Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2014-04-11, n. 201401784
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N. 01784/2014REG.PROV.COLL.
N. 06340/2013 REG.RIC.
N. 07251/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6340 del 2013, proposto dalla Regione Puglia, rappresentata e difesa dall'avvocato L F, con domicilio eletto presso Anna Lagonegro in Roma, via Boezio, 92
contro
C Q, rappresentato e difeso dall'avvocato P N, con domicilio eletto presso Marco Gardin in Roma, via Laura Mantegazza, 24
nei confronti di
Comune di Manduria, rappresentato e difeso dall'avvocato P Q, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2
sul ricorso numero di registro generale 7251 del 2013, proposto dal Comune di Manduria, rappresentato e difeso dall'avvocato P Q, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2
contro
C Q, rappresentato e difeso dall'avvocato P N, con domicilio eletto presso Marco Gardin in Roma, via L. Mantegazza 24
nei confronti di
Regione Puglia, rappresentata e difesa dall'avvocato L F, con domicilio eletto presso Anna Lagonegro in Roma, via Boezio, 92
per la riforma, in entrambi i ricorsi, della sentenza in forma semplificata del T.A.R. della Puglia - Sezione Staccata di Lecce, Sezione I, n. 1169/2013
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del signor C Q, della Regione Puglia e del Comune di Manduria;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 marzo 2014 il Cons. C C e uditi per le parti gli avvocati Francesconi, Nicolardi e Quinto;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue
FATTO
La Regione Puglia – appellante nel ricorso 6340/2013 – e il Comune di Manduria – appellante nel ricorso n. 7251/2013 - riferiscono che con istanza in data 13 luglio 2005 il signor C Q aveva chiesto al Comune di Manduria il rilascio di una concessione di area demaniale da adibire a spiaggia attrezzata con servizi, in località San Pietro di Bevagna di quel comune.
Risulta agli atti che nel periodo compreso fra il 2005 e il 2013 il richiedente aveva ottenuto il rilascio di atti di assenso variamente denominati da parte di amministrazioni coinvolte nel complessivo iter (Agenzia delle Dogane, Regione Puglia – Area per la tutela e la sicurezza ambientale, Commissione locale per il paesaggio).
Con ricorso proposto dinanzi al T.A.R. della Puglia – Sezione staccata di Lecce e recante il n. 157/2013 il signor Q aveva impugnato la nota in data 8 novembre 2012 con cui il Comune di Manduria aveva respinto la sua istanza, nonché la presupposta circolare regionale 23 febbraio 2012, n. 3195.
Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativi adito ha accolto il ricorso e, per l’effetto, ha annullato gli atti impugnati in primo grado.
La sentenza in questione è stata impugnata in appello dalla Regione Puglia (ricorso n. 6340/2013) la quale ne ha chiesto la riforma articolando plurimi motivi
La sentenza è stata altresì impugnata dal Comune di Manduria (ricorso n. 7251/2013) il quale ne ha a propria volta chiesto la riforma articolando plurimi motivi.
In entrambi i giudizi si è costituito il signor Q (ricorrente vittorioso in primo grado) il quale ha concluso nel senso della reiezione degli appelli e ha altresì riproposto, ai sensi dell’articolo 102, co. 2, cod. proc. amm. le censure, le eccezioni e le richieste già formulate in primo grado e dichiarare assorbite e/o non esaminate dai primi Giudici.
Con ordinanza n. 4388/2013 (resa all’esito della Camera di consiglio del 12 marzo 2013) questo Consiglio ha accolto l’istanza di sospensione cautelare degli effetti della sentenza in epigrafe.
Nell’occasione, il Collegio ha osservato che, nei limiti della delibazione cautelare, il complessivo sistema transitorio delineato dal comma 2 dell’articolo 17 della legge regionale n. 17 del 2006 (in relazione alla previsione di cui al punto 8.1 del Piano regionale delle coste) non sembrasse supportare in modo adeguato le conclusioni cui sono pervenuti i primi Giudici.
Alla pubblica udienza del 18 marzo 2014 i ricorsi in epigrafe sono stati trattenuti in decisione.
DIRITTO
1. Giungono alla decisione del Collegio i ricorsi in appello proposti dalla Regione Puglia (r.g. 6340/2013) e dal Comune di Manduria (r.g.7251/2013) avverso la sentenza del T.A.R. della Puglia – Sezione staccata di Lecce con cui è stato accolto il ricorso proposto da un soggetto che aveva fatto richiesta di ottenere una concessione demaniale marittima per istituire una spiaggia attrezzata e, per l’effetto, sono stati annullati gli atti con cui la Regione puglia e il Comune di Manduria hanno respinto l’istanza di rilascio della concessione.
