Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-12-03, n. 201008502
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N. 08502/2010 REG.SEN.
N. 00676/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 676 del 2004, proposto da C P e F M, rappresentati e difesi dagli avv.ti R R, D F ed A G ed elettivamente domiciliati presso lo studio del terzo, in Roma, via Collina, 36:
contro
Comune di Bologna, in persona del Sindaco p.t., costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dagli avv.ti A C C, G C e G S R ed elettivamente domiciliato presso lo studio del terzo, in Roma, via Orti della Farnesina, 126;
Dirigente del Settore Tecnico del Comune di Bologna, non costituitosi in giudizio;
per la riforma della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA – BOLOGNA - SEZIONE I n. 02584/2002, resa tra le parti, concernente ORDINE DI DEMOLIZIONE FABBRICATO REALIZZATO ABUSIVAMENTE.
Visto il ricorso, con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Bologna;
Visto che non si è costituito in giudizio il Dirigente intimato;
Vista la memoria prodotta dagli appellanti a sostegno delle loro domande;
Vista la decisione parziale n. 2844/2010;
Visti gli atti tutti della causa;
Data per letta, alla pubblica udienza del 15 ottobre 2010, la relazione del Consigliere Salvatore Cacace;
Uditi, alla stessa udienza, l’avv. A G per gli appellanti e l’avv. G S R per il Comune;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. – La sentenza impugnata, riunitili :
- ha dichiarato improcedibile il ricorso n. 648/2000 proposto dagli odierni appellanti per l’annullamento del provvedimento P.G. n. 20330 emanato in data 14 febbraio 2000 dal Comune di Bologna, a firma del Direttore del Settore Territorio e Riqualificazione Urbana, con cui è stato loro ordinato di demolire le opere realizzate in assenza di concessione, di cui agli interventi edilizii eseguiti nell’area sita in via Cavriola, 8 – zona vincolata dalla legge n. 1497/1939, consistenti in un manufatto in mattoni, poggiato su una superficie di cemento armato, con tetto a falde in legno e coppi e delle dimensioni di mt. 13,50 x 5,50 con altezza da un massimo di mt. 3,30 ad un minimo di mt. 2,50;
- ha respinto il ricorso R.G. n. 748/2001, dagli stessi proposto per l’annullamento della nota P.G. n. 79704/00 in data 19 febbraio 2001 del Responsabile dell’U.I. Edilizia del Comune di Bologna, con la quale è stato escluso che la documentazione dagli stessi prodotta in data 2 ottobre 2000 P.G. n. 146829/00 nel procedimento avviato con la richiesta di riesame ed annullamento della precedente pronuncia P.G. n. 79704/2000 in data 4 agosto 2000 ( di archiviazione della domanda di concessione edilizia in sanatoria presentata in data 23 maggio 2000 per le opere di cui alla citata ordinanza di demolizione ) potesse ritenersi “idonea al riesame della concessione a sanatoria 79704/00 ed [ al ] … riavvio del procedimento conclusosi, per incompletezza della documentazione …” e ciò in quanto dall’esame della detta documentazione ( fotografia aerea dell’Istituto Geografico Militare di Firenze risalente al luglio 1954 ) “non è possibile distinguere la sagoma di alcun fabbricato in prossimità di Via Cavriola 8”.
La pronuncia impugnata ha, in particolare:
- ritenuto il primo ricorso “improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse in relazione alla circostanza che, successivamente alla proposizione del medesimo, la parte ricorrente ha presentato istanza di sanatoria ex art. 12 legge n. 47/1985 (in data 17.5.2000) impugnandone l’esito negativo con il ricorso R.G. 718/2001” ( pag. 6 sent. );
- respinto il secondo gravame, rilevando come, dalla verificazione disposta “circa la rilevabilità o meno della costruzione in controversia nella fotografia aerea esibita al Comune dai ricorrenti … non si traggono elementi a suffragio della esistenza all’epoca del manufatto in controversia” (pagg. 5 – 6 sent.), così respingendo “le censure, di cui al primo ed al terzo motivo, centrate sulla asserita preesistenza del manufatto ad uso agricolo all’introduzione dell’obbligo di dotarsi del titolo abilitativi prescritto per ogni genere di intervento edilizio;preesistenza prospettata dai ricorrenti al fine di sostenere che l’intervento edilizio di cui si chiedeva la sanatoria era conforme alle prescrizioni urbanistiche in quanto effettuato su un immobile non abusivo e limitato ad un’opera di ristrutturazione consentita dall’art. 83 NTA vigenti”, a cui peraltro, secondo il T.A.R., l’intervento edilizio controverso non sarebbe conforme, atteso che “se tale disposizione consente ai proprietari di immobili residenti nei medesimi opere di ristrutturazione edilizia, nel caso di specie tali condizioni non sono presenti trattandosi di un locale già ad uso agricolo e per il quale, invece, alcuni elementi quali la predisposizione di un impianto di riscaldamento farebbero pensare ad un cambio di destinazione non consentito” ( pag. 7 sent. ).
