Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-02-14, n. 202301547

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-02-14, n. 202301547
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202301547
Data del deposito : 14 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/02/2023

N. 01547/2023REG.PROV.COLL.

N. 08392/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8392 del 2016, proposto dalla società FIBE S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato Paolo Dell'Anno, con domicilio eletto presso lo studio del difensore, in Roma, via Umberto Saba 54;

contro

il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero dell'interno, il Ministero della salute, il Ministero dello sviluppo economico, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Commissario di Governo per l'emergenza bonifica e tutela delle acque della Regione Campania, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi 12;
la Regione Campania, la Provincia di Napoli, il Comune di Villaricca e l’

ARPA

Campania, non costituiti in giudizio;

per l’annullamento, previa sospensione,

della sentenza del T.a.r. Lazio, sede di Roma, sez. I, 24 giugno 2016 n. 7347, che ha respinto il ricorso n. 3490/2008 R.G. proposto per l’annullamento dei seguenti atti del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare:

a) della nota 6 febbraio 2008 prot. n.2867, conosciuta in data imprecisata, con la quale il Ministero ha chiesto alla Fibe S.p.a. di attivare presso l’impianto sito in località Masseria Riconte, facente parte del sito di interesse nazionale “Litorale Domizio Flegreo ed agro Aversano”, nel termine di 10 giorni dal ricevimento idonei interventi di messa in sicurezza di emergenza- m.i.s.e. in grado di impedire la diffusione della contaminazione a valle di tutte le possibili fonti presenti all’interno del sito in questione, nonché di trasmettere nel termine di 30 giorni dal ricevimento il piano di caratterizzazione dell’area di competenza;

degli atti presupposti, connessi ovvero consequenziali, e in particolare:

b) del D.M. 10 gennaio 2000, di approvazione del perimetro provvisorio delle aree del sito di interesse nazionale predetto, che demanda al Presidente della Regione Campania quale Commissario straordinario l’individuazione delle aree oggetto di sub perimetrazione;

c) del D.M. 8 marzo 2001, di approvazione di una nuova perimetrazione provvisoria del sito stesso;

d) del D.M. 18 settembre 2001 n.468, di approvazione del programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale;

e) del D.M. 10 gennaio 2006, che integra la predetta perimetrazione provvisoria;

nonché dei seguenti atti:

f) del Piano regionale di bonifica delle aree inquinate della Regione Campania, pubblicato sul Bollettino ufficiale regionale il 9 settembre 2005;

g) dell’ordinanza 31 dicembre 2004 n.233, con la quale il Commissario straordinario ha affidato all’Azienda regionale protezione ambientale per la Campania – ARPAC le attività per definire la sub perimetrazione;

h) della nota 6 novembre 2005 prot. n.9736 CD U, con la quale il Commissario straordinario ha trasmesso al Ministero copia della sub perimetrazione elaborata dall’ARPAC;

i) dell’elaborato tecnico in merito, predisposto dall’ARPAC;

l) del provvedimento di sub perimetrazione dell’ARPAC:

m) del verbale della conferenza di servizi decisoria tenutasi presso il Ministero il giorno 28 febbraio 2006;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti suindicate;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 gennaio 2023 il Cons. F G S e udito per la parte appellante l’avvocato Paolo Dell'Anno e dato atto dell’istanza di passaggio in decisione depositata dall'avvocato dello Stato D G;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Si controverte della nota 6 febbraio 2008 prot. n.2867 di cui in epigrafe (doc. 1 in I grado ricorrente appellante), con la quale l’allora Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ha chiesto alla FIBE S.p.a., ricorrente appellante, testualmente quanto segue: “Oggetto: Sito di interesse nazionale “Litorale Domizio Flegreo e Agro Aversano – FIBE S.p.a. – Impianto loc. Masseria Riconte. Con riferimento alla nota trasmessa dalla Provincia di Napoli in data 17 dicembre 2007 ed acquisita dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare al prot. n.33310/QdV/DI del 27 dicembre 2007, con cui l’ente medesimo trasmette copia della documentazione relativa alle analisi effettuate da ARPAC sui campioni di acqua di falda prelevati nel marzo 2007 nei “pozzi spia” dell’impianto di smaltimento in oggetto, si sottolinea che tali risultati evidenziano il superamento dei limiti fissati dalla vigente normativa in materia di bonifiche per le acque di falda, con riferimento ai parametri Arsenico e Fluoruri in vari punti di campionamento, a valle dell’impianto di smaltimento rifiuti. Alla luce dei risultati suddetti, si chiede all’Azienda in indirizzo di attivare, entro 10 giorni dalla data di ricevimento della presente nota, idonei interventi di m.i.s.e. [ messa in sicurezza di emergenza ] in grado di impedire la diffusione della contaminazione, a valle di tutte le possibili fonti di contaminazione presenti all’interno del sito in oggetto , nonché di trasmettere, entro 30 giorni dalla data di ricevimento della presente nota, il piano di caratterizzazione dell’area di competenza ”.

