Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2010-02-09, n. 201000633

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2010-02-09, n. 201000633
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201000633
Data del deposito : 9 febbraio 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01334/2004 REG.RIC.

N. 00633/2010REG.SEN.

N. 01334/2004 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

sul ricorso numero di registro generale 1334 del 2004, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. A L, con domicilio eletto presso il medesimo, in Roma, viale Parioli, n. 67;

contro

Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, e per legge domiciliato presso gli uffici di quest’ultima, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per l'ottemperanza

alla decisione del Consiglio di Stato, sez. VI, 3 aprile 2002, n. 1831, resa tra le parti


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 dicembre 2009 il Cons. Rosanna De Nictolis e uditi per le parti gli avvocati dello Stato Bacosi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’odierno ricorrente in ottemperanza, docente di ruolo nella scuola media, veniva dispensato dal servizio per infermità con provvedimento 29 giugno 1988, n. 128 del Provveditore agli studi di Napoli.

Avverso tale provvedimento, proponeva ricorso al T.A.R. della Campania, che lo accoglieva con la sentenza 6 settembre 1994, n. 468.

1.1. Statuiva tale pronuncia che in ogni caso di dispensa per infermità – sia quella disposta per superamento del periodo massimo di aspettativa per infermità, sia quella disposta per la mera sussistenza di motivi di salute – l’Amministrazione è tenuta a seguire il procedimento delineato dagli artt. 129 e 130, t.u. n. 3 del 1957, vale a dire:

1. proposta di dispensa dal servizio;

2. assegnazione all’interessato di un termine per presentare le proprie osservazioni;

3. accertamento delle condizioni di salute del dipendente, mediante visita medica collegiale;

4. audizione dell’impiegato da parte del Consiglio di amministrazione.

La decisione annullava l’atto di dispensa per essere lo stesso stato adottato senza l’osservanza del procedimento sopra descritto, e, in particolare, senza previa proposta di dispensa, audizione dell’interessato, e visita medica.

1.2. Con tre successivi ricorsi al T.A.R. della Campania, il dipendente chiedeva l’esecuzione del giudicato di annullamento, deducendo:

con il primo ricorso, che l’Amministrazione era rimasta inerte dopo il giudicato;

con il secondo ricorso, che l’Amministrazione aveva reiterato il provvedimento di dispensa, previa nuova visita medica volta ad accertare lo stato di salute <<ora per allora>>, mentre invece avrebbe dovuto provvedere alla ricostruzione giuridica ed economica della carriera del dipendente;

con il terzo ricorso, che contraddittoriamente era stato notificato il d.m. 18 novembre 1987 relativo all’utilizzazione del dipendente.

1.3. Il T.A.R. Campania – Napoli, sez. II, con sentenza 10 agosto 1999, n. 2245, accoglieva i tre ricorsi, previa riunione degli stessi, ritenendo che l’Amministrazione non avesse dato corretta esecuzione al giudicato del 1994.

Ad avviso del T.A.R., dal giudicato discenderebbe l’obbligo, per l’Amministrazione, di provvedere alla ricostruzione giuridica ed economica della posizione del dipendente, e di rinnovare l’intero procedimento di dispensa;
per l’effetto, il T.A.R. ha ordinato all’Amministrazione di procedere alla piena ricostruzione giuridica ed economica del rapporto di impiego, con corresponsione delle differenze stipendiali, con interessi e rivalutazione monetaria.

1.4. Contro tale pronuncia proponeva appello l’Amministrazione, deducendo che:

i ricorsi di primo grado sarebbero stati inammissibili, perché rivolti avverso atti preparatori, non avendo l’Amministrazione mai adottato un nuovo provvedimento di dispensa;

il giudicato n. 468 del 1994 imporrebbe solo di reiterare il procedimento di dispensa con l’osservanza di specifiche garanzie procedimentali, ma non imporrebbe anche di ricostruire la posizione giuridica ed economica del dipendente;

l’Amministrazione correttamente accerterebbe le condizioni di salute del dipendente alla data del primo provvedimento di dispensa, vale a dire giugno 1988, anziché con riferimento alla data attuale.

Parte appellata con memoria ha puntualmente replicato all’appello, ribadendo le censure articolate in primo grado.

1.5. Il Consiglio di Stato, con decisione della sezione VI, 3 aprile 2002, n. 1831, di cui oggi si chiede l’ottemperanza, riteneva che l’appello dell’Amministrazione fosse parzialmente fondato.

Osservava, in particolare, che, in virtù del giudicato del 1994, l’Amministrazione potesse rieditare il provvedimento annullato in sede giurisdizionale, purché emendato dai vizi formali che lo inficiavano.