2. – Gli appellanti, originarii ricorrenti, contestano la pronuncia del tribunale amministrativo regionale censurando entrambe le statuizioni contenute nella sentenza impugnata e ripropongono, sviluppandoli, gli argomenti esposti in primo grado.
Resiste al gravame, con articolata memoria di costituzione, il Comune di Bologna, mentre non si è costituito in giudizio l’intimato Dirigente del Settore Tecnico del Comune.
Con “brevi note” in data 30 marzo 2010 gli appellanti ribadiscono come il fabbricato, oggetto dei provvedimenti impugnati in primo grado, sia stato “considerato erroneamente nuova costruzione”, quando invece era “esistente in realtà fin dagli anni ‘50”, del che essi asseriscono d’aver dato prova sia con dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà prodotte in giudizio, sia mediante la produzione ( già in sede di procedimento amministrativo ) “di una fotografia aerea risalente all’epoca”, la valutazione tecnica della quale, demandata dal T.A.R. all’ufficio regionale con apposita Ordinanza istruttoria, è stata effettuata “senza consentire la partecipazione della parte ricorrente”, donde “la nullità dell’elaborato”, sul quale il Giudice di primo grado ha fondato il suo convincimento per respingere le censùre da essi basate sulla tesi della preesistenza del manufatto.
All’ésito della chiamata e trattazione della causa alla udienza pubblica del 13 aprile 2010 la Sezione, con decisione parziale n. 2844/2010:
- ha respinto l’appello quanto all’impugnativa della sentenza di primo grado, nella parte in cui ha dichiarato improcedibile il ricorso di primo grado n. 648/2000 e, per l’effetto, ha confermato in parte qua, nei sensi di cui alla motivazione della decisione stessa, la sentenza impugnata;
- venendo al secondo capo della sentenza gravata ( con il quale, come s’è visto, il tribunale amministrativo regionale ha respinto il ricorso di primo grado n. 718/2001 proposto contro la comunicazione del Comune di inidoneità della documentazione fotografica dagli odierni appellanti presentata in data 19 settembre 2000 - ad integrazione dell’istanza in data 8 settembre 2000 di riesame ed annullamento della precedente pronuncia in data 4 agosto 2000 di archiviazione della domanda di sanatoria ex art. 13 l. n. 47/1985 prodotta in data 17 maggio 2000 - “al riesame della concessione a sanatoria 79704/00” ed al “riavvio del procedimento conclusosi per incompletezza della documentazione” ), il Collegio, preliminarmente “rilevato che non è contestata dal Comune ( che sul punto avrebbe dovuto utilmente proporre appello incidentale ) la prospettiva, in cui si pone il Giudice di primo grado, che considera (implicitamente ma chiaramente) detta nota come provvedimento di diniego esplicito della richiesta di sanatoria ex art. 13 cit. a suo tempo avanzata dai ricorrenti e non come atto meramente confermativo del precedente atto di archiviazione avente valore di atto soprassessorio interruttivo dell’iter procedimentale avviato”, ha ritenuto fondata la censura formulata con l’atto d’appello di “violazione del principio del contraddittorio e quindi di nullità dell’elaborato peritale posto dal Giudice di primo grado a base delle sue conclusioni” e, considerata la “non equivoca manifestazione di volontà, da parte degli appellanti, di devolvere il riesame dell’attività svolta in primo grado in relazione all’istruttoria ivi dagli stessi richiesta”, ha disposto “il rinnovo della verificazione già disposta in primo grado (concernente l’esame ed il significato, per quanto rilevante ai fini di causa, estraibile dal documento che il Comune ha posto a base del contestato diniego di sanatoria e pertanto certamente rilevante ai fini della verifica della correttezza del presupposto dell’inesistenza del manufatto alla data della ripresa aerea, dal Comune assunto a base della sua determinazione), da effettuarsi da parte del Comandante dell’Istituto Geografico Militare di Firenze ( o da idoneo delegato da lui prescelto ), a disposizione del quale il Comune appellato metterà a disposizione la fotografia in suo possesso, nonché gli altri documenti richiamati nell’impugnata comunicazione del 19 febbraio 2001, nel términe di trenta giorni dalla data di ricezione della comunicazione in via amministrativa della presente decisione, nei seguenti términi: esamini l’Istituto, avvalendosi delle migliori risorse tecniche ed umane a sua disposizione e consentendo la partecipazione ed il contraddittorio delle parti, la documentazione relativa allo stato dei luoghi risultante dalla foto aerea del volo IGM del 6 luglio 1954 e dica, raffrontando se del caso le risultanze di detto materiale con quelle di foto aeree degli stessi luoghi scattate in anni successivi messe a disposizione dalle parti in causa nello stesso termine di cui sopra, se siano rilevabili dalla stessa la presenza di un manufatto edilizio nella zona corrispondente all’odierna via Cavriola, 8 in Bologna e, in caso affermativo e per quanto possibile, le relative caratteristiche e dimensioni”.
