Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2024-05-29, n. 202404813

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2024-05-29, n. 202404813
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202404813
Data del deposito : 29 maggio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/05/2024

N. 04813/2024REG.PROV.COLL.

N. 02428/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2428 del 2023, proposto dalla
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avv. E T e con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore , ex lege rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato presso gli Uffici della stessa, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Roma, Sezione Seconda, n. 16356/2022 del 7 dicembre 2022, resa tra le parti, con cui è stato respinto il ricorso R.G. n. 560/2016.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Economia e delle Finanze;

Viste le note difensive e la documentazione della difesa erariale;

Viste l’ordinanza collegiale n. 683/2024 del 22 gennaio 2024 e la documentazione depositata dalla parte appellante in ottemperanza alla stessa;

Vista la memoria finale dell’appellante;

Preso atto del deposito di ulteriori note difensive ad opera della difesa erariale, recanti contestuale istanza di passaggio della causa in decisione;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 maggio 2024 il Cons. Pietro De Berardinis, udito per l’appellante l’avv. E T e viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. Con l’appello in epigrafe -OMISSIS-. (“-OMISSIS-”) impugna la sentenza del T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, n. 16356/2022 del 7 dicembre 2022, chiedendone la riforma.

1.1. La sentenza appellata ha respinto il ricorso proposto dall’Istituto di credito per l’accertamento della titolarità di un gruppo di certificati CCT e BTP, già oggetto di sequestro presso il -OMISSIS- da parte della Procura della Repubblica di Roma nell’ambito di un procedimento penale per ricettazione che riguardava gli stessi, per l’annullamento della nota del Ministero dell’Economia e della Finanze (“M.E.F.”) del -OMISSIS-, recante diniego sull’istanza dell’Istituto volta al rimborso di detti titoli, e per la condanna al rimborso del controvalore dei titoli in questione, pari ad € 299.545,00 di capitale nominale (oltre il rendimento, gli interessi e il maggior danno).

1.2. Il giudizio era stato instaurato innanzi al Tribunale di Roma, che, però, con sentenza n. -OMISSIS-del 12 marzo 2015 declinava la propria giurisdizione in favore di quella esclusiva del G.A.;
per l’effetto, -OMISSIS- provvedeva a riassumere la causa innanzi al T.A.R. Lazio, Roma, che, all’esito del giudizio, con la sentenza gravata ha respinto il ricorso.

2. In sintesi il T.A.R., dopo aver premesso che l’Istituto ricorrente non aveva indicato la causa petendi del diritto di titolarità dedotto in giudizio, ha osservato che l’accertamento della “esclusiva titolarità” dei titoli al portatore da un lato è l’oggetto della domanda principale, dall’altro lato è il presupposto per l’accoglimento della domanda di rimborso (che, infatti, presuppone la legittimazione a richiedere la prestazione incorporata nei titoli al portatore). Orbene, l’accertamento della titolarità dei titoli non si sottrae alla disciplina generale sul riparto dell’onere probatorio (v. art. 2697 c.c. e artt. 63, comma 1, e 64, comma 1, c.p.a.), la quale opera con pienezza in presenza di posizioni giuridiche di diritto soggettivo: dunque, poiché tra gli elementi costitutivi della domanda di rimborso rientra un fatto-diritto (la titolarità dei titoli), la parte che afferma il diritto al rimborso deve dimostrare la sussistenza del predetto fatto-diritto, quale elemento costitutivo della domanda di rimborso.

2.1. Nel caso di specie, i titoli di cui si chiede il rimborso sono stati sottratti all’Istituto di credito, che li custodiva in un conto deposito per conto terzi dapprima aperto presso il -OMISSIS- e in seguito presso la Banca di -OMISSIS-, dove il conto risultava intestato a un soggetto poi condannato per il reato di ricettazione riguardante proprio quei titoli. Dalle evidenze processuali – osserva la sentenza – non risultano, però, elementi sulla base dei quali poter accertare che -OMISSIS- sia il soggetto legittimato a pretendere il rimborso dei titoli in quanto legittimo possessore di essi, poiché l’Istituto deteneva i certificati dall’origine (prima della sottrazione) in veste di custode per conto terzi e non di possessore (v. artt. 68, comma 1, del d.P.R. n. 398/2003 e 2003, comma 2, c.c.).

