Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2022-06-03, n. 202204548
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Pubblicato il 03/06/2022
N. 04548/2022REG.PROV.COLL.
N. 10485/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10485 del 2021, proposto da
Food Train Service S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato G R F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Alfredo Studio Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini n.30;
contro
Comune di Bari, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato R C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Fabio Caiaffa in Roma, via Nizza N53;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia – Sede di Bari (Sezione prima), 26 novembre 2021, n. 1729, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Bari;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 31 maggio 2022 il Cons. M M e uditi per le parti gli avvocati G R F per la società appellante e Fabio Caiaffa, su delega dell'avvocato R C per il Comune appellato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Con la sentenza appellata (Tar Bari I n° 1729 del 26 novembre 2021) è stato respinto il ricorso proposto avverso gli atti con cui il comune di Bari ha negato alla ricorrente (che assume di essere titolare di concessione demaniale marittima relativa al manufatto pertinenziale sito in Lungomare Imperatore Traiano n. 60 destinato ad attività di ristorazione) l’ammissione alla definizione agevolata prevista dall’art. 100, 5a3c-5196-bd73-6634cdb54ec4::LRA268E9CB7579F9DA70A2::2022-02-28">73-6634cdb54ec4::LRA268E9CB7579F9DA70A2::2022-02-28" href="/norms/laws/itatext23tf1t68l7sg6hc/articles/itaartphtha5gmbg4aq9u?version=39faa713-5a3c-5196-bd73-6634cdb54ec4::LRA268E9CB7579F9DA70A2::2022-02-28">comma 7, del D.L. n. 104/2020.
La motivazione della sentenza appellata fa riferimento alle seguenti circostanze.
Il provvedimento di non ammissione alla definizione agevolata dei canoni concessori ex art. 100 comma 7 della L. 104/2020, oggetto del ricorso introduttivo, si fonda sull’esistenza del “provvedimento di decadenza n. 1436 del 13/2/2019, peraltro non impugnato in termini di legge” e sulla circostanza che la decadenza sia stata comminata “esclusivamente sul mancato pagamento dei canoni demaniali marittimi annui e della relativa imposta regionale, degli anni 2016 al 2018, senza che vi abbia fatto seguito alcuna contestazione sui criteri di calcolo applicati”.
L’art. 100 comma 7 del d.l. 104/2020, prevede che <<Al fine di ridurre il contenzioso relativo alle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative e per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto, derivante dall'applicazione dei criteri per il calcolo dei canoni ai sensi dell'articolo 03, comma 1, lettera b), numero 2.1), del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, nel testo vigente fino alla data di entrata in vigore del presente decreto, i procedimenti giudiziari o amministrativi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, concernenti il pagamento dei relativi canoni, possono essere definiti, previa domanda all'ente gestore e all'Agenzia del demanio da parte del concessionario, mediante versamento:
a) in un'unica soluzione, di un importo, pari al 30 per cento delle somme richieste dedotte le somme eventualmente già versate a tale titolo;
b) rateizzato fino a un massimo di sei annualità, di un importo pari al 60 per cento delle somme richieste dedotte le somme eventualmente già versate a tale titolo>>.
La disposizione presuppone ai fini della sua operatività, l’esistenza di procedimenti giudiziari o amministrativi pendenti alla data di entrata in vigore della nuova disciplina riferiti e concernenti la contestazione dei criteri di calcolo dei canoni concessori (ai sensi dell'articolo 03, comma 1, lettera b), numero 2.1), del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400);e ciò al dichiarato fine della deflazione del relativo contenzioso, mercé il versamento di un importo ridotto ovvero in parte rateizzato.
Nel caso in esame, è incontestato che il provvedimento di decadenza del 2019, comminato per il mancato pagamento dei canoni, oltre ad essere diventato definitivo, non sia stato oggetto di contestazione neppure con il ricorso proposto in primo grado.
Non sussiste, quindi, all’attualità un procedimento di decadenza “pendente”, come invece erroneamente ritenuto da parte ricorrente.
Non sussistono, quindi, come correttamente rilevato dalla P.A procedente, i presupposti per l’ammissione della ricorrente alla definizione agevolata della posizione debitoria nei sensi indicati dal comma 7 dell’art. 100 del d.l. 104/2020.
Analoghe conclusioni valgono per il provvedimento, gravato con motivi aggiunti, di riconsegna dell’immobile demaniale marittimo (nota prot 46948 del 23.2.2021), in assenza di contestazione di vizi ulteriori e propri del nuovo atto sopravvenuto in corso di causa.
