Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2012-06-21, n. 201203673

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2012-06-21, n. 201203673
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201203673
Data del deposito : 21 giugno 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 10214/2011 REG.RIC.

N. 03673/2012REG.PROV.COLL.

N. 10214/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10214 del 2011, proposto da:
P D, rappresentato e difeso dagli avv. M G e R D G, con domicilio eletto presso C/O Studio Abv &
Partners Angela Fiorentino in Roma, via Ennio Quirino Visconti, n. 11;

contro

Comune di Villaricca in persona del Sindaco pro-tempore;
S P non costituito;
Commissione Elettorale Centrale per Le Elezioni Rinnovo Sindaco e Consiglio Comunale in persona del Presidente pro-tempore non costituita;
T T, rappresentato e difeso dagli avv. R D e L P, con domicilio eletto presso Angela Fiorentino in Roma, via E. Q. Visconti, 11;
U.T.G. - Prefettura di Napoli, in persona del Prefetto pro-tempore rappresentata e difesa dall'avv. Maurizio Borgo, dell’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE II n. 05418/2011, resa tra le parti, concernente VERBALE DI PROCLAMAZIONE DEGLI ELETTI ELEZIONE DEL SINDACO E DEL CONSIGLIO COMUNALE DEL COMUNE DI VILLARICCA


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di T T e dell’ U.T.G. - Prefettura di Napoli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 aprile 2012 il Cons. Carlo Schilardi e uditi per le parti gli avvocati Gentile, e Casertano, per delega degli Avvocati Dama e Pennacchio;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO



Il sig. D P partecipava alla competizione elettorale tenutasi il 15 e 16 maggio 2011 nel Comune di Villaricca (NA), come candidato consigliere comunale nella lista “Alleanza di centro Destra”, collegata al candidato sindaco sig. F G.

All’esito di tale competizione al sig. D P venivano attribuiti 317 voti di preferenza che lo collocavano al secondo posto della lista “Alleanza di centro Destra” che conseguiva in totale n. 1960 voti.

Allo stesso candidato sindaco era collegata, altresì, la lista “Trasparenza e Libertà con S”, alla quale venivano attribuiti un totale di n. 993 voti, di cui n. 363 voti conseguiti dal sig. T T, che risultava il primo della lista e n. 23 voti dal sig. S P.

Alle liste collegate al candidato sindaco sig. G F, sconfitto al ballottaggio, venivano attribuiti un totale di 5 seggi ripartiti per quozienti: il primo alla lista “Alleanza di Centro Destra”, il secondo alla lista “PDL”, il terzo alla lista civica “Noi per Villaricca”, il quarto alla lista “Trasparenza e Libertà con S” assegnato al sig. T T, il quinto seggio alla lista “Alleanza di Centro Destra” che veniva attribuito ex lege al candidato sindaco sconfitto.

Il sig. D P impugnava innanzi al T.A.R. della Campania il verbale di proclamazione degli eletti alla carica di consigliere comunale nella parte in cui era stato eletto il sig. T T, i verbali dell’Ufficio centrale nella parte in cui si conteggiavano, ai fini della determinazione dei voti della lista “Trasparenza e Libertà con S”, i voti conseguiti dal sig. P S, previa declaratoria di nullità delle schede riportanti voti di preferenza a favore di quest’ultimo anche ai fini della attribuzione dei voti di lista, l’ammissione alla candidatura del sig. P S e la parte relativa della delibera di C.C. n. 4 del 28.6.2011 di convalida degli eletti.

Il ricorrente lamentava la violazione e la falsa applicazione dell’art. 58 del D.Lgs. n. 267/2000, attesa la condizione di incandidabilità del sig. P S per essere stato condannato a pena superiore a due anni di reclusione.

Tale circostanza, a parere del ricorrente, avrebbe comportato la necessaria sottrazione dei voti conseguiti dal sig. P anche alla lista di riferimento, con la conseguenza che il quarto seggio andava assegnato alla lista del ricorrente (Alleanza di Centro Destra) e solo il quinto seggio alla lista in cui era candidato il sig. T T (Trasparenza e Libertà con S), che avrebbe dovuto così cedere il posto al candidato sindaco sig. F G.

Nel giudizio si costituiva il sig. T T che eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice adito nella parte in cui il ricorso era diretto a far valere una causa di incandidabilità relativa al sig. P, l’infondatezza del gravame per difetto di prova della censura proposta, l’infondatezza, nel merito, atteso che una eventuale causa ostativa alla candidatura avrebbe determinato la sola nullità dell’elezione del soggetto non candidabile e non anche la nullità dei voti di lista.

Il T.A.R. Campania, con sentenza del 17.11.2011, ha rigettato il ricorso dichiarandolo inammissibile per difetto di prova in ordine alla dedotta incapacità del sig. P eccependo, peraltro, che trattandosi di questioni attinenti a diritti soggettivi, era materia riservata alla cognizione del Giudice Ordinario.