2.2. Poiché, dunque, -OMISSIS- non ha adempiuto all’onere probatorio relativo al legittimo possesso dei titoli, quale fatto-diritto elemento costitutivo del diritto al rimborso, la domanda di rimborso non è fondata;
né – conclude il T.A.R. – si può basare l’accertamento della titolarità dei titoli sulla non contestazione ad opera del Ministero, non avendo il M.E.F. preso posizione in ordine alla dedotta titolarità.

3. Nel gravame -OMISSIS- contesta l’ iter motivazionale e le statuizioni della sentenza di prime cure, deducendo i seguenti motivi:

I) error in iudicando , violazione e falsa applicazione dell’art. 68, comma 1, del d.P.R. n. 398/2003 e degli artt. 1147, 1992, 1993, 1994 e 2003 c.c., illogicità, irragionevolezza, incongruità e difetto di istruttoria, nonché violazione dei principi di autonomia, letteralità e astrattezza dei titoli di credito al portatore, poiché nulla osterebbe all’incasso dell’importo dei titoli da parte di -OMISSIS-, quale attuale portatore dei titoli in buona fede, giusta l’ordinanza della Corte di Appello di Roma, II Sez. Penale, del -OMISSIS-, che ha disposto il dissequestro dei titoli in favore della stessa “ -OMISSIS- -OMISSIS- ”. Ciò, atteso che per i titoli al portatore, il portatore sarebbe legittimato all’incasso del relativo importo senza ulteriori oneri aggiuntivi;

II) error in iudicando , violazione e falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c. e 2003 c.c., illogicità, irragionevolezza, incongruità e difetto di istruttoria, ultrapetizione, nonché violazione dei principi di autonomia, letteralità e astrattezza dei titoli di credito al portatore, per avere il primo giudice errato nel richiamare i principi di cui all’art. 115 c.p.c. (in tema di onere di specifica contestazione dei fatti in capo alla parte costituita), non avendo il Ministero alcun potere di eccepire alcunché in ordine al rapporto sottostante ai titoli ed essendo il giudice privo di poteri di accertamento circa il processo di acquisizione dei titoli.

3.1. L’appellante ha poi ripresentato, ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., le censure assorbite dal T.A.R., deducendo il seguente ulteriore motivo:

III) violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 c.c. per tempestività della richiesta di rimborso dei titoli, atteso che il Ministero ha respinto la pretesa al rimborso dei titoli e delle cedole non incassate, eccependo l’intervenuta prescrizione, ma ai sensi dell’art. 2935 c.c. il termine di prescrizione sarebbe rimasto sospeso per tutta la durata del sequestro penale e fino al dissequestro disposto dalla Corte d’appello di Roma, con la sopra mezionata ordinanza in data -OMISSIS-, ricominciando a decorrere da tale data. Né vi sarebbero stati i presupposti per chiedere una copia autentica del titolo, essendo contesa la titolarità dei titoli (poiché -OMISSIS- non aveva la disponibilità dei titoli, mentre -OMISSIS- non si poteva definire “legittimo portatore”), tanto che il dissequestro sarebbe stato precedentemente negato per ben due volte.

3.2. L’Istituto appellante ha concluso per la riforma della sentenza impugnata, con accertamento del legittimo possesso dei titoli da parte sua e della tempestività della richiesta di rimborso degli stessi, nonché per la condanna del M.E.F. al rimborso del controvalore dei titoli, come elencati nel ricorso, per complessivi € 299,545,00 di capitale nominale, oltre al rendimento e agli interessi dal dovuto al soddisfo, nonché al maggior danno ex art. 1224, comma 2, c.c.

3.3. Si è costituito in giudizio il Ministero appellato, depositando di seguito una memoria difensiva e documentazione sui fatti di causa ed eccependo l’infondatezza nel merito dell’appello, del quale ha perciò chiesto la reiezione.

