Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-05-20, n. 202103907

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-05-20, n. 202103907
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202103907
Data del deposito : 20 maggio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/05/2021

N. 03907/2021REG.PROV.COLL.

N. 10535/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10535 del 2014, proposto da
C S, rappresentata e difesa dall'avvocato M R S, con domicilio eletto presso lo studio Aristide Police in Roma, viale Liegi, n. 32;

contro

Università degli Studi di Roma "La Sapienza", in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

nei confronti

S M, rappresentata e difesa dall'avvocato G C, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Circonvallazione Clodia, n. 76/A;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio n. 9307/2014.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 maggio 2021 il Cons. Giordano Lamberti e dato atto che l’udienza si svolge ai sensi dell’art. 4, comma 1, del decreto legge n. 28 del 30 aprile 2020 e dell'art. 25, comma 2, del decreto legge n. 137 del 28 ottobre 2020 attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario generale della Giustizia amministrativa;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1 – L’Università di Roma “La Sapienza”, con D.R. del 30 luglio 2010, bandiva una procedura di valutazione comparativa per la copertura, fra l’altro, di un posto di ricercatore universitario per il S.S.D. BIO/14 presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia.

Con successivo D.R. n. 147 del 28 gennaio 2011, veniva nominata la relativa Commissione giudicatrice. Nella seduta del 13 giugno 2011, la Commissione, sulla base dei giudizi collegiali espressi, con deliberazione assunta a maggioranza di due terzi dei componenti, individuava nella dott.ssa C S la vincitrice della selezione.

1.1 - Con la nota n. 44161 del 30 giugno 2011, il Rettore dell’Ateneo chiedeva alla Commissione di fornire chiarimenti in ordine alle determinazioni assunte. Alla richiesta faceva seguito la nota esplicativa dei due Commissari che avevano individuato nella dott.ssa S la vincitrice della selezione. A seguito di tali chiarimenti, il Rettore, con la nota n. 51266 del 1° agosto 2011 chiedeva che i singoli Commissari compilassero una tabella ove si sarebbe dovuto indicare esattamente, in termini comparativi tra i soli candidati Marinelli e S, il numero di pubblicazioni dei candidati, il numero medio delle citazioni, l’impact factor e l’indice di Hirsch. Con l’ulteriore nota rettorale n. 78232 del 1° dicembre 2011 venivano chiesti ai componenti la Commissione ulteriori dati in ordine alla valutazione posta in essere.

2 - Con ricorso notificato in data 28 marzo 2012, l’appellante ha impugnato, chiedendone l’annullamento, il decreto rettorale n.369 del 1 febbraio 2012 con il quale il Rettore dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” negava l’approvazione degli atti della procedura di valutazione comparativa per l’assegnazione di un posto da ricercatore universitario presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia del medesimo ateneo.

3 - A seguito della mancata approvazione degli atti della procedura comparativa, il Rettore, con decreto n. 1952 del 18 giugno 2012, disponeva di dar vita alla nomina di una nuova Commissione per la ripetizione della valutazione comparativa.

3.1 - La nuova Commissione, costituitasi nella seduta preliminare in data 15 novembre 2012, a seguito dell’espletamento delle prove, con la deliberazione assunta in data 26 febbraio 2013, indicava ancora quale vincitore della procedura comparativa la dott.ssa C S.

3.2 – Il Rettore, con nota n. 34494 del 10 giugno 2013, rilevava ulteriori presunte irregolarità in ordine alla motivazione della scelta della dott.ssa S e la Commissione, con nota n. 38847 del 26 giugno 2013, forniva i chiarimenti in merito alla individuazione nella dott.ssa S della vincitrice del concorso.

3.3 - Il Rettore, con decreto n. 2856 del 5 agosto 2013, riteneva insufficienti le dichiarazioni della Commissione e negava ancora una volta l’approvazione degli atti di concorso. Quindi, con decreto n. 3626 del 25 ottobre 2013 disponeva la decadenza della seconda Commissione e dava avvio al procedimento per la nomina di una terza Commissione.

4 - Con il ricorso notificato in data 31 ottobre 2013, l’appellante ha impugnato, chiedendone l’annullamento, il decreto rettorale n. 2856 del 5 agosto 2013 con il quale il rettore ha negato l’approvazione degli atti della procedura di valutazione comparativa.

4.1 - Con ricorso per motivi aggiunti notificato in data 3 dicembre 2013, l’appellante ha impugnato, chiedendone l’annullamento, la nota n. 49482 del 19 settembre 2013 con la quale l’Ateneo dava avvio al procedimento di sostituzione dei membri della Commissione giudicatrice ed il Decreto Rettorale n. 3626 del 25 ottobre 2013 di decadenza della Commissione giudicatrice e di avvio del procedimento di nomina della nuova commissione.

