Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2015-01-29, n. 201500400
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N. 00400/2015REG.PROV.COLL.
N. 04344/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4344 del 2010, proposto dal signor G P, rappresentato e difeso dall'avvocato G A, con domicilio eletto presso G Sarritzu in Roma, piazza Enrico Fermi, 32
contro
Regione Autonoma Sardegna, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati A C e S T, con domicilio eletto presso l’Ufficio della Regione Autonoma Sardegna in Roma, Via Lucullo, 24;
Agenzia del Demanio;
Comune di Cagliari, in persona del sindaco, legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato F F, con domicilio eletto presso N G in Roma, Via Postumia, n. 1
per la riforma della sentenza del T.A.R. della Sardegna, Sezione I, n. 1272/2009
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Autonoma Sardegna e del Comune di Cagliari;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2014 il Cons. C C e udito l’avvocato Giancaspro per delega dell’avvocato Frau;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue
FATTO
L’appellante signor G P riferisce di essere titolare di una concessione di suolo pubblico stagionale con relativa autorizzazione di tipo “A” ( i.e .: su posteggio dato in concessione dalla competente autorità amministrativa) rilasciata dal Comune di Cagliari con atto in data 18 luglio 2005.
L’autorizzazione in parola era stata rilasciata all’odierno appellante per l’esercizio decennale del commercio su area pubblica dal Comune di Cagliari (si tratta di un’area sita in località Marina Piccola - lato entrata windsurf - di mq. 10 per il settore alimentare) al fine di posizionare il proprio carrello mobile per il periodo di validità iniziale dal 1° agosto 2005 al 30 settembre 2005 e, successivamente, dal 1° giugno al 30 ottobre di ogni anno.
A seguito di segnalazione della polizia municipale, il servizio attività produttive del Comune, con nota in data 21 novembre 2005, comunicava al ricorrente che per la successiva stagione, il posteggio sarebbe stato spostato di circa trenta metri in direzione lungomare Poetto.
A seguito di corrispondenza intercorsa tra ricorrente e Comune, è stata emessa un’ordinanza da parte del dirigente del servizio edilizia privata con la quale è stata ingiunta la demolizione delle opere di realizzazione del chiosco ed il ripristino della situazione originaria.
Avverso tale ordinanza ricorreva il sig. P ed otteneva dal T.A.R. della Sardegna l’ordinanza di sospensiva n. 63/2007.
A seguito della nota dell’Agenzia del Demanio del 30 gennaio 2008 indirizzata al ricorrente e alla Regione, il signor P apprendeva di aver collocato il carrello su un’area appartenente al Demanio marittimo. Ciò ha comportato la corresponsione di una somma per l’occupazione senza titolo.
Il Comune di Cagliari, quindi, invitava la Regione autonoma della Sardegna e l’Agenzia del Demanio a “ procedere al rilascio di un titolo valido per l’utilizzo dell’area in questione, che possa garantire l’utente terzo in buona fede”. Ad avallare tale richiesta il Comune precisava che “questo servizio, infatti, nella convinzione risultata erronea che l’area in questione rientrasse tra quelle in concessione al Comune di Cagliari ha rilasciato un titolo per l’esercizio decennale del commercio su area pubblica ”.
La Regione autonoma della Sardegna, con il provvedimento in data 23 luglio 2008 (fatto oggetto del ricorso di primo grado) negava il rilascio del titolo concessorio, osservando che “ ai sensi dell’art. 19 delle Direttive allegate alla Deliberazione della Giunta Regionale n. 29/15 del 22.5.08 è sospeso il rilascio di nuove concessioni sino all’adozione dei Piani di Utilizzo dei Litorali di competenza dell’amministrazione comunale ex artt. 40 e 41 LR 12.6.06, n. 9 ”.
Il provvedimento regionale di rigetto veniva impugnato dal signor P dinanzi al T.A.R. della Sardegna (ricorso n. 900/2008) il quale con la sentenza in epigrafe respingeva il ricorso ritenendolo infondato.
La sentenza in parola è stata impugnata in appello dal medesimo signor P il quale ne ha chiesto l’integrale riforma articolando plurimi motivi di doglianza.
Si è costituito in giudizio il Comune di Cagliari il quale ha concluso nel senso dell’inammissibilità, dell’improponibilità o dell’infondatezza dell’appello
Si è altresì costituita in giudizio la Regione Sardegna la quale ha a propria volta concluso nel senso dell’infondatezza dell’appello.