3.4. Con ordinanza n. 683/2024 del 22 gennaio 2024 il Collegio, rilevando il mancato deposito di copia della sentenza appellata e imputandolo a una svista o a un inconveniente informatico nel quale sarebbe incorso l’Istituto appellante (che aveva espresso la volontà del suddetto deposito, indicando la copia nel foliario depositato unitamente al ricorso), ha assegnato all’Istituto un breve termine per procedere al deposito in via telematica della copia della sentenza.

3.5. -OMISSIS- ha ottemperato, provvedendo a depositare la copia nel termine assegnatogli.

4. In vista della discussione della causa l’appellante ha depositato una memoria finale, insistendo per l’accoglimento del gravame.

4.1. Il Ministero appellato, dal canto suo, ha depositato fuori termine brevi note difensive, contenenti altresì istanza di passaggio della causa in decisione.

4.2. All’udienza pubblica del 14 maggio 2024 è comparso il difensore dell’Istituto appellante, il quale ha brevemente discusso la causa. Questa di seguito è stata trattenuta in decisione.

5. In via preliminare va disposto lo stralcio delle note difensive depositate dalla difesa erariale il 9 maggio 2024, quindi ben oltre il termine ex art. 73, comma 3, c.p.a.: di esse, perciò, può tenersi conto solo nella parte in cui recano istanza di passaggio della causa in decisione.

5.1. Nel merito le censure dedotte dall’appellante sono fondate.

6. È anzitutto fondato il primo motivo di appello, non potendosi condividere l’assunto del T.A.R., in base al quale l’Istituto di credito, pur agendo per l’accertamento della titolarità dei titoli, non avrebbe indicato la causa petendi del diritto di titolarità dedotto in giudizio.

6.1. Invero, si è già riferito che secondo la sentenza appellata non risultano in atti elementi sulla base quali si possa accertare che -OMISSIS- è legittimata a chiedere il rimborso dei titoli quale legittimo possessore di questi: l’Istituto, infatti, avrebbe detenuto i certificati fin dall’origine e prima che gli stessi venissero illecitamente sottratti (e quindi depositati presso il -OMISSIS-, dove il conto fu intestato a un soggetto poi condannato per la ricettazione dei titoli in discorso), in qualità di custode per conto terzi, e non di possessore. Né basterebbe al riguardo la mera non contestazione da parte del M.E.F. della titolarità dei titoli.

6.2. In contrario, tuttavia, giova ricordare il contenuto della più volte richiamata ordinanza della Corte d’appello di Roma del -OMISSIS-, invocata dall’appellante nel primo motivo. Con tale provvedimento il giudice penale ha infatti ordinato il dissequestro dei titoli “ in favore della stessa -OMISSIS- -OMISSIS- all’uopo autorizzata a tutte le operazioni necessarie per l’incasso del controvalore dei titoli medesimi ”.

6.3. La questione della legittimazione di -OMISSIS- a richiedere il controvalore dei titoli deve, quindi, ritenersi già risolta in base all’ordine di dissequestro emanato dal giudice penale, in cui, come visto, si indica l’autorizzazione dell’Istituto “ a tutte le operazioni necessarie per l’incasso ” del controvalore stesso, senza che sia possibile rimettere in discussione tale questione nella presente sede giudiziale amministrativa, a pena di un inaccettabile contrasto di pronunce.

6.4. Quanto appena detto comporta l’accoglimento, altresì, del secondo motivo, essendo irrilevante, a fronte del contenuto dell’ordinanza di dissequestro, stabilire se il contegno processuale del M.E.F. possa o meno valere ai sensi dell’art. 64, comma 2, c.p.a. (disposizione che riproduce nel processo amministrativo i principi dell’art. 115, primo comma, c.p.c.).

