Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2018-03-12, n. 201801549

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2018-03-12, n. 201801549
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201801549
Data del deposito : 12 marzo 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/03/2018

N. 01549/2018REG.PROV.COLL.

N. 02047/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 2047 del 2015, proposto da:
A R, C R, Z G e N V, tutti rappresentati e difesi dall'avvocato O A, con domicilio eletto presso lo studio legale dell’avvocato A T in Roma, via Cicerone, 49;

contro

Comune di Salerno, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati A B ed A D M, con domicilio eletto presso lo studio Alfredo Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini, 30;
Centrale del Latte di Salerno s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati M Costanza e Diego Mastrolia, con domicilio eletto presso lo studio legale dell’avvocato Diego Bianchi Fasani in Roma, via Girolamo Vitelli, 10;

nei confronti di

Newlat s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Diego Mastrolia e M Costanza, con domicilio eletto presso lo studio Diego Bianchi Fasani in Roma, via Girolamo Vitelli 10;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - SEZ. STACCATA DI SALERNO, SEZIONE I n. 02162/2014, resa tra le parti, concernente cessione di quote azionarie della Centrale del Latte di Salerno s.p.a.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Salerno, della Centrale del Latte di Salerno s.p.a. e di Newlat s.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 febbraio 2018 il Cons. Valerio Perotti ed uditi per le parti gli avvocati Tortora – in dichiarata delega di Agosto – Di Mauro, Costanza e Mastrolia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Risulta dagli atti che, con deliberazione della giunta municipale n. 1058 del 9 dicembre 2011, il Comune di Salerno attivava una complessiva valutazione degli asset aziendali volta alla valorizzazione ed, eventualmente, alla cessione dei relativi pacchetti azionari in suo possesso, affidandone l’esecuzione, previa procedura di evidenza pubblica, ad un apposito advisor .

Con successiva deliberazione n. 66 del 21 dicembre 2012, recante approvazione del bilancio di previsione per il 2013, il consiglio comunale stabiliva di svolgere un’indagine di mercato, attivando procedure esplorative negoziali finalizzate a sollecitare manifestazioni di interesse preordinate all’alienazione delle partecipazioni detenute.

Per l’effetto, in ottemperanza agli indirizzi espressi dall’organo consiliare, con deliberazione n. 49 dell’8 marzo 2013 la giunta comunale disponeva la pubblicazione, in data 12 marzo 2013, di un avviso pubblico (approvato, in pari data, con determinazione dirigenziale n. 873) avente il dichiarato obiettivo di verificare la sussistenza dell’interesse all’acquisto, da parte di terzi, di quote del capitale sociale di diverse società, fra le quali anche la Centrale del latte.

All’esito di tale preliminare attività esplorativa, pervenivano al Comune 31 manifestazioni di interesse, tra le quali una avanzata dai dipendenti della predetta Centrale.

Preso atto dell’interesse del mercato, con deliberazione n. 29 dell’8 luglio 2013 il consiglio comunale stabiliva di procedere, mediante procedura ad evidenza pubblica, all’alienazione delle quote societarie possedute nella Centrale del latte, manifestando, in ogni caso, “ l’indirizzo di prevedere nei redigendi atti di gara il rilancio e la salvaguardia del know how acquisito dalla società prevedendo anche particolare attenzione all’occupazione ”: veniva quindi indetta una procedura ristretta ad evidenza pubblica per la presentazione di offerte di acquisto dell’intero pacchetto azionario della società, previa rituale pubblicazione del relativo bando, recante il prezzo a base d’asta (pari ad euro 12.700.000,00), la suddivisione in quattro fasi del procedimento concorsuale, i requisiti e le modalità di partecipazione, i criteri di valutazione dell’offerta e gli obblighi dell’aggiudicatario.

La lex specialis di procedura espressamente formalizzava, in ogni caso, l’indirizzo “ al rilancio e alla salvaguardia del know how acquisito dalla società prevedendo anche particolare attenzione all’occupazione, […], in particolar modo per il mantenimento del marchio aziendale e per il mantenimento dell’attuale livello occupazionale, preciso e puntuale obbligo contrattuale ”.

Espletata la fase di prequalificazione, la procedura andava tuttavia deserta.

Pertanto, al fine di assicurare attuazione alla precedente delibera consiliare n. 29 del 2013, la giunta municipale, con propria deliberazione n. 116 del 28 aprile 2014, indiceva una nuova procedura ad evidenza pubblica, questa volta di tipo aperto, con offerte in aumento sul prezzo a base d’asta, ribadendo la volontà di assicurare, nella programmata stesura degli atti di gara, il rispetto degli indirizzi espressi in sede consiliare in ordine al rilancio, alla salvaguardia del know how acquisito dalla società partecipata ed ai profili occupazionali.

In esecuzione di tale deliberazione, con determinazione n. 4 del 29 aprile 2014 il dirigente del settore ragioneria – ufficio partecipate approvava il disciplinare di gara ed indiceva la programmata procedura concorrenziale.

Con ricorso notificato in data 4 giugno 2014, i ricorrenti, nella dedotta qualità di consiglieri comunali del Comune di Salerno, impugnavano gli atti volti alla selezione del cessionario delle quote della Centrale del Latte di Salerno s.p.a., deducendo al riguardo molteplici profili di doglianza.

