Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-08-17, n. 202105914

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-08-17, n. 202105914
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202105914
Data del deposito : 17 agosto 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/08/2021

N. 05914/2021REG.PROV.COLL.

N. 07076/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7076 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, nella qualità di esercenti la potestà genitoriale della minore -OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avvocato S M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Istruzione, Liceo Scientifico Statale -OMISSIS-, Ministero dell’Università e della Ricerca, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis) n. 09434/2020, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Istruzione, del Liceo Scientifico -OMISSIS-- Roma e del Ministero dell’Università e della Ricerca;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il Cons. Francesco De Luca nell'udienza pubblica del giorno 8 giugno 2021, svoltasi ai sensi dell'art.25 Decreto Legge 28 ottobre 2020 n. 137 conv. in L. 18 dicembre 2020, n. 176, attraverso l'utilizzo di piattaforma "Microsoft Teams";

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso dinnanzi al Tar Lazio, Roma, gli odierni appellanti hanno impugnato il “ provvedimento di non ammissione alla classe successiva (IV liceo scientifico), ovvero del verbale dello scrutinio finale del 9 giugno 2020 ”, attraverso cui il Consiglio di Classe della -OMISSIS-di Roma, aveva deliberato la mancata ammissione dell’alunna -OMISSIS- alla classe successiva;

A fondamento dell’impugnazione sono stati dedotti:

a) la violazione dell’ordinanza ministeriale n. 11/2020, adottata dal Ministro dell’Istruzione ai sensi dell’art. 1, commi 1 e 2, D.L. n. 22/2020 conv. in L. n. 41/2020, facendosi questione di un’alunna che aveva frequentato l’anno scolastico ed era stata valutata nel primo periodo, tanto da essere stata ammessa allo scrutinio del primo trimestre, con conseguente emersione di sufficienti elementi di valutazione della studentessa e della sua capacità di recupero;

b) l’omessa predisposizione di percorsi didattici personalizzati nonostante la presenza di conclamati bisogni educativi speciali dello studente;

c) l’eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza di motivazione, incongruenza ed illogicità manifeste.

2. Il Tar, a soluzione della controversia, ha rigettato il ricorso, rilevando che la studentessa aveva accumulato 47 giorni di assenza tra settembre e dicembre, era stata presente soltanto due giorni nel periodo successivo, nonché non aveva mai partecipato alla didattica a distanza (DAD) nella fase del lockdown , con conseguente integrazione dell’elemento della persistente “sporadica frequenza”, talora sfociata nella totale assenza.

Peraltro, alcun obbligo di predisposizione di un piano didattico personalizzato poteva sorgere in capo all’Amministrazione scolastica in assenza della propedeutica certificazione dei competenti organismi.

3. I ricorrenti in prime cure hanno appellato la sentenza con l’articolazione di quattro motivi di impugnazione.

4. Le Amministrazioni intimate si sono costituite in giudizio, resistendo all’appello.

5. Le parti appellanti hanno insistito nelle proprie conclusioni con memoria del 10 novembre 2020.

6. La Sezione con ordinanza n. 6626 del 13 novembre 2020 ha accolto l’istanza cautelare articolata dagli appellanti, disponendo il riesame della posizione dell’alunna alla stregua dei criteri conformativi dettati nella parte motiva del provvedimento cautelare.

7. Alla stregua di quanto emergente dal deposito ministeriale del 27 novembre 2020, l’Amministrazione, nella fase di riedizione del potere, ha disposto l’ammissione della studentessa alla classe successiva.

8. Con memoria del 26 aprile 2021 gli appellanti hanno dedotto – anche sulla base di nuovi documenti all’uopo prodotti – la sopravvenuta la carenza di interesse al ricorso in ragione del conseguimento del bene della vita ambito (la promozione), chiedendo la condanna dell’Amministrazione alla refusione delle spese processuali in applicazione del principio della soccombenza virtuale.

9. Le amministrazioni intimate hanno depositato in data 28 aprile 2021 ulteriori documenti concernente il trasferimento dell’alunna -OMISSIS- presso altro Istituto scolastico.

10. La causa è stata trattenuta in decisione nell’udienza dell’8 giugno 2021.

11. Preliminarmente, deve essere esaminata la richiesta degli appellanti di dichiarare, in ragione della sopravvenuta ammissione dell’alunna -OMISSIS- alla classe successiva, la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione sul merito del ricorso.

