Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2017-03-02, n. 201700981

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2017-03-02, n. 201700981
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201700981
Data del deposito : 2 marzo 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/03/2017

N. 00981/2017REG.PROV.COLL.

N. 02155/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2155 del 2015, proposto dal Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore , e dall’U.T.G. – Prefettura di Roma, in persona del Prefetto pro tempore , entrambi rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro

-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocato A C, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2;

nei confronti di

Comune di Albano Laziale, non costituito in giudizio;
Comune di Pomezia, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per il Lazio, sede di Roma, sez. I- ter , n. 8064/2014, resa tra le parti, concernente il provvedimento di informativa antimafia emesso nei confronti di -OMISSIS-


visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;

viste le memorie difensive;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 febbraio 2017 il Consigliere Massimiliano Noccelli e uditi per -OMISSIS- l’Avvocato Maria Ida Leonardo su delega dichiarata dell’Avvocato A C e per le Amministrazioni appellanti l’Avvocato dello Stato Mario Antonio Scino;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’odierna appellata, -OMISSIS-, ha impugnato avanti al T.A.R. per il Lazio, sede di Roma, l’informativa antimafia emessa nei suoi confronti dalla Prefettura di Roma con provvedimento prot. n. 61392/Area I Bis/O.S.P. del 13 marzo 2014 e, articolando due distinte censure di illegittimità, ne ha chiesto, previa sospensione, l’annullamento.

1.1. Con successivi motivi aggiunti la ricorrente ha anche impugnato con due motivi, l’uno per illegittimità derivata e l’altro per illegittimità propria di queste, anche l’ordinanza contingibile ed urgente n. 11 del 3 aprile 2014, emessa dal Sindaco di Pomezia, e l’ordinanza contingibile ed urgente n. 98 dell’8 aprile 2014, emessa dal Sindaco di Albano Laziale, le quali hanno ordinato alla società di continuare il trattamento dei rifiuti solidi urbani e di assicurare la piena operatività degli impianti per il tempo strettamente necessario all’individuazione delle più opportune soluzioni e, comunque, per non più di tre mesi.

1.2. Si sono costituiti nel primo grado del giudizio il Ministero dell’Interno, il Comune di Pomezia e quello di Albano Laziale per resistere al ricorso e ai motivi aggiunti.

2. Il T.A.R. per il Lazio, sede di Roma, con la sentenza n. 8064 del 23 luglio 2014, ha annullato l’informativa antimafia e, per illegittimità derivata, anche le ordinanze comunali sopra menzionate.

2.1. Avverso tale sentenza hanno proposto appello il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Roma, che hanno articolato tre motivi di censura che saranno di seguito esaminati, e ne hanno chiesto la riforma, con conseguente reiezione del ricorso e dei motivi aggiunti proposti in primo grado da -OMISSIS-

2.2. Si è costituita l’appellata -OMISSIS- e ha chiesto la reiezione del gravame.

2.3. Nella pubblica udienza del 23 febbraio 2017 il Collegio, sentiti i difensori delle parti, ha trattenuto la causa in decisione.

2. L’appello è fondato.

3. Oggetto del presente giudizio è l’informativa antimafia emessa dalla Prefettura di Roma a carico di -OMISSIS- sulla base di due fondamentali elementi:

a) la pregressa informativa antimafia emessa il 29 novembre 2006 dalla Prefettura di Roma, ai sensi dell’art. 10 del d.P.R. n. 252 del 1998, a carico della medesima società;

b) le ordinanze applicative di misure cautelari personali emesse dal G.I.P. presso il Tribunale di Roma nei confronti di -OMISSIS-, ritenuto il dominus del gruppo imprenditoriale al quale è riconducibile anche -OMISSIS-, e dei suoi numerosi collaboratori, per i delitti di associazione a delinquere (art. 416 c.p.) e di traffico illecito di rifiuti (art. 260 del d. lgs. n. 152 del 2006), nonché il decreto di sequestro preventivo emanato a carico della stessa società.

3.1. Il T.A.R. per il Lazio, con la sentenza qui impugnata, ha ritenuto tali elementi inidonei a giustificare la valutazione prefettizia di permeabilità mafiosa dell’impresa e la conseguente emissione del provvedimento antimafia a carattere interdittivo.

4. Con un primo motivo (pp.

5-9 del ricorso) il Ministero dell’Interno lamenta la violazione dell’art. 84, comma 4, lett. a), del d. lgs. n. 159 del 2011 da parte del primo giudice, che erroneamente avrebbe affermato l’inidoneità del solo procedimento penale, avente ad oggetto l’accertamento di traffico illecito di rifiuti, a giustificare l’emissione di una informativa antimafia, senza verificare se la fattispecie di reato costituisca o meno indice di rischio di infiltrazione da parte della criminalità di stampo mafioso.