L’I.G.M., concludeva la citata decisione, effettuerà il predetto incombente istruttorio “entro novanta giorni dalla data di ultima acquisizione, per effetto degli adempimenti posti dalla presente decisione a càrico delle parti in causa, del materiale di cui sopra”.
Rinviata con la decisione stessa l’ulteriore trattazione della causa alla udienza pubblica del 15 ottobre 2010, è pervenuta alla Sezione, in data 18 giugno 2010, nota in data 11 giugno 2010 del Comandante dell’Istituto Geografico Militare, recante la disposizione di effettuazione della richiesta perizia di interpretazione aerofotogrammetrica “da parte del Capo Reparto Produzione di questo Istituto, Col Co. Ing. A M, coadiuvato dal Coll. Cartografico Massimo PECCI”, nonché l’invito al Comune di Bologna ad inviare all’Istituto “nei termini e nei modi previsti dalla suddetta decisione interlocutoria, tutta la documentazione in essa indicata”.
In data 27 settembre 2010 è stato depositato il verbale della verificazione effettuata dall’Istituto Geografico Militare in data 13 settembre 2010, in esecuzione di quanto disposto con la citata decisione interlocutoria n. 2844/2010.
All’udienza pubblica del 15 ottobre 2010 la causa è stata nuovamente chiamata e trattenuta in decisione.
3. - Rileva il Collegio che, sulla base degli ésiti della disposta perizia, il primo ed il terzo motivo del ricorso di primo grado n. 718/2001, riproposti in uno con puntuali critiche al capo della sentenza impugnata che lo ha respinto, risultano infondati.
Premesso, invero, che deve ribadirsi la valutazione di rilevanza di tale incombente istruttorio già espressa con la predetta decisione ( amplissima essendo la discrezionalità del Giudice nell’esercizio dei proprii poteri istruttorii una volta che la parte abbia quanto meno allegato un principio di prova, come in concreto appunto allegato dagli odierni appellanti già in sede di procedimento amministrativo col fondare la tesi della “preesistenza del manufatto quanto meno a far tempo dal 1953” anche sulla fotografia da essi dichiaratamente reperita all’Istituto Geografico Militare ), le risultanze della disposta verificazione, ch’è stata correttamente espletata garantendo la partecipazione delle parti e dei loro consulenti alle operazioni di verificazione, depongono inequivocamente ( anche alla luce dell’assenza di contestazioni da parte del consulente degli appellanti agli esiti della verificazione stessa ) per l’inesistenza, alla data del 6 luglio 1954, del manufatto edilizio, che, secondo le tesi di ricorso, sarebbe “antecedente lo strumento urbanistico entrato in vigore al finire degli anni ‘50” ( pag. 17 app. ), sì da rendere possibile la configurazione, secondo le stesse tesi, dell’intervento di cui alla richiesta sanatoria non come nuova costruzione ( inibita nella zona de qua dalla normativa urbanistica ) ma come ristrutturazione di un manufatto “legittimo” in quanto realizzato in epoca in cui “non esisteva ancora la disciplina urbanistica che imponeva la necessità di un titolo abilitativo per la costruzione di simili manufatti” (pag. 12 app.).
A fronte di siffatto accertamento non può poi assumere diverso valore concludente la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà resa dal sig. Franco Olivia ( che ha dichiarato l’esistenza del manufatto “sin dagli anni 1953” ), trattandosi di prove rimesse al prudente apprezzamento del Giudice a norma dell’art. 116, comma 1, cod. proc. civ. ( v. anche l’art. 64, comma 4, c.p.a. ), delle quali la seconda deve ritenersi, ad avviso del Collegio, con tutta evidenza recessiva rispetto al carattere di oggettiva scientificità degli ésiti della effettuata verificazione in contraddittorio.