Il T.A.R. ha ritenuto inammissibile anche il lamentato erroneo annullamento di alcuni voti in danno della lista dell’istante, per la genericità dei motivi addotti, non avendo questi indicato nemmeno in via astratta le ragioni dell’annullamento delle schede e del mancato riconoscimento di alcune preferenze.

Avverso tale sentenza ha proposto appello il sig. P D.

L’appellante lamenta l’erroneità della pronuncia di inammissibilità del ricorso, in quanto in contrasto con le norme che regolano il riparto della giurisdizione, potendo il G.A., a suo dire, conoscere delle questioni, anche di diritto soggettivo, necessarie a valutare la regolarità del procedimento elettorale.

Nel merito lamenta la violazione dell’art. 58 del D.Lgs. n. 267/2000 e dell’art. 15, commi 1 e 4, della Legge n. 55/1990 ed in via istruttoria chiede l’acquisizione in atti del certificato penale del sig. P S.

Si è costituito in giudizio il sig. T T, il quale ha chiesto il rigetto dell’appello perché inammissibile e, comunque, infondato nel merito, con conseguente conferma della sentenza gravata.

Nella sentenza impugnata il T.A.R. ha dichiarato inammissibile il ricorso per difetto di prova in ordine alla dedotta incandidabilità del sig. P, la quale costituisce una incapacità giuridica speciale e deve essere accertata dinanzi al giudice naturale dei diritti, per cui, con riferimento alla questione pregiudiziale proposta nel giudizio, sussisterebbe il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto concernente diritti soggettivi.

In sostanza, sostiene il primo Giudice, le richieste formulate di nullità delle schede sulle quali è stato attribuito il voto al candidato P e di depurazione dei voti da questo conseguiti dal quoziente riportato dalla lista di appartenenza, pur attenendo alla verifica delle operazioni elettorali, presuppongono necessariamente come prius l’accertamento della incandidabilità del sig. P. Ciò in quanto la sua presenza nella lista viene dedotta quale elemento di apporto di un numero di voti tale da incrementare in modo significativo il quoziente della lista di appartenenza del controinteressato evocato in giudizio, ai fini della attribuzione del penultimo seggio.

Ebbene, l’appello risulta fondato quanto alla possibilità del giudice amministrativo di pronunciarsi sulle questioni di ineleggibilità attinenti a diritti soggettivi, quando esse palesino un nesso di pregiudizialità necessaria rispetto alla decisione della questione principale (Consiglio di Stato, Sez. V, 13.9.1999, n. 1052 e Consiglio di Stato, Sez. V, 15.2.2002, n. 908).

Tuttavia, sotto altro profilo, l’originario ricorso del signor Palladino andava dichiarato inammissibile per difetto di interesse dell’appellante, in quanto dall’accertamento della condizione di incandidabilità del sig. P S per asserita condanna penale, con riferimento all’art. 15 legge n. 55/1990 (oggi art. 58 del D.P.R. n. 267/2000), non deriverebbe alcun risultato utile per l’appellante stesso.

L’accertamento della eventuale incandidabilità determinerebbe infatti solo la nullità della elezione del candidato interessato, con la sua surroga con chi ne dovesse avere diritto, ma non la contestuale nullità della espressione dei voti attribuiti alla relativa lista, con conseguenze invalidanti delle operazioni elettorali (Consiglio di Stato, Sez. V, 23.8.2006, n. 948).

Non è fondata quindi la principale (e in appello unica) censura che i voti di preferenza eventualmente nulli, conseguiti da un candidato, debbano essere sottratti da quelli riportati dalla lista nella quale egli si era presentato e da quelli espressi per il candidato sindaco alla lista collegato.

Appaiono quanto mai pertinenti al caso le conclusioni della ricorrente giurisprudenza esistente al riguardo (vedi in particolare V Sezione, 2 maggio 2002, n. 2333) che ha precisato che le cause di ineleggibilità non sono di ostacolo all’ammissione della lista, nella quale è ricompreso il soggetto ineleggibile, e non integrano una causa di invalidità che possa trasmettersi alle operazioni successive, ma il solo effetto della decadenza di chi è ineleggibile.

L’espressione del voto, mediante apposizione del segno grafico sul contrassegno del gruppo, contiene, in realtà, almeno tre voti, per il sindaco, per il gruppo e per il candidato “consigliere”, come prevede l’art. 72, comma 5, terzo periodo, del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267.

La corretta composizione degli organi elettivi è affidata, invero, a controlli ulteriori e successivi, in occasione dell’insediamento degli organi stessi, “i quali (controlli) presuppongono la validità delle elezioni e dell’insediamento”.

Orbene, in tema di elezioni negli enti locali, è nulla – a norma dell’art. 58, comma 4, del suddetto D.Lgs. – “l’eventuale elezione o nomina di coloro che si trovano nelle condizioni” di incandidabilità enunciate nel comma 1 dello stesso articolo.

