seconda fascia si applica, rispettivamente, il trattamento economico annuo lordo dei professori universitari di prima fascia a tempo pieno o quello dei professori universitari di seconda fascia a tempo pieno come fissati dal decreto del Presidente della Repubblica n. 232 del 2011 e successive modificazioni.
Per i docenti a tempo pieno scelti tra dirigenti di amministrazioni private o tra soggetti, anche stranieri, in possesso di elevata e comprovata qualificazione professionale, il trattamento economico annuo lordo è stabilito, tra quelli di professore universitario di prima fascia a tempo pieno o di professore universitario di seconda fascia a tempo pieno, dal Presidente della Scuola, sentito il Comitato di gestione, sulla base della valutazione del curriculum accademico e professionale, in applicazione dei criteri di valutazione fissati dallo stesso Comitato, comunque nel rispetto del decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 2011, n. 232, e successive modificazioni.
Il trattamento economico dei docenti a tempo pieno e a tempo indeterminato, come definito dal presente articolo, è correlato all'espletamento degli obblighi istituzionali e delle attività didattiche e scientifiche, previsti per i professori universitari a tempo pieno e all'impegno didattico fissato dall'articolo 1, comma 16, della legge 4 novembre 2005, n. 230, e dall'articolo 6 della legge 30 dicembre 2010, n. 240. Ai suddetti docenti si applica la disciplina delle incompatibilità e delle autorizzazioni prevista per i professori e ricercatori universitari a tempo pieno dallo stesso articolo 6. Il Presidente, sentito il Comitato di gestione,