4.1. Secondo il T.A.R. per il Lazio, infatti, sebbene sia esatto che le organizzazioni mafiose, comunque denominate, abbiano ormai da anni grande interesse nel settore dei rifiuti, tanto che è stato coniato da anni il termine “ecomafie”, ciò non implica necessariamente che tutti i soggetti sottoposti a misura cautelare o rinviati a giudizio con l’imputazione di essere coinvolti nel traffico illecito di rifiuti siano ipso facto a rischio di collusione con ambienti della criminalità organizzata e che, come tali, non forniscano più sufficienti garanzie per la p.a.

4.2. Questa valutazione o, in altri termini, presunzione non può essere assoluta, tenuto conto degli effetti dirompenti prodotti dall’informativa, ma deve essere relativa, dovendo il Prefetto comunque verificare, prima di adottare il provvedimento, l’esistenza della concreta possibilità di interferenze mafiose, come del resto si evincerebbe anche dalla circolare ministeriale sopra ricordata.

4.3. Il primo giudice ha fatto propria la tesi secondo cui, a norma dell’art. 84, comma 4, lett. a), del d. lgs. n. 159 del 2011, a giustificare l’informativa « non basta il titolo del reato riportato nel provvedimento del giudice penale, ma occorre esaminare il contenuto dell’ordinanza o della sentenza del giudice penale e rintracciare nel provvedimento stesso gli indizi da cui desumere il rischio di contiguità con la malavita organizzata, e dunque l’inaffidabilità dell’impresa » (p. 19 della sentenza impugnata).

4.4. Questo assunto è tuttavia avversato dal Ministero appellante, il quale sostiene che l’elencazione dei titoli di reato, contenuta nell’art. 84, comma 4, lett. a), del d. lgs. n. 159 del 2011, sarebbe di per sé esaustiva, nel senso che per quei reati il legislatore ha inteso operare a monte una valutazione circa il pericolo di infiltrazione mafiosa, in quanto si tratta di fattispecie che destano maggiore allarme sociale, intorno alle quali con maggiore regolarità statistica gravita il mondo della criminalità organizzata di stampo mafioso.

4.5. Il motivo, con le precisazioni che ora seguiranno, merita condivisione.

4.6. Occorre anzitutto ricordare che, secondo la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio, il Prefetto può e non deve già desumere elementi di infiltrazione mafiosa dalla contestazione dei reati previsti dall’art. 84, comma 4, lett. a) del d. lgs. n. 159 del 2011.

4.7. A mente dell’art. 84, comma 4, lett. a), del d. lgs. n. 159 del 2011, le situazioni relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa che danno luogo all’adozione dell’informazione antimafia interdittiva, di cui al comma 3, sono desunte, fra l’altro, « dai provvedimenti che dispongono una misura cautelare o il giudizio, ovvero che recano una condanna anche non definitiva per taluni dei delitti di cui agli articoli 353, 353-bis, 629, 640-bis, 644, 648-bis, 648-ter del codice penale, dei delitti di cui all’articolo 51, comma 3- bis , del codice di procedura penale e di cui all’articolo 12-quinquies del d.l. 8 giugno 1992, n. 306 convertito, con modificazioni, dalla l. 7 agosto 1992, n. 356 ».

4.8. Ora questo Consiglio ha distinto nettamente il valore estrinseco del provvedimento giurisdizionale emesso in sede penale per uno dei delitti-spia dell’art. 84, comma 4, lett. a), quale fatto sintomatico dell’infiltrazione mafiosa, dal contenuto intrinseco di tale provvedimento, ossia dall’« apprezzamento che il Prefetto compie della sentenza » – o di altro provvedimento in sede penale –« e, cioè, il valore intrinseco che il contenuto della sentenza assume nella valutazione discrezionale compiuta dall’autorità » (Cons. St., sez. III, 24 luglio 2015, n. 3653).

4.9. L’informativa antimafia è infatti per sua stessa ragion d’essere un provvedimento discrezionale, e non vincolato, che deve fondarsi su di un autonomo apprezzamento degli elementi delle indagini svolte, o dei provvedimenti emessi in sede penale, da parte dell’autorità prefettizia.

4.10. Il Prefetto, in altri termini, deve necessariamente tenere in conto l’emissione o, comunque, il sopravvenire di un provvedimento giurisdizionale, nel suo valore estrinseco, tipizzato dal legislatore, di fatto sintomatico dell’infiltrazione mafiosa a fronte di uno dei delitti-spia previsti dall’art. 84, comma 4, lett. a), del codice delle leggi antimafia, ma deve nel contempo effettuarne un autonomo apprezzamento, nel suo contenuto intrinseco, delle risultanze penali, senza istituire un automatismo tra l’emissione del provvedimento cautelare in sede penale e l’emissione dell’informativa ad effetto interdittivo.

