Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2012-12-21, n. 201206618

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2012-12-21, n. 201206618
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201206618
Data del deposito : 21 dicembre 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08764/2011 REG.RIC.

N. 06618/2012REG.PROV.COLL.

N. 08764/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8764 del 2011, proposto da:
Ctofer S.r.l., Ctto Ctofer Srl, rappresentati e difesi dall'avv. L L, con domicilio eletto presso Giuseppe Placidi in Roma, via Cosseria N. 2;

contro

Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Regione Campania, rappresentata e difesa dall'avv. A M, con domicilio eletto presso Ufficio di Rappresentanza Regione Campania in Roma, via Poli N. 29;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE I n. 03256/2011, resa tra le parti, concernente REVOCA AUTORIZZAZIONI REGIONE CAMPANIAE PER SERCIZIO ATTIVITÀ DI STOCCAGGIO PROVVISORIO, CERNITA E TRATTAMENTO RIFIUTI, PERICOLOSI E NON PERICOLOSI, ED ESERCIZIO AUTODEMOLIZIONE, di cui ai decreti dirigenziali regionali n 643 e n 644 del 25 maggio 2010-INFORMATIVE INTERDITTIVE ANTIMAFIA DELLA PREFETTURA DI NAPOLI , di cui alle note 19 febbraio 2010 e del 13 aprile 2010.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e di Regione Campania;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 marzo 2012 il Cons. Lydia Ada Orsola Spiezia e uditi per le parti l’ avv. Lentini e l’Avvocato dello Stato Santoro;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.Con decreti dirigenziali n n. 657 e 658, entrambi del 16 luglio 2009, la Regione Campania, Area Ecologia e Tutela Ambiente, a seguito di nota liberatoria antimafia della Prefettura di Napoli del maggio 2009, dispose il ripristino delle autorizzazioni all’esercizio degli impianti, rispettivamente, di stoccaggio provvisorio, cernita e trattamento di rifiuti( pericolosi e non) e di autodemolizione, già rilasciate nel 2006 alla ditta Ctofer srl, legalmente rappresentata da Del Prete Mattia, con sede ed impianto in Arzano( Na) in loc. Sette Re- Area ASI ;
inoltre, con successivo decreto dirigenziale 29 luglio 2009 n.690, l’Area Ecologia e Tutela del territorio ha disposto la voltura di entrambe le autorizzazioni a favore della ditta Ctto srl, legalmente rappresentata da Cimmino Domenico, con sede legale a Scafati, divenuta affittuaria dell’intera azienda Ctofer ;
delle suddette autorizzazioni quella per i rifiuti veniva a naturale scadenza nel febbraio 2011, mentre quella per l’autodemolizione era collegata alla definizione dell’istruttoria per l’adeguamento alle norme del D. LGS. 209/2003 con termine finale fissato, comunque, non oltre il 15 luglio 2010.

1.1.In seguito, però, la Regione Campania, viste le note interdittive antimafia trasmesse dalla Prefettura di Napoli in data 19 febbraio 2010 e 13 aprile 2010 ( che rappresentavano l’esistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa nelle suddette imprese) nei confronti delle ditte Ctofer srl e Ctto Ctofer srl, con decreti n 643 e n. 644, entrambi del 25 maggio 2010, ha disposto la revoca dei decreti n. 657 e 658 del 16 luglio 2009 (che avevano ripristinato le autorizzazioni della Ctofer per i rifiuti e per l’autodemolizione), nonché del decreto 29 luglio 2009 n. 690 ( che aveva volturato i suddetti titoli alla ditta Ctto Ctofer srl) .

Avverso tali provvedimenti regionali, unitamente alle presupposte note interdittive prefettizie nonché agli atti del Gruppo Ispettivo Antimafia- GIA e del GICO della Guardia di Finanza, Ctofer srl e Ctto Ctofer srl hanno proposto due ricorsi al TAR Campania, che( dopo l’acquisizione di ulteriore documentazione), previa riunione, li ha respinti(atto introduttivo e motivi aggiunti per ciascuna causa) con sentenza 20 giugno 2011 n. 3256.