Costituitisi in giudizio, il Comune di Salerno e la Centrale del Latte s.p.a. eccepivano il difetto di legittimazione dei ricorrenti e, comunque, l’infondatezza del ricorso, chiedendone pertanto il rigetto.

Con sentenza 18 dicembre 2014, n. 2162, il Tribunale amministrativo della Campania dichiarava inammissibile il ricorso, stante il difetto di legittimazione dei ricorrenti.

Avverso tale decisione questi ultimi interponevano appello, deducendo i seguenti motivi di impugnazione:

Error in iudicando e in procedendo – Difetto assoluto di istruttoria ;

Incompatibilità del Sindaco .

Riproponevano inoltre gli originari dodici motivi di ricorso, come articolati avanti al giudice di prime cure. Deducevano inoltre i seguenti “motivi aggiunti”, ad avviso degli appellanti giustificati da alcune circostanze di fatto sopravvenute alla sentenza di primo grado: “ Violazione dell’art. 97 della Cost. - Violazione del principio di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa - violazione del vincolo di destinazione pubblica – violazione del d.lgs. 163/2006 ”.

Costituitisi in giudizio, sia il Comune di Salerno che la Centrale del Latte s.p.a. rilevavano l’infondatezza dell’appello e chiedendone la reiezione.

Successivamente le parti ulteriormente illustravano, con apposite memorie, le proprie tesi difensive, ed all’udienza del 22 febbraio 2018, dopo la rituale discussione, la causa passava in decisione.

Ad un complessivo esame delle risultante di causa, l’appello appare infondato.

Ritiene infatti il Collegio che nella vicenda per cui è causa trovi applicazione il consolidato principio di diritto – dal quale, nella specie, non vi è evidente ragione di discostarsi – di cui al precedente di Cons. Stato, V, 31 gennaio 2001, n. 358, secondo cui “ i conflitti interorganici, all'interno di uno stesso ente, trovano composizione in via amministrativa (ad esempio, per quel che qui rileva, nella forma della mozione di sfiducia nei confronti della Giunta municipale sottoscritta da un gruppo qualificato di consiglieri comunali) ”, laddove “ non sembra invece ammissibile un'azione di singoli consiglieri in relazione ad un contrasto funzionale tra Consiglio e Giunta, che non può essere risolto prescindendo dalla volontà dei rispettivi organi. Un siffatto contrasto non riguarda infatti in modo diretto il singolo assessore e il singolo consigliere, ma i consessi dei quali i medesimi fanno parte. I quali, si ripete, come organi della stessa persona giuridica, non sarebbero (tranne il caso di particolari disposizioni di legge) legittimati a ricorrere dinanzi al giudice amministrativo l'uno contro gli altri atti dell'altro ”.

Per l’effetto, “ un ricorso di singoli consiglieri (in particolare, contro l'Amministrazione di appartenenza) può ipotizzarsi soltanto allorché – e non è tale il caso di specie – vengano in rilievo atti incidenti in via diretta sul diritto all'ufficio dei medesimi e quindi su un diritto spettante alla persona investita della carica di consigliere ”. In termini, anche Cons. Stato, V, 4 maggio 2004, n. 2699.

Più in generale, va ribadito che il giudizio amministrativo è – di regola – diretto a risolvere controversie intersoggettive, sicché le ipotesi in cui sia aperto a controversie tra organi o componenti di organi di uno stesso ente appaiono residuali, come nel caso in cui – per rimanere al caso dei consiglieri comunali – venga lesa la sfera giuridica dei membri dissenzienti (ad esempio, a causa dello scioglimento dell'organo o della nomina di un commissario ad acta , in cui detto effetto lesivo discende ab externo rispetto all'organo di cui gli stessi fan parte).

In tal caso, peraltro, in tanto il gravame potrà ritenersi ammissibile, in quanto vengano innanzitutto individuate, con estrema chiarezza, le specifiche prerogative dei singoli ricorrenti che si assumono violate, dal momento che siffatta lesione non consegue automaticamente a violazioni di forma o di sostanza nell'adozione di un atto deliberativo, né contestazione non può limitarsi a censurare l'oggetto o le modalità di formazione della deliberazione del medesimo organo collegiale di appartenenza ( ex multis , Cons. Stato, V, 7 luglio 2014, n. 3446;
V, 29 aprile 2010, n. 2457).

Alla luce di quanto sopra, appare corretto il rilievo del primo giudice, secondo cui deve ritenersi privo di legittimazione a ricorrere il consigliere comunale che impugni una deliberazione della giunta adottata su argomento ritenuto di competenza del consiglio, in quanto il contrasto non riguarderebbe in modo diretto il singolo consigliere, bensì – al più – il consesso del quale lo stesso faccia parte.

Né gli ulteriori profili di illegittimità dedotti sono riconducibili alla sfera giuridica soggettiva degli appellanti (ad esempio, la presunta incompatibilità del Sindaco, la tipologia di procedura di vendita seguita – ristretta piuttosto che aperta – e la dedotta assenza di un piano di mantenimento occupazionale, l’eventuale sottovalutazione delle quote cedute ed il difetto di istruttoria da parte dell’incaricata

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