2. Ai fini di causa, è pertanto necessario illustrare preliminarmente la disciplina del citato sito di interesse nazionale- SIN e poi spiegare il ruolo rivestito dalla società FIBE, sia in generale, sia in particolare, in rapporto al sito di cui si tratta.

3. La disciplina in materia di SIN si può riassumere nei termini che seguono.

3.1 Il concetto normativo di sito di interesse nazionale è stato introdotto dalla l. 9 dicembre 1998 n.426, la quale dispone in materia di “ concorso pubblico nella realizzazione di interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati ”, e, in proposito, al comma 4 prevede che “ sono considerati primi interventi di bonifica di interesse nazionale quelli compresi nelle seguenti aree industriali e siti ad alto rischio ambientale i cui ambiti sono perimetrati, sentiti i comuni interessati, dal Ministro dell'ambiente… ” e comprende nella relativa lista alla lettera m) quello del “ Litorale Domizio-Flegreo e Agro aversano (Caserta-Napoli) ”.

3.2 Il perimetro del sito, per quanto qui interessa, risulta anzitutto dal d.m. Ambiente 10 gennaio 2000, che vi comprende, così come è incontestato in causa, il Comune di Villaricca, nel quale si trova l’impianto di smaltimento rifiuti per cui è causa, precisamente in località Masseria Riconte, impianto noto anche come “discarica di Villaricca” (fatti storici incontestati in causa).

3.3 Come è ovvio, l’inclusione di un dato Comune all’interno di un SIN non significa che ogni singola area all’interno del relativo territorio sia contaminata e debba essere sottoposta a bonifica;
l’inclusione nel SIN infatti ha di per sé una sola conseguenza, ovvero l’accentramento in capo al Ministero delle competenze per la bonifica stessa, che deve poi avvenire applicando le relative norme generali. Ciò si comprende a lettura dell’art. 1 commi 3 e 5 della citata l. 426/1998, che demandano appunto al Ministero di predisporre il programma di bonifica e di attuarlo.

3.4 Solo per completezza, si ricorda che successivamente ai fatti per cui è causa il SIN Litorale Domizio Flegreo e Agro aversano è stato declassato, con d m. Ambiente 11 gennaio 2013, a sito di interesse regionale, con la conseguenza che la competenza a provvedere è passata alla Regione (memoria amministrazioni 19 dicembre 2022, il fatto storico è incontroverso);
ciò peraltro, come ovvio, non ha alcun riflesso sulla legittimità o illegittimità del provvedimento qui impugnato.

3.5 La bonifica di cui all’art. 1 comma 3 della l. 426/1998 deve, alla lettera, tener conto delle norme in materia allora vigenti, ovvero “ dei limiti di accettabilità, delle procedure di riferimento e dei criteri definiti dal decreto ministeriale di cui all'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni ” e precisamente del d.m. Ambiente 25 ottobre 1999 n.471 di cui subito si dirà.

3.6 Il d.m. 471/1999 definisce gli interventi tecnici per cui è causa, ovvero la m.i.s.e. ed il piano di caratterizzazione, in modo di per sé sostanzialmente identico alla normativa sopravvenuta del d. lgs. 3 aprile 2006 n.152 attualmente vigente, che ha sostituito il d. lgs. 22/1997 e riflette un approccio scientificamente più avanzato alla problematica.

3.7 Infatti, la m.i.s.e è definita all’art. 2 comma 1 lettera d) del d.m. 471/1999 come “ogni intervento necessario ed urgente per rimuovere le fonti inquinanti, contenere la diffusione degli inquinanti e impedire il contatto con le fonti inquinanti presenti nel sito, in attesa degli interventi di bonifica e ripristino ambientale o degli interventi di messa in sicurezza permanente ”. In modo equivalente, l’art. 240 comma 1 lettera m) del d. lgs. 152/2006 la definisce come “ ogni intervento immediato o a breve termine, da mettere in opera nelle condizioni di emergenza di cui alla lettera t) in caso di eventi di contaminazione repentini di qualsiasi natura, atto a contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione, impedirne il contatto con altre matrici presenti nel sito e a rimuoverle, in attesa di eventuali ulteriori interventi di bonifica o di messa in sicurezza operativa o permanente ”.