1.2.Con l’appello in epigrafe Ctofer srl e Ctto Ctofer srl hanno impugnato la sentenza TAR, chiedendone la riforma, previa sospensione, per violazione di legge ed eccesso di potere, dedotti sotto molteplici profili in tre articolati motivi ;
nello stesso atto,poi, hanno altresì riproposto i tre motivi disattesi dal TAR.

Si è costituita in giudizio la Regione Campania, che, nel soffermarsi sulla nozione di “tentativi di infiltrazione mafiosa”, ha chiesto il rigetto dell’appello.

Si sono costituiti in giudizio anche il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Napoli, che, depositando memorie del giudizio innanzi al TAR e relativi documenti, hanno anch’essi chiesto il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza TAR

Alla pubblica udienza del 2 marzo 2012, uditi i difensori presenti per le parti, la causa è passata in decisione.

2. In diritto, la controversia concerne la pretesa insussistenza , a carico delle due imprese appellanti, di tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società medesime con la conseguente domanda delle appellanti di riformare la sentenza TAR Campania, che , invece, ha ritenuto immuni dai vizi dedotti gli impugnati decreti dirigenziali di revoca delle autorizzazioni all’esercizio dell’attività di raccolta e stoccaggio rifiuti e dell’attività di autodemolizione, adottati dalla Regione Campania per conformarsi alle due interdittive prefettizie del febbraio e dell’aprile 2010 .

La sentenza TAR, in primo luogo, ha premesso che la il DPR n. 252/1998, art 10, comma 7, consente alla autorità prefettizia di desumere elementi di valutazione circa la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, anche dai provvedimenti che dispongono una misura cautelare o il giudizio per i delitti di cui all’art.51, comma 3 bis , tra cui è ricompresa anche l’organizzazione del traffico illecito di rifiuti ( previsto e punito dall’ art. 260 del DPR n. 152/2006 del Codice dell’Ambiente), che costituisce un lucroso settore di affari per la criminalità organizzata, dando luogo al fenomeno sociale noto come “ecomafia” ;
poi ha rappresentato che le interdittive prefettizie impugnate, nella specie, erano motivate con riferimento, tra l’altro, alla ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Napoli il 10 dicembre 2009 nei confronti di Del Prete Mattia, amministratore unico di Ctofer, ed altri familiari e dipendenti, imputati di associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, di attività di gestione di rifiuti non autorizzata e di falsificazione dei documenti di trasporto di rifiuti;
dal giudizio penale, rileva la sentenza TAR, emergeva che le società ricorrenti, nel periodo dal gennaio 2006 all’aprile 2007( nonostante il divieto di esercizio degli impianti posto dalla precedente interdittiva del marzo 2006) aveva movimentato circa 68.000 tonnellate di rifiuti con un giro di affari di circa 12.000 milioni di euro;quanto, poi, ai decreti regionali di revoca delle autorizzazioni, si tratterebbe di atti consequenziali alle stesse interdittive prefettizie , per cui la motivazione sulle esigenze di prevenzione delle infiltrazioni della criminalità organizzata, contenuta per relationem nella informativa prefettizia, sarebbe sufficiente a giustificare i provvedimenti di revoca .

2.1.La sentenza TAR merita conferma nei sensi di seguito illustrati.

Con il primo motivo parte appellante censura la sentenza TAR per violazione dell’art. 10, comma 7, lett. A, del DPR n.252/1998 e dell’art. 51, comma 3bis, cpp, nella misura in cui ha ritenuto che la Prefettura di Napoli avrebbe desunto la sussistenza del pericolo di infiltrazioni mafiose dalla circostanza che l’ amministratore della Ctofer, insieme ai germani ( coinvolti nella gestione dell’impresa a vario titolo) e ad altri soggetti, era stato colpito nel dicembre2009 da ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Napoli nel procedimento penale a loro carico per i reati di associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, pericolosi e non, previsto e punito dall’art. 260 del D. LGS n. 152/2006 ( Codice dell’Ambiente), gestione di rifiuti non autorizzata e falsificazione di documenti di accompagnamento dei rifiuti movimentati .

