Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-10-31, n. 201205579

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-10-31, n. 201205579
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201205579
Data del deposito : 31 ottobre 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 07111/2011 REG.RIC.

N. 05579/2012REG.PROV.COLL.

N. 07111/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7111 del 2011, proposto da:
G G, rappresentato e difeso dagli avv. P B, Felice P.C. Iacobellis, con domicilio eletto presso Segreteria Sezionale del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;

contro

Ministero della Difesa, Stato Maggiore della Difesa, Stato Maggiore dell'Esercito, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I BIS n. 06268/2011, resa tra le parti, concernente trasferimento d'autorità;
risarcimento danni


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa e di Stato Maggiore della Difesa e di Stato Maggiore dell'Esercito;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 ottobre 2012 il Cons. G C e uditi per le parti gli avvocati P B, Felice Iacobellis e Stefano Varone (Avvocatura dello Stato);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il tenente colonnello G G ha impugnato il provvedimento con cui l’Amministrazione della difesa ne ha disposto il trasferimento d’autorità, per incompatibilità ambientale, dalla sede nel Regno Unito, ove al momento prestava servizio.

Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione I bis, ha respinto il ricorso con sentenza in forma semplificata 12 luglio 2011, n. 6268. Il Tribunale regionale ha ritenuto non fondate le censure di difetto di motivazione, perché il provvedimento impugnato apparterrebbe al genere degli ordini e quindi (secondo una costante giurisprudenza amministrativa, ora espressamente recepita dall’art. 1349 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66) sarebbe sottratto alla disciplina della legge 7 agosto 1990, n. 241;
di mancata applicazione degli istituti partecipativi previsti dalla stessa legge, perché il ricorrente sarebbe stato messo in condizione di conoscere le ragioni giustificatrici del trasferimento e avrebbe potuto far pervenire le proprie considerazioni in merito;
del carattere punitivo del provvedimento, tenendo conto che la sanzione disciplinare inflitta per una vicenda svoltasi presso la sede di servizio all’estero (il G, con il suo comportamento, avrebbe suscitato la gelosia e quindi l’aggressione fisica da parte di un ufficiale inglese) discenderebbe non dal fatto in questione, ma dalla mancata comunicazione dell’evento ai propri superiori.

Contro la sentenza il ten. col. G ha interposto appello, dolendosi del travisamento, dell’errata interpretazione e dell’errata qualificazione giuridica dei fatti. Ne chiede la riforma o l’annullamento, con accoglimento del ricorso di primo grado, o in subordine, avendo avuto corso il trasferimento, l’accertamento dell’illegittimità del provvedimento impugnato anche ai soli fini risarcitori.

L’Amministrazione della difesa si è costituita in giudizio per resistere all’appello.

All’udienza pubblica del 9 ottobre 2012, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. L’appello è infondato e va perciò respinto.

2. In linea di principio, va richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale per cui i trasferimenti d'autorità dei militari, essendo strettamente connessi alle esigenze organizzative dell'Amministrazione ed alla disciplina che connota il rapporto di servizio del relativo personale, sono sottratti all'applicazione della normativa generale sul procedimento amministrativo in conformità di quanto ora testualmente dispone l’art. 1349, comma 3, del ricordato codice dell’ordinamento militare.

I relativi provvedimenti sono connotati da ampia discrezionalità, in quanto afferiscono a esigenze di servizio che non devono riguardare esclusivamente necessità organiche o impegni tecnico-operativi, ma possono altresì ricondursi a tutti i motivi di opportunità connessi con vicende attinenti alla possibile compromissione del prestigio e dell'ordinato svolgimento dei compiti istituzionali (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 11 novembre 2010, n. 8022;
Id., Sez. IV, 5 settembre 2008, n. 4231;
Id., Sez. IV, 13 giugno 2011, n. 3602).

3. Nella specie il provvedimento non appare comunque affetto da manifesti vizi della funzione.

Nonostante i comprensibili sforzi della parte privata per introdurre elementi di dubbio, non sono contestabili i fatti che hanno preceduto il provvedimento impugnato in primo grado. Questi infatti sono narrati, in maniera dettagliata ed esaustiva, nella relazione del gen. Marchio in data 30 novembre 2010, che peraltro fa specifico riferimento proprio al contenuto della memoria difensiva dell’ufficiale. In definitiva, deve ritenersi fuori discussione che il 2 ottobre precedente, presso il locale circolo ufficiali, il ten. col. G abbia avuto un diverbio con un ufficiale inglese, “convinto che lo stesso G gli avesse insidiato la moglie”, durante il quale è stato colpito con un pugno.

Tanto è sufficiente per concludere che l’episodio increscioso, al di là degli eventuali profili disciplinari, abbia prodotto una situazione di obiettivo disagio (sulla quale non posso incidere i giudizi positivi sull’ufficiale espressi anche successivamente dal Comando alleato) che non è rimasta nella sfera del personale e del privato, dato che il chief of the staff, mg. Tim Evans, ne ha chiesto conto al gen. Marchio (pag. 1 della relazione richiamata). Ciò considerando, l’Amministrazione, con provvedimento ragionevolmente motivato, ha disposto il rientro in patria dell’appellante.

4. Dalle considerazioni che precedono discende l’infondatezza dell’appello, che merita perciò la reiezione.

Le spese seguono la soccombenza, conformemente alla legge, e sono liquidate come da dispositivo.

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