Si tratta, infatti, di provvedimento vincolato consequenziale alla decadenza dell’atto concessorio (rimasta inoppugnata), del permanere della situazione debitoria della ricorrente (nonostante le plurime occasioni ad essa concesse dalla P.A per la relativa regolarizzazione) ed alla mancanza, nei sensi anzidetti, dei presupposti per l’ammissione alla speciale procedura agevolata prevista dal d.l n° 104/2020.
2. Parte appellante lamenta eccesso di potere per difetto di istruttoria, illogicità manifesta, contraddittorietà, irragionevolezza, travisamento dei fatti. Sviamento. Violazione dei principi di buon andamento e correttezza.
Secondo l’appellante il provvedimento di decadenza del febbraio 2019 sarebbe stato revocato dal Direttore della Ripartizione ed è stato riavviato un nuovo procedimento di decadenza che, alla data del 12 dicembre 2020, vale a dire al momento della presentazione della domanda di definizione agevolata, era certamente pendente.
Ciò sarebbe dimostrato dagli atti adottati dal Direttore della Ripartizione il quale:
- ha sempre riconosciuto con plurimi atti successivi alla determina di decadenza, che il pagamento delle somme dovute per canoni di concessione pregressi, a fondamento del provvedimento di decadenza del 2019, avrebbe determinato il rinnovo della concessione sino al 2033, riconoscendo l’inesistenza di un provvedimento di decadenza;
- ha concesso la sospensione dei pagamenti dei canoni demaniali ai sensi dell’art. 34 del D.L. 30 dicembre 2019 n. 162, applicabile solamente alle concessioni in essere, dimostrando che la concessione del 2016 era valida ed efficace;
- ha concesso la sospensione dei procedimenti di cui all’art.100, comma 5, D.L. 14 agosto 2020, n. 104, riconoscendo che il procedimento di decadenza non era ancora concluso;
- ha richiesto ed in parte incassato i canoni di concessione per le annualità 2019 e 2020, riconoscendo che vi era una concessione in essere, in caso contrario avrebbe dovuto chiedere le somme a titolo di indennizzo;
- ha chiesto un parere all’Agenzia del Demanio in merito alla correttezza delle argomentazioni poste a fondamento del diniego opposto alla domanda di definizione agevolata proposta dall’appellante.
Il Direttore della Ripartizione Sviluppo Economico del Comune di Bari avrebbe quindi, con i propri atti manifestato la volontà dell’Amministrazione di sanare la morosità, ciò che può accadere all’evidenza, solo in un momento antecedente l’adozione del provvedimento di decadenza fondato proprio sulla morosità.
Ne consegue, secondo l’appellante, non vi erano motivi per l’odierna appellante di impugnare un provvedimento di decadenza già implicitamente revocato dall’Amministrazione.
Secondo l’appellante con la nota prot. n. 11265 del 15 gennaio 2020, il Direttore della Ripartizione Sviluppo Economico avrebbe sospeso l’efficacia del provvedimento di decadenza in attesa del tanto auspicato riordino della materia da parte del Legislatore, comunicando che “l’esecuzione della determinazione dirigenziale n. 2019/01463 di decadenza della concessione demaniale marittima n. 56/2016 (peraltro non impugnata nei termini di legge) è rinviata a data da destinarsi, dopo il 30.06.2020, subordinatamente alle decisioni del legislatore”.
La nota non indica il termine di sospensione ed anzi gli effetti del provvedimento di decadenza vengono sospesi sine die, legando peraltro la successiva decisione ad un accadimento futuro e incerto, per l’appunto le “decisioni del legislatore” sull’applicazione dei criteri OMI ai canoni pertinenziali.
Pertanto, in assenza di un termine, il provvedimento non sarebbe configurabile come sospensione bensì come vera e propria revoca del provvedimento di decadenza.
Tanto è vero che a distanza di quasi un anno, il Direttore avrebbe comunicato il “Riavvio del procedimento di decadenza della concessione demaniale marittima n. 56/2016” e, successivamente, ha applicato la sospensione del procedimento sino al 15 dicembre 2020, ai sensi dell’art.100, comma 5, d.l. n. 104/2020, applicabile esclusivamente ai procedimenti di decadenza pendenti.
3. Parte appellante lamenta altresì violazione ed erronea applicazione del combinato disposto di cui ai commi 2, 5, 7 e 9 dell’art. 100, del D.L. 14 agosto 2020, n. 104, convertito con modificazioni dalla Legge 13 ottobre 2020, n. 126. Eccesso di potere per travisamento dei fatti erronea presupposizione.