Al contrario l’appellante rileva che nel caso di specie la sussistenza di un giudizio a carico dell’amministratore della Ctofer srl ,per violazione dell’art. 260 del Codice dell’Ambiente, non poteva essere valutata dalla Prefettura come una delle fattispecie tipiche del pericolo di infiltrazione mafiosa, elencate nell’art.10, comma 7, lett. A ,del citato D PR n. 298/1998, poiché il reato in questione è stato aggiunto all’elenco suddetto soltanto con la legge 13 agosto 2010 n.136 e, quindi, all’epoca dell’ adozione degli atti impugnati ( febbraio ed aprile 2010) non era ancora vigente.

La censura non ha pregio sotto più profili.

In primo luogo, ed in via astratta, il disvalore sociale e la portata del danno ambientale connesso al traffico illecito di rifiuti rappresentano già di per se stessi motivi sufficienti a far valutare con attenzione i contesti imprenditoriali, nei quali sono rilevati, in quanto oggettivamente esposti al pericolo di infiltrazioni di malaffare;
in secondo luogo, ed nel caso concreto, la sentenza TAR, pur soffermandosi sul testo vigente dell’art. 51, comma 3 bis, DPR n. 252/1998, in realtà, poi, non afferma che le interdittive prefettizie trovano il loro fondamento nell’art.51cpp citato ( e quindi sarebbero “vincolate”, come deduce l’appellante), si limita a far presente che le stesse derivano dagli sviluppi del procedimento penale a carico degli esponenti delle società ricorrenti e pertanto considera la vicenda processuale del traffico illecito di rifiuti sotto l’autonomo profilo dell’indizio sintomatico di un pericolo di infiltrazione mafiosa .

2.2.Né appare condivisibile il secondo motivo con il quale parte appellante, rappresentando che le indagini effettuate avrebbero escluso la contiguità dei gestori delle imprese in questione con organizzazioni camorristiche, deduce la carenza dei presupposti per l’adozione delle determinazioni interdittive, nonché il difetto di istruttoria e di motivazione;
quindi il giudizio di pericolo di infiltrazione , formulato dal Prefetto e condiviso dal TAR , in realtà, non sarebbe fondato su elementi di fatto .

In realtà, premesso in via di principio che le informative prefettizie interdittive rispondono ad esigenze di prevenzione avanzata di fenomeni di illegalità diffusa sul territorio e di tutela della pubblica sicurezza dai tentativi di ingerenze di organizzazioni criminali, nel caso concreto il Collegio ritiene che dalle indagini e dalle vicende giudiziarie, riportate nelle determinazioni prefettizie impugnate, emergevano elementi indiziari sufficienti per formulare un giudizio prognostico negativo nei confronti delle imprese appellanti.

Infatti, dalla ordinanza del GIP del Tribunale di Napoli del dicembre 2009 (sopra indicata) la Prefettura ha appreso che, al fine di continuare ad ottenere cospicui profitti con l’illecito traffico di rifiuti, l’amministratore della Ctofer ( unitamente ai germani coinvolti in qualità di soci) nel periodo ( marzo 2006-giugno 2009) di revoca delle autorizzazioni regionali per l’esercizio degli impianti di raccolta e trattamento rifiuti (a seguito della precedente interdittiva prefettizia del marzo 2006, richiamata nelle premesse delle determinazioni prefettizie oggetto del presente giudizio), aveva continuato a gestire gli impianti e le attività imprenditoriali attraverso la costituzione di varie società fittizie con le quali venivano perfezionati contratti di affitto o di cessione di rami di azienda simulati .