11.1 La domanda di parte non può trovare accoglimento.

11.2 Posto che i ricorrenti motivano le proprie deduzioni sulla base di atti assunti nel corso del giudizio dall’Amministrazione scolastica, giova verificare, preliminarmente, quando le determinazioni sopravvenute alla proposizione del ricorso possano determinare la sua improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse ovvero la dichiarazione di cessata materia del contendere tra le parti.

All’esito, potrà valutarsi se i fatti dedotti dai ricorrenti siano idonei a consentire l’accoglimento delle richieste articolate nella memoria difensiva del 26 aprile 2021.

11.3 L’inesauribilità del potere amministrativo, persistente in capo alla parte pubblica anche in pendenza del giudizio, pone l’Amministrazione in condizione di riesaminare i provvedimenti censurati in sede giurisdizionale, pervenendo ad una rinnovata regolazione del rapporto sostanziale.

Al fine di ricostruire il regime giuridico delle determinazioni sopravvenute e di verificare gli effetti che tali atti sono suscettibili di produrre sul giudizio pendente, occorre distinguere a seconda che il riesame in sede amministrativa:

- si concluda con un atto favorevole al privato, in quanto idoneo a realizzare l’interesse sostanziale sotteso alla proposizione del ricorso, ovvero dia luogo ad un atto sfavorevole, perché ostativo al conseguimento del bene della vita ambito con l’azione giudiziaria;

- sia imposto da un ordine cautelare emesso in pendenza del giudizio ovvero sia il risultato di una decisione provvedimentale autonomamente assunta dall’Amministrazione procedente.

Al riguardo, di regola, i provvedimenti assunti in corso di giudizio sono idonei a determinare la cessata materia del contendere soltanto ove, autonomamente assunti dall’Amministrazione, determinino la realizzazione piena dell’interesse sostanziale sotteso alla proposizione dell’azione giudiziaria, permettendo al ricorrente in primo grado di ottenere in via amministrativa il bene della vita atteso, sì da rendere inutile la prosecuzione del processo (Consiglio di Stato, sez. V, 13 agosto 2020, n. 5031).

I provvedimenti sopravvenuti determinano, invece, l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, qualora attuino un assetto di interesse inoppugnabile, ostativo alla realizzazione dell’interesse sostanziale sotteso al ricorso, anche in tale caso rendendo inutile la prosecuzione del giudizio - anziché per l’ottenimento - per l’impossibilità sopravvenuta del conseguimento del bene della vita ambito dal ricorrente

Questo Consiglio, in particolare, ha subordinato la dichiarazione di improcedibilità ad una sopravvenienza (fattuale o giuridica) tale da rendere certa e definitiva l’inutilità della sentenza, per avere fatto venir meno, per il ricorrente, qualsiasi residua utilità, anche soltanto strumentale o morale, derivante da una possibile pronuncia di accoglimento (cfr. Consiglio di Stato, sez. II, 29 gennaio 2020, n. 742).

Qualora, invece, permanga un interesse della parte all’esame della censura, anche ai soli fini risarcitori, il giudice procedente è tenuto a statuire nel merito, onde evitare un’elusione dell’obbligo di pronunciare sulla domanda (Consiglio di Stato, sez. V, 28 febbraio 2018, n. 1214).

La cessata materia del contendere e l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse trovano, dunque, giustificazione nella natura soggettiva della giurisdizione amministrativa, che non risulta preordinata ad assicurare la generale legittimità dell’operato amministrativo, bensì tende a tutelare la posizione giuridica del ricorrente, correlata ad un bene della vita coinvolto nell’esercizio dell’azione autoritativa oggetto di censura.

Adendo la sede giurisdizionale, la parte ricorrente, in particolare, fa valere una pretesa sostanziale, avente ad oggetto la conservazione di un bene della vita già compreso nel proprio patrimonio individuale, pregiudicato dall’esercizio del potere amministrativo, ovvero l’acquisizione (o comunque la chance di acquisizione) di un bene della vita soggetto a pubblica intermediazione.

Come precisato dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio, “ nel nostro sistema di giurisdizione soggettiva, la verifica della legittimità dei provvedimenti amministrativi impugnati non va compiuta nell’astratto interesse generale, ma è finalizzata all’accertamento della fondatezza della pretesa sostanziale fatta valere, ritualmente, dalla parte attrice. Poiché il ricorso non è mera “occasione” del sindacato giurisdizionale sull’azione amministrativa, il controllo della legittimazione al ricorso assume sempre carattere pregiudiziale rispetto all’esame del merito della domanda, in coerenza con i principi della giurisdizione soggettiva e dell’impulso di parte ” (Consiglio di Stato, Ad. Plen., 7 aprile 2011, n. 4).