Si tratta di cause ostative alla candidatura – come recita la rubrica della norma – tutte collegate a condanne per reati specificamente definiti od a pene superiori ad un certo limite od a misure di prevenzione per appartenenza a determinate associazioni per delinquere.

Nessuna nullità dei voti espressi verso il candidato ineleggibile è stabilita dalla legge. E meno ancora con riguardo alla connesse espressioni di voto di lista o per il candidato sindaco.

In conseguenza di ciò, la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha escluso che, in caso di ineleggibilità, come in caso di incandidabilità di consiglieri, si dia luogo ad annullamento delle operazioni elettorali, ma ha ritenuto invece che si debba procedere alla surrogazione della persona non eleggibile o non candidabile, in quanto la sanzione di nullità è stabilita soltanto per l’elezione del candidato, senza conseguenze invalidanti ulteriori (cit. n. 233 del 2002)..

Circa la questione dell’ampiezza dell’invalidità determinata dall’abusiva partecipazione alla competizione di un candidato, è utile osservare che gli effetti dell’illegittima elezione di un soggetto che si trova in una delle condizioni (che determina l’incandidabilità) previste dall’art. 58 del D.P.R. 267/2000 risultano, a ben vedere, espressamente contemplati e definiti dall’ordinamento sicché la risoluzione della questione controversa non può prescindere dalla applicazione, con relativa esegesi, delle disposizioni specificamente dirette a regolare il caso contestato.

L’art. 58 del D.P.R. n. 267/2000 stabilisce, infatti, che l’elezione di un soggetto incandidabile è nulla, aggiungendo che l’organo che ha deliberato la convalida dell’elezione è tenuto a revocarla.

L’anzidetta disposizione, incontestabilmente applicabile al caso in esame, sanziona espressamente con la nullità la sola elezione del candidato che si trova in una delle condizioni ostative contemplate dal I° comma e circoscrive, dunque, la portata delle conseguenze invalidanti riconducibili a tale fattispecie, alla radicale invalidità dell’elezione del solo soggetto incandidabile.

Altre illegittimità riconducibili alla consultazione elettorale, quale effetto dell’indebita partecipazione di un candidato privo della relativa capacità, risultano, pertanto, chiaramente, sebbene implicitamente, escluse dal legislatore (con scelta certamente meditata nelle sue conseguenze e, perciò, vincolante per l’interprete) laddove, occupandosi di regolare le conseguenze della situazione considerata, ha limitato la sanzione della nullità alla sola elezione del soggetto incandidabile ed ha prescritto all’organo che ne ha deliberato la convalida di provvedere alla sua revoca.

In ordine a quest’ultima parte del precetto esaminato, appare chiaro, secondo un’agevole ed univoca lettura logico-sistematica della norma, che l’attribuzione all’organo che ha convalidato l’elezione, ai sensi dell’art. 17 L. n. 108/1968, della persona incandidabile, e cioè allo stesso Consiglio comunale contestualmente eletto, del potere di provvedere alla revoca di quest’ultima, postula indefettibilmente la validità della costituzione dell’organo elettivo, in quanto titolare della competenza assegnatagli dalla norma ed esclude, al contempo, qualsivoglia dubbio circa la configurabilità della nullità di alcune espressioni di voto o delle intere elezioni, posto che, se si ammettesse questa possibilità, la disposizione risulterebbe priva di senso.

La ratio del regime dinanzi delineato, è da ravvisare nel fatto che esso è precipuamente diretto a realizzare il preminente interesse pubblico di garantire la stabilità degli organi elettivi, di favorire il rispetto della volontà degli elettori, di assicurare la certezza dei risultati elettorali, di conservare l’efficacia degli atti del procedimento elettorale non direttamente incisi dall’elezione della persona incandidabile e di ripristinare la situazione di legalità vulnerata da quest’ultima, per mezzo dell’esclusione ex post del solo soggetto illegittimamente eletto e la surroga, come chiarito appresso, del seggio divenuto vacante.

Quanto al rapporto tra voto di lista e voto di preferenza, questo Consiglio di Stato ha affermato, con univoco orientamento, il principio della preminenza del primo sul secondo (Consiglio di Stato, Sez. V, 31 dicembre 1998, n. 2002, Consiglio di Stato, Sez. V, 27 settembre 1996, n. 1176, Consiglio di Stato, Sez. V., 2 maggio 1996, n. 503).

In via generale, in applicazione di tale principio, anche in presenza dell’indicazione di un’espressione di voto contraddittoria ed incoerente, viene accordata prevalenza al voto di lista rispetto a quello difforme di preferenza e conseguentemente il voto assegnato alla lista resta immune dal vizio che inficia la validità della preferenza, a causa dell’incandidabilità del soggetto votato.

Conclusivamente, per quanto motivato il presente appello va rigettato, risultando l’originario ricorso inammissibile per difetto di interesse, atteso che nessun risultato utile poteva derivare al ricorrente dall’accoglimento del gravame.

Per la complessità interpretativa della materia sussistono giusti motivi per compensare le spese di entrambi i gradi di giudizio tra le parti.

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