2. I ricorsi in questione devono essere riuniti, avendo ad oggetto l’impugnativa avverso la medesima sentenza (art. 96, co. 1, cod. proc. amm.).
3. Gli appelli sono infondati.
3.1. Al riguardo il Collegio – rimeditata funditus la questione già delibata, e con diverso esito, in sede cautelare – ritiene che non sussistano ragioni sistematiche o fattuali per discostarsi dalla statuizione recentemente resa su fattispecie per molti versi analoga a quella dinanzi descritta (si tratta della sentenza 28 gennaio 2014, n. 432).
3.2. Anche in questo caso, il fulcro della controversia consiste nello stabilire se, in base alla pertinente normativa regionale pugliese, possa ritenersi che, all’indomani della definitiva approvazione del piano regionale delle coste, ma nelle more dell’adozione dei singoli piani comunali, agli enti locali sia comunque consentito o resti precluso l’esercizio delle funzioni amministrative in materia di demanio marittimo, anche attraverso il rilascio di nuove concessioni.
3.3. Anche in questo caso, la questione deve essere affrontata e risolta avendo riguardo – per un verso – alle previsioni di cui agli artt. 16 e 17, legge regionale n. 23 giugno 2006, n. 17 (‘ Disciplina della tutela e dell’uso della costa ’) e – per altro verso – alle stesse prescrizioni desumibili dal piano regionale approvato nel novembre del 2011.
3.4. Al riguardo, la Regione Puglia e il Comune di Manduria ritengono che le previsioni di cui agli artt 16 e 17 della richiamata legge regionale non consentano il pieno esercizio dell’attività concessoria da parte dei comuni, nelle more dell’approvazione da parte di questi ultimi dei singoli piani delle coste.
Secondo tale tesi, non può negarsi che all’indomani dell’approvazione del P.R.C. la ripresa dell’attività concessoria da parte dei comuni risulti – almeno in via di principio – doverosa e che tale doverosità rappresenti un corollario della naturale obbligatorietà dell’azione amministrativa, da esercitarsi pur sempre nell’osservanza del piano regionale.
Il punto è che, sempre in base a tale tesi, individuare nel piano regionale delle coste la fonte normativa cui deve necessariamente uniformarsi lo spettro completo dell’attività amministrativa, nell’attesa del piano comunale, porterebbe nei fatti al pregiudizio degli stessi valori sottesi al duplice livello di programmazione.
Secondo la Regione appellante, del resto, laddove si ipotizzasse che il più volte richiamato articolo 17 abbia delineato un regìme transitorio (durante il quale l’attività concessoria potrebbe comunque essere svolta), ciò vanificherebbe gli scopi della pianificazione e consentirebbe il rilascio di concessioni anche in contrasto con la programmazione già effettuata in sede di P.R.C., in tal modo rappresentando un ostacolo rispetto a quella da effettuarsi in sede locale con il P.C.C.
Quindi, secondo la richiamata tesi, la ripresa dell’attività concessoria da parte dei comuni richiederebbe in via necessaria che questi ultimi abbiano previamente approvato i rispettivi piani, intesi quali tasselli imprescindibili di un ‘mosaico’ disciplinare che solo una volta completato consentirebbe il riavvio della richiamata attività concessoria (in tal senso risulterebbero dirimenti le previsioni dell’articolo 8.1. dello stesso P.R.C. in tema di definizione e individuazione delle aree in concessione per strutture balneari).
Secondo tale tesi, del resto, ai soggetti interessati che si vedessero precludere l’esercizio in proprio favore dell’attività concessoria resterebbe pur sempre uno strumento di tutela in sede giurisdizionale, rappresentato dall’azione avverso l’inerzia del comune nell’adozione e nella successiva approvazione del proprio piano.
3.5. L’approccio in questione non può essere condiviso, in quanto contrastante con il pertinente quadro normativo e – lato sensu – disciplinare.
3.6. Come è noto, la legge regionale pugliese 23 giugno 2006 n. 17 ha profondamente modificato la normativa regionale in tema di tutela e uso della costa, nonché – ai fini che qui rilevano – in tema di esercizio dell’attività amministrativa in materia di concessioni demaniali marittime, in precedenza recata dalla legge regionale 4 agosto 1999 n. 25.
Mette qui conto richiamare le disposizioni transitorie di cui all’art. 17, legge regionale n. 17/2006, cit..
