Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2018-07-25, n. 201804529
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Pubblicato il 25/07/2018
N. 04529/2018REG.PROV.COLL.
N. 06588/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 6588 del 2017, proposto da:
Impegno Solidale soc. coop. a r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati M P e S P, con domicilio eletto presso lo studio M P in Roma, via Barnaba Tortolini, 30;
contro
ANAC - Autorità Nazionale Anticorruzione, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Comune di Matino, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato Angelo Vantaggiato, con domicilio eletto presso lo studio Giuseppe Pecorilla in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;
Centrale Unica di Committenza dei Comuni di Matino e Parabita e Azienda Sanitaria Locale di Lecce, non costituiti in giudizio;
La Fenice s.r.l., in persona del legale rappresentante
pro
tempore
, rappresentata e difesa dall'avvocato Pietro Quinto, con domicilio eletto presso lo studio Dott. Alfredo Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini 30;
per la riforma della sentenza breve del T.A.R. LAZIO – ROMA, SEZ. I, n. 5459/2017, resa tra le parti, concernente l'annullamento della delibera nr. 28 adottata dal Consiglio dell'Autorità Nazionale Anticorruzione nell'adunanza del 18 gennaio 2017 e della correlata nota di trasmissione prot. 0016789 del 1 febbraio 2017.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Anac - Autorità Nazionale Anticorruzione, del Comune di Matino e della società La Fenice s.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 luglio 2018 il Cons. Giuseppina Luciana Barreca e uditi per le parti gli avvocati M P, Paolo Re, su delega dell'avv. Quinto, Angelo Vantaggiato e Avvocato dello Stato Giammario Rocchitta;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Con la sentenza impugnata il Tribunale amministrativo per il Lazio, sezione prima, ha dichiarato inammissibile il ricorso avanzato dalla società cooperativa Impegno Solidale soc. coop. a r.l., per l’annullamento della delibera ANAC n. 28 del 18 gennaio 2017, comunicata con nota di trasmissione prot. n. 0016789 del 1° febbraio 2017.
1.1. La cooperativa aveva avanzato istanza di parere di precontenzioso ai sensi dell’art. 211, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016, in data 7/8 novembre 2016 -dopo l’intervenuta aggiudicazione alla contro-interessata La Fenice S.r.l., in data 8 settembre 2016, nella procedura di affidamento di un servizio di refezione scolastica e a domicilio per anziani presso il Comune di Matino (LE)- lamentando che la stazione appaltante (Centrale unica di committenza dei Comuni di Matino e Parabita) avrebbe illegittimamente aggiudicato la gara all’operatore economico concorrente non in possesso dei richiesti requisiti di partecipazione (per avere subito le revoche di precedenti aggiudicazioni da parte di due altri Comuni, riguardanti un servizio identico, per l’assenza dei requisiti di capacità economica ivi richiesti, nonché per avere perso il requisito tecnico, richiesto dal bando per la partecipazione alla gara de qua , della disponibilità di un centro di cottura autorizzato a norma di legge, da utilizzare come centro di cottura di emergenza) ed osservando che la stazione appaltante aveva omesso di motivare in merito alla mancata previsione negli atti di gara della “clausola sociale”.
1.2. Il Consiglio Nazionale dell’Autorità Anticorruzione (ANAC) ha ritenuto infondati i rilievi mossi dall’istante relativamente alla sussistenza di illeciti professionali commessi dall’aggiudicataria, che avrebbe dovuto portare alla sua esclusione dalla procedura (dando atto della “ compiuta e ragionevole analisi da parte della Commissione di gara, la quale, nel corso della seduta riservata del 30.8.2016 ha valutato le circostanze in fatto e in diritto collegate all’applicazione dell’art. 80, comma 5, lett. c, del d.lgs. 50/2016, ritenendo con la discrezionalità tecnica che le competeva che il comportamento della ditta non era idoneo a minare la fiducia che la stazione appaltante deve poter riporre ex ante nell’impresa privata ”);si è espresso nel senso della facoltà delle stazioni appaltanti di inserire la clausola sociale nei bandi di gara, senza necessità di apposita motivazione in caso di mancato utilizzo (punto della determinazione non impugnato dalla cooperativa qui appellante);ha dichiarato infondate le altre questioni poste dall’istante Impegno Solidale (con motivazione di cui si dirà nel prosieguo).