Aggiungeva, tuttavia, che <<il potere di rinnovare l’atto, ripulito dai vizi formali, implica anche che i presupposti sostanziali dell’atto medesimo vanno accertati con riferimento alla data dell’originario provvedimento: è pertanto corretta la scelta dell’amministrazione, nel caso di specie, di accertare le condizioni di salute del dipendente con riferimento alla data dell’originario provvedimento di dispensa. Ove, tuttavia, non risulti possibile accertare le condizioni di salute alla data dell’originario provvedimento di dispensa, l’amministrazione è tenuta a riassumere in servizio il dipendente, salva l’adozione di una nuova dispensa con decorrenza dalla data da cui risultino le condizioni per la stessa. Per il periodo intercorrente tra riassunzione e nuova dispensa sono dovuti gli emolumenti arretrati, con interessi e rivalutazione, e detratto quanto eventualmente aliunde perceptum dall’interessato>>, e che <<si deve però considerare che non risulta, dagli atti di causa, che l’amministrazione abbia osservato, nel reiterare il procedimento di dispensa, tutte le modalità procedimentali richieste dal giudicato.

Ne consegue che l’appello merita parziale accoglimento, e, per l’effetto, va dichiarato che in forza del giudicato l’amministrazione è tenuta a rinnovare il procedimento di dispensa, accertando ora per allora le condizioni di salute del dipendente alla data del giugno 1988;
solo in via eventuale, ove risultino insussistenti i presupposti per la dispensa, dovrà provvedere alla ricostruzione della posizione giuridica ed economica del dipendente>>.

2. Con il presente ricorso il sig. Avitabile lamenta che l’Amministrazione non ha dato corretta esecuzione a tale pronuncia.

Osserva che con provvedimento 12 dicembre 2003, n. 11564/2003/C1, l’Amministrazione ha comunicato di essere impossibilitata a reiterare la dispensa emendata dai vizi formali che la inficiavano, non essendo stato possibile accertare ora per allora e valutare l’idoneità o l’inidoneità psico – fisica all’impiego del dipendente all’epoca dell’originaria dispensa.

Lamenta il ricorrente che a seguito di tale provvedimento l’Amministrazione avrebbe dovuto, in virtù del giudicato, adottare i consequenziali provvedimenti, vale a dire la riassunzione e la corresponsione degli emolumenti arretrati.

Il ricorrente chiede inoltre la condanna dell’Amministrazione al pagamento di una somma di euro 100.000 a titolo di provvisionale, e la nomina di commissario ad acta per dare esecuzione al giudicato.

2.1. L’Amministrazione resistente eccepisce che non è stato possibile accertare <<ora per allora>>
la inidoneità psico - fisica del dipendente all’epoca dell’originaria dispensa, avendo la competente commissione medica ritenuto inidonee le certificazioni mediche acquisite all’epoca dei fatti;
e che tuttavia in data 22 gennaio 2004 la commissione medica accertava la inidoneità fisica al servizio del sig. Avitabile alla data del 22 gennaio 2004.

Osserva l’amministrazione che con decreto 16 marzo 2004, n. 1133, è stata definita la posizione del prof. Avitabile.

3. In via pregiudiziale il Collegio osserva che è infondata l’eccezione, avanzata dall’Amministrazione, di nullità del ricorso per ottemperanza per difetto di procura alle liti, in quanto l’originale del ricorso reca regolare procura alle liti rilasciata a margine della prima facciata.

4. Osserva il Collegio che l’Amministrazione non ha ancora dato piena e puntuale esecuzione al giudicato.

4.1. Il giudicato infatti impone di rinnovare ora per allora il procedimento di dispensa, emendandolo dai vizi formali, e considerando, ora per allora, lo stato di salute del dipendente all’epoca dell’originario provvedimento. Ove non sia possibile ricostruire le condizioni di salute all’epoca dei fatti, l’Amministrazione, in virtù del giudicato, è tenuta a riassumere in servizio il dipendente, corrispondendogli gli emolumenti arretrati, salva la possibilità di nuova dispensa con decorrenza dalla data in cui ne ricorrono i presupposti.

Va detratto quanto eventualmente aliunde perceptum, con onere della prova a carico dell’Amministrazione.

4.2. Nel caso specifico, l’Amministrazione non ha compiuto tutti i possibili accertamenti atti a dimostrare la idoneità o inidoneità fisica-psichica del dipendente alla data della originaria dispensa, mentre ha accertato la inidoneità alla data del 22 gennaio 2004.

L’Amministrazione è pertanto tenuta a riconvocare il ricorrente e a compiere tutti i necessari accertamenti secondo il procedimento rispettoso del contraddittorio indicato, per acclarare quali fossero le condizioni di salute alla data dell’originario provvedimento di dispensa.

Il ricorrente dal canto suo è tenuto a fornire tutta la necessaria collaborazione, producendo tutta la documentazione medica in suo possesso che lo riguarda, e che si riferisce al periodo 1988-2004.