Con ordinanza n. 4220/2014 (resa all’esito delle camere di consiglio del 27 maggio e del 31 luglio 2014) il Collegio disponeva il rinvio a una nuova udienza pubblica
Alla pubblica udienza del 4 dicembre 2014 il ricorso è stato trattenuto in decisione
DIRITTO
1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dal signor P (che esercita l’attività ambulante di vendita di alimentari su carrello mobile nell’ambito del territorio comunale di Cagliari) avverso la sentenza del T.A.R. della Sardegna con cui è stato respinto il ricorso da lui proposto avverso il provvedimento con cui la regione Sardegna ha dichiarato non assentibile la richiesta di rilascio di una concessione demaniale marittima al fine di proseguire l’attività di vendita.
2. Con il primo motivo di appello, il signor P chiede la riforma della sentenza in epigrafe per la parte in cui ha respinto il motivo di ricorso di primo grado fondato sull’omessa comunicazione di avvio del procedimento conclusosi con l’adozione del provvedimento regionale di diniego impugnato in primo grado.
Sotto tale aspetto l’appellante lamenta l’erroneità della sentenza per la parte in cui i primi Giudici hanno affermato che la mancata comunicazione di avvio non sortisse effetto invalidante ai sensi dell’articolo 21- octies , secondo comma, della l. 241 del 1990, trattandosi di provvedimento a contenuto vincolato.
2.1. Il motivo è fondato.
Al riguardo l’appellante ha correttamente osservato che la sentenza in epigrafe risulti in parte qua fondata sul presupposto – in sé non condivisibile – secondo cui il provvedimento regionale negatorio della possibilità di rilascio di nuove concessioni demaniali marittime nelle more dell’adozione dei Piani comunali di utilizzo dei litorali presentasse carattere vincolato.
In realtà, l’esame degli atti di causa consente di pervenire a conclusioni ben diverse.
Ed infatti, il ritenuto carattere di vincolatività resta escluso proprio in base all’articolo 19 della delibera della Giunta regionale della Sardegna n. 29/15 del 22 maggio 2008 recante ‘ Direttive per la redazione del Piano di Utilizzo dei Litorali e l'esercizio delle funzioni amministrative in materia di demanio marittimo e di zone del mare territoriale ’ (si tratta proprio dell’atto regionale invocato dai primi Giudici a supporto della tesi ostativa alle ragioni dell’odierna appellante).
Si deve rinviare al prosieguo della presente decisione la questione relativa alla stessa applicabilità al caso di specie del contenuto delle richiamate ‘ direttive’ .
Si deve qui affermare, invece, che risultano certamente rilevanti ai fini della presente decisione le previsioni di cui ai primi tre commi dell’articolo 19 delle ‘ direttive’ .
Ed infatti:
- se, per un verso, il primo comma dell’articolo 19, cit. ha stabilito che “ sino all’ adozione e approvazione del Piano di Utilizzo del Litorale, il rilascio di nuove concessioni sul demanio marittimo è sospeso ”;
- per altro verso, il successivo secondo comma ha stabilito che: “ la Giunta Regionale determinerà con proprio atto i criteri riguardanti le variazioni sostanziali, senza ampliamento di superficie, delle concessioni esistenti, esclusivamente in favore di quelle istanze riguardanti l’adeguamento alle disposizioni vigenti in tema di urbanistica, tutela del paesaggio, sicurezza, accessibilità alle persone con ridotte capacità motorie, ovvero per la realizzazione di servizi igienici, di infermeria, di salvataggio, pronto soccorso e simili ”;
- Il successivo terzo comma ha poi stabilito che “ la Giunta Regionale determinerà inoltre, i criteri per l’eventuale rilascio in deroga di nuove concessioni demaniali marittime ”.
Ne resta, quindi, confermata la tesi dell’appellante secondo cui il provvedimento di diniego impugnato in primo grado non presentasse affatto il carattere vincolato affermato dai primi Giudici, ben essendo possibile – al contrario – ai sensi della pertinente disciplina regionale il rilascio di concessioni in deroga al generalizzato divieto di cui al primo comma dell’articolo 19 delle richiamate direttive.
3. Con il secondo motivo di appello il signor P chiede che la sentenza in epigrafe venga altresì riformata per avere i primi Giudici erroneamente ritenuto che, ai sensi della pertinente disciplina regionale, il rilascio della concessione demaniale per cui è causa spettasse al Comune (trovando in tal senso un impedimento insuperabile nella previsione di cui all’articolo 19 delle più volte richiamate ‘direttive’ regionali) e non alla Regione (la cui competenza resta limitata alle sole ipotesi di cui all’articolo 40 della legge regionale 12 giugno 2006, n. 9 – in tema di ‘ Conferimento di funzioni e compiti agli enti locali ’ -).
Ancora con il secondo motivo l’appellante chiede la riforma della sentenza in epigrafe per la parte in cui ha ritenuto infondato il motivo di ricorso basato sulla circostanza per cui il più volte richiamato articolo 19 non avrebbe dovuto trovare applicazione in quanto la richiesta dell’odierno appellante non ineriva una nuova concessione, bensì la mera regolarizzazione di una situazione già in atto.