1.3. La sentenza ha ritenuto che:
- il parere di precontenzioso, come disciplinato dall’art. 211, comma 1, Codice dei contratti pubblici, e dal Regolamento dell’ANAC ( Regolamento per il rilascio dei pareri di precontenzioso di cui all’art. 211 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 ), va ricondotto nell’ambito dei rimedi alternativi alla giurisdizione (c.d. “ADR”), relativamente a questioni sorte “durante” lo svolgimento della gara, “ ma al fine di definire la ritenuta criticità prima dell’intervenuta aggiudicazione, orientando così la stazione appaltante verso una soluzione autorevolmente prospettata dall’Autorità di settore ”;
- tale conclusione si evince anche dalla previsione di cui all’art. 3, comma 7, del Regolamento;
- non è condivisibile l’assunto della ricorrente di vincolatività del parere ai sensi dell’art. 211, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016, poiché non applicabile al caso in esame;
- diversamente opinando, l’impresa che si ritiene lesa dalla conclusione della gara -sia per l’ammissione dei concorrenti o la non ammissione propria sia per l’aggiudicazione a terzi- potrebbe facilmente eludere i termini (stringenti) di impugnazione dell’esito della procedura concorsuale di cui all’art. 120 Cod. proc. amm., proponendo istanza di parere di “precontenzioso” successivamente ed impugnando la determinazione dell’ANAC sfavorevole (“ inevitabilmente intervenuta dopo l’intervenuta definizione della fattispecie ”) - peraltro dinanzi al Tar del Lazio, ai sensi dell’art. 135, comma 1, lett. c) , Cod. proc. amm., così eludendo anche le regole sulla competenza territoriale;
- in ogni caso, l’effettiva lesione della posizione giuridica della ricorrente è intervenuta con l’ammissione, prima, e l’aggiudicazione, poi, a La Fenice, e non con il postumo provvedimento emesso dall’ANAC ai sensi dell’art. 211, comma 1, peraltro confermativo della legittimità dell’operato della stazione appaltante;
- l’aggiudicazione, a sua volta, non ha risentito dell’influenza del parere, in quanto reso successivamente, senza produrre alcun effetto costitutivo/novativo sull’operato della stazione appaltante.
1.4. La sentenza ha quindi affermato che la ricorrente non ha interesse all’annullamento del parere, non avendo impugnato tempestivamente l’aggiudicazione davanti al giudice competente per territorio e non potendo in alcun modo, tramite l’impugnativa del parere, rimettere in discussione le operazioni di gara. Perciò ha concluso nel senso dell’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse e di lesività del provvedimento impugnato.
2. Per ottenere la riforma della sentenza ha avanzato appello, con tre motivi, la società Impegno Solidale soc. coop. a r.l., chiedendo di annullare la deliberazione n. 28 resa nell’adunanza del Consiglio dell’ANAC del 18 gennaio 2017 “ in riscontro all’istanza di parere della Impegno Solidale ”;di riformare, ove occorra, gli atti ivi impugnati e “ disporre idonea segnalazione per l’avvio dell’attività di vigilanza da parte dell’ANAC, anche ai sensi dell’art. 1, comma 32 bis, della l. 6 novembre 2012, n. 190 ”;in subordine, ha chiesto il risarcimento in forma specifica ed, in via ulteriormente subordinata, il risarcimento per equivalente.
Hanno resistito l’ANAC, il Comune di Matino e la società La Fenice s.r.l..
Le parti hanno depositato memorie e repliche.
Alla pubblica udienza del 5 luglio 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.
3. Col primo motivo (errores in procedendo ed in judicando . Violazione e falsa applicazione degli artt. 80, comma 14, e 211 d.lgs. 50 del 2016. Violazione del considerando 122 della Direttiva 24/2014/UE. Eccesso di potere giurisdizionale e violazione di legge. Omessa pronuncia. Ingiustizia manifesta ed erroneità ), l’appellante deduce che, contrariamente a quanto ha ritenuto il giudice di primo grado, l’art. 211 d.lgs. n. 50 del 2016 non limita il ricorso al c.d. parere precontenzioso alla fase antecedente all’aggiudicazione della gara, ben potendo l’Autorità intervenire, come ha fatto, anche nelle fasi successive: le norme che l’odierna appellante invoca -art. 80 d.lgs. n. 50 del 2016- inibiscono sia la partecipazione alla gara che la stipula del contratto, che segue all’aggiudicazione;l’ANAC potrebbe intervenire per ristabilire la legalità anche nelle ipotesi, come quella in esame, in cui sarebbe palese la carenza dei requisiti in capo all’aggiudicataria e quindi l’amministrazione pubblica non potrebbe (o non avrebbe potuto) stipulare il contratto. In realtà, gli effetti del vizio riscontrato non avrebbero consentito, ai sensi dell’art. 80, comma 14, d.lgs. n. 50 del 2016, la stipulazione del contratto;con la conseguenza che l’appellante avrebbe interesse ad impugnare il parere sfavorevole dell’ANAC, che invece ha consentito tale stipulazione. Dopo aver esaminato la normativa di riferimento (compreso l’art. 211, comma 2, poi abrogato, e l’art. 211, comma 1- ter , introdotto dalla legge di conversione del d.-l. 24 aprile 2017, n. 50), nonché il considerando n. 122 della direttiva 2014/24/UE, l’appellante conclude affermando che l’operatività della vigilanza dell’ANAC “ si estende … sino alla fase di esecuzione contrattuale ed in forza degli attuali e precedenti poteri di vigilanza dell’ANAC anche in fase di collaudo ”.
