Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-10-07, n. 201906750

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-10-07, n. 201906750
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201906750
Data del deposito : 7 ottobre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/10/2019

N. 06750/2019REG.PROV.COLL.

N. 00234/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 234 del 2015, proposto dal Comune di Bolzano, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati A M, G A, B M G, L P e G P, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G P in Roma, via Flaminia, n. 79;

contro

l’impresa Habitat S.p.A, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati D S, N M e L M, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato L M in Roma, via Federico Confalonieri, n. 5;

per la riforma

della sentenza del T.R.G.A. - Sezione Autonoma di Bolzano, n. 255/2014, resa tra le parti e concernente: diniego dell’autorizzazione per l’apertura, in zona produttiva, di esercizi di vendita al dettaglio nel settore “non alimentare”.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Habitat S.p.A;

Visti tutti gli atti della causa;

Vista la sentenza non definitiva n. 3047/2018;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 11 luglio 2019, il consigliere B L e uditi, per le parti, gli avvocati B M G e Schramm Dieter;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. L’impresa Habitat S.p.a., tra il 9 febbraio 2012 e il 6 marzo 2012, aveva presentato alla Provincia autonoma di Bolzano (per la superficie di 900 mq) e al Comune di Bolzano (per le superfici di 470 mq, 160 mq, 160 mq e 470 mq) cinque domande per l’apertura di altrettanti nuovi esercizi di commercio al dettaglio nel settore “non alimentare”, da attivarsi in Bolzano, viale Druso n. 36 ( ex -area Fiat, urbanisticamente assoggettata al regime delle zone produttive).

Per le zone produttive, sia la disciplina vigente fino al 20 marzo 2012 incluso (art. 6 l. prov. n. 7/2000 e art. 44/ter l. prov. n. 13/1997), sia quella successiva (art. 44/ter l. prov. n. 13/1997 come modificata dalla legge provinciale n. 7/2012 e art. 5 della legge provinciale n. 7/2012, entrata in vigore il 21 marzo 2012), prevedevano un divieto di commercio al dettaglio, ad eccezione di limitati particolari settori merceologici (c.d. casi ammessi, in particolare merci ingombranti), con esclusione anche del settore “non alimentare”.

1.1. Sulla base di tale presupposto il Comune, divenuto competente per l’esame anche della domanda presentata alla Provincia autonoma di Bolzano, aveva respinto le cinque istanze formulate dalla Habitat S.p.a. con provvedimenti datati 5 giugno 2012, impugnati dalla società dinanzi al locale TRGA.

Nelle more era intervenuta – su ricorso principale presentato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – la sentenza della Corte costituzionale 15 marzo 2013, n. 38, dichiarativa dell’illegittimità costituzionale dell’art. 5 l. prov. n. 16 marzo 2012, n. 7 (Liberalizzazione dell’attività commerciale ), sostitutivo dell’art. 44/ter l. prov. 11 agosto 1997, n. 13 (l. urb. prov.) recante la disciplina del commercio al dettaglio nelle zone produttive e posto esplicitamente a fondamento dei gravati provvedimenti di diniego, per contrasto con il disposto dell’art. 31, comma 2, d.-l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, e per il suo tramite con l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., con la conseguente espunzione dall’ordinamento, con efficacia retroattiva, della norma dichiarata incostituzionale.

La citata disposizione legislativa provinciale, pur consentendo nelle zone produttive la prosecuzione delle attività di vendita al dettaglio già autorizzate o già iniziate prima dell’entrata in vigore della legge provinciale n. 7/2012, al comma 4 aveva vietato che le relative strutture destinate alla vendita al dettaglio potessero essere ampliate, trasferite o concentrate, mentre i primi tre commi dello stesso articolo 44/ter l. urb. prov. come sopra sostituito, pure dichiarati costituzionalmente illegittimi, avevano previsto che il commercio al dettaglio nelle zone produttive fosse ammesso soltanto come eccezione (comma 1), per le categorie merceologiche indicate (comma 2) e per i relativi accessori determinati ed ammessi da una successiva deliberazione della Giunta provinciale (comma 3).

Il TRGA, con la sentenza n. 120 del 3 aprile 2013, in seguito alla declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 5 l. prov. n. 7/2012 – nella versione applicabile ratione temporis con riferimento alla data di emanazione degli impugnati atti di diniego (5 giugno 2012), irrilevanti essendo la data della presentazione delle istanze, avvenuta prima del 21 marzo 2012 (data di entrata in vigore della l. prov. n. 7/2012) – aveva accolta il ricorso e annullato i gravati provvedimenti, appunto in quanto basati sul citato art. 5 l. prov. n. 7/2012, dichiarato costituzionalmente illegittimo.

1.3. Successivamente a tale sentenza, notificata al Comune di Bolzano l’8 agosto 2013, l’Amministrazione comunale era tornata a riesaminare le domande originarie del febbraio-marzo 2012 e, esaurita l’istruttoria, in data 12 novembre 2013 emanava i nuovi provvedimenti di rigetto oggetto di causa, tenendo conto del nuovo quadro normativo sopravvenuto fino alla data della notifica della sentenza (8 agosto 2013).

Infatti, i nuovi provvedimenti si fondavano, in primo luogo, sulla sopravvenuta l. prov. 8 marzo 2013, n. 3 (entrata in vigore il 13 marzo 2013, pochi giorni prima della pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 38/2013 dell’11-15 marzo 2013 sulla G.U. del 20 marzo 2013) che, all’articolo 3, apportando una novella all’art. 44/ter l. prov. n. 13/1997 (l. urb. prov.), ha sostanzialmente reiterato le limitazioni al commercio al dettaglio nelle zone produttive (seppure sub specie di eccezione e non di regola). Inoltre, i provvedimenti richiamavano la novella apportata dal decreto legge 21 giugno 2013, n. 69 (convertito nella legge 9 agosto 2013, n. 98), all’art. 31, comma 2, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 (convertito nella legge 22 dicembre 2011, n. 214), affermativa della possibilità, per le regioni e gli enti locali, di prevedere, a determinate condizioni e senza discriminazioni tra gli operatori, anche aree interdette agli esercizi commerciali, ovvero limitazioni ad aree per l’insediamento di attività produttive e commerciali.

1.4. L’impresa Habitat impugnava i nuovi provvedimenti dinanzi al TRGA (con ricorso n. 20 del 2014), il quale, con la sentenza in epigrafe (sentenza n. 255 del 14 novembre 2014), accoglieva il primo motivo di ricorso, di natura assorbente, e dichiarava la nullità degli impugnati provvedimenti ai sensi dell’art. 21- septies l. n. 241/1990, rilevando che il Comune non aveva impugnato la sentenza n. 120/2013, la quale era quindi passata in giudicato, con la conseguenza che i nuovi provvedimenti dovevano ritenersi emessi in elusione di tale giudicato.

Il TRGA, con un’argomentazione dichiaratamente svolta « ad abundantiam », aggiungeva che, in ogni caso, la l. prov. n. 3/2013 era poi stata abrogata e che, nella specie, andava comunque applicata la normativa statale (art. 31, comma 2, d.-l. n. 201/2011, convertito nella legge n. 214/2011).

1.5. Nelle more veniva impugnato dinanzi alla Corte costituzionale, con ricorso proposto in via principale dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, l’articolo 3 della legge provinciale n. 3/2013 poi sostituita (senza che la Corte costituzionale si fosse ancora pronunciata sul ricorso) retroattivamente dalla l. prov. 23 ottobre 2014, n. 10, che, all’articolo 8, riformulava, sempre in termini limitativi, la disciplina del commercio al dettaglio nelle zone produttive.

Pure l’art. 8 l. prov. n. 10/2014 è stato impugnato dinanzi alla Corte costituzionale, dal Governo con ricorso principale, nonché, in via incidentale, dal T.r.g.a. (nell’ambito di altra causa tra parti diverse) con ordinanza di rimessione del 14 novembre 2014 (coeva alla pubblicazione dell’appellata sentenza), con la quale la questione di illegittimità costituzionale è stata estesa anche all’art. 3, comma 3, l. prov. n. 3/2013, ossia alla disciplina dell’art. 44/ter, comma 3, l. urb. prov. posta a base dei provvedimenti impugnati nel presente giudizio.

2. Avverso la sentenza sub 1.4. (n. 255/2014) interponeva appello il Comune di Bolzano, articolando tre motivi di appello come di seguito rubricati:

a) « Erronea valutazione sull’esistenza di un giudicato vincolante. Erroneità della pronuncia laddove viene affermato che i provvedimenti impugnati sarebbero emessi “in violazione del giudicato costituito dalla sentenza n. 120/13” »;

b) « Contraddittorietà manifesta rispetto a decisioni assunte dal Collegio Giudicante di Bolzano negli stessi giorni della sentenza di cui si discute », con riferimento all’ordinanza collegiale n. 258/2014 (emessa nel procedimento sub r.g. n. 117 del 2013) con cui il TRGA aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale della disciplina provinciale, ritenendo di non poter disapplicare la normativa provinciale sul commercio;

c) « Erronea valutazione della fattispecie. Erroneità della decisione anche in ordine alle spese di giudizio », essendo le spese di causa state poste a carico del Comune senza considerare che l’Amministrazione comunale era tenuta all’applicazione della disciplina vigente al momento dell’adozione dei gravati provvedimenti di rigetto, senza potere di disapplicazione in sede amministrativa.

Il Comune appellante chiedeva pertanto, in riforma dell’impugnata sentenza, la reiezione dell’avversario ricorso di primo grado.

3. Si costituiva in giudizio l’appellata Habitat S.p.a. con atto depositato il 18 febbraio 2015, resistendo al gravame e riproponendo espressamente (ai sensi dell’art. 101, comma 2, Cod. proc. amm.) i motivi di ricorso di primo grado ritenuti assorbiti dal TRGA, come di seguito rubricati:

a) « In subordine. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 5 e 6 L.P. 7/2000 risp. dell’art. 2 L.P. 7/2012 e/o art. 19 L. 214/1990 e/o art. 21bis L.P. 17/1993;
Illegittimità per tardività
», sotto il profilo che doveva ritenersi o formato il silenzio-assenso ai sensi degli artt. 5 e 6 l. prov. n. 7/2000 per il decorso degli ivi previsti termini di 60 giorni (per le medie strutture di vendita) rispettivamente di 90 giorni (per le grandi strutture di vendita), oppure maturato il termine di 60 giorni previsto dall’art. 2 l. prov. n. 7/2012 per l’inibitoria della S.c.i.a.;
né i gravati provvedimenti di diniego presentavano i requisiti propri degli atti di annullamento in autotutela, necessari per superare i titoli autorizzatori formatisi per silenzio/inerzia dell’amministrazione;

b) « Violazione e/o omessa applicazione dell’art. 5 L.P. 7/2012 (= art 44ter L.P. 13/1997) nella versione originaria;
Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 5 L.P. 7/2012 (=44ter L.P. 13/1997) nella versione introdotta dall’art. 3 L.P. 3/2013;
Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 31 comma 2 D.L. 201/2011 nella versione introdotta con la legge di conversione del “Decreto del fare”;
Violazione del consolidato principio del “tempus regit actum”
», sotto il profilo che alla fattispecie dedotta in giudizio non poteva trovare applicazione la normativa sopravvenuta alla versione originaria dell’articolo 5 l. prov. n. 7/2012 dichiarato incostituzionale, di cui agli artt. 3 l. prov. n. 3/2012 e 31, comma 2, d.-l. n. 214/2011 come modificato dall’30, comma 5- ter , d.-l. n. 69/2013, su cui si fondavano gli impugnati provvedimenti, trattandosi di normativa entrata in vigore dopo la maturazione dei termini di 60 e 90 giorni di cui sopra sub b);

c) « In subordine: Violazione dell’art. 21-septies L. 241/1990;
Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 5 e 6 L.P. 7/2000 risp. dell’art. 2 L.P. 7/2012 e/o art. 19 L. 214/1990 e/o art. 21bis L.P. 17/1993;
Inammissibilità di nuova valutazione da parte della P.A.;
Violazione dell’art. 11 preleggi
», essendo stato violato il principio di irretroattività e del ne bis in idem ;

d) « In subordine: Violazione ed errata applicazione delle norme restrittive sul commercio al dettaglio nelle zone produttive (art. 44ter L.P. 13/1997 nella versione antecedente e/o posteriore alla L.P. 7/2012 e/o posteriore alla L.P. 3/2013). Eccesso di potere per disparità di trattamento e/o per contrasto con provvedimenti anteriori emanati in fattispecie identica », sotto il precipuo profilo che l’area di ubicazione degli esercizi commerciali in questione avrebbe « la destinazione urbanistica di commercio al dettaglio libero, quindi senza le restrizioni proprie delle zone produttive » (v. così, testualmente, l’atto di costituzione in appello), come stabilito nella sentenza n. 429/2004 del TRGA, intervenuta inter partes e passata in giudicato;

e) « Violazione risp. mancata applicazione del sovraordinato diritto comunitario, in particolare dell’art. 43 CE come interpretato dalla sentenza della Corte di Giustizia Europea dd. 24.03.2011 nella causa C-400/08 Commissione europea c. Regno di Spagna + Regno di Danimarca;
eccesso di potere per travisamento e mancanza di istruttoria. Disapplicazione necessaria
»;

f) « Violazione risp. mancata applicazione del diritto nazionale, in particolare dell’art. 3 del D.L. 13.08.2011 n. 138 convertito in legge con la legge di conversione 14.09.2011, n. 148 », abrogativo di ogni restrizione all’accesso e all’esercizio delle attività economiche, da ritenersi direttamente applicabile nella Provincia di Bolzano, pena la violazione dell’art. 117, comma 2, lettera e) della Costituzione, versandosi nella materia di portata trasversale della concorrenza, rientrante nella competenza legislativa esclusiva dello Stato;

g) « Violazione risp. mancata applicazione del diritto nazionale, in particolare dell’art. 31, comma 2, nonché dell’art. 34 del D.L.

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