3.8 Il piano di caratterizzazione, per parte sua, è definito nell’allegato 4 punto 1 del d.m. 471/1999 come l’elaborato che “ descrive dettagliatamente il sito e tutte le attività che si sono svolte o che ancora si svolgono;
individua le correlazioni tra le attività svolte e tipo, localizzazione ed estensione della possibile contaminazione;
descrive le caratteristiche delle componenti ambientali sia all'interno del sito che nell'area da questo influenzata;
descrive le condizioni necessarie alla protezione ambientale e alla tutela della salute pubblica;
presenta un piano delle indagini da attuare per definire tipo, grado ed estensione dell'inquinamento
”. Allo stesso modo, l’allegato 2 della parte IV del titolo V del d. lgs. 152/2006 definisce la caratterizzazione, che poi regolamenta in dettaglio, come “insieme delle attività che permettono di ricostruire i fenomeni di contaminazione a carico delle matrici ambientali, in modo da ottenere le informazioni di base su cui prendere decisioni realizzabili e sostenibili per la messa in sicurezza e/o bonifica del sito ”.

3.9 La differenza fondamentale fra il regime delle bonifiche previsto dal d.m. 471/199 e quello previsto dagli artt. 239 e ss. del d. lgs. 152/2006 si coglie invece confrontando il disposto dell’art. 4 comma 1 del d.m. 471/1999 con il più complesso procedimento previsto dall’art. 242 del d lgs. 152/2006.

3.10 L’art. 4 comma 1 d.m. 471/1999 prevede infatti che “ in caso di superamento o di pericolo concreto ed attuale di superamento dei valori di concentrazione limite accettabili per le sostanze inquinanti di cui all'articolo 3, comma 1, il sito interessato deve essere sottoposto ad interventi di messa in sicurezza d'emergenza, di bonifica e ripristino ambientale per eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o ridurre le concentrazioni delle sostanze inquinanti a valori di concentrazione almeno pari ai suddetti valori di concentrazione limite accettabili, ai sensi e con le modalità previste dal presente decreto ”. In altre parole, gli interventi scattano per il sol fatto che nel sito interessato si siano superate le concentrazioni di sostanze inquinanti previste in via generale ed astratta dal decreto in questione, per le quali vige, in sostanza, una presunzione assoluta di pericolosità.

3.11 Nel quadro delineato dall’art. 242 d. lgs. 152/2006, che come si è detto tiene conto dell’evoluzione scientifica e tecnologica nel frattempo verificatasi, vi è una maggior considerazione delle concrete caratteristiche del sito e il procedimento si svolge in più fasi. La prima fase si attiva nel momento in cui vengono superate le cd. concentrazioni soglia di contaminazione, ovvero CSC, concentrazioni di sostanze inquinanti che fanno, per così dire, scattare l’allarme e obbligano a verificare la effettiva necessità di provvedere. Superate le CSC, occorre infatti attivare un’indagine preliminare cd. sito specifica, la quale deve accertare attraverso la caratterizzazione se siano superate le concentrazioni soglia di rischio, ovvero CSR, per quelle stesse sostanze, ai sensi dell’art. 242 comma 4 d. lgs. 152/2006, e se ciò è in concreto avvenuto si deve procedere alla bonifica ai sensi dell’art. 242 comma 7 dello stesso decreto.

3.12 Sempre nel quadro del d. lgs.152/2006, la m.i.s.e. ha un campo di applicazione più definito poiché, come si è visto, si esegue nei casi di emergenza di cui all’art. 240 comma 1 lettera t), ovvero nelle emergenze genericamente intese e in casi esemplificativi, fra i quali vi è comunque la “ presenza di quantità significative di prodotto in fase separata sul suolo o in corsi di acqua superficiali o nella falda ” che qui rileva.

3.13 L’autorità procedente, ovvero il Ministero, ha applicato i criteri di cui all’art.4 comma 1 d.m. 471/1999, come risulta dalla lettera del provvedimento, dato che si è attivata per il solo fatto del “ superamento dei limiti fissati dalla vigente normativa ”, senza riferirsi ad un superamento delle CSC.