3.1. Nell’ambito dello stesso motivo, l’appellante argomenta sul rapporto tra aggiudicazione, fase di verifica del possesso dei requisiti e stipulazione del contratto, evidenziando che l’art. 32, comma 8, d.lgs. n. 50 del 2016 fa salvo l’esercizio dei poteri di autotutela nei casi consentiti dalle norme vigenti, anche in presenza di un’aggiudicazione efficace. Egli critica la sentenza per aver ritenuto non applicabile l’art. 211, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016, tornando a sostenere che questa norma, applicabile ratione temporis , rappresenterebbe una fattispecie conseguente e direttamente connessa alla definizione del procedimento precontenzioso dello stesso art. 211, comma 1.
3.2. Infine, l’appellante censura la sentenza per aver affermato la carenza di interesse all’annullamento del parere, ferma restando l’aggiudicazione non impugnata, per due ordini di ragioni:
- I) per avere il primo giudice affermato che il parere non avrebbe avuto effetto costitutivo/novativo sull’operato della stazione appaltante, senza considerare che la ricorrente, qui appellante, aveva richiamato due fattispecie temporalmente diverse: la prima intervenuta prima dell’aggiudicazione, attinente all’omessa dichiarazione da parte della società La Fenice delle “revoche contrattuali” poste in essere nei suoi confronti da due diverse stazioni appaltanti;la seconda, intervenuta dopo l’aggiudicazione, nelle more della sua efficacia e della stipula del contratto, attinente alla sospensione dell’autorizzazione all’uso del centro cottura di Galatone, indicato dalla società La Fenice ai fini della partecipazione alla gara (rispetto alla quale l’istante aveva avanzato all’ANAC la richiesta di un’adeguata attività istruttoria, che è stata disattesa, asseritamente con grave pregiudizio all’<< interesse dell’appellante al ripristino della legalità violata >>);
- II) per avere l’ANAC confermato “ la legittimità dell’operato della stazione appaltante a suo tempo posto in essere ”, nonostante il detto difetto di istruttoria in ordine all’idoneità tecnico-professionale dell’aggiudicataria, alla quale l’appellante avrebbe avuto interesse (tanto più che, secondo la stessa appellante, ai sensi della novella dell’art. 211 d.lgs. n. 50 del 2016, che ha introdotto il comma 1- ter , il parere ANAC sarebbe vincolante per la stazione appaltante, con le conseguenze previste da tale ultima norma in caso di mancata ottemperanza).
4. Il motivo è infondato.
In primo luogo è opportuno sgomberare il campo dai riferimenti che l’appellante fa ancora alla norma dell’art. 211, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016, già dichiarata inapplicabile dal primo giudice, nonché alla norma sopravvenuta dell’art. 211, comma 1- ter , introdotto dalla legge 21 giugno 2017, n. 96.
4.1. L’art. 211, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016 disciplina(va) il c.d. potere di raccomandazione dell’ANAC, espunto dall’ordinamento col correttivo di cui al d.lgs. n. 56 del 2017.
La norma era in vigore quando venne bandita la gara e anche quando venne presentata l’istanza di parere da parte della cooperativa Impegno Solidale: ma non viene in considerazione perché il parere venne richiesto ai sensi dell’art. 211, comma 1, su iniziativa appunto della detta cooperativa, in qualità di partecipante alla procedura di gara aggiudicata alla società La Fenice s.r.l..
Nel testo introdotto dal d.lgs. n. 50 del 2016, l’art. 211 contempla(va), nei suoi due comma, due distinti strumenti: l’uno, tuttora in vigore, cui si riferisce la rubrica dell’art. 211, è il “parere di precontenzioso” , destinato ad intervenire nella fase ad evidenza pubblica per risolvere questioni insorte durante la gara, con finalità deflattive del contenzioso, anche grazie alla portata vincolante del parere verso le parti che abbiano previamente acconsentito ad attenersi a quanto da esso stabilito;l’altro, abrogato e sostituito con l’iniziativa officiosa di cui si dirà, era quello della raccomandazione , consistente in un invito rivolto d’ufficio dall’Autorità alla stazione appaltante affinché rimuovesse in autotutela eventuali vizi di legittimità verificatisi nella fase di gara e gli effetti eventualmente derivati dagli atti illegittimi, entro un termine massimo di sessanta giorni.
Questo secondo strumento, malgrado la qualificazione normativa di “raccomandazione” , consiste(va) in un atto sostanzialmente autoritativo, definito espressamente con l’ossimoro di “raccomandazione vincolante” , fonte di autentici obblighi per la stazione appaltante, di possibili sanzioni per il dirigente responsabile e di conseguenze negative (sul sistema reputazionale) per l’amministrazione, pur senza effetti diretti ed immediati sulle procedura di gara, malgrado l’ “invito” all’autotutela dell’Autorità non consentisse alla stazione appaltante ulteriori valutazioni in merito alla sussistenza del vizio riscontrato ed alla praticabilità della rimozione dell’atto o degli effetti dell’atto.
Il primo strumento è nella disponibilità delle parti coinvolte nella procedura di gara;il secondo atteneva invece ai diversi rapporti tra stazione appaltante e Autorità Nazionale Anticorruzione, ed era da riferire ai poteri di “ controllo, raccomandazione, intervento cautelare, di deterrenza e sanzionatorio ” attribuiti all’Autorità di settore dall’art. 1, comma 1, lett. t) , della legge di delega 28 gennaio 2016, n. 11.