In particolare:
- il comma 1 dell’art. 17 ha stabilito che, nelle more dell’approvazione del piano regionale delle coste, avrebbe dovuto considerarsi sostanzialmente precluso il rilascio di nuove concessioni, rimanendo consentito ai comuni (fra l’altro) il rinnovo delle concessioni già in precedenza rilasciate;
- il successivo comma 2 ha, invece, stabilito che “ fino all’approvazione dei p.c.c. i comuni applicano, nell’attività concessoria, esclusivamente le disposizioni rivenienti dal p.r.c. ”.
3.7. Ebbene, questo essendo il quadro normativo e sistematico di riferimento, il Collegio ritiene che possano trarsene le seguenti conclusioni.
In primo luogo, il raffronto fra i commi 1 e 2 dell’art. 17, cit. rende chiaro che:
- nelle more dell’approvazione del P.R.C., il legislatore regionale ha ritenuto d’inibire in via generale l’esercizio dell’attività concessoria (in specie, in sede di rilascio di nuove concessioni), onde evitare che tale rilascio, avvenendo nella totale assenza di un qualunque quadro disciplinare di riferimento, producesse una sorta di ‘effetto di spiazzamento’ in danno della complessiva regolamentazione d’imminente adozione e attuazione.
A tal fine, il novero delle attività comunque consentite nel corso di tale delicatissimo frangente temporale veniva individuato attraverso la tecnica del ‘ numerus clausus ’ ( ex art. 17, comma 1, lettere da a) a f)), con elencazione evidentemente tassativa e inestensibile in via interpretativa e/o applicativa;
- al contrario, all’indomani dell’approvazione del P.R.C. e nelle more dell’approvazione dei singoli P.C.C., il legislatore regionale – con formula volutamente ampia – ha ammesso il riavvio da parte dei comuni dell’attività concessoria in tutta la sua estensione.
L’unico limite espresso che la richiamata legge regionale pone al riespandersi dei poteri, prerogative e facoltà ricollegabili all’esercizio dell’attività concessoria è rappresentato dal fatto che essa debba avvenire in applicazione “ [delle] disposizioni rivenienti dal p.r.c. ”.
Quindi, il legislatore regionale ha reso chiaro come l’approvazione del P.R.C. costituisse il presupposto – per così dire – necessario e sufficiente per ammettere il riavvio dell’attività concessoria, da parte dei comuni, e come dovessero conseguentemente essere limitate a casi residuali le ipotesi in cui la mancata approvazione del P.C.C. sarebbe risultata ostativa all’assenso per nuove concessioni.
3.8. In definitiva, all’indomani dell’approvazione del P.R.C. (e nelle more dell’approvazione dei singoli P.C.C.), la regola è rappresentata dalla possibilità di procedere al rilascio delle concessioni (e a tal fine i comuni dovranno rinvenire nell’ambito delle dettagliate previsioni dello stesso P.C.C. i relativi presupposti, condizioni e limiti), mentre l’eccezione sarà rappresentata dalle ipotesi – a questo punto, residuali – in cui la mancata approvazione dei P.C.C. precluda comunque il rilascio delle discusse concessioni.
Tuttavia, un tale effetto preclusivo dovrà essere verificato caso per caso e motivatamente limitato alle sole ipotesi in cui la mancata approvazione del piano comunale palesi una lacuna non colmabile attraverso il ricorso alla lettura e all’interpretazione del piano regionale.
3.9. Ebbene, riconducendo i princìpi appena delineati al caso in esame, la sentenza in epigrafe dev’essere confermata in quanto:
- effettivamente, la tesi delle amministrazioni appellanti risulta affetta da un’insanabile contraddizione laddove - per un verso - afferma che la mancata approvazione dei P.C.C. non impedirebbe ai comuni di riavviare l’attività concessoria (il cui esercizio, al contrario, rappresenta doverosa esplicazione della naturale obbligatorietà dell’azione amministrativa), mentre – per altro verso – finisce per ritenere che la mancata approvazione del P.C.C. farebbe venir meno un ‘tassello’ indispensabile per il riavvio di quell’attività, di fatto bloccandone quindi l’esercizio.
In tal modo opinando, tuttavia, è evidente come l’eccezione ( i.e .: l’impossibilità di riavviare l’attività concessoria) finisca per travalicare e privare di qualunque significato concreto la regola , pure affermata in via generale ( i.e. : la doverosità di riavviare la medesima attività all’indomani dell’approvazione del P.R.C.);
- la tesi secondo cui il P.R.C. non sarebbe idoneo a rappresentare (nelle more dell’approvazione dei P.C.C.) lo “ spettro completo ” al quale conformare l’esercizio dell’attività concessoria, finisce a sua volta per negare nella pratica il richiamato principio di tendenziale completezza, sotto il profilo disciplinare, delle previsioni desumibili dal P.R.C.;
- vero è che – come si è detto in precedenza – possono darsi alcune ipotesi in cui, effettivamente, le sole prescrizioni del P.R.C. non forniscano un quadro disciplinare idoneo a consentire il rilascio della concessione richiesta (o, addirittura, depongono nel senso d’imporre il rigetto della relativa domanda).