5 - Con la sentenza n. 9307 del 2014, il T.A.R. per il Lazio ha accolto i ricorsi, confermando la piena legittimità dell’operato delle Commissioni di concorso, ivi compreso quello della prima Commissione nominata con D.R. n. 147 del 28 gennaio 2011, e conseguentemente ha annullato tutti gli atti impugnati;
ha invece respinto la domanda di condanna dell’amministrazione al risarcimento dei danni, condannandola, unitamente alla controinteressata, al solo pagamento delle spese di giudizio.

6 - A seguito di tale pronuncia, l’Università La Sapienza ha approvato gli atti relativi alla prima procedura di valutazione comparativa, dichiarando la dott.ssa C S vincitrice della procedura. Conseguentemente, con la nota n. 61807 del 28 ottobre 2014, l’Università ha comunicato la nomina in ruolo dell’appellante, con decorrenza 1 novembre 2014.

7 - Con il ricorso in appello la ricorrente in primo grado ha impugnato la predetta sentenza del T.A.R. per il Lazione nella parte in cui ha respinto la domanda di risarcimento dei danni.

7.1 – Avverso la medesima sentenza ha proposto appello incidentale anche la controinteressata in riferimento al capo di sentenza relativo alle spese di lite.

8 – L’appello principale proposto dalla ricorrente in primo grado deve trovare accoglimento.

Il T.A.R. ha respinto la domanda di risarcimento dei danni, nonostante l’accertamento dell’illegittimità degli atti impugnati, rilevando che non risulterebbe sufficientemente provato l’elemento della colpevolezza.

8.1 – Come anticipato, la domanda di risarcimento danni proposta dalla ricorrente deve trovare accoglimento, pur nei limiti di seguito indicati.

Al riguardo, deve sin d’ora precisarsi che la pretesa patrimoniale, che si colleghi alla omessa o ritardata assunzione per comportamento dell’amministrazione che si assume illegittimo, è configurata come domanda risarcitoria e soggiace alla verifica dei relativi presupposti e condizioni necessari all’accoglimento.

La vicenda già descritta - che si caratterizza per la reiterata ed illegittima interferenza nella procedura valutativa, definitamente accertata dal T.A.R. (l’accertamento dell’illegittimità degli atti impugnati non è stato oggetto di gravame) - ha determinato l’insorgenza di un danno ingiusto, derivante dalla tardiva assunzione dell’appellante.

8.2 - Contrariamente all’assunto del giudice di primo grado deve ritenersi, altresì, integrato il presupposto soggettivo della responsabilità, tenuto conto che l’illegittimità del provvedimento, pur non coincidendo con la colpa, rappresenta, tuttavia, un indice presuntivo, ovvero un indizio grave, preciso e concordante, idoneo a fondare una presunzione semplice di colpa. In assenza di prova contraria da parte dell’amministrazione, che avrebbe l’onere di allegare circostanze da cui desumere la scusabilità dell’errore, la colpa dell'amministrazione deve, pertanto, ritenersi provata ( ex multis , Cons. St., sez. VI, 16 luglio 2015, n. 3551).

Nello specifico, i già richiamati provvedimenti illegittimi con i quali reiteratamente ed illegittimamente si è fatto cattivo uso dal potere/dovere di controllo sulla regolarità degli atti delle Commissioni di concorso costituiscono un’idonea presunzione circa la sussistenza del profilo della colpa. Inoltre, avuto riguardo alla giurisprudenza citata, deve prendersi atto di come l’amministrazione non abbia neppure tentato di giustificare la propria condotta, confermando indirettamente con tale inerzia la propria colpevolezza.

8.3 – Deve ritenersi altresì sussistente il nesso causale, posto che solo a causa dell’illegittimo e reiterato operato dell’Università, è stata impedita per anni la presa di servizio della ricorrente, non consentendole di svolgere le funzioni di ricercatore universitario e di percepire la relativa remunerazione.

L’appellante riferisce, e l’amministrazione non cotesta, che avrebbe dovuto essere immessa nel ruolo di Ricercatore Universitario ben 3 anni prima ovvero a far data dal 13 luglio 2011 coincidente con la decorrenza del termine di 30 giorni utile dalla decisione della prima Commissione avvenuta in data 13 giugno 2011.

9 - Passando alla liquidazione del danno, deve precisarsi che l’obbligo di retribuzione della prestazione lavorativa sorge solo con il perfezionamento degli atti costitutivi del rapporto di impiego ed in presenza dell’effettivo svolgimento della prestazione. In assenza del provvedimento costitutivo del rapporto di lavoro e dei conseguenti adempimenti contabili per il pagamento degli assegni con carattere di fissità, nessuna pretesa può essere validamente avanzata per la remunerazione di prestazioni non rese. Infatti, la “ restitutio in integrum ” agli effetti economici spetta al pubblico dipendente soltanto nei casi in cui vi sia stata una sentenza che accerti l’illegittima interruzione di un rapporto di lavoro già in atto e non anche nell’ipotesi in cui il giudicato accerti l’illegittimità del diniego di costituzione di tale rapporto ( cfr ., Cons. St., sez.VI, 28 marzo 1998, n. 365).