E’ infondato l’assunto dell’appellante per cui l’art. 211, comma 2, avrebbe disciplinato una “ fattispecie conseguente e direttamente connessa ” a quella del comma 1.
Si tratta(va) piuttosto di ipotesi, complementari, ma comunque in rapporto di alternatività, “ in guisa da dar luogo ad un sistema di tutela pre-processuale completo, attivabile su iniziativa di parte o, in mancanza, d’ufficio ” (così il parere sullo schema di Regolamento per il rilascio di pareri di precontenzioso della Commissione speciale del Consiglio di Stato, 14 settembre 2016, n. 1920).
Pur non potendosi escludere che l’operatore economico concorrente non aggiudicatario solleciti i poteri officiosi dell’Autorità (ai sensi dell’art. 211, comma 2, nella vigenza di tale norma;oggi, ai sensi delle norme sopravvenute di cui appresso) e anche ad ammettere che così si faccia portatore di quello che il considerando 122 della direttiva 2014/24/UE (su cui insiste l’appellante) individua come “interesse legittimo” del cittadino/contribuente al regolare svolgimento dell’intera procedura di gara (nozione, ovviamente, non sovrapponibile a quella di interesse legittimo in ambito nazionale), è tuttavia necessario che il relativo procedimento amministrativo sia avviato, appunto, al fine di sollecitare l’esercizio dei poteri officiosi dell’Autorità.
Poiché nel caso di specie l’istanza è stata rivolta all’ANAC dalla cooperativa Impegno Solidale per ottenere un parere ai sensi dell’art. 211, comma 1, e poiché la delibera impugnata n. 28 del 2017 è stata adottata ai sensi di tale norma, e del regolativo Regolamento, non appaiono pertinenti gli argomenti dell’appellante per sostenere la rilevanza nel presente giudizio dell’art. 211, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016 e del Regolamento ANAC del 15 febbraio 2017, pubblicato il 28 febbraio 2017 (contenente la disciplina dei procedimenti dell’Autorità concernenti, tra l’altro, l’esercizio dei poteri di vigilanza di cui all’art. 211, comma 2).
4.2. A seguito dell’abrogazione dell’art. 211, comma 2, disposta dall’art. 123, lett. b) , d.lgs. n. 56 del 2017, la disciplina dei poteri officiosi dell’ANAC, in attuazione della citata disposizione della legge delega n. 11 del 2016, è stata nuovamente introdotta, ma con diversa formulazione, con legge 21 giugno 2017, n. 96 ( Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo ), art. 52- ter ( modifiche al codice dei contratti pubblici ).
Quest’ultimo ha aggiunto all’art. 211 d.lgs. n. 50 del 2017 i comma 1- bis , 1- ter ed 1- quater .
L’assunto dell’appellante di immediata applicabilità del comma 1- ter è contrario alla previsione dell’art. 1, comma 4, della legge n. 96 del 2017, che ne ha fissato la data di entrata in vigore nel giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (avvenuta il 23 giugno 2017, serie generale n. 144, supp. ord. n. 31), quindi a far data dal 24 giugno 2017, epoca di gran lunga successiva ai fatti di causa.
5. L’oggetto del presente giudizio è perciò limitato alla portata ed agli effetti del parere di precontenzioso reso ai sensi dell’art. 211, comma 1, nonché ai rapporti tra la tutela preventiva dinanzi all’Autorità e la tutela giurisdizionale dinanzi al giudice amministrativo.
5.1. Va premesso che, rispetto al parere di precontenzioso disciplinato dal previgente Codice dei contratti pubblici (art. 6, comma 7, lett. n) , del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163), espressamente qualificato come non vincolante , il parere dell’art. 211 ha ben altra efficacia, ogniqualvolta le parti consentano al suo carattere vincolante.
Nel caso di specie la cooperativa Impegno Solidale, parte istante, si è impegnata al rispetto del parere.
5.2. L’Avvocatura erariale, per conto dell’ANAC, afferma nella memoria di costituzione in appello (senza che vi sia stata smentita, né che risulti il contrario dagli atti prodotti in giudizio) che la stazione appaltante ha dichiarato di volersi attenere a quanto col parere determinato.
Dato ciò, va richiamato l’art. 3 ( Modalità di presentazione dell’istanza singola ), comma 3 ( Qualora l’istante abbia manifestato la volontà di attenersi a quanto stabilito nel parere, le altre parti possono aderirvi, tramite comunicazione del proprio assenso all’Autorità, entro il termine di 10 giorni dalla ricezione della comunicazione di avvenuta presentazione dell’istanza. In tal caso il parere reso ha efficacia vincolante per le parti che vi hanno aderito ), del Regolamento per il rilascio dei pareri di precontenzioso di cui all’7FD460DA5B::2017-05-05" href="/norms/codes/itatextdq8boepdnezj55e/articles/itaartdoxprxj3npkto?version=15a722ee-d1a5-5ab6-bfb4-0f3c2aff6b0e::LR6A4837839D7FD460DA5B::2017-05-05">art. 211 d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, adottato dall’ANAC il 5 ottobre 2016, pubblicato in G.U. n. 245 del 19 ottobre 2016, al fine di concludere nel senso della vincolatività del parere.