Con il terzo motivo l’appellante signor P chiede la riforma della sentenza in epigrafe per la parte in cui ha respinto il motivo di ricorso con cui si era lamentato il vizio di omessa motivazione che viziava il provvedimento regionale di diniego, nonché i vizi di eccesso di potere, contraddittorietà ed irragionevolezza.
3.1. I tre motivi in questione, che possono essere esaminati in modo congiunto, sono meritevoli di accoglimento.
3.1.1. Al riguardo giova premettere che con l’atto impugnato in primo grado il competente Ufficio regionale, muovendo dall’evidente presupposto secondo cui l’eventuale rilascio del titolo concessorio in favore del signor P sarebbe spettato al Comune di Cagliari, è pervenuto alla conclusione che il rilascio in parola non fosse possibile, ostandovi la previsione escludente di cui al più volte richiamato articolo 19 delle ‘ direttive’ regionali del 22 maggio 2008.
Il punto è che l’esame della pertinente disciplina regionale rende palese che il presupposto stesso da cui ha preso le mosse la Regione ( i.e. : la sussistenza della competenza comunale all’eventuale rilascio della concessione demaniale) non fosse condivisibile.
Al riguardo occorre prendere le mosse dalle disposizioni di cui alla legge regionale n. 9 del 2006, cit.
L’articolo 40 della legge in questione (rubricato ‘ Demanio marittimo. Funzioni della Regione ’) stabilisce al comma 1 che “ spetta alla Regione la disciplina e, ai sensi del comma 2 dell'articolo 3, l'adozione degli atti generali di indirizzo per la redazione dei Piani comunali di utilizzazione dei litorali e per il rilascio di concessioni demaniali marittime da parte dei comuni ”. In base a tale disposizione, la regione Sardegna ha adottato le ‘Direttive per la redazione del Piano di Utilizzo dei Litorali e l'esercizio delle funzioni amministrative in materia di demanio marittimo e di zone del mare territoriale’ del 22 maggio 2008.
Il comma 2, dal canto suo, stabilisce che “ spettano inoltre alla Regione [inter alia] b) le concessioni di aree e specchi acquei connessi a strutture portuali di interesse regionale ”.
Il successivo articolo 41 (rubricato ‘ Demanio marittimo. Funzioni dei comuni ’) ha stabilito che “ sono attribuite ai comuni le funzioni in materia di: a) elaborazione ed approvazione dei Piani di utilizzazione dei litorali;b) concessioni, sui beni del demanio marittimo o della navigazione interna, per finalità turistico-ricreative, su aree scoperte o che comportino impianti di facile rimozione;c) le altre funzioni amministrative riguardanti il demanio marittimo ed il mare territoriale non riservate alla Regione o allo Stato ”.
Ebbene, questo essendo il pertinente paradigma normativo primario, si osserva quanto segue:
- la Regione Sardegna, nell’adottare il provvedimento impugnato in primo grado, ha ritenuto (con valutazione condivisa dai primi Giudici) che la competenza all’eventuale rilascio della richiesta concessione demaniale spettasse al Comune ai sensi dell’articolo 41 della legge regionale, ma che ostasse a tale rilascio la prescrizione di cui all’articolo 19 delle richiamate direttive del 2008 (le quali, come detto, hanno disposto la sospensione del rilascio di nuove concessioni fino all’adozione da parte dei Comuni dei ‘ Piani di Utilizzo dei Litorali ’ - PUL);
- al contrario, l’appellante ritiene che la competenza al rilascio della concessione spettasse alla stessa Regione ai sensi dell’articolo 40, comma 2, lettera b ) della legge regionale n. 9 del 2006, cit., trattandosi di installazione destinata ad essere collocata su un’area connessa a una struttura portuale di interesse regionale (l’area portuale della ‘Marina piccola’ di Cagliari).
Ad avviso del Collegio la tesi dell’appellante merita di essere condivisa in quanto l’area su cui il manufatto viene collocato può certamente essere ascritta fra quelle ‘connesse a una struttura portuale di interesse regionale’ per le quali (ai sensi della legge regionale 9 del 2006, articolo 40, comma 2, lettera b )) la competenza all’eventuale rilascio di concessioni spetta alla Regione Sardegna.
A conclusioni del tutto analoghe si perviene avendo riguardo alla previsione dell’articolo 1, comma 4 delle ‘ Direttive’ regionali del 2008, secondo cui “ le presenti direttive non si applicano ai beni del demanio della navigazione interna, del mare territoriale e del demanio marittimo inerenti le strutture portuali di interesse regionale e i beni ad essi annessi ”.
