Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-08-22, n. 202307910

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-08-22, n. 202307910
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202307910
Data del deposito : 22 agosto 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/08/2023

N. 07910/2023REG.PROV.COLL.

N. 04071/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 4071 del 2020, proposto da
Colt Technology Services s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati N M e M G, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

contro

Comune di Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati A M, R M, E B e G L, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

nei confronti

Consorzio Mm4, Spv Linea M4 s.p.a., non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (Sezione quarta) n. 2408/2019, resa tra le parti.


Visto il ricorso in appello;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Milano;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del 6 giugno 2023 il Cons. A B e uditi per le parti gli avvocati Giustiniani e Barbagiovanni;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il Comune di Milano disponeva che Colt Technology Services s.p.a., quale titolare di una rete di comunicazione elettronica (TLC) collocata nel sottosuolo comunale concesso con convenzione del 20 novembre 1998, richiamante il regolamento comunale approvato con delibera consiliare n. 76 del 27 luglio 1998 avente a oggetto tale tipologia di concessioni, provvedesse allo spostamento delle reti presso la nuova infrastruttura appositamente realizzata dal Comune, stante la loro interferenza con il tracciato della costruenda linea 4 della metropolitana di Milano, inserita dal CIPE nel programma delle infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale ex lege 21 dicembre 2001, n. 443.

Chiariva che i costi della nuova infrastruttura, alla luce della convenzione e del regolamento ivi richiamato, restavano a carico dell’Amministrazione, mentre la società avrebbe dovuto farsi carico delle spese del trasferimento, escluso l’obbligo di rimborso.

Non avendo la società provveduto a tale adempimento, l’Amministrazione comunale, con due ordinanze (n. 6/2016 e n. 3/2017) adottate ai sensi dell’art. 21- ter della l. 7 agosto 1990, n. 241, le ingiungeva il predetto spostamento, pena l’esecuzione in danno e la revoca della convenzione.

2. Con ricorso e motivi aggiunti proposti dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia la società impugnava dette ordinanze, in uno agli atti presupposti.

L’adito T, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava l’impugnativa e compensava le spese del giudizio.

3. La società ha appellato la sentenza, avverso cui ha dedotto: 1) Errores in iudicando ;
illegittimità per violazione della disciplina speciale e derogatoria prevista in favore delle reti di comunicazione elettronica (Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 35, 93 e 88 del d.lgs. 1 agosto 2003, n. 259;
violazione e falsa applicazione dell’art. 12 comma 3 del d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 33;
violazione e falsa applicazione delle direttive nn. 2009/136/CE, 2009/140/CE, 2002/19/CE, 2002/20/CE, 2002/21/CE, 2002/22/CE, 2002/77/CE e 2014/61/UE;
eccesso di potere per violazione del principio di non discriminazione;
violazione della circolare del Ministero dell’economia e delle finanze n. 1/DF del 20 gennaio 2009;
difetto di istruttoria e per travisamento dei presupposti in fatto e in diritto);
2) Errores in iudicando per violazione della disciplina degli appalti relativa alla risoluzione delle interferenze (Violazione e falsa applicazione degli artt. 170 e 171 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163;
violazione della determinazione CIPE del 9 settembre 2013;
incompetenza;
eccesso di potere per travisamento dei presupposti in fatto e in diritto, carenza di istruttoria, ingiustizia manifesta;
contraddittorietà estrinseca con precedenti determinazioni della pubblica amministrazione;
3) Errores in iudicando rispetto all’incompetenza (Incompetenza;
violazione e falsa applicazione dell’art 107 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267;
violazione e falsa applicazione dell’art. 378 della l. 20 marzo 1865, n. 2248, All. F.;
violazione dell’art. 97 Cost.;
eccesso di potere per carenza dei presupposti in fatto e in diritto;
violazione del giusto procedimento;
sviamento);
4) Errores in iudicando sull’illegittimità per introduzione di prestazioni patrimoniali in violazione della riserva di legge ex art. 23 Cost. (Violazione dell’art. 23 Cost.;
eccesso di potere per difetto dei presupposti in fatto e in diritto;
carenza di istruttoria);
5) Errores in iudicando sul quinto e sesto motivo di ricorso e dei motivi aggiunti (Violazione e falsa applicazione degli artt. 88, 93 del d.lgs. 259/2003, e dell’art. 12 del d.lgs. 33/2016 sotto altro profilo;
violazione dell’art. 23 Cost.;
eccesso di potere per difetto dei presupposti in fatto ed in diritto;
carenza di istruttoria);
VI) In via subordinata: questione di compatibilità con il diritto europeo e istanza di rinvio pregiudiziale alla CGUE ex art. 267 comma 3, TFUE. Ha domandato la riforma della sentenza impugnata e l’annullamento degli atti impugnati nel giudizio di primo grado ovvero, in subordine, la rimessione della questione alla CGUE per violazione e contrasto con il diritto eurounitario.

