Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-07-26, n. 202307312
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Testo completo
Pubblicato il 26/07/2023
N. 07312/2023REG.PROV.COLL.
N. 04255/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4255 del 2021, proposto da
Ministero della Difesa, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio nei suoi uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro
-OMISSIS- non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione Terza, n. -OMISSIS-resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 giugno 2023 il Cons. Alessandro Enrico Basilico e udito l’avvocato dello Stato Liborio Coaccioli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Il Ministero impugna la sentenza segnta in epigrafe che ha accolto il ricorso del Maresciallo Maggiore dei Carabinieri appellato, annullando la sanzione disciplinare che gli era stata inflitta per aver leso la dignità degli Ufficiali dell’Arma.
2. In particolare, si rileva che con provvedimento n. 358/21 del 22 gennaio 2019, emanato all’esito di un procedimento disciplinare in cui erano state vagliate le giustificazioni dell’incolpato e sentito il parere della Commissione di disciplina, al militare veniva irrogata la sanzione di corpo di cinque giorni di consegna in quanto il giorno 21 novembre 2018, «mediante l’utilizzo della piattaforma di messaggistica denominata “Whatsapp”, registrava un file audio, successivamente diffuso su scala nazionale, nel quale esprimeva giudizi sfavorevoli e gravemente lesivi della dignità degli ufficiali dell’Arma dei Carabinieri, con l’aggravante del grado rivestito», con violazione dell’art. 751, co. 1, lett. a), n. 16), dell’art. 713, co. 2, e dell’art. 732, co. 1, 2, 3, lett. a), 5, del DPR n. 90 del 2010 nonché dell’art. 423 del Regolamento generale dell’Arma (art. 3 del fascicolo di primo grado dell’appellato).
3. Il militare ha impugnato la sanzione con ricorso gerarchico, che è stato respinto con provvedimento n. 107/2 del 4 aprile 2019 (doc. 1 del fascicolo di primo grado dell’appellato), quindi ha proposto ricorso dinanzi al TAR.
4. Il Tribunale ha accolto il ricorso, annullando la sanzione, in base alla considerazione che «la diffusione a livello nazionale del messaggio non è avvenuta per sua volontà […] né si può ritenere che la circolazione di tale messaggio al di fuori della stretta cerchia degli originari destinatari sia in qualche modo a lui imputabile [...] ciò che rileva è semplicemente il fatto che l’autore del messaggio indirizzato ad uno o più soggetti determinati non può essere ritenuto responsabile dell’uso che di esso ne fanno i destinatari»; ha invece rigettato la domanda risarcitoria, sostenendo che, ai fini di carriera, la tutela demolitoria costituisca di per sé risarcimento in forma specifica, e ritenendo non dimostrato il pregiudizio economico lamentato per la mancata partecipazione a missioni all’estero; il TAR ha altresì condannato l’Amministrazione al pagamento delle spese processuali del primo grado.
5. Il Ministero ha proposto appello contro la sentenza.
6. Nel giudizio di secondo grado l’appellato non si è costituito, nonostante il gravame sia stato regolarmente notificato, con invio dell’atto e della relazione di notificazione, sottoscritti con firma digitale, all’indirizzo PEC dei suoi difensori, indicato nel ricorso introduttivo e comunque tratto da pubblici registri (a dimostrazione del perfezionamento della notificazione, l’Avvocatura dello Stato ha puntualmente depositato le ricevute di avvenuta consegna del messaggio).
7. All’udienza pubblica del 6 giugno 2023, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
8. Con unico motivo di appello, l’Amministrazione deduce: erroneità e contraddittorietà della sentenza impugnata.
A suo avviso il TAR avrebbe dovuto considerare che, lungi dall’essere senza colpa per la diffusione dell’audio, il militare era rimproverabile proprio per aver inviato il messaggio a un gruppo di colleghi, così accettando che il suo contenuto fuoriuscisse dalla sfera di controllo “locale”, ristretta o riservata, rivolgendosi così a un pubblico indeterminato, financo su scala nazionale.
9. L’appello è fondato.
10. Le violazioni contestate dall’Amministrazione attengono alle seguenti norme del Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare-TUROM di cui al DPR n. 90 del 2010:
- art. 751, co. 1, lett. a), n. 16), secondo cui possono essere puniti con la consegna di rigore «comportamenti, apprezzamenti, giudizi gravemente lesivi della dignità personale di altro