Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2019-10-15, n. 201907029
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Testo completo
Pubblicato il 15/10/2019
N. 07029/2019REG.PROV.COLL.
N. 03221/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3221 del 2011, proposto dal signor P C, rappresentato e difeso dall’avvocato F S, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza Prati degli Strozzi, n. 22,
contro
Roma Capitale, già Comune di Roma, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati G F, R M e A Carda, con domicilio eletto presso gli uffici dell’avvocatura comunale in Roma, via del Tempio di Giove, n. 21,
per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, sezione seconda, n. 8977/2010, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Roma;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 4 giugno 2019, il consigliere Francesco Frigida;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Va preliminarmente rappresentato che, in data 30 maggio 2019, il difensore del signor P C ha depositato il certificato di morte dell’appellante.
Ciononostante, il Collegio ritiene di non poter dichiarare l’interruzione del processo, poiché, a tal fine, è necessario – ai sensi del combinato disposto degli articoli 79, comma 2, c.p.a. e 300, comma 1, c.p.c. – che la dichiarazione di decesso venga notificata alle controparti ovvero venga effettuata in udienza, il che non si è verificato nel caso di specie.
2. Con ordinanza n. 2553 del 12 febbraio 1992, il Comune di Roma ha intimato al signor P C il rilascio immediato dell’appartamento sito in Roma, via Labicana n. 92, scala B, interno 20, sul presupposto che questi lo avrebbe occupato abusivamente e tenuto conto che, in ogni caso, nei suoi confronti non sarebbe stata applicabile la disciplina di cui all’art. 6 della legge n. 392 del 1978, in quanto egli si sarebbe trasferito, fin dal 1986, in un diverso appartamento di sua proprietà.
3. Avverso tale ordinanza, il signor P C ha proposto il ricorso di primo grado n. 5234 del 1992, dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma.
Segnatamente, la parte privata ha sostenuto che erroneamente l’amministrazione comunale avrebbe qualificato l’immobile de quo come un alloggio di edilizia economica e popolare, mentre si tratterebbe di immobile privato acquisito dal Comune, inizialmente condotto in locazione dalla madre del signor P C e, successivamente al decesso della genitrice, da costui.
Il Comune di Roma si è costituito nel giudizio di primo grado, resistendo al ricorso.
4. Con l’impugnata sentenza n. 8977 del 30 aprile 2010, il T.a.r. per il Lazio, sezione seconda, ha respinto il ricorso, con compensazione tra le parti delle spese di lite.
In particolare, il collegio di primo grado ha affermato che « il ricorrente non fornisce alcuna prova di aver concluso un regolare contratto di locazione con l’Amministrazione comunale proprietaria dell’immobile, unico atto idoneo a caratterizzare legittimamente la conduzione di un immobile di