4. Il Comune di Milano si è costituito in resistenza, concludendo per la reiezione del gravame, di cui ha illustrato l’infondatezza.

L’appellante ha depositato una memoria di replica.

5. La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 6 giugno 2023.

6. Va prioritariamente esaminato il terzo motivo di appello, afferente alla competenza all’adozione degli atti gravati, il cui eventuale accoglimento assorbirebbe ogni altra censura.

6.1. Sul punto, si osserva che la società aveva sostenuto in primo grado che le gravate ordinanze, firmate dal dirigente del Settore infrastrutture per la mobilità, quali atti di autotutela possessoria, avrebbero dovuto esse adottate o da altro dirigente (segnatamente, il responsabile del Settore gestioni e occupazioni del suolo) ovvero dal Sindaco.

6.2. Il T, qualificati i provvedimenti impugnati come atti di risoluzione delle interferenze fra l’opera strategica in fase di attuazione e i sottoservizi preesistenti, e non come atti di autotutela possessoria, e rilevatane la natura gestionale, ha ritenuto la loro spettanza alla struttura dirigenziale e non all’organo elettivo (art. 107 d.lgs. 267/2000).

Ha poi osservato che la ripartizione dei compiti all’interno della struttura burocratica non poteva dare luogo a una questione di competenza, perché anche laddove le ordinanze fossero state ascrivibili alla competenza di un ufficio diverso da quello che ha agito, restava comunque la loro imputabilità al Comune di Milano, autorità titolare del potere in concreto esercitato.

6.3. Con il motivo in esame l’appellante lamenta l’erroneità di tale capo di sentenza.

Ribadisce che la competenza all’adozione delle ordinanze impugnate apparteneva in via esclusiva al responsabile del Settore gestioni e occupazioni del suolo, deputato all’attuazione del regolamento TLC, o, al più, alla luce del riparto delle competenze di cui all’art. 107 d.lgs. 267/2000, al dirigente del Settore gestione occupazioni suolo catasto e SIT, funzionario cui spettavano le potestà sanzionatorie relative alle asserite inadempienze al disciplinare concessorio che si traducono in atti riconducibili alla potestà di autotutela sul bene concesso in uso, quale l’ordine di spostamento dell’impianto dallo spazio di sottosuolo concesso o l’esecuzione in danno. Soggiunge che trattasi di vizio non sanabile ai sensi dell’art. 21- octies comma 2 della l. 241/1990, non avendo detti atti carattere vincolato.

6.4. Il motivo è infondato, dovendosi confermare le conclusioni del T.

Queste, in primo luogo, sono coerenti con la puntuale qualificazione dei provvedimenti impugnati effettuata nella sentenza (atti di risoluzione delle interferenze fra l’opera strategica in fase di attuazione e i sottoservizi preesistenti, e non atti di autotutela possessoria), che non è stata qui specificamente contestata, limitandosi l’appellante a ripetere assertivamente che trattasi di provvedimenti di autotutela possessoria.

