Consiglio di Stato, sez. III, ordinanza collegiale 2022-05-27, n. 202204245
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Pubblicato il 27/05/2022
N. 04245/2022 REG.PROV.COLL.
N. 00617/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 617 del 2022, proposto da -OMISSIS-in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato R R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Verona, via Luigi Da Porto, 4,
contro
- il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, 12;
- l’U.T.G. - Prefettura di Verona e la Questura di Verona, non costituiti in giudizio;
per la riforma
dell’ordinanza collegiale del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente diniego di accesso agli atti nell’ambito del giudizio per l’annullamento del provvedimento fasc. nr. -OMISSIS-– DOC. U n. -OMISSIS-, con cui il Prefetto di Verona ha informato i ricorrenti di essere interdetti ai sensi degli articoli 84, comma 4, e 91, comma 6, del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, ed ha disposto il diniego dell'iscrizione nella White List della Prefettura di Verona della società -OMISSIS-nonché di ogni atto presupposto, nonché della nota della Prefettura di Verona prot.-OMISSIS-con cui è stato trasmesso il provvedimento oscurato, dell’avviso orale nr. II^/-OMISSIS- – M.P. – G.C.e del provvedimento di rigetto dell’istanza di revoca dell’avviso orale n. II^/-OMISSIS- – M.P. – G.G. irrogato dal Questore di Verona in data -OMISSIS-
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nella camera di consiglio del giorno 12 maggio 2022, il Pres. R G e viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
1. L’odierna appellante è stata destinataria di un’interdittiva antimafia. Quest’ultimo provvedimento è oggetto dell’impugnazione principale (RG n. -OMISSIS-) attualmente pendente dinnanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto.
A seguito della richiesta di accesso a tutti gli atti del fascicolo inerente l’interdittiva formulata in data 4 febbraio 2021 e sollecitata in data 17 febbraio 2021, la Prefettura di Verona rilasciava una copia del provvedimento prefettizio, oscurandone alcune parti.
La società -OMISSIS-proponeva dunque istanza in pendenza di giudizio ai sensi dell’articolo 116, comma 2, cod. proc. amm., avverso il diniego espresso all’ostensione integrale del provvedimento ritenendolo illegittimo per violazione degli articoli 2, 3, 22 e segg. della legge 7 agosto 1990, n. 241, oltre che per violazione dell’articolo 9 del d.P.R. 12 aprile 2006, n. 184.
Con ordinanza n. -OMISSIS-, il T.A.R. del Veneto ordinava alla ricorrente di precisare in modo puntuale tutti gli atti istruttori per i quali avesse un interesse all’ostensione “ anche ai fini della valutazione della sussistenza o meno delle condizioni di ostensibilità per ciascuno di essi ”.
A seguito dell’elencazione dei documenti fatta dalla ricorrente, il giudice di prime cure, con ordinanza n. -OMISSIS-, disponeva l’acquisizione di una relazione con la quale l’Amministrazione avrebbe dovuto specificare “ quali, tra i documenti elencati dalla parte ricorrente nella memoria depositata in giudizio il 30 giugno 2021, la Prefettura ritiene ostensibili, indicando, con riguardo agli atti ritenuti non ostensibili, le ragioni di eccezionale prevalenza dell’esigenza di riservatezza ”.
A seguito della deposizione della relazione prefettizia, il T.A.R. ha respinto il ricorso con ordinanza n. -OMISSIS-, qui appellata.
2. Con l’odierno appello, la ricorrente ha censurato l’ordinanza da ultimo indicata sulla scorta del seguente motivo unico di impugnazione: violazione degli articoli 24, 111 e 113 della Costituzione;errata motivazione dell’ordinanza in ordine al diniego del diritto all’ostensione;errata-falsa motivazione in ordine ai presupposti del diritto di accesso;violazione degli articoli 22 e segg. della legge 7 agosto 1990, n. 241;violazione degli articoli 2 e 3 della legge n. 241/1990 anche sotto il profilo della motivazione assente, apparente e illogica;violazione dell’articolo 9 del d.P.R. 12 aprile 2006, n. 184;violazione della legge 1 aprile 1981, n. 121.
L’Amministrazione appellata si è costituita nel presente grado con atto di stile, mentre l’appellante ha ulteriormente argomentato con memoria le proprie tesi.
