Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2017-02-06, n. 201700498
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Pubblicato il 06/02/2017
N. 00498/2017REG.PROV.COLL.
N. 04188/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso iscritto in appello al numero di di registro generale 4188 del 2010, proposto dal signor M N, rappresentato e difeso dall'avvocato P G O, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Montasio, n. 67
contro
Comune di Roma, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato P L P , domiciliato in Roma, via del Tempio di Giove, n. 21
per la riforma della sentenza del T.A.R. del Lazio, Sezione II, n. 5277/2010;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Roma;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 gennaio 2017 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti gli avvocati P G O e P L P;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue
FATTO
Con ricorso proposto dinanzi al TAR del Lazio, recante il numero 8861/2007, l’odierno appellante, signor N, premesso di avere presentato domanda di partecipazione al concorso pubblico, bandito con determinazione del Comune di Roma del 4 agosto 2005, per il rilascio di trecento licenze per il servizio di taxi, impugnava il provvedimento in data 11 luglio 2007 con il quale, dopo essere stato ammesso, era stato escluso dalla partecipazione per difetto dei requisiti morali prescritti dal bando, avendo riportato condanna definitiva per uno dei reati per i quali, ai sensi dell’articolo 17 della legge della Regione Lazio n. 58 del 1993, non è consentito il rilascio dell’autorizzazione al servizio di trasporto di persone con auto pubbliche.
Con il gravame assumeva l’illegittimità del provvedimento impugnato, considerato che, a seguito della modifica dell’articolo 17 della legge regionale sopra citata, ad opera della legge regionale n. 9 del 2007, egli aveva ottenuto la reiscrizione nel ruolo provinciale dei conducenti da parte della C.C.I.A.A. di Roma.
Con la sentenza segnata in epigrafe il Tribunale amministrativo adito ha respinto il ricorso, ritenendolo infondato.
La sentenza in questione è stata impugnata in appello dal signor N, il quale ne ha chiesto la riforma articolando un unico, complesso motivo.
Si è costituito in giudizio il Comune di Roma (Roma Capitale), il quale ha concluso nel senso della reiezione dell’appello.
Con ordinanza 9 giugno 2010, n. 2696 questo Consiglio di Stato ha accolto l’istanza di sospensione cautelare degli effetti della sentenza in oggetto.
Alla pubblica udienza del 12 gennaio 2017 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dal signor N (il quale aveva partecipato alla procedura indetta dal Comune di Roma nel 2005 per il rilascio di 300 licenze di taxi) avverso la sentenza del T.A.R. del Lazio con cui è stato respinto il ricorso da lui proposto avverso gli atti con cui il Comune di Roma lo ha escluso dalla graduatoria conclusiva della procedura in parola per avere egli riportato una condanna per un reato contro la fede pubblica (con pena condizionalmente sospesa).
2. L’appello è meritevole di accoglimento.
2.1. E’ pacifico in atti che il signor N abbia riportato una condanna per un reato contro la fede pubblica (si tratta dell’utilizzo di un certificato medico falso – art. 489 cod. pen. - per il quale allo stesso è stata irrogata una condanna ai sensi dell’articolo 444 cod. pen., con pena sospesa).
Sotto tale aspetto risultano invero inessenziali ai fini del decidere le numerose considerazioni inerenti l’operato del precedente difensore dell’appellante, non incidendo esse sul dato storico dell’intervenuta condanna in sede penale, né sui termini della presente decisione.