Inoltre, il soggetto firmatario delle ordinanze in parola ha espressamente speso, prima ancora della qualità di dirigente del Settore infrastrutture, quella di RUP di attività connesse alla realizzazione della Linea 4 della Metropolitana di Milano, da cui l’applicazione, ratione temporis , dell’art 10 comma 1 del Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. 163/2006, secondo cui tale figura svolge tutti i compiti relativi alle procedure di affidamento non specificamente attribuiti ad altri organi o soggetti.

7. Il primo e il secondo motivo di appello possono essere congiuntamente esaminati.

8. Il primo mezzo si dirige avverso la parte della sentenza impugnata che ha respinto le censure relative all’erronea applicazione del regolamento comunale del 1998 e la conseguente illegittimità dell’imposizione a carico della società dell’onere economico relativo alla risoluzione dell’interferenza tra la costruenda nuova linea metropolitana M4 e la rete esistente.

In particolare, la società aveva sostenuto che il predetto regolamento, assunto a presupposto degli atti gravati, era illegittimo per contrasto con l’art. 93 del Codice delle comunicazioni elettroniche di cui al d.lgs. 259/2003, norma che, come confermato dall’interpretazione autentica di cui all’art. 12 del d.lgs. 33/2016, stabilendo in via speciale e derogatoria che le reti di TLC sono soggette esclusivamente al pagamento della Tosap/Cosap, ha abrogato o reso comunque illegittime tutte le norme legislative e regolamentari antecedenti con essa in contrasto.

Reiterando tale tesi, l’appellante lamenta l’erroneità della sentenza impugnata, che, sul presupposto che l’esenzione di cui all’art. 93 del Codice delle comunicazioni elettroniche afferisca ai soli casi in cui gli operatori occupano un suolo pubblico, mentre non riguardi la “ diversa ipotesi in cui si debba spostare l’impianto preesistente per superiori ragioni d’interesse pubblico ”, ha riferito il ridetto art. 93 solo “ agli oneri che detti soggetti devono sostenere per l’ordinario svolgimento della loro attività economica ” e non all’ipotesi, del tutto eventuale, non rientrante tra i costi che ordinariamente sostiene il gestore per fornire il servizio in questione, “ in cui si debbono spostare una tantum, gli impianti per consentire la realizzazione di un’opera pubblica ”.

Per l’appellante, siffatta conclusione nega indebitamente l’intervenuta abrogazione, modifica o sostituzione, a opera dell’art. 93 del Codice delle comunicazioni elettroniche, delle contrastanti disposizioni del regolamento comunale del 1998, così affermandone la perdurante applicabilità e l’applicazione al caso di specie per via dell’espresso rinvio contenuto nella convenzione stipulata tra il Comune e la società.

Invece, per la società, le previsioni del regolamento comunale richiamate nella concessione per l’occupazione di suolo pubblico sono state incise dalla disciplina speciale e derogatoria del Codice delle comunicazioni elettroniche, e segnatamente:

- dall’art. 93 comma 1, secondo cui le pubbliche amministrazioni “ non possono imporre per l’impianto di reti o per l’esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, oneri o canoni che non siano stabiliti per legge ”;

- dall’art. 93 comma 2, per il quale nessun altro onere finanziario, reale o contributo può essere imposto in conseguenza dell’esecuzione delle opere previste dal Codice o per l’esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, fatta salva l’applicazione della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (Tosap) oppure del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (Cosap);

- dall’art. 88 comma 10, laddove prevede che “ salve le disposizioni di cui all’articolo 93, nessuna altra indennità è dovuta ai soggetti esercenti pubblici servizi o proprietari, ovvero concessionari di aree pubbliche, in conseguenza di scavi ed occupazioni del suolo, pubblico o privato, effettuate al fine di installare le infrastrutture di comunicazione elettronica ”.