3. Alla camera di consiglio del 12 maggio 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.
4. In via preliminare, la richiesta di acquisizione materiale del fascicolo di primo grado formulata dall’appellante non merita accoglimento, trattandosi di adempimento non necessario in quanto, ai sensi dell’articolo 11 del decreto del Presidente del Consiglio di Stato n. 134 del 22 maggio 2020, attuativo delle previsioni in tema di processo amministrativo telematico, la trasmissione dei fascicoli informatici di primo grado con modalità telematiche avviene, tramite il sistema informatico della giustizia amministrativa (S.I.G.A.), mediante accesso diretto al fascicolo di primo grado da parte dei soggetti abilitati.
Pertanto, tutti gli atti di primo grado sono visibili al Collegio online .
5. Nel merito, l’appello è solo parzialmente fondato.
6. Il primo motivo di ricorso (pagg. 15-18 dell’atto di appello) è volto a rilevare la violazione del principio del contraddittorio processuale avendo il giudice, secondo la ricorrente, acconsentito ad un’illegittima integrazione della motivazione in sede giudiziale.
Tale censura è da ritenersi del tutto infondata.
Infatti, il particolare giudizio in materia di accesso previsto dal comma 2 dell’articolo 116 del codice del processo amministrativo attribuisce la possibilità di proporre ricorso avverso il diniego di accesso ai documenti amministrativi in maniera incidentale all’interno, e in pendenza, di un giudizio la cui richiesta di accesso è connessa. Il giudizio è dunque sostanzialmente rivolto ad accertare la sussistenza o meno del titolo all’accesso nella specifica situazione alla luce dei parametri normativi;ciò indipendentemente dalla maggiore o minore correttezza delle ragioni addotte dall’Amministrazione per giustificarne il diniego.
Peraltro, proprio alla luce delle caratteristiche peculiari di tale rito, la giurisprudenza è pacifica nel ritenere ammissibili, in sede processuale, specificazioni e/o integrazioni a supporto della motivazione di diniego espresso dall’Amministrazione (su tutte, cfr. Cons. Stato, sez. III, n. 2812 del 16 maggio 2012, e, in relazione al previgente articolo25 della legge n. 241/1990, Cons. Stato, sez. V, 7 novembre 2008, n. 5573).
Inoltre, proprio alla stregua di tale peculiare atteggiarsi dello speciale giudizio in materia di accesso ai documenti amministrativi, sono del pari ammesse in corso di causa anche integrazioni ex post da parte del ricorrente delle ragioni addotte a sostegno dell’istanza ostensiva (come peraltro avvenuto anche nel caso di specie): il che disvela l’inconsistenza delle doglianze attoree di lesione del contraddittorio o del diritto di difesa.
7. È infondata anche la doglianza con la quale la ricorrente ritiene illegittimo il modus operandi del T.A.R. che si è pronunciando “raggruppando” i documenti per “categoria di limiti” (pag. 19 dell’appello). Secondo la parte privata, tale operato sarebbe indicativo del carattere preconcettuale del diniego in quanto “ pare poco credibile che nessun atto richiamato sia ostensibile ”.
Tale assunto non può essere condiviso.
Infatti, poiché l’accertamento della sussistenza delle condizioni per l’ostensione dei documenti avviene facendo riferimento alle preclusioni previste dalla legge in tal senso, è ben possibile, anzitutto da un punto di vista logico, che il motivo per cui non può essere concessa l’ostensione sia comune a due o più documenti. Al contrario, non è ugualmente logico ritenere che da tale modo di procedere si possa desumere che l’istanza non sia stata esaminata con riguardo a ciascun documento.
8. Scendendo poi all’esame delle specifiche motivazioni sulla base delle quali il diniego è stato motivato, infondato è il motivo di appello con il quale l’appellante contesta il capo dell’ordinanza del T.A.R con il quale quest’ultimo ha ritenuto legittimo, sulla base della sussistenza di esigenze di riservatezza di soggetti terzi, il diniego all’ostensione espresso dall’Amministrazione con riferimento ai documenti sub . 06, 07, 08, 09, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 17, 18, 19, 21, 23, 24, 25, 27, in relazione a ritenute esigenze di riservatezza di soggetti terzi nonché di tutela del segreto investigativo.
8.1. In primo luogo, è certamente erroneo l’assunto di base secondo cui, se determinati atti (relazioni di P.S., informative etc.) sono stati trasmessi alla Prefettura, che li ha utilizzati ai fini del provvedimento interdittivo per cui è causa, ciò implicherebbe necessariamente che su di essi non può più esservi alcun segreto investigativo: al contrario, proprio in materia di antimafia vi è una specifica disciplina (articolo 84, comma 4, lettera d ), del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159) che consente al Prefetto di avvalersi dei poteri di accertamento un tempo delegati dal Ministro dell’interno all’Alto commissario per la lotta alla mafia (articolo 1, comma 2, del d.l. 6 settembre 1982, n. 629, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 ottobre 1982, n. 726), e oggi delegabili alle singole Prefetture (articolo 2, comma 2- quater , 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410), fra i quali rientra pacificamente anche il potere di acquisire – previa autorizzazione dell’A.G. competente – gli atti ancora coperti da segreto investigativo (articolo 1- quinquies , quarto comma, d.l. n. 629/1982).