A tale adempimento l’Amministrazione provvederà entro novanta giorni decorrenti dalla comunicazione o, se anteriore, notificazione della presente pronuncia.

4.3. Resta chiaro che l’Amministrazione non poteva, esulando dai limiti del giudicato, rifiutare la riassunzione in base all’argomento, del tutto nuovo e mai dedotto durante le precedenti esecuzioni del giudicato, del mancato superamento del periodo di prova da parte del dipendente nel 1984.

Invero, come questo Consesso ha già statuito <<deve escludersi che ogni questione insorta dopo la formazione del giudicato e in esecuzione dello stesso vada sottoposta al vaglio del giudice dell’ottemperanza, e tuttavia occorre che la controversia fra l’Amministrazione e l’amministrato trovi ad un certo punto una soluzione definitiva, e dunque occorre impedire che l’Amministrazione proceda più volte all’emanazione di nuovi atti, in tutto conformi alle statuizioni del giudicato, ma egualmente sfavorevoli al ricorrente, in quanto fondati su aspetti sempre nuovi del rapporto, non toccati dal giudicato: il punto di equilibrio va determinato imponendo all’Amministrazione – dopo un giudicato di annullamento da cui derivi il dovere o la facoltà di provvedere di nuovo – di esaminare l’affare nella sua interezza, sollevando, una volta per tutte, tutte le questioni che ritenga rilevanti, dopo di ciò non potendo tornare a decidere sfavorevolmente neppure in relazione a profili non ancora esaminati>>
(C. Stato, V, 6 febbraio 1999, n. 134;
in termini anche C. Stato, IV, 5 agosto 2003, n. 4539).

Nel caso specifico, dopo il primo giudicato favorevole all’odierno ricorrente, l’Amministrazione ha già una volta dato esecuzione (ritenuto poi illegittima) a tale giudicato, e in quella sede aveva il dovere di esaminare l’affare nella sua interezza. Nella sede odierna, in cui si disputa della seconda esecuzione dell’originario giudicato, l’Amministrazione non può esaminare questioni nuove, quale è quella del mancato superamento del periodo di prova, non toccate in sede di prima esecuzione del giudicato.

4.4. Non può invece essere accolta la domanda di condanna dell’Amministrazione al pagamento di una provvisionale di euro 100.000, avanzata dal ricorrente.

Difettano, infatti, i presupposti di legge.

Dispone, infatti, l’art. 8, co. 2, l. n. 205/2000, che nel processo amministrativo <<nelle controversie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, aventi a oggetto diritti soggettivi di natura patrimoniale, il tribunale amministrativo regionale, su istanza di parte, dispone in via provvisionale, con ordinanza provvisoriamente esecutiva, la condanna al pagamento di somme di denaro quando, in ordine al credito azionato, ricorrono i presupposti di cui agli articoli 186– bis e 186 –ter del codice di procedura civile>>.

Nel caso specifico, pur vertendosi nell’ambito della giurisdizione esclusiva sul pubblico impiego (controversia anteriore al 30 giugno 1998) e pur vertendosi in tema di diritti soggettivi di natura patrimoniale (emolumenti arretrati), mancano i presupposti di cui agli articoli 186 bis e 186 ter c.p.c.

Infatti, l’art. 186 bis c.p.c. consente la condanna provvisionale per <<le somme non contestate>>: nel caso di specie c’è invece contestazione da parte dell’Amministrazione resistente.

L’art. 186 ter, a sua volta, consente una ordinanza che ingiunge il pagamento, quando ricorrono i presupposti per il decreto ingiuntivo (artt. 633 e 634 c.p.c.): nel caso specifico, difetta il presupposto del carattere <<liquido>>
del credito, in quanto gli emolumenti arretrati vanno quantificati previa complessa attività di elaborazione.

Infine, l’art. 8, co. 2, l. n. 205/2000, non richiama, nel processo amministrativo, l’art. 186 quater, che consente l’ordinanza di condanna al pagamento delle somme accertate, a seguito della istruzione della causa.

In conclusione, l’art. 8, co. 2, l. n. 205/2000, nel prevedere le ordinanze provvisionali nel processo amministrativo, richiama solo l’art. 186 bis e l’art. 186 ter c.p.c., e non anche l’art. 186 quater: ne consegue che nell’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in relazione alle controversie relative a diritti soggettivi di natura patrimoniale, sono ammissibili le ordinanze provvisionali relative a somme non contestate (art. 186 bis) e le ordinanze ingiuntive se ricorrono i presupposti per il decreto ingiuntivo (art. 186 ter), mentre non sono ammesse le ordinanze provvisionali per le somme accertate in giudizio a seguito di istruttoria (art. 186 quater).

5. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in euro 2.000 (duemila).

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