La pronuncia giudiziaria risulta utile qualora, nel riscontrare l’illegittimità dell’azione amministrativa, consenta la realizzazione dell’interesse sostanziale di cui è portatrice la parte ricorrente, impedendo la sottrazione o garantendo l’acquisizione (o chance di acquisizione) di utilità giuridicamente rilevanti e salvaguardando, per l’effetto, la sfera giuridica individuale da azioni autoritative difformi dal paradigma normativo di riferimento.

Qualora, invece, tale interesse sia stato già realizzato ovvero non possa piò essere soddisfatto, il giudizio non può concludersi con l’esame, nel merito, delle censure svolte nell’atto di parte, la cui fondatezza non potrebbe, comunque, arrecare alcuna utilità concreta in capo al ricorrente.

11.4 Tali principi processuali trovano applicazione anche qualora i provvedimenti sopravvenuti siano adottati nell’ambito di un giudizio in cui sia stato emesso un ordine cautelare teso a imporre l’adozione di atti favorevoli al ricorrente o la riedizione del potere secondo criteri conformativi enucleati nel provvedimento giurisdizionale interinale da eseguire.

Anche in tali ipotesi, al fine di ricostruire gli effetti sostanziali e processuali riconducibili alla decisione amministrativa sopravvenuta, occorre verificare se l’Amministrazione si sia determinata autonomamente ovvero in mera esecuzione dell’ordine giudiziale, pronunciato al fine di cautelare – nelle more della definizione della controversia nel merito – la situazione giuridica soggettiva vantata dalla parte ricorrente.

In particolare:

- nella prima ipotesi l’Amministrazione detta una regula iuris del rapporto amministrativo tendenzialmente stabile, definita nel perseguimento dell’interesse pubblico affidato alla sua cura, autonomamente e indipendentemente dall’esecuzione di un’ordinanza cautelare all’uopo emessa, condividendo le censure contestate dal ricorrente e riscontrate in sede cautelare, al fine di attuare un nuovo assetto di interessi, sostitutivo di quello censurato in giudizio, idoneo a governare il rapporto amministrativo corrente con la controparte;

- nella seconda ipotesi, il provvedimento sopravvenuto viene assunto al solo fine di ottemperare ad un comando giudiziale, realizzando, per l’effetto, un assetto di interessi per propria natura interinale, destinato ad essere caducato in caso di esito del giudizio favorevole all’Amministrazione procedente.

Il diverso atteggiarsi della volontà provvedimentale influisce non soltanto sulla stabilità, sul piano sostanziale, del provvedimento sopravvenuto, ma anche e correlativamente sull’andamento, sul piano processuale, del giudizio corrente tra le parti.

Difatti, qualora l’Amministrazione adotti il provvedimento in mera esecuzione dell’ordinanza cautelare e tale provvedimento sia favorevole al ricorrente, si assiste ad una doverosa ottemperanza dell’ordine giurisdizionale, che non influirà sulla procedibilità del ricorso, ma consentirà soltanto la cautela della situazione giuridica soggettiva azionata in attesa dell’approfondito esame, proprio della sede di merito, delle questioni sollevate dalle parti, componenti il thema decidendum ancora da risolvere in sede giurisdizionale.

Diversamente, qualora il provvedimento sopravvenuto sia stato soltanto occasionato dall’ordinanza cautelare, condividendo l’Amministrazione la necessità di rimuovere i vizi di legittimità rilevati ad un sommario esame proprio della sede cautelare, alla stregua di quanto supra precisato, viene integrata una fattispecie di cessata materia del contendere, da dichiarare con sentenza di merito (art. 34, comma 5, c.p.a.), attraverso cui accertare l’avvenuta realizzazione dell’interesse sostanziale sotteso alla proposizione del ricorso, per effetto di una determinazione amministrativa assunta autonomamente in pendenza del giudizio (Consiglio di Stato Sez. VI, 19 settembre 2018, n. 5466).

11.5 Alla stregua delle considerazioni svolte, è possibile soffermarsi sul caso di specie.

11.6 In primo luogo, deve escludersi l’integrazione di una fattispecie di improcedibilità del ricorso.

Le parti ricorrenti richiamano determinazioni sopravvenute favorevoli all’alunna -OMISSIS- (ammissione alla classe successiva) e, dunque, non sussistono i presupposti per riscontrare una sopravvenuta carenza di interesse al ricorso;
fattispecie, come sopra osservato, configurabile soltanto in presenza di atti sopravvenuti che siano ostativi alla piena realizzazione dell’interesse sostanziale sotteso al ricorso di primo grado.