4.11. E tanto l’autorità prefettizia ha correttamente fatto, nel caso di specie, perché l’informativa antimafia adottata dal Prefetto di Roma riporta, valuta e valorizza i gravi indizi di colpevolezza che hanno giustificato l’emissione della misura degli arresti domiciliari nei confronti di -OMISSIS- e dei suoi collaboratori e/o fiduciari (tra i quali, come si dirà, -OMISSIS-), accusati di essersi associati al fine di commettere una serie indeterminata di reati di abuso d’ufficio, falso in atto pubblico, traffico di rifiuti, truffa aggravata, frode nelle pubbliche forniture, gestione illecita di rifiuti e comunque atti o attività illeciti necessari a consentire il mantenimento o l’ampliamento della posizione di sostanziale monopolio dello stesso -OMISSIS- e delle sue aziende nel settore della gestione dei rifiuti solidi urbani, prodotti dai Comuni insistenti all’interno della Regione Lazio, nonché di aver posto in essere sistematiche violazioni dell’art. 260 del d. lgs. n. 152 del 2006 perché, anche in tempo diversi e in concorso tra loro, al fine di consentire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l’allestimento di mezzi e attività continuative organizzate gestivano abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti.

4.12. Si tratta di condotte gravi, compendiate nell’ipotesi accusatoria, il cui impianto ha retto al vaglio del G.I.P. presso il Tribunale di Roma, di associazione a delinquere (art. 416 c.p.) e, appunto, di traffico illecito di rifiuti (art. 260 del d. lgs. n. 152 del 2006), fattispecie delittuose che entrambe giustificano, per la loro alta sintomaticità mafiosa, l’emissione dell’informativa antimafia.

4.13. Non è mancata, come sostiene invece il primo giudice, un’autonoma valutazione di tali fattispecie da parte dell’autorità prefettizia, che ha singolarmente elencato e valutato la posizione di -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, e tutta la galassia di figure, società, cointeressenze, gravitanti attorno all’egemonica figura di -OMISSIS-, ed ha correttamente ricordato, proprio nell’ incipit dell’apparato motivazionale, l’emissione di una precedente informativa a carico della società con provvedimento del 29 novembre 2006 ai sensi dell’art. 10 del d.P.R. n. 252 del 1998, all’epoca vigente.

4.14. Elemento, questo, che, pur nella sua laconicità, non è un mero dato d’archivio o una semplice notazione dal sapore cronachistico, quasi atteggiandosi a considerazione estemporanea o marginale nel compendio argomentativo del provvedimento, ma che al contrario, come si dirà, assume una centrale evidenza e fondamentale rilevanza all’interno di tale compendio.

4.15. Di qui, per le ragioni vedute, l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha ritenuto che il provvedimento prefettizio non abbia esaminato il contenuto dell’ordinanza e non abbia rintracciato in esso gli elementi di collegamento con la criminalità organizzata, ché anzi esso ha rinvenuto tali elementi proprio nell’ipotizzato sodalizio criminoso costituito e diretto da -OMISSIS- attraverso il gruppo imprenditoriale da lui costituito e diretto per anni.

4.16. L’informativa antimafia qui in esame, infatti, ha fatto proprio e rielaborato il contenuto dell’ordinanza e ha evidenziato che tali elementi consistono proprio nelle imputazioni di associazioni a delinquere e di traffico illecito di rifiuti nei confronti di -OMISSIS- e dei suoi collaboratori per mantenere, sostanzialmente, con metodi illeciti un sostanziale monopolio sulla gestione di tali rifiuti nell’intero Lazio, rifiuti abusivamente gestiti.

4.17. Nemmeno può condividersi, quanto allo specifico profilo del traffico illecito dei rifiuti, l’eccessiva svalutazione dell’art. 260 del d. lgs. n. 152 del 2006 che la sentenza qui impugnata effettua del suo valore sintomatico ai fini che qui rilevano.

4.18. La consolidata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha ribadito, anche di recente, che il delitto di cui all’art. 260 del d. lgs. n. 152 del 2006 costituisce elemento in sé bastevole a giustificare l’emissione dell’informativa, perché il disvalore sociale e la portata del danno ambientale connesso al traffico illecito di rifiuti rappresentano, già da soli, ragioni sufficienti a far valutare con attenzione i contesti imprenditoriali, nei quali sono rilevati, in quanto oggettivamente esposti al rischio di infiltrazioni di malaffare che hanno caratteristiche e modalità di stampo mafioso (v., ex plurimis , Cons. St., sez. III, 21 dicembre 2012, n. 6618;
Cons. St., sez. III, 28 aprile 2016, n. 1632;
Cons. St., sez. III, 28 ottobre 2016, n. 4555 e n. 4556).

4.19. La presenza di legami con la criminalità organizzata, a fronte di tale grave condotta, è data per presupposta dal legislatore, con una praesumptio iuris tantum che certamente, in ciò si può convenire con la difesa della società appellata, deve ammettere la prova contraria, non potendosi postulare un automatismo tra l’emissione dell’ordinanza e l’emissione dell’informativa, ma che nel caso di specie, per quanto si dirà, non è stata offerta dalla stessa società appellata, la quale si è limitata ed eccepire – v., in particolare, pp.

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