Sulla base degli effettuati accertamenti tecnici si deve dunque concludere per l’inesistenza ( o comunque per la mancata prova dell’esistenza ) del fabbricato de quo in data antecedente a quella a partire dalla quale ( l’entrata in vigore del P.R.G. del Comune di Bologna del 1958 ), a voler seguire le stesse tesi dei ricorrenti, “è stata imposta la necessità di un provvedimento abilitativo sindacale” ( pag. 12 app. );circostanza, questa, che pertanto del tutto correttamente il Comune di Bologna ha posto a base dell’impugnato diniego di riesame, già dal T.A.R. incontestatamente qualificato, come pure già messo in evidenza dalla citata decisione interlocutoria, come provvedimento di diniego della richiesta di sanatoria ex art. 13 legge n. 47/1985 a suo tempo avanzata dai ricorrenti.
Avendo peraltro il Comune irreprensibilmente valutato l’insussistenza di uno dei requisiti necessarii al rilascio della sanatoria stessa ( e cioè la legittima esistenza di un precedente fabbricato in loco sin dagli anni ’50, che sola avrebbe eventualmente consentito di qualificare i lavori cui si riferisce la richiesta in questione come opere di ristrutturazione ), risulta poi del tutto ininfluente, ai fini della decisione, la questione, pure presa in esame dal T.A.R., della qualificabilità o meno come opere di ristrutturazione di opere, quali quelle di cui si tratta, che “farebbero pensare ad un cambio di destinazione non consentito” dalla normativa tecnica di piano per un locale già ad uso agricolo (pag. 7 sent.);tràttasi, invero, di questione, di cui non si fa menzione ( correttamente, giacché la sua risoluzione presuppone l’intervenuto accertamento della preesistenza “di un locale già ad uso agricolo” legittimamente realizzato, che invece l’impugnato provvedimento del 19 febbraio 2001 come s’è visto legittimamente esclude ) nel provvedimento stesso, sì che essa esula dall’àmbito di cognizione del giudizio di legittimità instaurato col ricorso di primo grado avverso lo stesso proposto e la relativa statuizione resa dal T.A.R. deve ritenersi pronunciata incidenter tantum e dunque priva di qualsiasi rilevanza ai fini del decisum.
4. – Diversa sorte mérita invece l’ulteriore statuizione del contestato provvedimento, secondo cui “i provvedimenti sanzionatori di competenza di questo Servizio, permangono in essere”.
Conformemente, infatti, a quanto dedotto dai ricorrenti con il secondo motivo del ricorso di primo grado puntualmente riprodotto in appello con censure sul punto alla sentenza impugnata, tale determinazione si pone in netto contrasto col principio ( peraltro enunciato anche nel presente giudizio dal Giudice di primo grado nel dichiarare improcedibile il ricorso R.G. n. 648/2000 proposto avverso il precedente provvedimento sanzionatorio e poi condiviso da questo Giudice d’appello con la sentenza parziale n. 2844/2010 ), secondo cui il riesame dell'abusività dell'opera provocato dall'istanza di sanatoria determina la necessaria formazione di un nuovo provvedimento ( nella fattispecie, come s’è visto, di rigetto tacito ), che vale comunque a rendere inefficace il provvedimento sanzionatorio in precedenza emanato;in tal caso, infatti, l’Amministrazione dovrà emanare un nuovo provvedimento sanzionatorio, disponendo nuovamente la demolizione dell’opera edilizia ritenuta abusiva, con l’assegnazione di un nuovo termine per adempiere ( Cons. St., VI, 12 novembre 2008, n. 5646 ).
5. – L’appello (e, conseguentemente, il ricorso di primo grado) va in conclusione accolto, in riforma parziale della sentenza impugnata, limitatamente al capo del provvedimento oggetto del giudizio, che, all’ésito del diniego esplicito di sanatoria, stabilisce il permanere dell’efficacia dell’originario provvedimento repressivo.
Le spese del doppio grado di giudizio, alla luce della reciproca parziale soccombenza, possono essere integralmente compensate fra le parti.
Vanno invece poste a càrico dei ricorrenti, risultati sul punto soccombenti, le spese della disposta verificazione effettuata dall’Istituto Geografico Militare in grado di appello, che vanno liquidate nella misura indicata in dispositivo.