Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-11-03, n. 202309549

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-11-03, n. 202309549
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202309549
Data del deposito : 3 novembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/11/2023

N. 09549/2023REG.PROV.COLL.

N. 09544/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9544 del 2021, proposto da -OMISSIS-rappresentato e difeso dall'avvocato N P, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, Piazzale Aldo Moro, 38;



contro

Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;



per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede di Bari, sezione prima, n. -OMISSIS- resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 ottobre 2023 il Cons. Stefano Filippini;

Udito l’avv. Angela Contento in delega per l'avv. N P;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe indicata il TAR pugliese, dopo aver inizialmente accolto l’istanza cautelare del-OMISSIS- ha rigettato il ricorso principale e quello per motivi aggiunti proposti dall’odierno appellante, già assistente capo del Corpo della Polizia Penitenziaria in servizio presso la Casa Circondariale -OMISSIS- avverso i provvedimenti con cui l’Amministrazione penitenziaria aveva disposto nei suoi confronti la sanzione disciplinare della destituzione dal servizio, a decorrere dal 16 giugno 2015, in considerazione delle condotte penalmente accertate in via definitiva con sentenza n. -OMISSIS-della Corte di Appello di Bari.

2. Con ricorso in appello tempestivamente proposto dinanzi a questo Consiglio, il -OMISSIS- ha articolato i motivi che possono riassumersi nei termini seguenti:

2.1. Error in iudicando: violazione e falsa applicazione dell’art. 5 e art. 11 D. Lgs. n. 449/1992, art. 3 Legge n. 241/1990; art. 323 c.p. (come modificato dal Decreto Legge n. 76/2020, convertito dalla L. n. 120/2020); Corte di Giustizia Europea (Causa C 101/96 del 16.12.1999); Circolare n. 3635/6085, recante “Criteri guida dell’azione disciplinare”; eccesso di potere “giurisdizionale”. In sostanza si lamenta la carenza di un rapporto di adeguatezza e proporzionalità dell’atto di destituzione con i fatti addebitati; le condotte penalmente accertate rientrano nell’ambito delle più lievi previsioni di cui all’art. 5 del D. Lgs. n. 449/1992, punibili con la sanzione conservativa della sospensione; l’Amministrazione Penitenziaria non ha rispettato la tipizzazione normativa delle diverse figure di infrazione; il TAR ha esteso il suo sindacato di legittimità, entrando nel merito dei provvedimenti adottati, direttamente valutando la sanzione come proporzionata alle condotte censurate. Non può ravvisarsi l’integrazione delle fattispecie di destituzione rappresentate dalla “mancanza del senso dell’onore e del senso morale” (art. 6, comma 2, lettera a.) o dal “grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento” (art. 6, comma 2, lettera b.), ipotesi che non possono invocarsi laddove, come nella specie, vi sia una norma sanzionatoria che tipizzi l’illecito prevedendo una sanzione minore. Erra altresì il primo Giudice allorchè ritiene integrato il reato di abuso d’ufficio (che rileva come ipotesi legittimante il provvedimento di destituzione ai sensi dell’art. 6, comma 3, lett. a) del D. Lgs. n. 449/1992; invero, la recente riformulazione dell’articolo 323 c.p., a seguito della novella introdotta dal D.L. n. 76/2020, convertito con L. n. 120/2020, ha modificato il reato di abuso di ufficio, sostituendo le parole “ di norme di legge o di regolamento ” con quelle di “ specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge e da atti aventi forza di legge e dalle quali non residui margini di discrezionalità ”; di conseguenza, nella fattispecie, posto che le condotte ravvisate costituiscono violazione di fonti normative di tipo regolamentare o sub primario, le stesse non integrano più il requisito richiesto per la configurabilità del reato ascritto, con conseguente abolitio criminis . Sussiste inoltre la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 11, D. Lgs. n. 449/1992, trattandosi di sanzione sproporzionata rispetto alle condotte accertate, così violandosi anche i precetti della richiamata giurisprudenza CGUE.

Il TAR non ha esaminato il motivo dedotto nel ricorso per motivi aggiunti a proposito della violazione dei criteri di cui alla Circolare n. 3635/6085, che impongono il rispetto del principio di proporzionalità, di specifica valutazione dei fatti accaduti, del principio di ragionevolezza, di adeguatezza della motivazione.