Giova sottolineare che la previsione appare conforme al secondo inciso dell’art. 211, comma 1 ( Il parere obbliga le parti che vi abbiano previamente acconsentito ad attenersi a quanto in esso stabilito ) che, pur di controvertibile interpretazione, non merita qui approfondimento, per quanto si dirà a proposito dell’inammissibilità comunque dell’istanza, e del ricorso giurisdizionale, della cooperativa Impegno Solidale.
Nel presupposto dell’adesione della stazione appaltante all’impegno assunto dalla istante, va disattesa l’eccezione dell’ANAC di inammissibilità dell’impugnazione per essere il parere non vincolante, fondata sulla giurisprudenza formatasi nel vigore del d.lgs. n. 163 del 2006 (cfr., tra le altre, Cons. Stato, VI, 3 maggio 2010, n. 2503).
5.3. Il parere di cui alla deliberazione n. 28 del 18 gennaio 2017 è impugnabile dalla parte istante, che si è obbligata a prestarvi adesione, ai sensi dell’art. 211, penultimo inciso, d.lgs. n. 50 del 2016, essendo irrilevante che non vi sia vincolata la controinteressata La Fenice s.r.l., che non ha acconsentito alla richiesta di parere.
Contrariamente a quanto assume la difesa di quest’ultima nella memoria di costituzione in appello, infatti, legittimata a impugnare il parere è proprio la parte che si è obbligata a prestarvi adesione: l’impugnabilità è conseguenza naturale, sul piano costituzionale (art. 113, primo comma, Cost.), del carattere decisorio e autoritativo della determinazione dell’Autorità: è un atto che, per quanto a conseguenze sostanziali pre-accettate dagli interessati, incide comunque su posizioni di interesse legittimo perché essi hanno comunque interesse all’esercizio legittimo di quel particolare potere amministrativo: ed tali posizioni sono per loro natura indisponibili, come segnala il parere di questo Consiglio di Stato sullo schema del decreto legislativo n. 50 del 2016 (che, all’art. 211, comma 1, non conteneva la previsione dell’impugnabilità), reso dalla Commissione speciale del Consiglio di Stato, 1 aprile 2016, n. 855. L’inciso finale dello stesso art. 211 ( In caso di rigetto del ricorso contro il parere vincolante, il giudice valuta il comportamento della parte ricorrente ai sensi e per gli effetti dell’art. 26 del codice del processo amministrativo ) conferma che legittimata ad impugnare il parere è la parte che si è impegnata al rispetto.
5.4. Come questo Consesso ha già avuto modo di rilevare, sia pure incidentalmente, la disposizione in esame costituisce un ius singularis , insuscettibile di applicazione analogica, perché deroga al principio generale per cui è inammissibile il ricorso proposto contro un parere – ancorché vincolante – quando non sia impugnato anche l’atto conclusivo del procedimento (cfr. Cons. Stato, VI, 12 settembre 2017, n. 4315;id., 18 settembre 2017, n.4369). È del resto coerente con la finalità deflattiva dell’art. 211, comma 1, che la parte vincolata al parere, che non l’abbia impugnato in giustizia ove a sé sfavorevole, non sia ammessa ad impugnare l’atto conclusivo che al parere si sia attenuto.
5.5. Pertanto, nel presente giudizio, si può escludere l’inammissibilità del ricorso per un’asserita non vincolatività del parere, così disattendendo l’eccezione delle parti appellate sollevata in primo grado, non esaminata dal primo giudice, e riproposta in appello.
6. Piuttosto, al fine di valutare l’ammissibilità del ricorso introduttivo, per le ragioni ritenute dalla sentenza appellata, rileva l’interpretazione della locuzione legislativa di «questioni insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara », che delimita l’ambito oggettivo di operatività della prevsione.
In particolare, la questione di diritto da risolvere riguarda la natura del potere attribuito all’Autorità, ai sensi dell’art. 211, comma 1, del Codice dei contratti pubblici del 2016: vale a dire se si tratti di un potere consultivo , sia pure con un’efficacia “rafforzata” dalla vincolatività del parere - per le parti che vi consentano - a fini deflattivi;ovvero se si tratti di un potere pregiustiziale che fa della richiesta di parere uno strumento di risoluzione alternativa delle controversie (c.d. ADR ), comunque atipico per l’impugnabilità del “parere” dinanzi al giudice di primo grado ai sensi dell’art. 120 Cod. proc. amm., ma tale da consentire di porre all’Autorità anche la questione della legittimità di atti già adottati.
Entrambe le tesi sono sostenute in dottrina.
6.1. La sentenza qui appellata è espressione dell’orientamento più rigoroso, che attribuisce al parere natura necessariamente preventiva e consultiva e che interpreta la locuzione riportata in termini restrittivi, come riferita alla questione dubbia, ma non ancora decisa con un atto autonomamente impugnabile per via giurisdizionale.