7. Da ultimo, in relazione al terzo motivo di appello, il Collegio osserva quanto segue.

7.1. Il Ministero, con l’impugnata nota del -OMISSIS- ha eccepito la prescrizione della pretesa al rimborso avanzata dall’Istituto di credito, richiamando la disciplina dettata dagli artt. 21, 22 e 79 del T.U. in materia di debito pubblico (d.P.R. n. 398/2003), in forza della quale il diritto al rimborso dei titoli si sarebbe prescritto in data 25 gennaio 2007: infatti – precisa il M.E.F. – all’interruzione della prescrizione l’Istituto ha provveduto con due atti stragiudiziali, l’uno del 25 febbraio 1997 e l’altro del 21 febbraio 2002, che hanno prorogato l’effetto fino al 24 gennaio 2007: nel decorso del nuovo termine, tuttavia, nessun atto interruttivo della prescrizione è stato trasmesso da -OMISSIS- allo scopo di dimostrare la volontà di conservare il proprio diritto.

7.2. In sede giudiziale la difesa erariale ha insistito sulla prescrizione, sottolineando che l’art. 22 del d.P.R. n. 398/2003 avrebbe previsto ipotesi tassative di interruzione della prescrizione, tra cui una “ semplice domanda o altro atto valevole a dimostrare la volontà dell’istante di conservare il proprio diritto ”, senza però ricomprendere in tali ipotesi il sequestro dei titoli. Il d.P.R. n. 398/2003, attesa la sua natura di normativa speciale, osterebbe a qualsiasi rinvio alla disciplina civilistica e comunque l’art. 2935 c.c. non sarebbe richiamato dalla predetta normativa speciale. L’effetto interruttivo del sequestro penale, del resto, mal si attaglierebbe alla disciplina del debito pubblico, per quale sarebbe sufficiente, ai fini interruttivi, la semplice domanda e per vero l’Istituto di credito avrebbe presentato per due volte tale domanda, ma poi non l’avrebbe reiterata, così determinando, con la propria inerzia, il compimento della prescrizione.

7.3. In contrario, tuttavia, ritiene il Collegio che la disciplina sulla prescrizione dei titoli di Stato contenuta negli artt. 21-23 del d.P.R. n. 398/2003 non comporti in alcun modo l’inapplicabilità alla richiesta di rimborso dei suddetti titoli della regola in materia di prescrizione stabilita dall’art. 2935 c.c., secondo cui “ la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere ”. Ed invero, una simile voluntas legis non si coglie né nell’art. 21, che al comma 2 stabilisce in cinque anni dalla data di rimborsabilità la prescrizione del capitale rappresentato dai titoli di Stato non reclamato nel corso dei predetti cinque anni;
né nell’art. 22, comma 1, del d.P.R. n. 398/2003, ai sensi del quale “ la prescrizione può essere interrotta nei modi e con gli effetti indicati dal codice civile, nonché mediante semplice domanda o altro atto valevole a dimostrare la volontà dell'istante di conservare il proprio diritto ”;
né, infine, nell’art. 23, in base al quale “ per i termini di prescrizione dei titoli di Stato si rinvia alle norme del Codice civile ”.

7.4. Sul punto si osserva che l’art. 21 cit. lega il decorso della prescrizione quinquennale del capitale alla rimborsabilità dello stesso e tale nozione di “ rimborsabilità ” non può che legarsi, a sua volta, al dissequestro dei titoli (salva la possibilità, come si vedrà infra non praticabile nel caso di specie, di ottenerne una copia). Inoltre, al contrario di quanto sostiene il M.E.F., l’art. 22 cit. non detta un elenco tassativo delle modalità di interruzione della prescrizione, ma rinvia ai modi indicati dal codice civile e prevede quale modalità aggiuntiva (e non già esclusiva, come dimostra la congiunzione “ nonché ”) di interruzione la presentazione di una “ semplice domanda o altro atto ” idoneo a dimostrare la volontà del richiedente di conservare il proprio diritto.