2.2. Error in iudicando : omessa valutazione del motivo del ricorso di primo grado con il quale veniva denunciato vizio di eccesso di potere dei provvedimenti impugnati per omessa valutazione delle risultanze dell’attività istruttoria compiuta in sede disciplinare. Ai sensi degli artt. 445, comma 1 bis e 653 comma 1 bis c.p.p., l'Amministrazione è vincolata all'accertamento del fatto, alla sua qualificazione come illecito penale ed all'affermazione che l'imputato lo ha commesso, contenuti nella sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti; nondimeno, l'organo competente deve compiere, sulle univoche risultanze fattuali emerse in sede penale, un autonomo apprezzamento circa la gravità della condotta tenuta dall'inquisito e la sua rilevanza ai fini disciplinari; nella specie, l’istruttoria svolta dal Funzionario istruttore ha dimostrato che non sussistono le condotte inerenti all’avere influito sull’assegnazione dei detenuti ad una sezione invece che ad un’altra, con ciò favorendo questi ultimi; inoltre, non sussistevano vincoli e divieti ai colloqui tra i familiari e i detenuti o tra i difensori e i detenuti; il D.P.R. n. 230/2000 non vieta ai detenuti la possibilità di cuocere generi alimentari.

2.3. Error in iudicando : omessa valutazione del motivo espresso con il ricorso per motivi aggiunti con il quale veniva denunciato vizio di illegittimità per violazione del principio de “ ne bis in idem ” in riferimento sia alla contestazione disciplinare sia al decreto di conferma della sanzione notificato il 5.05.2020, rispetto alla sanzione penale; per giunta, nel decreto di conferma della sanzione espulsiva non è stata espressamente espunta dai richiamati “fatti di cui al giudizio penale” la fattispecie dell’introduzione di hashish; le sanzioni comminate al ricorrente, benché formalmente qualificate di natura amministrativa dall’ordinamento italiano, devono essere ricondotte alla “materia penale” agli effetti di cui all’art. 4 del protocollo n. 7 della CEDU.

2.4. L’appellante ha anche chiesto la sospensione cautelare della sentenza impugnata, domanda rigettata da questo Consiglio con ordinanza del 30.11.2021 per la ritenuta carenza del fumus boni iuris .

3. Si è costituita l’Amministrazione per resistere all’appello.

4. L’appellante ha depositato memoria ex art. 73 c.p.a.con la quale ha insistito sui motivi proposti.

5. Sulle difese e conclusioni in atti, la controversia è stata trattenuta in decisione all’esito dell’udienza del 24.102023.



DIRITTO

6. L’appello è infondato.

7. Giova ricordare, in punto di fatto che, con sentenza n. -OMISSIS- del Tribunale di Foggia (a cui ha fatto seguito la sentenza di patteggiamento in appello n. -OMISSIS-della Corte di Appello di Bari, divenuta definitiva, che si è limitata a ridurre la pena -un anno di reclusione-per effetto del patteggiamento, confermando, quindi, i fatti addebitati e la loro qualificazione giuridica secondo le valutazioni contenute nella sentenza di condanna in primo grado), l’odierno appellante, già assistente capo del Corpo della Polizia Penitenziaria presso la Casa Circondariale -OMISSIS- è stato giudicato colpevole -anche in concorso con altro dipendente (-OMISSIS-)- del reato di abuso d’ufficio (capo A della relativa imputazione) per essersi, in più occasioni ed in esecuzione del medesimo disegno criminoso, abusando del proprio ufficio, reso disponibile ad eseguire servizi vari, costituenti vantaggio patrimoniale, in favore di alcuni detenuti. In particolare, secondo le testuali affermazione del giudice penale, sulla base del complesso probatorio scrutinato in quella sede, è emerso, all’esito di protratta (circa tre mesi) attività di captazione dei colloqui del-OMISSIS- che lo stesso, insieme al collega -OMISSIS- hanno recapitato ai detenuti da loro favoriti corrispondenza epistolare e sigarette, che si sono resi complici nel far pervenire abusivamente ai detenuti della carne cruda, che hanno funto da latori di ambasciate provenienti da congiunti e difensori, che hanno procurato loro sistemazioni in celle più gradite. Tali condotte sono state giudicate “ingiuste” ai sensi dell'art. 323 c.p., non solo perché in contrasto con il divieto - incombente su tutti i pubblici funzionari ex art. 97 Cost. - di usare il potere conferito dalla legge per compiere deliberati favoritismi o per procurare ingiusti vantaggi, ma

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