Pertanto, non è affatto manifestamente impossibile che i documenti per cui è causa possano afferire ad attività di indagine tuttora in corso ed essere pertanto soggetti al relativo regreto.
8.2. In secondo luogo, è necessario sottolineare che il profilo della riservatezza dei documenti di cui si richiede l’ostensione è legato all’esigenza di salvaguardia del segreto investigativo.
Infatti, il bilanciamento rispetto alle (prospettate) esigenze difensive dell’appellante va operato tenendo conto del fatto che la riservatezza in questione afferisce a dati e informazioni relativi a persone verosimilmente coinvolte in indagini giudiziarie coperte da segreto.
Pertanto, non è affatto illegittimo né irragionevole che le esigenze di difesa dell’interessato vengano ristrette a favore della necessità di non pregiudicare gli esiti di non note attività di indagine ancora in corso, e non può essere condiviso l’approccio “riduttivo” della appellante, che limita la considerazione al semplice raffronto tra le proprie esigenze difensive e la riservatezza di terzi, per inferirne in modo pressoché automatico la prevalenza delle prime.
9. Per quanto riguarda i documenti contenuti nelle banche dati di cui all’art. 6, primo comma, lett. a ), della legge n. 121 del 1° aprile 1981 (nel caso di specie i documenti sub . 01, 03, 04, 05) questi sono in realtà sottratti all’accesso in quanto non qualificabili come “ documenti amministrativi ” ai sensi dell’art. 11, comma 1, lettera d ), della legge n. 241/1990.
Infatti, l’articolo 7 della legge n. 121/1981 (“ Natura e entità dei dati e delle informazioni raccolti ”) al primo comma precisa: “ Le informazioni e i dati di cui all’articolo 6, lettera a), devono riferirsi a notizie risultanti da documenti che comunque siano conservati dalla pubblica amministrazione o da enti pubblici, o risultanti da sentenze o provvedimenti dell’autorità giudiziaria o da atti concernenti l’istruzione penale acquisibili ai sensi dell’articolo 165-ter del codice di procedura penale o da indagini di polizia ”.
Pertanto, non si tratta di documenti amministrativi, ma di dati e informazioni ricavati (fra l’altro, anche) da documenti amministrativi rispetto ai quali sono comunque autonomi.
Quanto sopra è confermato proprio dal successivo articolo 10 della medesima legge, invocato dall’appellante a sostegno dell’accessibilità dei dati de quibus e che invece dimostra l’esistenza di una speciale procedura con cui l’interessato può conoscere quanto è inserito in banca dati. Può poi aggiungersi anche che, a seguire l’impostazione di parte appellante, sarebbe agevole attraverso l’accesso alla banca dati eludere i divieti di accesso ovvero le ragioni ostative afferenti agli specifici documenti (giudiziari, di polizia etc.) retrostanti alle informazioni ivi inserite.
10. Anche il diniego all’accesso ai documenti sub . 04, 20 e 29, in relazione alla loro strumentalità rispetto ad esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica e di prevenzione e repressione della criminalità, deve ritenersi legittimo.
Ed infatti, il d.m. n. 415 del 10 maggio 1994, richiamato espressamente dal giudice di prime cure, prevede, all’art. 3, comma 1, lett. b ), che siano sottratte all’accesso le “ relazioni di servizio, informazioni ed altri atti o documenti (…), che contengono notizie relative a situazioni di interesse per l’ordine e la sicurezza pubblica e all’attività di prevenzione e repressione della criminalità, salvo che, per disposizioni di legge o di regolamento, ne siano previste particolari forme di pubblicità o debbano essere uniti a provvedimenti o atti soggetti a pubblicità ”.
10.1. È pur vero, come evidenziato dalla stessa appellante, che della precitata disposizione la giurisprudenza ha dato una lettura costituzionalmente orientata, valorizzando il necessario collegamento (su cui l’Amministrazione è tenuta a motivare) tra le specifiche esigenze di sicurezza e prevenzione e i documenti di cui è chiesta l’ostensione, al fine di evitare l’incongrua conseguenza della sottrazione pressoché automatica all’accesso di qualsiasi atto posto in essere nell’ambito di attività di polizia o di pubblica sicurezza. Tuttavia, da ciò non discendono le conseguenze volute dall’istante, e cioè l’automatica accessibilità di tutti gli atti richiesti in ragione della loro astratta qualificazione.