8. Stabilita l’applicabilità alla fattispecie, in linea di principio, dell’art. 2935 c.c., occorre verificare se il sequestro dei titoli da parte del giudice penale costituisca impedimento legale idoneo, a norma del predetto art. 2935 c.c., a protrarre il dies a quo della prescrizione fino al dissequestro degli stessi. In proposito la giurisprudenza si è espressa negativamente con riguardo alla posizione del legittimo portatore dei titoli, per il quale il sequestro da parte del giudice penale non costituisce impedimento neppure di mero fatto all’esercizio dei diritti cartolari, poiché, ai sensi del previgente art. 343 c.p.p. (e ora dell’art. 258 c.p.p.), il legittimo portatore può chiedere il rilascio di copia autentica del titolo, copia che, ai sensi dell’art. 2715 c.c., tiene luogo dell’originale a ogni effetto (cfr. Cass. civ., Sez. I, 7 settembre 1994, n. 7688, con i precedenti ivi richiamati). Senonché, la giurisprudenza ha precisato che tale regola non trova applicazione nei confronti del soggetto che non sia legittimo portatore del titolo, poiché questo soggetto non è abilitato a chiedere il rilascio di copia autentica dello stesso (Cass. civ., Sez. I, 29 maggio 1997, n. 4737).

8.1. Orbene, nel caso di specie, come nota giustamente l’appellante, nelle more del dissequestro dei titoli vi era un problema di titolarità degli stessi, contesa tra --OMISSIS-e -OMISSIS-s.p.a., tant’è vero che per tale ragione (dubbio sull’appartenenza delle cose in sequestro) il dissequestro dei titoli era stato negato dalla stessa Corte d’appello di Roma, II Sez. Penale, con ordinanza depositata il -OMISSIS-. Il problema risulta risolto con la fusione di -OMISSIS-nel gruppo -OMISSIS-: di qui il diverso tenore dell’ordinanza di dissequestro n. -OMISSIS-/2009 del -OMISSIS-, che in motivazione dà conto della circostanza che “ i due predetti istituti bancari [-OMISSIS- e -OMISSIS-, poi divenuti -OMISSIS- e -OMISSIS-] hanno conosciuto vicende che li vedono oggi individuati nella nuova denominazione sociale -OMISSIS-, che è appunto il soggetto istante ”.

8.1.1. Pertanto, va condiviso l’assunto dell’appellante secondo cui, a causa della descritta situazione, nelle more del dissequestro dei titoli nessuno degli Istituti di credito poteva definirsi legittimo titolare del diritto di credito incorporato nei titoli, stante la pendenza di un contenzioso civile sul punto, con conseguente impossibilità giuridica di chiedere la copia autentica degli stessi: per l’effetto, nel caso de quo si applicava la regola dell’art. 2935 c.c., alla stregua della giurisprudenza sopra ricordata sulla posizione del soggetto privo della qualità di legittimo portatore dei titoli (a quel momento e – si ripete – fino all’ordinanza di dissequestro del 2009, che invece ha qualificato espressamente -OMISSIS- in termini di soggetto autorizzato all’incasso).

8.2. Da ultimo, non può condividersi l’eccezione della difesa erariale, secondo cui ai fini interruttivi sarebbe stata sufficiente la presentazione di una semplice istanza di rimborso dei titoli, trattandosi di una richiesta del tutto priva di effetti pratici se prima non si ottiene il dissequestro dei titoli e per tal motivo inidonea, nella concreta fattispecie in esame, a generare l’effetto interruttivo.

8.3. Ne discende, in definitiva, che anche il terzo motivo di appello, al pari dei precedenti, è fondato e da condividere.

9. In conclusione, l’appello è nel suo complesso fondato, stante la fondatezza di tutti i motivi con esso dedotti, e deve perciò essere accolto.

9.1. L’accoglimento dell’appello comporta, che in riforma della sentenza appellata, il ricorso di prime cure va accolto e per l’effetto vanno accolte le domande con lo stesso proposte, tranne la domanda di pagamento di somme a titolo di maggior danno ex art. 1224, comma 2, c.c., poiché il maggior danno derivante dal ritardo nel pagamento può essere riconosciuto solo se la parte adempie all’onere di provare l’esistenza e l’ammontare del relativo pregiudizio (cfr., ex plurimis , Cass. civ., Sez. VI, 8 luglio 2020, n. 14158;
id., 12 novembre 2019, n. 29212): ma tale prova nel caso di specie non è stata fornita e la relativa domanda deve essere, perciò, respinta.

10. Sussistono, comunque, giusti motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio, viste la novità e complessità delle questioni affrontate.

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