In secondo luogo, il Collegio, valutati i documenti in atti, non ritiene integrata neppure una fattispecie di cessata materia del contendere.

L’Amministrazione, difatti, ha ammesso la ricorrente alla classe successiva in ottemperanza ad un ordine cautelare impartito dalla Sezione, senza provvedere in via autonoma e spontanea - indipendentemente dalla doverosa esecuzione del relativo provvedimento giurisdizionale - alla rivalutazione della fattispecie concreta.

Come emerge dalla determina dirigenziale -OMISSIS-l’Istituto scolastico appellato ha ammesso l’alunna -OMISSIS- all’anno successivo con conseguente trasferimento, a decorrere dal 23 novembre 2020, dalla classe III alla classe IV, “ vista l’ordinanza del Consiglio di Stato n. 6626 del 12/11/2020, che in appello ha imposto all’Istituto il riesame della posizione dell’alunna, alla luce di alcuni rilievi relativi alla motivazione del provvedimento di non ammissione ”, nonché “ visto il verbale del Consiglio di classe della 3E … convocato il 19/11/2020 per procedere al riesame della posizione dell’alunna, in ottemperanza a quanto prescritto dall’ordinanza del Consiglio di Stato sopra citata ”.

Emerge, dunque, che il provvedimento favorevole in esame è stato assunto dall’Amministrazione in mera ottemperanza di un ordine cautelare e, come tale, alla luce delle considerazioni sopra svolte, non è idoneo ad integrare una fattispecie di cessata materia del contendere;
si è, per l’effetto, in presenza di un atto amministrativo costitutivo in capo alla ricorrente di una posizione di vantaggio precaria, suscettibile di consolidarsi soltanto in caso di esito favorevole del giudizio di merito, comunque da definire con una sentenza che statuisca sulla fondatezza delle censure svolte nel ricorso in appello.

12. Rilevata la mancata integrazione di una fattispecie di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interessa o di cessazione della materia del contendere, può passarsi all’esame dei motivi di impugnazione.

L’appello consta di quattro motivi, di cui i primi tre concernono le statuizioni di rigetto del ricorso di prime cure;
il quarto riguarda le statuizioni di condanna degli appellanti al pagamento delle spese processuali.

13. Per ragioni di connessione, i primi tre motivi di appello possono essere esaminati congiuntamente.

In particolare, con il primo motivo di appello viene dedotta la violazione del D.L. n. 22/2020 e dell’ordinanza ministeriale n. 111 del 2020: secondo la prospettazione attorea, il Consiglio di Classe avrebbe avuto la possibilità di valutare la studentessa -OMISSIS-, avendo la stessa riportato nel primo periodo dell’anno valutazioni in 6 materie su 11;
peraltro, l’omessa valutazione sulle rimanenti materie sarebbe dipesa (per una materia) dall’assenza del docente ovvero (per le altre materie) dall’assenza di un approccio didattico individualizzato.

Con il secondo motivo di appello viene dedotta la violazione del diritto allo studio e dell’obbligo di inclusione scolastica, occorrendo riconoscere in favore di tutti gli studenti portatori di bisogni educativi speciali il diritto alla personalizzazione dell’apprendimento. Nella specie, nonostante la studentessa avesse titolo ad ottenere un piano didattico personalizzato, l’Amministrazione avrebbe omesso di predisporre tale piano didattico e comunque si sarebbe astenuta dall’adottare misure compensative e dispensative o prove conformate alle manifestazioni patologiche della studentessa.

Con il terzo motivo di appello viene contestato l’eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza di motivazione, incongruenza ed illogicità manifeste, non emergendo dal provvedimento impugnato alcuna adeguata motivazione: l’istituto scolastico, in particolare, da un lato, non avrebbe predisposto un piano didattico personalizzato, né avrebbe tenuto conto del BES dell’alunna;
dall’altro, avrebbe errato nel richiamare soltanto voti negativi e nel ritenere impossibile per la studentessa il recupero nell’anno scolastico successivo.