Secondo l’appellante, venuto meno il presupposto logico della mancata impugnazione della decadenza, verrebbe meno anche il conseguente diniego all’accesso al beneficio della definizione agevolata dichiarato dal Giudice di primo grado.
Ed infatti la sussistenza di un procedimento di decadenza pendente renderebbe la domanda dell’appellante ai fini dell’ottenimento dei benefici di cui al comma 7 dell’art. 100 d.l. n. 104/2020 pienamente conforme al dettato normativo.
Secondo l’appellante sarebbe stato proprio il Comune di Bari a concedere al ricorrente la sospensione del procedimento di decadenza sino al 15 dicembre 2020 per effetto del comma 5 dell’art.100 del d.l. 104/2020.
Ebbene il comma 5 ripropone in modo pressoché identico la previsione del successivo comma 7, disponendo la sospensione dei procedimenti di “decadenza della concessione per mancato versamento del canone, concernenti: a) le concessioni demaniali marittime per finalità turistico ricreative, con esclusivo riferimento a quelle inerenti alla conduzione delle pertinenze demaniali, laddove i procedimenti o i provvedimenti siano connessi all'applicazione dei criteri per il calcolo dei canoni di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494”.
Il comma 7, si rammenta, fa riferimento al contenzioso “derivante dall'applicazione dei criteri per il calcolo dei canoni ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera b), numero 2.1), del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494”.
4. L’appello è infondato.
Il collegio condivide la motivazione della sentenza appellata.
Nel caso in esame, è incontestato che il provvedimento di decadenza del 2019, comminato per il mancato pagamento dei canoni, oltre ad essere diventato definitivo, non sia stato oggetto di contestazione neppure con il ricorso proposto in primo grado.
Non sussiste, quindi, all’attualità un procedimento di decadenza “pendente”, come invece erroneamente ritenuto da parte ricorrente.
Non sussistono, quindi, come correttamente rilevato dalla P.A procedente, i presupposti per l’ammissione della ricorrente alla definizione agevolata della posizione debitoria nei sensi indicati dal comma 7 dell’art. 100 del d.l. 104/2020.
Analoghe conclusioni valgono per il provvedimento, gravato con motivi aggiunti, di riconsegna dell’immobile demaniale marittimo (nota prot 46948 del 23.2.2021), in assenza di contestazione di vizi ulteriori e propri del nuovo atto sopravvenuto in corso di causa.
Si tratta, infatti, di provvedimento vincolato consequenziale alla decadenza dell’atto concessorio (rimasta inoppugnata), del permanere della situazione debitoria della ricorrente (nonostante le plurime occasioni ad essa concesse dalla P.A per la relativa regolarizzazione) ed alla mancanza, nei sensi anzidetti, dei presupposti per l’ammissione alla speciale procedura agevolata prevista dal d.l 104/2020.
Come correttamente osservato dal comune di Bari, non è ravvisabile provvedimento “implicito” di secondo grado di revoca della decadenza della concessione che l’appellante vorrebbe dedurre dalla richiesta di pagamento dei canoni demaniali per gli anni 2019 e 2020.
Infatti:
- la ditta, a causa del beneficio della sospensione dell’esecuzione del rilascio del bene, ha comunque utilizzato l’immobile. Correttamente è stato quindi richiesto il pagamento del canone per gli anni 2019/2020;
- l’amministrazione comunale ha precisato alla parte che l’eventuale accoglimento dell’istanza di “ritiro” del provvedimento di decadenza della concessione fosse, in ogni caso, subordinata «all’effettivo deposito delle attestazioni di pagamento del canone di concessione demaniale fino all’anno 2020;
- la ditta non ha tuttavia saldato i propri debiti;
- l’amministrazione comunale non ha accolto l’istanza di ritiro del provvedimento di decadenza della concessione demaniale;
- la nota prot. 11265 in data 15 gennaio 2020 del Direttore della Ripartizione Sviluppo Economico del Comune di Bari concedeva proroga del rilascio del bene a dopo il 30 giugno 2020, senza che ciò comportasse l’apertura di un procedimento di autotutela del provvedimento di decadenza, che veniva espressamente richiamato nella sua vigenza.
Ne consegue che l’immobile doveva essere riconsegnato e che non sussistevano i presupposti per la definizione agevolata del pagamento dei canoni, ostandovi un provvedimento di decadenza già definito.
L’appello deve pertanto essere respinto.
Come in primo grado sussistono giusti motivi per compensare le spese del grado d’appello tra le parti.