E’ altresì pacifico in atti:
- che, al momento in cui presentò la domanda per l’assegnazione di una delle trecento licenze di taxi messe a bando dal Comune di Roma nell’agosto del 2005, il signor N omise di menzionare la richiamata condanna;
- che, ai sensi della normativa regionale illo tempore vigente (ci si riferisce all’articolo 17 della legge regionale n. 17 del 1993 - ‘ Disposizioni per l'esercizio del trasporto pubblico non di linea e norme concernenti il ruolo dei conducenti dei servizi pubblici di trasporto non di linea, di cui all'articolo 6 della legge 15 gennaio 1992, n. 21 ’ -) la condanna in questione risultava comunque ostativa al rilascio del titolo;
- che solo alcuni anni dopo la legge regionale n. 9 del 2007 ha modificato il quadro normativo di riferimento e ha stabilito (con disposizione di maggior favore per i responsabili) che le condanne penali per reati contro la fede pubblica avrebbero comportato l’impedimento all’iscrizione all’albo ma solo se superiori a un anno di reclusione (in particolare, a seguito delle modifiche introdotte nel corso del 2007, l’articolo 17 della legge regionale n. 58 del 1993 stabilisce che costituisce ragione ostativa all’iscrizione la “ condanna definitiva a pena detentiva non inferiore ad un anno per reati contro il patrimonio, la fede pubblica, l'ordine pubblico, l'industria e il commercio ”).
3. Ebbene, una volta operate le richiamate notazioni preliminari occorre rilevare la fondatezza dell’appello nei termini che seguono.
3.1. E’ in primo luogo fondato il motivo con il quale l’appellante ha lamentato l’illegittimità del provvedimento impugnato in primo grado per la parte in cui fonda l’esclusione:
- non già (come pure sarebbe stato possibile) sul carattere ostativo della condanna la cui menzione era stata omessa in sede di domanda di partecipazione,
- bensì sull’esistenza di un provvedimento di cancellazione dall’albo disposto dalla CCIAA di Roma qualche tempo addietro in ragione degli addebiti contestati in sede penale all’odierno appellante.
Ma il punto è che, nel momento in cui il Comune di Roma adottava il provvedimento di esclusione impugnato in primo grado (11 luglio 2007), il provvedimento camerale di cancellazione era stato già sospeso negli effetti in conseguenza di una favorevole pronuncia cautelare, ragione per cui lo stesso non poteva essere legittimamente posto a fondamento anche della disposta esclusione dalla graduatoria per l’assegnazione delle licenze di taxi.
3.2. Un secondo argomento favorevole all’appellante (già evidenziato dalla Sezione con l’ordinanza cautelare n. 2696/2010) rinviene dalla formulazione del secondo comma dell’art. 166 del cod. pen., secondo cui “ la condanna a pena condizionalmente sospesa non può costituire in alcun caso, di per sé sola, motivo per l'applicazione di misure di prevenzione, né d'impedimento all'accesso a posti di lavoro pubblici o privati tranne i casi specificamente previsti dalla legge, né per il diniego di concessioni, di licenze o di autorizzazioni necessarie per svolgere attività lavorativa ”.
Come già osservato in sede di delibazione cautelare, la disposizione appena richiamata depone (in un’ottica interpretativa costituzionalmente orientata) nel senso di non giustificare il sostanziale automatismo escludente applicato in danno del signor N dal Comune appellato.
Al contrario, prima di disporre l’esclusione dell’appellante dalla graduatoria per l’assegnazione di un titolo abilitativo di per sé necessario allo svolgimento di un’attività lavorativa il Comune avrebbe dovuto
- verificare in concreto l’effettiva rilevanza della disposta condanna ai fini dell’adozione della richiamata misura escludente;
- porre in relazione la pertinente previsione di legge regionale (nella formulazione ratione temporis vigente) e la più generale disposizione della legge penale in tema di valenza della pena condizionalmente sospesa ai fini del rilascio di titoli abilitativi procedendo a una valutazione in concreto ed evitando l’applicazione di un sostanziale automatismo espulsivo.
3.3. Non avendo operato in tal modo il Comune appellato ha realizzato un’illegittimità attizia idonea a determinare l’annullamento dell’atto impugnato in primo grado.
In sede di rideterminazione il Comune dovrà quindi procedere al corretto esame della fattispecie nei suoi risvolti concreti.
4. Per le ragioni sin qui esposte l’appello in epigrafe deve essere accolto e conseguentemente, in riforma della sentenza appellata, deve essere annullato il provvedimento impugnato in primo grado, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti da parte dell’amministrazione.
La Sezione ritiene che sussistano giusti ed eccezionali motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese fra le parti