3.14 Come spiegato nelle difese dell’amministrazione (in particolare, ampiamente nella memoria 18 novembre 2016), ciò è avvenuto sulla base dell’art. 264 comma 1 lettera i) del d. lgs. 152/2006, che da un lato ha abrogato in modo espresso il d.lgs. 22/1997, e dall’altro però ha previsto che “ Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi del citato decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto ”. Ad avviso dell’amministrazione, quindi, il d.m. 471/1999 continua ad applicarsi perché un suo “ corrispondente provvedimento attuativo ” ancora non vi sarebbe.

3.15 Va però precisato che in questa causa, contrariamente a quanto ritenuto dal Giudice di I grado (per tutti, § 13 lettera a della sentenza) e dall’amministrazione nelle sue difese (per tutte, la citata memoria 18 novembre 2016) non è contestata l’applicazione al caso di specie della procedura e dei criteri di cui al d.m. 471/1999 in luogo di quelli di cui agli artt. 242 e collegati del d. lgs. 152/2006.

3.16 Lo esclude in modo chiaro ed esplicito la stessa ricorrente appellante a p. 16 § 2.1.1. dell’atto di appello, ove scrive: “ Contrariamente a quanto sostenuto dal TAR Lazio, in questo ricorso la ricorrente non ha lamentato l'applicazione del D.M. 471/1999 in luogo del D.lgs. 152/2006, ma ha eccepito che "Alla luce della normativa che precede la nota impugnata è illegittima sia ai sensi della pregressa normativa in materia di bonifiche dettata dal D.M. 471/99, che a norma del nuovo TU. Ambientale", precisando che entrambe le normative richiederebbero “la previa individuazione del soggetto obbligato ”, che nella specie sarebbe mancata. In altre parole, e in sintesi estrema, la parte non nega che nel sito considerato l’inquinamento vi sia, ma sostiene che non sarebbe dimostrata e non sussisterebbe una sua responsabilità in proposito.

4. Si deve a questo punto illustrare quali siano le vicende che hanno portato alla costituzione della FIBE e quale sia stato il suo rapporto con la discarica di Villaricca per cui è causa.

4.1 La costituzione della FIBE è uno dei risultati della complessa normativa che nel corso degli anni ha disciplinato la materia dello smaltimento rifiuti nella Regione Campania, normativa che ha conosciuto soluzioni diverse da quelle previste in generale per il resto del territorio nazionale a causa della cd. emergenza rifiuti notoriamente verificatasi nel territorio di quella Regione.

4.2 Come è pure noto, il sistema ordinario di gestione dei rifiuti, che faceva perno sulla competenza dei Comuni e dei loro consorzi come disciplinata dalla l.r. Campania 10 febbraio 1993 n.10, non riuscì in concreto a funzionare e si determinò una situazione appunto di grave emergenza, in cui i rifiuti prodotti in Regione non venivano raccolti né smaltiti, ma rimanevano abbandonati sul territorio e lungo le strade urbane, con i corrispondenti intuibili rischi per la salute pubblica.

4.3 Per porre rimedio a questo stato di cose, il Governo nazionale, in base alla l. 24 febbraio 1992 n.225 sulla protezione civile, nominò a partire dal febbraio 1994 una serie di Commissari straordinari, muniti di poteri speciali, tra i quali il potere di emanare ordinanze in materia.

4.4 Il Commissario a suo tempo nominato quindi, con propri decreti 2 giugno 1998 nn. 58 e 59, ritenne di porre rimedio alla situazione con l’affidamento ad un consorzio di imprese dell’incarico di realizzare e gestire un complesso integrato di sette impianti (cd. termovalorizzatori) che, nelle province di Napoli, Benevento, Salerno, Avellino e Caserta avrebbero dovuto produrre combustibile derivato dai rifiuti – CDR (attualmente denominato combustibile solido secondario- CSS e all’epoca noto con il termine “ecoballe”), ovvero in termini comuni bruciarli per produrre energia elettrica, il tutto come da contratti 7 giugno 2000 rep. n.11503 e 5 settembre 2001 rep. n.52 dell’Ufficiale rogante assegnato agli uffici del Commissario stesso (per i dettagli di questi atti, cfr. la sentenza della Sezione 28 settembre 2021 n.6517)

4.5 La ricorrente appellante FIBE e una sua controllata

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