Pertanto, il danno non può essere pari all’integrale ammontare del trattamento economico e previdenziale non goduto nel periodo intercorrente tra la data in cui la ricorrente avrebbe dovuto essere assunta in servizio e quella di effettiva costituzione del rapporto, per effetto di una virtuale ricostruzione della posizione economica.

Come già affermato dalla giurisprudenza ( cfr . Cons. St., sez. V, 30 giugno 2011, n. 3934), in sede di quantificazione per equivalente del pregiudizio patito dal ricorrente in ipotesi di omessa o ritardata assunzione per illegittima esclusione da un pubblico concorso, il danno non si identifica in astratto nella mancata erogazione della retribuzione e della contribuzione (elementi che comporterebbero una vera e propria “ restitutio in integrum ” e che possono rilevare soltanto sotto il profilo della responsabilità contrattuale), occorrendo invece, caso per caso, individuare l’entità dei pregiudizi di tipo patrimoniale e non patrimoniale che trovino causa nella condotta illecita dell’amministrazione alla stregua dell’art. 1223, cod. civ..

Quanto ai pregiudizi patrimoniali, residua certamente un danno da mancato guadagno, che ha solo come base di calcolo l’ammontare del trattamento economico netto non goduto (ossia con esclusione di ogni voce retributiva diversa e ulteriore allo stipendio tabellare, in quanto tali voci sono comunque correlate, direttamente o almeno indirettamente, allo svolgimento di quell’attività lavorativa che di fatto non c’è stata), decorrente dalla data in cui l’appellante avrebbe dovuto essere immessa in servizio, e che, non identificandosi con esso, deve essere sottoposto ad una percentuale di abbattimento in considerazione del fatto che il danneggiato ha comunque potuto dirottare le sue energie lavorative in altre occasioni, anche solo potenziali, di guadagno e ha potuto risparmiare, nel contempo, le energie fisico-psichiche che il lavoro, che le è stato illegittimamente negato dall’amministrazione resistente, avrebbe comunque implicato. Tale percentuale di abbattimento non può che essere quantificata equitativamente ai sensi dell’art. 1226, cod. civ.

9.1 - L’appellante riferisce che durante il periodo considerato ha potuto godere solo di alcuni assegni di ricerca ed ha svolto lavori del tutto saltuari (quale farmacista in turni di notte o in giorni festivi).

Nel caso di specie, il Collegio stima pertanto adeguato individuare tale percentuale di abbattimento nel 30% della somma derivante dal calcolo del trattamento economico fondamentale (ossia con esclusione di ogni voce diversa dalla retribuzione-base, per la ragione già indicata) non goduto nel periodo intercorrente tra la data in cui la ricorrente avrebbe dovuto essere assunta in servizio e quella di effettiva costituzione del rapporto. Inoltre, dalla somma così determinata dovrà essere dedotto, per determinare l’effettivo importo del danno risarcibile, l’eventuale aliunde perceptum , ma solo per la parte in cui esso ecceda la decurtazione del 30% già operata.

9.2 – Non sussistono i presupposti per riconoscere anche la sussistenza di un danno non patrimoniale, dovendosi rilevare che, a monte della mancanza di prova di tale voce di danno, la domanda dell’appellante trascura di allegare quale pregiudizio abbia in concreto subito. La giurisprudenza ha infatti chiarito che, quanto al risarcimento del danno non patrimoniale, da identificarsi con qualsiasi conseguenza pregiudizievole della lesione di diritti della personalità costituzionalmente protetti, il pregiudizio, non costituendo un mero danno-evento, cioè in re ipsa, deve essere oggetto di allegazione e prova ( cfr. Corte Cass. 9385/2018).

10 – Alla luce delle considerazione che precedono, l’appello della ricorrente in primo grado è fondato e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, deve essere accolta la domanda risarcitoria nei limiti di cui in motivazione, senza interessi e rivalutazione trattandosi di liquidazione equitativa operata all’attualità, con conseguente condanna dell’amministrazione appellata alla relativa corresponsione in favore della parte appellante;
oltre interessi legali dalla data di pubblicazione della presente sentenza al saldo.

11 – Non deve invece trovare accoglimento l’appello incidentale della controinteressata in punto di spese di lite. Invero, la stessa, durante il giudizio di primo grado, si è comunque opposta alla domanda svolta dalla ricorrente. Per tale ragione, deve trovare conferma la statuizione in punto di spese di lite di cui alla sentenza impugnata che ha fatto corretta applicazione del principio di soccombenza.

Viceversa, nel presente giudizio, la controintessata si è limitata a dolersi della sua condanna alle spese di lite, senza opporsi alla domanda risarcitoria, sicché rispetto alla stessa devono essere compensate le spese di lite del giudizio di appello.

12 – In definitiva, deve trovare accoglimento il solo appello principale nei sensi innanzi precisati, con condanna del Ministero alla spese di lite del presente grado di giudizio che si liquidano come in dispositivo.

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