Un’ipotesi in tal senso può essere rappresentata – a mero titolo di esempio - dal caso in cui il rilascio della richiesta concessione determinerebbe il superamento del rapporto fra superfici concedibili e aree da riservare alla libera balneazione, di cui all’art. 16 della più volte richiamata legge regionale.
Il punto è che nel caso di specie il Comune di Manduria non ha indicato alcuna concreta ed effettiva circostanza ostativa al rilascio del provvedimento richiesto (quale, appunto, il superamento del richiamato limite), attestandosi piuttosto – e in modo sostanzialmente apodittico –sull’affermare che la richiesta concessione non avrebbe potuto comunque essere rilasciata, in base al dato assorbente dalla mancata approvazione del P.C.C.;
- è innegabile che occorra rinvenire un ragionevole ‘punto di raccordo’ fra due esigenze opposte e apparentemente difficili da conciliare (per un verso, quella di salvaguardare un complesso sistema disciplinare in tema di uso delle coste, basato sull’integrazione fra diversi livelli di pianificazione e, per altro verso, quella d’impedire la completa paralisi dell’attività concessoria, purché l’esercizio di questa risulti compatibile con le prescrizioni generali del P.R.C.).
Tuttavia, quel ragionevole ‘punto di raccordo’ non può essere rinvenuto – come proposto dalle amministrazioni appellanti – nel sostanziale divieto di rilasciare nuove concessioni, né è sufficiente affermare che il privato leso dall’inerzia comunale potrebbe comunque attivare i rimedi esperibili avverso il silenzio della pubblica amministrazione;
- al contrario, è la stessa legge regionale n. 17/2006 a fornire ulteriori elementi, nel senso che il richiamato punto di equilibrio debba comunque essere rinvenuto in un assetto che ammetta comunque il rilascio di nuove concessioni (lo si ripete, salvo che ciò non risulti espressamente precluso dalle dirette prescrizioni del P.R.C.), e ciò dopo che sia decorso il lasso di tempo – breve ma adeguato – che lo stesso Legislatore regionale ha assegnato ai comuni per adottare i propri atti di pianificazione.
Non altrimenti potrebbe intendersi la previsione di cui al comma 7 dell’art. 16 della più volte richiamata legge regionale, secondo cui “ le concessioni già assentite in contrasto con il p.c.c. al loro scadere non sono più rinnovate ”.
Ad avviso del collegio, la disposizione in questione deve essere letta e interpretata in combinazione con il successivo comma 2 dell’art. 17 cit., secondo un’ottica comunque volta a impedire la paralisi dell’attività amministrativa, nelle more dell’approvazione dei singoli piani comunali delle coste.
Né vi è infatti alcun elemento testuale o sistematico che deponga nel senso che le “ concessioni già assentite ” di cui è menzione al comma 7 dell’art. 16 cit., siano unicamente quelle rilasciate prima ancora dell’approvazione del P.R.C. e non anche quelle assentibili nel torno temporale compreso fra l’approvazione del P.R.C. e quella dei P.C.C.
In base alla medesima considerazione, risulta altresì non condivisibile la tesi secondo cui la possibilità di rilasciare comunque concessioni demaniali, nelle more di approvazione dei singoli P.C.C., sarebbe di per sé idonea ad arrecare un vulnus al complessivo impianto di tutela rappresentato dal P.R.C.
3.10. In definitiva, il provvedimento di rigetto impugnato in primo grado risulta effettivamente viziato per i numerosi profili d’illegittimità dinanzi descritti e per aver fondato la pronuncia reiettiva sulla pura e semplice circostanza della mancata approvazione dal P.C.C., senza che l’amministrazione comunale si sia fatta carico alcuno di esaminare la richiesta sulla base delle disposizioni rivenienti dal P.R.C. e d’individuare se nell’ambito di tali disposizioni fosse individuabile una qualche ragione ostativa al rilascio della richiesta concessione ( rectius : al richiesto ampliamento concessorio).