In definitiva, per l’appellante, alla luce di dette norme, le amministrazioni non possono richiedere agli operatori di TLC oneri diversi da quelli tipizzati, ancorché previsti in fonti normative antecedenti (in parte abrogate), successive ma generali (non applicabili in base al principio di specialità), regolamentari e amministrative. Tanto anche alla luce dell’art. 12 comma 3 del d.-l. 33/2016, che, nella formulazione risultante dalle modifiche di cui all’art. 8- bis comma 1 lett. c) del d.-l. 135/2018, convertito dalla l. 12/2019, stabilisce che “ l’articolo 93, comma 2, del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, e successive modificazioni, si interpreta nel senso che gli operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica possono essere soggetti soltanto alle prestazioni e alle tasse o canoni espressamente previsti dal comma 2 della medesima disposizione ”.

Soggiunge l’appellante: che si tratta di un regime speciale e abrogativo in via tacita, ai sensi dell’art. 15 delle Preleggi, di tutte le norme precedenti in contrasto, e che, come affermato da varie sentenze della Corte costituzionale, è insuscettibile di deroga;
che, sempre per via della sua specialità, la giurisprudenza amministrativa ha sottolineato che il Codice delle comunicazioni elettroniche è un corpo unitario che prevale sulle altre fonti legislative, tanto di carattere statale che regionale, e ha escluso in numerosi precedenti l’applicazione alle reti di comunicazione elettronica di oneri aggiuntivi rispetto a quelli di cui all’art. 93, principio che vale a maggior ragione nel caso di specie, in quanto i predetti precedenti riguardavano canoni previsti da norme legislative antecedenti al Codice mentre, nel caso di specie, l’onere patrimoniale di cui è causa è imposto da un mero regolamento comunale, privo di copertura legislativa;
che anche la Corte di Cassazione in numerose pronunzie ha dichiarato, in via incidentale, l’illegittimità di atti amministrativi con cui era stato previsto il pagamento di canoni od oneri nei confronti delle reti di comunicazioni elettroniche e affermato, in via principale, la non debenza delle somme in tal senso pretese dalle Amministrazioni pubbliche titolari del potere impositivo.

Secondo la società, la sentenza impugnata ha quindi erroneamente escluso l’applicabilità alla fattispecie in esame del ridetto art. 93, a nulla rilevando che gli oneri siano ordinari oppure eventuali, trattandosi pur sempre di costi a carico degli operatori TLC che, in applicazione del regolamento comunale, condizionano il rilascio e il mantenimento della concessione per l’occupazione di suolo pubblico: l’onere per cui è causa sarebbe infatti uno di quei tipici oneri che sono oggi incompatibili con la disciplina speciale e derogatoria introdotta con l’art. 93 del Codice delle comunicazioni elettroniche, che riguarda tutti gli oneri che l’amministrazione pretende di volta in volta di applicare, senza distinguere tra oneri ordinari ed eventuali ovvero dovuti al momento del rilascio della concessione o necessari nel corso di esecuzione della stessa.

9. Il secondo mezzo avversa la parte della sentenza con cui il T, una volta respinta la tesi ricorsuale della rilevanza nella fattispecie dell’art. 93 del Codice delle comunicazioni elettroniche rispetto al regolamento comunale TLC del 1998, e affermata quindi la perdurante validità di questo, ha ritenuto l’applicabilità degli artt. 170, Interferenze , e 171, Risoluzione delle interferenze , del d.lgs. 163/2006, previgente Codice dei contratti, applicabile ratione temporis .

Segnatamente, il T ha escluso l’applicazione della regola generale posta dai predetti articoli, che addossa l’onere economico delle interferenze a carico del soggetto che realizza l’opera pubblica, rinvenendo invece i presupposti per applicare la regola eccezionale di cui all’art. 171 comma 5, che, in via derogatoria, pone detto onere a carico del soggetto privato laddove sussistano accordi negoziali in tal senso delle parti, che ha rinvenuto nella concessione rilasciata dal Comune alla società, la quale, rinviando al regolamento comunale TLC, ha reso vincolante tra le parti l’art.

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