6.2. In senso contrario, risulta orientato questo Consiglio di Stato in sede consultiva sia nel parere 1 aprile 2016, n. 855 che nel parere 14 settembre 2016, n. 1920, già citati;entrambi, facendo leva sulla portata vincolante della determinazione dell’Autorità, nel caso previsto dall’art. 211, comma 1, secondo inciso, configurano la richiesta di parere di precontenzioso come strumento alternativo di risoluzione delle controversie.
In particolare, nel secondo parere, la Commissione speciale, pur riconoscendo che “ il provvedimento deve poter essere chiesto prima della formale adozione di provvedimenti impugnabili ” (purché sussista un effettivo dissenso tra le parti), si è espressa nel senso che la norma primaria non fisserebbe come limite di proponibilità dell’istanza nemmeno la stipulazione del contratto “ essendo ben possibile che la questione si ponga dopo tale momento pur riguardando la fase di gara ”.
A seguire tale percorso logico-giuridico, si dovrebbe arrivare ad affermare che, a maggior ragione, il provvedimento di aggiudicazione, in sé considerato, non precluda la proponibilità dell’istanza purché la questione posta dall’istante riguardi, appunto, “la procedura di gara”;analogamente è a dirsi in riferimento al provvedimento di ammissione o di esclusione, che pure è immediatamente e in tempi strettissimi impugnabile col rito c.d. specialissimo dell’art. 120, comma 2- bis , Cod. proc. amm., aggiunto dall’art. 204 del Codice dei contratti pubblici.
È evidente l’esigenza di coordinamento con le norme del processo amministrativo che siffatta opzione esegetica pone non solo nel caso in cui l’atto amministrativo venga impugnato dai soggetti partecipanti alla procedura che non abbiano acconsentito alla richiesta di parere – situazione, allo stato, inevitabile trattandosi, come detto, di strumento ad efficacia soggettiva variabile- ma anche nel caso in cui la parte svantaggiata dal provvedimento sia la stessa che ha avanzato o potrebbe avanzare istanza di parere.
6.3. In una situazione di mancanza di espressa disciplina primaria che regoli il rapporto dello strumento “precontenzioso” con i rimedi giurisdizionali, attivabili dalle stesse parti che l’hanno richiesto e da quelle che vi sono rimaste estranee, è intervenuto il citato Regolamento ANAC, che, all’art. 6, ha previsto che la preesistenza o la sopravvenienza di un ricorso giurisdizionale ( id est , da chiunque proposto) avente “contenuto analogo” rendono, rispettivamente, inammissibile o improcedibile la richiesta di parere.
6.4. Malgrado le perplessità manifestate dal citato parere n. 1920/2016 riguardo alle dette previsioni dell’art. 6 del Regolamento (ritenute “ al limite con il potere regolamentare di organizzazione ”) e malgrado si sia ivi affermato che in caso di contemporanea pendenza di ricorso giurisdizionale e procedura amministrativa ex art. 211, comma 1, “ non è scontato che debba prevalere la via giurisdizionale ”, si ritiene all’opposto che, nel vuoto legislativo, la disposizione regolamentare rappresenta una soluzione immanente al sistema, cui comunque si perviene in via interpretativa anche astraendo dalla previsione del Regolamento .
Infatti, in virtù del principio generale di riserva di legge processuale (oggi espresso dall’art. 111, primo comma, Cost: «la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge» ) non è configurabile, in difetto di espressa norma primaria, un rapporto di pregiudizialità tra procedimento amministrativo e procedimento giurisdizionale. È del resto conseguente con la ragione deflattiva che caratterizza il parere di precontenzioso ritenere che, quando questa finalità non è più in concreto realizzabile (appunto perché un contenzioso processuale è già in atto), resti preminente, anche alla luce dell’art. 24 Cost., la tutela giurisdizionale nel processo, domandata dalla stessa parte già istante per il parere ovvero da altri partecipanti alla gara che non abbiano acconsentito alla richiesta di parere. Ma questa non è la fattispecie verificatasi nel caso concreto, sicché non è dato qui occuparsi della problematica posta dall’individuazione del “contenuto analogo” tra richiesta di parere e ricorso giurisdizionale contestualmente pendente.
6.5. Altra norma regolamentare che rileva è l’art. 3, comma 7, sulla quale le difese delle appellate hanno fondato l’eccezione di inammissibilità del ricorso accolta dalla sentenza, e riproposta con le difese in appello.
Non si ritiene che essa sia sufficiente a costituire utile parametro di riferimento per l’interpretazione dell’art. 211, comma 1, norma di rango primario, rispetto alla quale la potestà ulteriore della stessa Autorità riveste mere finalità organizzative.
Si desume tuttavia dalla relativa previsione ( «Quando l’istanza è presentata da una parte diversa dalla Stazione appaltante, con la comunicazione di avvio dell’istruttoria, l’Autorità formula alla stazione appaltante l’invito a non porre in essere atti pregiudizievoli ai fini della risoluzione della questione fino al rilascio del parere» ) che il parere rivesta finalità consultivo-preventive.
Rispetto a queste ultime, l’art. 3, comma 7, del Regolamento mira a prevenire il caso della sopravvenienza dell’atto di gara rispetto all’istanza di parere, se ed in quanto la stazione appaltante rispetti l’invito ivi previsto, formulato con la comunicazione di avvio dell’istruttoria.