3.11. In sede di delibazione cautelare (ordinanza n. 4388/2013) questo Consiglio, nell’accogliere interinalmente le tesi delle amministrazioni appellanti, aveva enfatizzato la valenza lato sensu preclusiva delle previsioni di cui all’articolo 8.1 del documento rubricato ‘ Norme Tecniche di Attuazione e indirizzi generali per la redazione dei piani comunali delle coste ’.
3.12. Ebbene, rimeditata funditus la questione, il Collegio ritiene che la disposizione appena richiamata non fornisca effettivi argomenti volti a confutare le conclusioni cui sono pervenuti i primi Giudici.
Le amministrazioni appellanti annettono rilievo dirimente, a sostegno della propria tesi, alla previsione (primo periodo del richiamato articolo 8.1) secondo cui “ le aree concedibili ai fini turistico-ricreativi (…) sono individuate nell’ambito degli elaborati del PCC ”.
L’approccio in parola è efficacemente sintetizzato a pag. 7 dell’appello della Regione Puglia, ove si legge che “ in mancanza del PCC e delle relative zonizzazioni non vi sono aree concedibili per nuove concessioni o ampliamenti ”.
Ora, anche a voler tralasciare gli esiti dell’interpretazione ‘costituzionalmente orientata’ sulla cui base i primi Giudici hanno escluso la sussistenza della richiamata valenza preclusiva, si osserva che alla richiamata previsione delle N.T.A. non può essere riconosciuto un valore significativamente diverso rispetto a quello proprio delle disposizioni di legge regionale di cui essa reca attuazione (e sulle quali ci si è in precedenza soffermati), né può ritenersi che le richiamate N.T.A. abbiano potuto offrire una sorta di interpretatio abrogans della disposizione regionale di riferimento (il più volte richiamato comma 2 dell’articolo 17 della L.R. 17 del 2006).
Ed infatti – contrariamente a quanto ritenuto dalle amministrazioni appellanti – il primo periodo dell’articolo 8.1 delle richiamate N.T.A. deve essere inteso nel senso di disciplinare in via attuativa l’ipotesi – per così dire – ‘fisiologica’ in cui la disciplina del fenomeno oggetto di regolazione si esplichi su entrambi i livelli di pianificazione (regionale e comunale) e non anche nel senso di regolare l’ipotesi – per così dire – ‘patologica’ in cui alla pianificazione regionale non abbia fatto (ancora) seguito quella comunale.
Del resto, l’esame completo del più volte richiamato articolo 8.1. conferma le conclusioni cui si è sinora giunti, recando numerose e puntuali prescrizioni, atte a governare l’esercizio dell’attività concessoria da parte del Comuni, pure in assenza dell’adozione da parte di questi ultimi del proprio tratto di programmazione.
Ed infatti, l’articolo 8.1, cit. reca previsioni adeguatamente dettagliate, idonee a supportare l’esercizio della funzione concessoria da parte degli Uffici comunali, in particolare ponendo prescrizioni ‘in negativo’ idonee a delineare l’ambito della ‘ non concedibilità ’ e – in via mediata e complementare – idonee a delimitare ‘in positivo’ l’ambito della potenziale concedibilità (ambito nel quale deve esplicarsi la concreta attività decisionale demandata ai Comuni).
Basti pensare (limitandosi alle sole previsioni di cui al richiamato articolo 8.1.):
- alla previsione secondo cui i singoli lotti concedibili debbono consistere in moduli non frazionabili il cui fronte mare non deve essere inferiore a 20 ml e non deve superare la lunghezza di 100 ml;
- alla previsione secondo cui nell’individuazione delle aree concedibili deve essere assicurata l’esistenza di fasce di spiaggia (corridoi) ortogonali al mare, di larghezza non inferiore a 5 mt., destinate a garantire il libero passaggio e il transito dei mezzi di soccorso;
- alla previsione secondo cui possono essere ammesse concessioni contigue a condizione che vengano assicurati accessi con la ricorrenza di almeno 150 mt.
Concludendo sul punto, neppure l’esame dell’articolo 8.1. delle N.T.A. al P.R.C. adduce elementi in favore della tesi secondo cui nelle more dell’adozione dei singoli P.C.C. l’esercizio dell’attività concessoria resterebbe nei fatti inibito.
4. Per le ragioni sin qui esposte i ricorsi in epigrafe, previa riunione, devono essere respinti.
Per le medesime ragioni non si fa luogo qui ad esaminare le censure, le eccezioni e le richieste già formulate in primo grado dal signor Q, dichiarate assorbite e/o non esaminate dai primi Giudici e nella presente sede puntualmente riproposte ai sensi dell’articolo 102, co. 2, cod. proc. amm.
Il Collegio ritiene che sussistano giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.