Con tali espedienti, infatti, gli amministratori delle imprese colpite dalla interdittiva del 2006 di fatto continuavano ad avere la concreta disponibilità dei beni aziendali, eludendo fraudolentemente le prescrizioni della normativa di prevenzione antimafia, e gestivano abusivamente ingenti quantità di rifiuti pericolosi ,vanificando la vigilanza svolta dagli organi investigativi e dalle amministrazioni del settore.

Al riguardo basta considerare che il 29 luglio 2009, subito dopo il ripristino in capo alla Ctofer

delle autorizzazioni ( già revocatecon la interdittiva del 2006), le medesime furono volturate a favore della Ctto Ctofer srl ( costituita nel dicembre 2006), con sede a Scafati, mentre, pochi mesi dopo, nel dicembre2009 le stesse quote societarie furono cedute al alcuni dei soci della Ctofer srl e la società trasferì la sede ad Arzano allo stesso indirizzo dove la Ctofer aveva un deposito, in precedenza utilizzato come propria sede operativa.

Come si legge nella ordinanza del GIP ( pag 15), le società coinvolte nella inchiesta sono diverse, ma tutte facenti capo alla famiglia Del Prete, i cui membri hanno posto in essere coadiuvati da altri personaggi, consapevoli del loro operato, e con ciò correi, una associazione a delinquere finalizzata a commettere una serie indeterminata di delitti relativi al traffico illecito di rifiuti pericolosi, al quale ovviamente si accompagnava, come reato quasi corollario. Una serie indeterminata di falsificazioni dei documenti di accompagnamento dei citati rifiuti.

Rinviati a giudizio, l’amministratore ed i germani, soci della Ctofer, sono stati condannati con rito abbreviato dal Tribunale Penale di Napoli, con dispositivo del 26 novembre 2010, a pena detentiva per associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti e per lo smaltimento abusivo di rifiuti pericolosi con falsi attestati di accompagnamento.

2.3.Pertanto, in sede di valutazione dei fatti a fini di prevenzione del fenomeno mafioso, la complessità e la vasta portata del disegno criminoso degli amministratori della Ctofer srl, volto ad aggirare, attraverso una rete di fittizie compagini societarie, gli obblighi della normativa di prevenzione antimafia, ad avviso del Collegio, risulta sufficiente di per se stessa a configurare, nel caso di specie, il pericolo attuale di infiltrazione della criminalità organizzata .

Ritiene, pertanto, il Collegio, che, considerato il contesto di devastazione ambientale nel quale va collocata la vicenda ed ampiamente descritto dal GIP, sussistevano i presupposti per l’adozione delle determinazioni interdittive nei confronti delle società appellanti, pur se gli accertamenti penali non hanno, finora, evidenziato matrici di natura camorristica nella associazione a delinquere per cui sono stati condannati gli amministratori e soci delle medesime .

D’altra parte la fondatezza del giudizio prognostico che il pericolo di infiltrazione mafiosa è insito nelle attività imprenditoriali, connesse al traffico illecito di rifiuti, è confermata dalla circostanza che, pochi mesi dopo le interdittive in questione , con la legge 13 agosto 2010 n. 136 il traffico illecito di rifiuti pericolosi (previsto e punito dal Codice dell’Ambiente già dal 2006) è stato codificato come una ipotesi di tentativo di infiltrazioni mafiosa: infatti il legislatore ha inserito tale fattispecie tra quelle menzionate dall’art. 51 bis c p p , a sua volta richiamato dall’art 10, comma 7, del DPR n 252/1998 (Regolamento sulle Comunicazioni ed Interdittive antimafia) tra le situazioni da cui la Prefettura può desumere la sussistenza del tentativo di infiltrazione mafiosa .

2.4.Né la sentenza appellata è censurabile per aver ancorato l’interdittiva del 16 febbraio 2010 al precedente quadro indiziario del 2006 ( come,invece, deduce l’appellante nel terzo ed ultimo motivo) :infatti, nel rappresentare che “le circostanze evidenziate con l’ordinanza cautelare” del GIP “hanno confermato la attuale sussistenza degli elementi che diedero a suo tempo luogo all’interdittiva antimafia dell’8 marzo 2006”, la Prefettura, più che riesaminare illegittimamente il pregresso quadro indiziario, ha soltanto rappresentato che si erano concretizzate circostanze di pericolo analoghe a quelle già note per essere state oggetto di intervento preventivo nel marzo 2006.