7. Residua, allora, ed è priva di disciplina anche secondaria specifica, l’ipotesi che potrebbe apparire più problematica: quella in cui l’Autorità venga investita di una questione non estranea alla procedura di gara, atta a condizionarne l’esito, ma dopo l’adozione ad opera della stazione appaltante dell’atto della procedura che abbia risolto la medesima questione e che la parte svantaggiata avrebbe (o avrebbe avuto) l’onere di tempestivamente impugnare in giustizia (ma non lo ha fatto).
7.1. In astratto, vale rammentare che in dottrina esistono due antitetiche visioni circa la natura del parere di precontenzioso vincolante , cui si è fatto cenno: l’una, per la quale, intervenuto l’atto amministrativo autonomamente impugnabile, non sarebbe più consentito di proporre istanza di parere;l’altra, per la quale, invece, l’istanza si porrebbe appunto come mezzo di risoluzione della controversia alternativo al ricorso giurisdizionale e proprio in tema di legittimità dell’atto di gara già adottato.
Mentre la prima opzione non pone problemi di raccordo con la normativa processuale;la seconda non può prescindere dal logico corollario (pena l’inutilità) che la richiesta di parere vincolante impedisca la decadenza dal ricorso giurisdizionale.
Al di là di queste considerazioni di base, la seconda soluzione comunque necessita di adattamenti procedimentali e raccordi tra i due procedimenti: per i quali però la via meramente interpretativa non appare idonea se non forzando i limiti della giurisdizione;soprattutto se si ritiene -come sopra si è ritenuto - che sia possibile un parere vincolante per la stazione appaltante e per alcuni soltanto dei soggetti partecipanti alla procedura di gara.
7.2. La prima interpretazione, sebbene appaia di più agevole praticabilità, non è tuttavia qui necessitata;sicché una pronuncia in tal senso sarebbe estranea ai limiti logici dell’economia della presente decisione.
8. Ciò che connota il caso di specie è invero l’avvenuta decadenza dell’istante per il parere di precontenzioso dall’impugnativa giurisdizionale dell’aggiudicazione, adottato l’8 settembre 2016, laddove l’istanza di parere è stata avanzata oltre i successivi trenta giorni (7/8 novembre 2016).
Anzi, come rilevano le appellate, un ricorso era stato tempestivamente proposto dalla cooperativa Impegno Solidale contro l’aggiudicazione alla società La Fenice. Tuttavia, poiché non venne seguito da regolare deposito, non avrebbe potuto costituire causa di inammissibilità ai sensi dell’art. 6 del Regolamento ANAC;e comunque ai fini in discorso è da considerare tamquam non esset .
8.1. Né l’art. 211, comma 1, né il Regolamento fissano un termine entro il quale l’istanza di parere di precontenzioso va proposta.
In mancanza di una previsione siffatta, anche a voler in ipotesi ritenere che l’istanza di parere possa essere avanzata dopo l’emissione dell’atto (ed anche a ritenere, per mera ipotesi, che possa impedire la decadenza dall’impugnativa), si deve comunque decisamente escludere – per elementari esigenze generali di sicurezza giuridica e per riguardo al principio di autoresponsabilità dell’interessato che sia rimasto inerte - che la richiesta di parere sia avanzabile ancor dopo che sia maturata la decadenza dalla possibilità di impugnare in giustizia l’atto, e al fine di fare valere quel medesimo vizio di legittimità che avrebbe dovuto costituire oggetto di ricorso giurisdizionale.
8.2. Questa conclusione si impone, e con particolare rigore, specie quando non vi sia il consenso di tutte le parti alla vincolatività del parere. Vale invero il principio fondamentale di presunzione di legittimità dell’atto amministrativo. Ma s’impone anche quando, per ipotesi, vi sia il consenso preventivo di tutte le parti all’efficacia vincolante del parere: in questo caso sarebbero violate le rammentate esigenze e nei fatti verrebbe meno quello scopo deflattivo del contenzioso cui lo strumento è comunque preordinato.
Non va poi trascurato che si determinerebbe una sovrapposizione con l’esercizio da parte della stazione appaltante dei poteri di autotutela nei casi consentiti dalla legge, nonché con i poteri officiosi della stessa Autorità, in passato regolati dall’art. 211, comma 2, e attualmente dai comma 1- bis e 1- ter dello stesso art. 211, di recente introduzione.
8.3. In conclusione, l’istanza di parere di precontenzioso ai sensi dell’art. 211, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016 è inammissibile quando è volta a far valere l’illegittimità di un atto della procedura di gara autonomamente impugnabile, rispetto al quale siano già decorsi i termini di impugnazione in sede giurisdizionale.
Invero, per le ragioni dette l’istanza di parere precontenzioso non può fungere da strumento per eludere i termini processuali o per rimettere surrettiziamente in termini le parti che siano decadute dall’azione in giustizia.
9. Ne consegue che bene la sentenza impugnata ha ritenuto che l’effettiva lesione della posizione giuridica della ricorrente che aspirava ad ottenere il servizio è intervenuta quanto meno con l’aggiudicazione in favore della controinteressata e non con il postumo provvedimento dell’ANAC, che comunque ha confermato la legittimità dell’operato della stazione appaltante.