Più specificamente, la risalente giurisprudenza secondo cui, una volta che gli atti di cui è stata chiesta l’ostensione risultino riconducibili alla tipologia di cui alla disposizione testé citata, nessun obbligo di motivazione incombe all’Amministrazione a sostegno del diniego di accesso (Cons. Stato, sez. IV, 25 maggio 2001, n. 4064) può oggi specificarsi, alla luce delle più recenti letture “garantiste” sopra richiamate, nel senso che l’esclusione dell’obbligo di motivazione può ammettersi allorché risulti ictu oculi evidente il collegamento tra i documenti oggetto dell’istanza di accesso e le ridette esigenze di tutela di ordine e sicurezza pubblica: ciò può avvenire, fra l’altro, anche quando – nel caso di specie – i documenti siano stati utilizzati nel corso dell’ iter istruttorio che ha portato all’adozione di un’informazione interdittiva antimafia.
Non è pertanto condivisibile l’approccio dell’appellante, che pretende di inferire la non afferenza dei documenti in questione alle esigenze di cui al citato articolo 3, comma 1, lettera b ), d.m. n. 415/1994 sulla base della mera natura dei documenti in sé considerati (giudiziari, pubblici etc.), laddove in realtà le ragioni ostative discendono dalla loro strumentalità alla attività di tutela dell’ordine pubblico e di contrasto alla criminalità organizzata: strumentalità che, è quasi superfluo rilevarlo, può sussistere per qualsiasi tipo di documenti, indipendentemente dalla loro natura.
E, poiché l’appellante non ha contestato nel merito la possibile esistenza di un siffatto rapporto di strumentalità (limitandosi, come detto, a invocare a proprio favore la mera natura pubblica, giudiziaria etc. degli atti in questione), non vi è spazio per una favorevole delibazione delle sue ragioni.
10.2. Unica eccezione a quanto testé rilevato, in relazione alla quale dunque il diniego di accesso deve ritenersi illegittimo, afferisce al solo verbale della riunione dell’8 gennaio 2021 del Gruppo Integrato Interforze Pref. Verona (doc. 28): in questo caso, pur trattandosi ugualmente di atto strumentale alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, appaiono evidenti sia la sua stretta connessione con l’interdittiva impugnata nel giudizio a quo (è parte essenziale dell’istruttoria che ha portato all’adozione del provvedimento, essendo richiamato anche nella motivazione dello stesso) sia l’indispensabilità della conoscenza di esso ai fini di un compiuto dispiegamento del diritto di difesa del ricorrente: pertanto, di tale documento deve essere ordinata l’ostensione.
Resta ferma, ovviamente, la facoltà dell’Amministrazione di “oscurarne” le parti in cui siano richiamati altri atti dei quali è stata qui negata l’ostensione ovvero altri dati o informazioni per i quali sussistano prevalenti esigenze di segretezza.
11. Infine, è infondata anche l’ultima subcensura articolata nell’appello (pagg. 27-29), in ordine ai documenti per i quali il T.A.R. ha ritenuto legittimo il diniego in quanto già in possesso del richiedente o comunque da questi liberamente acquisibili.
E invero, per alcuni di essi (quale il certificato del casellario giudiziale a richiesta della p.a.) non può escludersi la sussistenza esigenze ostative all’accesso analoghe a quelle relative agli altri documenti, mentre per altri liberamente acquisibili anche a iniziativa del privato (come la visura camerale) il fatto che essi siano richiamati negli atti impugnati, o comunque presenti nell’istruttoria compiuta dall’Amministrazione ai fini dell’adozione dell’interdittiva impugnata, non costituisce ragione sufficiente per eludere le procedure normativamente imposte per l’acquisizione degli stessi e i connessi oneri economici, in difetto di allegazione di specifiche e puntuali esigenze a sostegno della richiesta di ostensione.
12. In conclusione, l’appello va accolto nei soli limiti indicati al punto sub . 10.2 che precede, e respinto per il resto.
Per l’effetto, va ordinata all’Amministrazione l’ostensione del solo verbale del Gruppo Interforze dell’8 gennaio 2021, nei limiti e con le eventuali cautele di cui in premessa.
13. In ragione della parziale soccombenza reciproca, le spese della presente fase di giudizio possono essere compensate.