Parimenti anche il contestuale richiamo della interdittiva alla sentenza TAR Campania n. 6591/2007( che ha respinto il ricorso contro la precedente prefettizia del 2006) non acquista il significato di riesame di situazioni non più attuali ;
più correttamente si tratta, soltanto, del riepilogo delle varie fasi del monitoraggio cui la società in questione era sottoposta da vari anni con alterne conclusioni.

2.5.Risulta, pertanto, ragionevole concludere che il TAR ( quando richiama la propria precedente sentenza n 6591/2007) non persegue il censurato intento di ancorare l’interdittiva del 2010 al pregresso quadro indiziario del 2006 , ma si limita soltanto ad ripercorrere, specularmente, le argomentazioni della interdittiva impugnata.

Va, quindi, respinto anche il terzo ed ultimo motivo , che ha censurato la sentenza TAR per violazione del principio di attualità e motivazione apparente, nonché per violazione dell’art. 10, commi 7 e 8, DPR n. 252/1998.

2.6. Per chiarezza espositiva si precisa che le argomentazioni svolte si riferiscono ad entrambe le interdittive in controversia, considerato che la Ctofer aveva volturato alla Ctto Ctofer srl fin dal luglio 2009 le autorizzazioni alla gestione degli impianti di raccolta e trattamento rifiuti e di autodemolizioni e considerato il collegamento societario esistente tra le medesime.

2.7. Le esposte considerazioni consentono, altresì, di respingere i tre motivi di impugnazione formulati dalle appellanti innanzi al TAR, e riproposti innanzi a questo Consiglio, per dedurre, in particolare, che il fenomeno dell’imprenditoria occulta non sarebbe sufficiente per ritenere sussistente il pericolo di infiltrazione mafiosa, che la Prefettura, da un lato, si sarebbe limitata al richiamo del passato quadro indiziario (e non avrebbe provveduto ad accertare l’attualità del pericolo di infiltrazione mafiosa), mentre, dall’altro, non avrebbe tenuto conto dei molteplici elementi forniti dagli amministratori della Ctofer a corredo dell’istanza di aggiornamento della procedura informativa ;
tra questi, ad avviso delle appellanti, particolare peso rivestiva l’eliminazione, fin dal giugno 2006, delle partecipazione societarie nelle imprese ( Salin Costruzioni e Costruzioni Immobiliari ) che in passato, a causa della loro contiguità agli ambienti della criminalità organizzata, avevano indotto la Prefettura di Napoli alla adozione della interdittiva del 2006 nei confronti della Ctofer srl .

2.7.Pertanto, risultano immuni dai vizi dedotti sia le determinazioni interdittive della Prefettura di Napoli del febbraio e dell’aprile 2010 sia i conseguenti decreti regionali di revoca delle autorizzazioni alle imprese appellanti, motivati per relationem, tenuto conto del fatto che, in applicazione della normativa di prevenzione antimafia (art. 4, comma 6, legge n 490/1994), la Regione è tenuta a conformarsi alle determinazioni prefettizie in materia di prevenzione di pericolo di infiltrazione mafiosa .

3. Concludendo, quindi, l’appello va respinto per le illustrate considerazioni, unitamente ai motivi formulati innanzi al TAR e riproposti innanzi a questo Consiglio, e, per l’effetto, la sentenza TAR Campania in epigrafe va confermata nei sensi esposti con la conseguente conferma dei provvedimenti adottati dalla Prefettura di Napoli e dalla Area Ecologia e Tutela del Territorio della Regione Campania nei confronti delle appellanti.

L’andamento del giudizio ed il modesto impegno difensivo delle controparti giustificano,comunque, la compensazione delle spese di lite tra le parti.

.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi