Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-12-27, n. 201908828

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-12-27, n. 201908828
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201908828
Data del deposito : 27 dicembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/12/2019

N. 08828/2019REG.PROV.COLL.

N. 03376/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3376 del 2019, proposto da
Ministero dell'economia e delle finanze, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

Comune di Taranto, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato A V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giuseppe Pecorilla in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, (Sezione Prima) n. 1481 del 2018, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune di Taranto;

Viste le memorie delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 novembre 2019 il Cons. Elena Quadri e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Palatiello e l’avvocato Vantaggiato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il Ministero dell'economia e delle finanze ha impugnato la deliberazione del Consiglio comunale di Taranto n. 54 del 27 marzo 2018, recante la determinazione delle aliquote del tributo per i servizi indivisibili (TASI) per l’anno 2018.

Con sentenza n. 1481 del 2018 il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, ha dichiarato inammissibile il ricorso, in ragione della natura non regolamentare della delibera impugnata.

La sentenza è stata appellata dal Ministero, che ha proposto i seguenti motivi di gravame:

I) violazione e falsa applicazione dell’art. 52, comma 4, del d.lgs. n. 446 del 1997;
violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 676, secondo periodo, della legge n. 147 del 2013;
erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto;
motivazione erronea ed insufficiente;

II) violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 28, della legge n. 208 del 2015;
erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto;
motivazione erronea ed insufficiente;

III) violazione e falsa applicazione dell’art. 52, comma 1, del d.lgs. n. 446 del 1997 e dell’art. 23 della Costituzione;
erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto;
motivazione erronea ed insufficiente.

Si è costituito per resistere all’appello il Comune di Taranto.

Successivamente le parti hanno prodotto memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.

All’udienza pubblica del 21 novembre 2019 l’appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Giunge in decisione l’appello proposto dal Ministero dell'economia e delle finanze contro la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, n. 1481 del 2018, che ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto in primo grado dal Ministero appellante per l’annullamento della delibera consiliare del Comune di Taranto n. 54 del 27 marzo 2018 di determinazione delle tariffe del tributo comunale per i servizi indivisibili (TASI).

La sentenza ha dichiarato il ricorso inammissibile perché l’atto impugnato non rivestirebbe la forma regolamentare e sarebbe atto diverso dal Regolamento Tasi, approvato con DCC n. 24/2018 del 16 marzo 2018, l’unico a poter costituire oggetto di impugnativa.

Riguardo alle eccezioni preliminari di inammissibilità del ricorso di primo grado riproposte dal Comune, deve richiamarsi l’orientamento più volte espresso da questo Consiglio, per il quale l'articolo 52, comma 4, d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 testualmente prevede che il Ministero dell'Economia e delle Finanze " può impugnare i regolamenti sulle entrate per vizi di legittimità avanti agli organi di giustizia amministrativa ".

La disposizione attribuisce al Ministero dell'economia e delle finanze una legittimazione straordinaria a ricorrere, per l'annullamento, per motivi di legittimità, dei regolamenti e degli atti adottati dall'ente locale in materia di entrate. Tale legittimazione spetta ex lege a prescindere, oltre che dalla titolarità di una posizione giuridica differenziata in capo al Ministero, anche dall'esistenza di una lesione attuale e concreta alla prerogative del Ministero o agli specifici interessi istituzionali di cui lo stesso risulti portatore.

L'articolo 52 del d. lgs. n. 446 del 1977 attribuisce [...] al Ministero dell'economia e delle finanze una sorta di legittimazione straordinaria a ricorrere alla giustizia amministrativa, per l'annullamento dei regolamenti e degli atti in materia di tributi adottati dall'ente locale, per motivi di legittimità. Tale legittimazione, conferita al Ministero dalla norma citata, prescinde dall'esistenza di una lesione di una situazione giuridica tutelabile in capo allo stesso dicastero, configurandosi come una legittimazione ex lege, esclusivamente in funzione e a tutela degli interessi pubblici la cui cura è affidata al Ministero dalla stessa legge ” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 15 gennaio 2018, n. 175;
17 gennaio 2018, n. 263;
29 agosto 2017, n. 4104;
17 luglio 2014, n. 3817).

Invero, l’impugnazione da parte del Ministero è diretta ad assicurare che l’autonomia finanziaria di entrata del comune si esplichi in armonia con i “ principi e criteri direttivi concernenti il coordinamento e l’autonomia di entrata e di spesa degli enti locali ” dettati dall’art. 12 della legge 5 maggio 2009, n. 42, di attuazione dell’art. 119 della Costituzione.

In particolare, la lettera a) del comma 1 di detto art. 12 contempla il principio secondo cui la legge statale stabilisce le aliquote di riferimento dei tributi propri dei comuni valide per tutto il territorio nazionale, “ garantendo una adeguata flessibilità ”. Nel caso di specie, invero, i limiti di tale flessibilità sono stati superati, avendo il comune di Taranto assoggettato una fattispecie impositiva ad un prelievo a titolo di IMU e di TASI superiore alla misura massima consentita dalla legge.

Riguardo alla mancata impugnazione da parte del Ministero del regolamento di disciplina della TASI approvato dal comune di Taranto con deliberazione consiliare n. 24 del 16 marzo 2018, circostanza da cui deriverebbe l’assunta inammissibilità per difetto di interesse del ricorso averso la deliberazione impugnata in primo grado, deve osservarsi che, mentre quest’ultima costituisce l’atto avente la portata richiesta dall’art. 1, comma 28, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, ai fini dell’applicabilità della maggiorazione della TASI per l’anno 2019, vale a dire quella di espressa deliberazione con cui il Comune, per l’anno 2019, manifesta la volontà di “ continuare a mantenere … la stessa aliquota confermata per gli anni 2016, 2017 e 2018 ”, l’art. 6, comma 7 del regolamento approvato con la citata deliberazione n. 24 del 2018, ha natura di mera clausola di stile, generica e non riferita ad uno specifico anno d’imposta, come, invece, espressamente preteso dall’art. 1, comma 28, della legge 28 dicembre 2015, n. 208.

Dall’inidoneità del regolamento a costituire espressa conferma della maggiorazione per l’anno 2018, consegue che lo stesso è atto privo, sotto questo profilo, di capacità lesiva, capacità che, invece, deve essere riconosciuta alla deliberazione n. 54 oggetto d’impugnativa.

Riguardo, poi, alla mancata impugnazione della deliberazione n. 70 del 2017, la stessa costituisce l’atto di approvazione del bilancio di previsione finanziario 2017-2019 e non dispone la conferma della maggiorazione della TASI, non potendo, quindi, costituire oggetto di impugnazione da parte del Ministero per difetto di legittimazione attiva, non trattandosi di una deliberazione recante la disciplina dei tributi locali.

Tanto premesso in tema di legittimazione e di interesse, l’appello è fondato.

Come risulta dal costante orientamento della giurisprudenza amministrativa (cfr., fra le tante, Cons. Stato, sez. V, 28 agosto 2014 , n. 4409), ciò che, in definitiva, rileva ai fini della legittimità dell’atto di determinazione delle aliquote della TASI, come di quelle dell’IMU e dell’addizionale comunale all’IRPEF, è che esso sia adottato da parte del Consiglio comunale, titolare del potere regolamentare in materia tributaria ai sensi dell’art. 42, comma 2, lett. f), del d.lgs. 8 agosto 2000, n. 267, recante il Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, irrilevante restando il fatto che la determinazione assunta dall’organo consiliare abbia o meno la forma di regolamento.

Atteso, quindi, che sia il regolamento che la deliberazione di approvazione delle aliquote e delle tariffe dei tributi locali devono essere ricondotti all’autonomia regolamentare attribuita agli enti locali in materia di entrate dall’art. 52 del d.lgs. n. 446 del 1997, e, in particolare, dal comma 1 di tale disposizione normativa, appare evidente che il potere di impugnazione di cui al comma 4 del citato art. 52 può essere esercitato con riferimento ad entrambe le tipologie di atti.

Riguardo, invece, alle modalità di conferma della maggiorazione delle aliquote TASI di cui all'art. 1, comma 677, terzo periodo, della legge n. 147 del 2013, come già statuito di recente dalla sezione, la disposizione che ne disciplina l’applicazione oltre l’anno 2015, vale a dire l’art. 1, comma 28, della legge n. 208 del 2015, ha natura eccezionale.

Tale norma individua espressamente quale condizione per la valida conferma della maggiorazione nell'anno 2017 la vigenza della medesima anche per l'anno 2016.

In questo caso, pertanto, la tardiva approvazione della delibera del 2016 incide anche sulle delibere 2017 e sul 2018, perché per gli incrementi TASI la legge consente di mantenere la maggiorazione solo ai Comuni che abbiano validamente deliberato di farlo nel 2016: se cade la delibera del 2016 (per la violazione del termine perentorio stabilito dalla legge) cadono quindi anche le delibere degli anni successivi (2017 e 2018).

La formulazione letterale della disposizione, secondo cui i comuni, per l'anno 2017, possono "continuare a mantenere" la stessa maggiorazione confermata per l'anno 2016, chiarisce, in particolare, che non vi deve essere stata soluzione di continuità nell'applicabilità della maggiorazione, circostanza che, con tutta evidenza, nel caso di specie non si è verificata ” (Cons. Stato, sez. V, 7 gennaio 2019, n. 121).

Nel caso di specie, la deliberazione di conferma della maggiorazione per l’anno 2017 è stata approvata tardivamente (il 3 maggio 2017, a fronte del termine del 31 marzo stabilito dall’art. 5, comma 11, del d.l. n. 244 del 2016), e non è stata mai pubblicata sul sito del Ministero.

Dunque, essendosi verificata soluzione di continuità nell'applicabilità della maggiorazione, nonostante la deliberazione consiliare n. 54 del 2018 – contenente la maggiorazione della TASI per il 2018 - sia stata regolarmente pubblicata sul sito governativo, la circostanza che la maggiorazione non fosse stata efficacemente confermata per l’anno 2017 implicava che la stessa non potesse essere utilizzata nemmeno per il successivo anno 2018.

Alla luce delle suesposte considerazioni l’appello va accolto.

Sussistono, tuttavia, in considerazione delle peculiarità della presente controversia, giusti motivi per disporre l’integrale compensazione fra le parti delle spese dei due gradi di giudizio.

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