14 I motivi di appello sono fondati nei limiti di quanto di seguito precisato.

15. Ai sensi dell’art. 1, comma 1, D.L. 08/04/2020, n. 22 conv. dalla L. 6 giugno 2020, n. 41, “ Con una o più ordinanze del Ministro dell'istruzione possono essere adottate, per l'anno scolastico 2019/2020, specifiche misure sulla valutazione degli alunni e sullo svolgimento degli esami di Stato conclusivi del primo e del secondo ciclo di istruzione, nei casi e con i limiti indicati ai commi successivi ”.

Ai sensi dell’art. 4 O.M. n. 11 del 16 maggio 2020, “ concernente la valutazione finale degli alunni per l’anno scolastico 2019/2020 e prime disposizioni per il recupero degli apprendimenti ”:

a) gli alunni della scuola secondaria di secondo grado avrebbero dovuto essere ammessi alla classe successiva in deroga alle disposizioni di cui all’articolo 4, commi 5 e 6, e all’articolo 14, comma 7 del Regolamento;

b) per gli alunni della scuola secondaria di secondo grado ammessi alla classe successiva in presenza di votazioni inferiori a sei decimi, il consiglio di classe avrebbe predisposto il piano di apprendimento individualizzato, in cui indicare, per ciascuna disciplina, gli obiettivi di apprendimento da conseguire nonché le specifiche strategie per il raggiungimento dei relativi livelli di apprendimento;

c) “ nei casi in cui i docenti del consiglio di classe non siano in possesso di alcun elemento valutativo relativo all’alunno, per cause non imputabili alle difficoltà legate alla disponibilità di apparecchiature tecnologiche ovvero alla connettività di rete, bensì a situazioni di mancata o sporadica frequenza delle attività didattiche, perduranti e già opportunamente verbalizzate per il primo periodo didattico, il consiglio di classe, con motivazione espressa all’unanimità, può non ammetterlo alla classe successiva ”.

15.1 Alla stregua della disciplina speciale in commento, risulta che, per l’anno scolastico 2019/2020, l’ammissione alla classe successiva costituiva la regola generale, derogabile soltanto in assenza di elementi valutativi relativi all’alunno esaminando, per cause derivanti dalla mancata o sporadica frequenza delle attività didattiche, perduranti e già opportunamente verbalizzate per il primo periodo didattico.

In siffatte circostanze, peraltro, la decisione di non ammettere l’alunno alla classe successiva non risultava imposta dalla disciplina di riferimento, essendo rimessa alla discrezionalità tecnica del consiglio di classe, come reso palese dalla locuzione “ può ” - recata dall’art. 4, comma 6, O.M. n. 11 del 16 maggio 2020 e riferita al potere di non ammissione esercitabile dall’istituzione scolastica -, implicante un margine di apprezzamento in capo all’organo procedente.

Essendosi di fronte ad un potere discrezionale, la decisione eccezionale di rifiutare l’ammissione dell’alunno alla classa successiva avrebbe dovuto essere corredata da adeguata motivazione, dovendo indicarsi non soltanto l’integrazione dei presupposti delineati dall’art. 4, comma 6, cit., ma anche le ragioni per le quali nel caso concreto, avuto riguardo alla posizione del singolo studente, non potesse applicarsi la regola generale, di prosecuzione del percorso di studi con l’ammissione dell’alunno alla classe successiva, operante anche in relazione ad alunni con votazioni inferiori a sei decimi.

Come previsto dall’art. 4 O.M. n. 11/2020, difatti, la decisione collegiale all’uopo da assumere avrebbe dovuto essere connotata da una “ motivazione espressa all’unanimità ”, occorrendo, pertanto, un consenso unanime raggiunto nell’ambito dell’organo consiliare in ordine al contenuto dispositivo della decisione –e, dunque, alla mancata ammissione dello studente alla classe successiva – e alle ragioni sottese alla determinazione così assunta.

15.2 Nel ricostruire l’intensità dell’onere motivazionale gravante sull’Amministrazione, appare rilevante la previsione di cui all’art. 1, comma 2, D.L. 08/04/2020, n. 22 conv. dalla L. 6 giugno 2020, n. 41, ai sensi del quale “ Le ordinanze di cui al comma 1 definiscono i criteri generali dell'eventuale integrazione e recupero degli apprendimenti relativi all'anno scolastico 2019/2020 nel corso dell'anno scolastico successivo, a decorrere dal 1° settembre 2020, quale attività didattica ordinaria. Le strategie e le modalità di attuazione delle predette attività sono definite, programmate e organizzate dagli organi collegiali delle istituzioni scolastiche. L'eventuale integrazione e recupero degli apprendimenti di cui al primo periodo tiene conto delle specifiche necessità degli alunni delle classi prime e intermedie di tutti i cicli di istruzione, avendo come riferimento il raggiungimento delle competenze di cui alle indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione, alle indicazioni nazionali per i licei e alle linee guida per gli istituti tecnici e professionali ”.

In applicazione dei principi di gerarchia delle fonti e di preferenza di legge, la fonte autorizzata da una disposizione primaria deve essere intesa, per quanto possibile, nel senso maggiormente conforme a quanto previsto dalla fonte sovraordinata, al fine di garantire una coerente regolazione della materia (rispettosa delle disposizioni e dei principi desumibili dalla fonte sovraordinata).

Nel caso di specie, il legislatore aveva rimesso ad un’ordinanza ministeriale l’adozione di specifiche misure sulla valutazione degli alunni, con riferimento ad un anno scolastico contraddistinto da difficoltà (anche) organizzative – inevitabilmente influenti pure sulle modalità di erogazione del servizio di istruzione scolastica – generate dall’emergenza epidemiologica da COVID-19.

L’organo esecutivo nell’esercizio del potere così attribuito era tenuto a conformarsi alle indicazioni ritraibili dalla fonte primaria, dettando una disciplina rispettosa dei limiti e coerente con gli obiettivi posti dal legislatore.

Per quanto di maggiore interesse ai fini dell’odierno giudizio, il comma 2 dell’art. 4 D.L. n. 22/20 cit. valorizzava l’integrazione e il recupero degli apprendimenti relativi all’anno scolastico 2019/2020 nel corso dell’anno scolastico successivo, a decorrere dal 1° settembre 2020, quale attività didattica ordinaria;
a tali fini, le strategie e le modalità di attuazione delle predette attività avrebbero dovuto essere definite, programmate e organizzate dai competenti organi collegali scolastici, tenendo conto delle specifiche necessità degli alunni delle classi prime e intermedie di tutti i cicli di istruzione, avendo come riferimento il raggiungimento delle competenze di cui alle indicazioni nazionali (altresì) per i licei.

La necessità di valutare la posizione del singolo studente, al fine di provvedere all’integrazione e al recupero degli apprendimenti relativi all’anno scolastico 2019/2020 nel corso dell’anno scolastico successivo, rappresentava, dunque, un obiettivo generale di tutela perseguito dal legislatore per tutti gli alunni (in specie, per quanto rileva nella presente sede, per gli alunni delle classi intermedie di tutti i cicli di istruzione), da perseguire attraverso le misure da adottarsi a cura del Ministero dell’istruzione.

15.3 Tali obiettivi di tutela rilevano anche nell’interpretazione (sotto il profilo teleologico) della disciplina recata nell’ordinanza n. 11 del 2020 cit.

Al riguardo, il Ministero, nel regolare per l’anno scolastico 2019/2020 la “ Scuola secondaria di secondo grado - Valutazione delle classi non terminali ” (rubrica dell’art. 4 cit.), ha dettato una disciplina differente a seconda che il consiglio di classe disponesse o meno di elementi valutativi relativi al singolo alunno.

Difatti, come osservato:

- in presenza di siffatti elementi valutativi, è stata prevista l’ammissione degli alunni della scuola secondaria di secondo grado alla classe successiva anche in presenza di votazioni inferiori a sei decimi, fermo rimanendo l’obbligo di predisposizione del piano di apprendimento individualizzato funzionale alla definizione degli obiettivi di apprendimento da conseguire e delle strategie da attivare per il raggiungimento dei relativi livelli di apprendimento;

- in assenza di alcun elemento valutativo e sempre che tale carenza fosse ascrivibile – anziché alle difficoltà legate alla disponibilità di apparecchiature tecnologiche ovvero alla connettività di rete – a situazioni di mancata o sporadica frequenza delle attività didattiche, perduranti e già opportunamente verbalizzate per il primo periodo didattico, è stata prevista la possibilità di negare l’ammissione alla classe successiva con motivazione unanime assunta dal Collegio.

Correttamente, l’ordinanza ministeriale non ha imposto il diniego di ammissione alla classe successiva in assenza di elementi valutativi riferiti al singolo studente, rimettendo ogni valutazione al consiglio di classe e richiedendo, ai fini della mancata ammissione alla classe successiva, l’assunzione di una decisione sorretta da una motivazione unanimemente condivisa.

Anche in assenza di elementi valutativi riferiti alla posizione del singolo alunno, avrebbe dovuto, infatti, comunque tenersi conto dell’obiettivo generale di tutela perseguito dal legislatore, dato dalla progressione dello studente nella carriera scolastica con integrazione e recupero degli apprendimenti nell’ambito dell’anno scolastico successivo.

A tali fini, dunque, il Collegio dei docenti, pur in assenza di specifici elementi valutativi riferiti all’anno scolastico 2019/2020, avrebbe dovuto comunque verificare se, avuto riguardo alle circostanze del caso concreto (eventualmente, anche alla pregressa carriera scolastica dello studente e valutate in ipotesi le ragioni alla base della mancata o sporadica frequenza delle attività didattiche), lo studente fosse comunque in condizione di raggiungere gli obiettivi di apprendimento prefissati.

Soltanto ove fosse emerso un unanime consenso tra i componenti del consiglio di classe in ordine all’impossibilità per il singolo studente di integrare e recuperare gli apprendimenti nel successivo anno scolastico, non essendovi elementi valutativi riferiti all’anno scolastico 2019/2020, né emergendo altre circostanze di fatto, riferite alla posizione dell’alunno, idonee a supportare il relativo favorevole giudizio prognostico, l’ammissione alla classe successiva avrebbe potuto essere negata.

16. Alla stregua delle osservazioni svolte, è possibile soffermarsi sul caso di specie.

16.1 L’Amministrazione scolastica ha deciso di non ammettere l’odierna appellante alla classe successiva, tenuto conto che:

- la frequenza della studentessa era stata sporadica nel primo periodo didattico (fino al 19.11.2019, data a partire dalla quale l’alunna non aveva più frequentato per tutto il restante primo periodo), “ il che non ha permesso ai docenti di raccogliere adeguati elementi di valutazione, come evidenziato dai risultati del primo trimestre, quasi interamente di “non classificato, eccettuata la valutazione gravemente insufficiente in Italiano, in Latino e in Matematica”;

- nel secondo periodo, l’alunna non aveva frequentato le lezioni (salvo i giorni 10 e 11 febbraio 2020) fino al 4 marzo 2020;

- nel restante periodo di didattica a distanza l’alunna non aveva partecipato alle attività sincrone e asincrone.

Pertanto, “ i docenti del consiglio di classe non sono in possesso per nessuna disciplina, di alcun elemento che consenta di esprimere una valutazione sull’alunna ”.

Di conseguenza, l’istituto scolastico appellato ha ritenuto di non ammettere l’alunna alla classe successiva, non ritenendo che le carenze accumulate potessero essere in alcun modo recuperate nella classe successiva ed esponendosi, altrimenti, la stessa appellante ad un grave danno al suo percorso formativo derivante dalla necessità di affrontare, senza basi adeguate, le maggiori difficoltà poste dall’ammissione alla classe successiva.

16.2 Premesso che, come dedotto e documentato dall’appellante con memoria del 26 aprile 2021, la studentessa, ammessa in esecuzione dell’ordine cautelare alla classe successiva, ha comunque riportato giudizi positivi nell’ambito delle prove valutative svoltesi durante il IV anno del relativo percorso di studi, ai fini della soluzione dell’odierna controversia, occorre soffermarsi sulla motivazione sottesa al provvedimento per cui è causa, da esaminare tenuto conto dello stato di fatto e di diritto esistente nel momento in cui è stata assunta la decisione amministrativa.

Al riguardo, si osserva che, sebbene l’Amministrazione abbia preso in esame sia la presenza di elementi valutativi riferibili all’alunna, sia la possibilità di recupero dei livelli di apprendimento nel corso dell’anno successivo, la delibera del Consiglio di classe appare inficiata da un difetto dei presupposti e da un’inadeguata motivazione.

16.3 Difatti, avuto riguardo alla sussistenza di elementi valutativi riferibili alla studentessa, nel provvedimento censurato in prime cure, seppure si rilevi che i docenti del consiglio di classe “ non sono in possesso, per nessuna disciplina, di alcun elemento che consenta di esprimere una valutazione sull’alunna ”, al tempo stesso, si ammette che tali elementi di valutazione, seppure ritenuti inadeguati, sussistessero comunque per il primo periodo didattico.

Difatti, l’Amministrazione, ha ritenuto che la frequenza sporadica dell’alunna fino al 19 novembre 2019 non avesse permesso “ ai docenti di raccogliere adeguati elementi di valutazione, come evidenziato dai risultati del primo trimestre, quasi interamente di “non classificato”, eccettuata la valutazione gravemente insufficiente in Italiano, in Latino e in Matematica ”.