Si osserva al riguardo che, in punto di fatto, l’installazione all’origine dei fatti di causa è destinata ad essere collocata (come nel passato) nell’unica strada di accesso al porticciolo di Marina piccola e in prossimità dell’accesso medesimo. Ciò induce a ritenere che l’area in questione non rientri fra quelle che devono essere disciplinate dal PUL, ma che rientri a pieno titolo – contrariamente a quanto ritenuto dalla Regione e dai primi Giudici – fra quelle ‘ connesse’ o ‘ annesse’ alle strutture portuali di interesse regionale (e tanto, sia dal punto di vista della contiguità spaziale, sia dal punto di vista della continuità funzionale).
3.1.2. Le ragioni sin qui esposte sarebbero di per sé idonee a determinare l’accoglimento dell’appello per avere la Regione Sardegna erroneamente individuato il paradigma normativo applicabile alla vicenda di causa.
Ma anche a ritenere (invero, in base ad una ricostruzione non persuasiva) che la competenza al rilascio dell’invocata concessione spettasse al Comune, non può ritenersi che gli atti di indirizzo contenuti nelle direttive regionali del 2008 potessero legittimamente impedire il rilascio di una concessione temporanea e derogatoria in favore dell’odierna appellante.
Si osserva al riguardo:
- che il Comune di Cagliari (il quale, nella prospettazione che qui viene esaminata, era titolare della potestà autorizzatoria per il commercio su aree pubbliche e della potestà concessoria per l’occupazione del demanio marittimo) aveva già rilasciato nel settembre del 2005 un titolo di durata decennale, operando in modo favorevole all’appellante la sintesi delle valutazioni di propria competenza;
- che, in base ad evidenti ragioni di tutela dell’affidamento incolpevole e di continuità dell’azione amministrativa, non può ritenersi che la mancata adozione del PUL comunale fosse idonea a precludere il rilascio di un titolo concessorio in favore dell’appellante. Si osserva al riguardo che le ragioni ostative al riguardo individuate dalla regione (configurabilità di una ‘nuova concessione’ e vincolo soprassessorio derivante dall’articolo 19 delle ‘ Direttive’ del 2008) risultavano fondate su un approccio marcatamente formalistico. Tale approccio – non condivisibile nel metodo e negli esiti - ha indotto la Regione ad affermare che l’istanza del signor P avesse ad oggetto una ‘nuova concessione’, ma senza tener conto: i ) dell’identità dei soggetti del rapporto; ii ) dell’identità dell’area oggetto dell’istanza; iii ) della preesistenza di un titolo rilasciato in buona fede dal Comune e ricevuto parimenti in buona fede dall’appellante.
Ebbene, posto che le più volte richiamate ‘ Direttive ’ regionali costituiscono atto orientativo dell’esercizio della discrezionalità rimessa all’amministrazione in sede di esame delle istanze concessorie, deve ritenersi che tali linee di indirizzo risultassero effettivamente viziate per i lamentati profili di eccesso di potere ed irragionevolezza laddove hanno prescritto una indifferenziata misura soprassessoria (la sospensione del rilascio e del rinnovo di concessioni demaniali), non ammettendo in alcun modo la valutazione di specifiche e particolari situazioni (come quella all’origine dei fatti di causa), se non previa adozione dei PUL da parte dei singoli comuni o previa adozione dei criteri per l’eventuale rilascio in deroga di concessioni da parte della Giunta regionale.
Anche per tale ragione la sentenza in epigrafe deve essere riformata.
4. Le ragioni sin qui esposte sono di per sé sufficienti a determinare l’accoglimento del ricorso in appello e, con esso, del primo ricorso con conseguente annullamento del provvedimento regionale impugnato in primo grado.
Ciò esime il Collegio dall’esame puntuale del quarto motivo di appello, con cui si è chiesta la riforma della sentenza in epigrafe per avere i primi Giudici omesso di rilevare che il provvedimento impugnato avesse sacrificato l’interesse dell’appellante in assenza di effettive ragioni di pubblico interesse.
Allo stesso modo, le richiamate ragioni esimono il Collegio dall’esame puntuale del motivo di appello con cui si è chiesta la riforma della sentenza in epigrafe per l’omessa pronuncia del motivo di ricorso rubricato ‘ Eccesso di potere per irragionevolezza rispetto a provvedimenti emanati in precedenza e relativi allo stesso oggetto - Violazione di legge per ingiustizia manifesta ex art. 97, Cost. e art. 41, Cost. – Eccesso di potere per illogicità manifesta, per travisamento ed erronea valutazione dei fatti ’.
5. Per le ragioni dinanzi esposte il ricorso in epigrafe deve essere accolto e conseguentemente, in riforma della sentenza in epigrafe, deve essere accolto il primo ricorso con conseguente annullamento del provvedimento regionale in tale occasione impugnato.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.