Il provvedimento censurato in prime cure, dunque, dà conto dell’assenza nel primo periodo didattico di “ adeguati elementi di valutazione ”, quando, invece, la fonte ministeriale permetteva di negare l’ammissione alla classe successiva soltanto qualora i docenti del consiglio di classe “ non siano in possesso di alcun elemento valutativo relativo all’alunno ”.

Pertanto, il presupposto per l’esercizio del potere discrezionale di rifiuto dell’ammissione alla classe successiva non era integrato dall’assenza di elementi adeguati, ma dall’assenza di ogni elemento valutativo: elementi valutativi esistenti, seppure ritenuti parziali o inadeguati, non avrebbero potuto precludere l’ammissione alla classe successiva, ben potendo, invece, essere valorizzati per la predisposizione del piano di apprendimento individualizzato, funzionale al recupero e all’integrazione degli apprendimenti nel corso dell’anno scolastico successivo.

Peraltro, prendendo in esame la posizione dell’odierna appellante, dalla pagella del 14 gennaio 2020 (doc. 14 ricorso) emerge che, in relazione al primo periodo didattico l’alunna, sebbene non avesse effettivamente riportato alcuna votazione in talune discipline (risultando la dizione “non classificato”), era stata comunque valutata, con l’attribuzione di apposito voto per lo “scritto”, per l’ “orale” o “unico, in relazione ad altre discipline (religione, italiano, storia, filosofia, latino e matematica).

Nel caso di specie, dunque, non poteva ritenersi integrato il presupposto fattuale per negare l’ammissione alla classe successiva dello studente esaminando, tenuto conto che i docenti del consiglio di classe, anziché essere privi di ogni elemento valutativo relativo all’alunna, avevano comunque a disposizione alcuni elementi per valutare l’odierna appellante, già destinataria di giudizi nel corso del primo periodo didattico;
l’inadeguatezza di tali elementi, pur potendo essere valorizzata per la predisposizione del programma individualizzato di recupero per l’anno scolastico successivo, non avrebbe potuto impedire l’ammissione alla classe successiva.

16.2 La valutazione sottesa alla decisione impugnata, oltre a fondarsi su un presupposto fattuale non coincidente con quello dettato dalla disciplina di riferimento (mancato possesso di alcun elemento valutativo), non risulta supportata neppure da un’adeguata motivazione.

Dopo avere affrontato il tema della presenza di elementi valutativi riferiti alla posizione dell’alunna, l’Amministrazione si è infatti limitata a rappresentare la “ convinzione che le carenze accumulate dall’alunna non potrebbero in alcun modo essere recuperate nella classe successiva e che il dover affrontare, senza base adeguate, le maggiori difficoltò di tale classe comporterebbe un grave danno al suo percorso formativo ”.

A fronte di un quadro regolatorio di riferimento, in cui, vista l’eccezionalità delle modalità di prestazione del servizio di istruzione scolastica nell’anno 2019/2020, si prevedeva l’ammissione alla classe successiva anche in presenza di votazioni inferiori a sei decimi, nel caso di specie, non sono indicate le ragioni a sostegno della “convinzione” espressa dall’Amministrazione con il provvedimento impugnato, non essendo operato alcun riferimento alla posizione individuale dell’alunna (ivi compresi il percorso scolastico precedente), da cui desumere l’incapacità dell’alunna di recuperare i livelli di apprendimento nella classe successiva.

17. Alla stregua delle considerazioni svolte, stante l’illegittimità del provvedimento di non ammissione impugnato dinnanzi al Tar, deve accogliersi l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza gravata, deve accogliersi il ricorso in primo grado, con conseguente consolidamento degli atti (di ammissione della studentessa all’anno successivo) assunti in esecuzione dell’ordine cautelare pronunciato dalla Sezione, da ritenersi confermato in via definitiva all’esito del giudizio di merito.

18. L’accoglimento dell’appello comporta la necessità di una nuova regolazione delle spese di lite del doppio grado di giudizio, con conseguente necessità di riformare anche il capo decisorio, recato nella sentenza impugnata, riferito alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio.

Di conseguenza, deve essere assorbito il quarto motivo di appello, diretto contro un capo decisorio – riguardante la refusione delle spese processuali – comunque da riformare in accoglimento degli ulteriori motivi di appello.

19. La particolarità della controversia, connotata dalla novità delle questioni esaminate, impone la compensazione integrale tra le parti delle spese processuali del doppio grado di giudizio.

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