Infatti, corollario dell’inammissibilità dell’istanza di parere successiva al maturare dei termini per l’impugnativa giurisdizionale è la carenza di interesse, concreto ed attuale, della parte istante alla rimozione della determinazione, comunque adottata dall’Autorità, poiché inidonea a rimettere in discussione le operazioni di gara, concluse col provvedimento di aggiudicazione non impugnato.
9.1. Nemmeno può convenirsi con l’appellante quando assume che, anche a ritenere che tale ultimo provvedimento non potesse essere rimosso per vizio proprio, la cooperativa non aggiudicataria avrebbe comunque interesse al parere di precontenzioso perché, se favorevole alla sua prospettazione sulla carenza dei requisiti di partecipazione in capo all’aggiudicataria, l’ANAC avrebbe potuto vincolare la stazione appaltante a non stipulare il contratto.
Va premesso che la norma di riferimento è non l’art. 80, comma 14, del Codice dei contratti pubblici (citata nell’atto di appello), poiché - come rilevano gli appellati – il comma concerne i contratti di subappalto;ma semmai il comma 6 dello stesso art. 80 (« Le stazioni appaltanti escludono un operatore economico in qualunque momento della procedura, qualora risulti che l’operatore economico si trova, a causa di atti compiuto o omessi prima o nel corso della procedura, in una delle situazioni di cui ai commi 1, 2, 4 e 5» ).
Tale previsione di legge, così come l’altra risultante dal combinato disposto dei comma 5, 7 e 8, dell’art. 32 d.lgs. n. 50 del 2016 (pure richiamati nell’atto di appello), vanno considerate tenendo conto, per un verso, della sequenza procedimentale che caratterizza la fase che va dall’aggiudicazione alla stipulazione della contratto e le correlate facoltà processuali delle parti interessate e, per altro verso, della limitazione posta dall’art. 211, comma 1, alla possibilità di chiedere il parere di precontenzioso “ relativamente a questioni insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara ”.
9.2. Quanto al primo profilo, sono da richiamare i precedenti di cui a Cons. Stato, Ad. plen., 31 luglio 2012, n. 31 e 25 febbraio 2014, n. 10, per ribadire come, ad assumere che l’aggiudicatario fosse carente dei requisiti di partecipazione a causa di atti compiuti od omessi prima dell’aggiudicazione, che fossero conosciuti o conoscibili dal concorrente controinteressato, la lesione della posizione giuridica di quest’ultimo si determina già al momento dell’aggiudicazione, sicché la ritenuta carenza dei requisiti va fatta valere impugnando il relativo provvedimento, senza necessità (né possibilità) di attendere che la stazione appaltante concluda la fase di verifica dei requisiti.
Se ciò vale per il ricorso giurisdizionale -essendo conseguenza del carattere sostanzialmente confermativo dell’aggiudicazione che va attribuito, nella sequenza procedimentale, alla verifica dei requisiti e, quindi, alla stipulazione del contratto- deve valere anche per il parere di precontenzioso, in forza del principio che si è sopra affermato.
In sintesi, lo strumento precontenzioso non può essere utilizzato per rimediare a decadenze dall’impugnativa di atti della procedura nelle quali la parte sia già incorsa, sicché non è consentito farvi ricorso allorché non è consentito ricorrere in giustizia.
Pertanto, essendo riconosciuto dalla stessa cooperativa appellante che le asserite cause di esclusione della controinteressata, relative alle precedenti revoche di due altre aggiudicazioni, erano note prima dell’aggiudicazione (e risultando questo per tabulas dal verbale della Commissione di gara del 30 agosto 2016, citato anche nel provvedimento dell’Autorità), la cooperativa avrebbe dovuto impedire la decadenza dall’impugnazione proponendo ricorso avverso il provvedimento di aggiudicazione.
9.2. Quanto al secondo profilo, rilevano le (asserite) cause di esclusione che si siano verificate dopo il momento di adozione del provvedimento di aggiudicazione (o anche che siano rese note dopo tale momento).
In tale eventualità, la relativa “questione” non insorge « durante lo svolgimento della procedura di gara »: perciò è da ritenersi sottratta dall’ambito oggettivo di applicazione dell’art. 211, comma 1.
In proposito si conviene con l’avviso già espresso nel citato parere n. 1920/2016, per cui “ Ciò che è inammissibile, piuttosto, sono le istanze di parere su questioni concernenti la fase compresa tra l’aggiudicazione e la stipulazione (e, a maggior ragione, quelle relative alla fase di controllo ed a quella di esecuzione), che pur rientrando nel procedimento di evidenza pubblica, sono estranee alla “procedura di gara”, che si conclude con l’aggiudicazione ”.
10. Quest’ultimo richiamo consente, infine, di superare le censure che la stessa appellante riferisce a “fatti sopravvenuti” al provvedimento di aggiudicazione e sui quali lamenta, tra l’altro, la carenza di istruttoria da parte dell’Autorità.
I fatti in contestazione attengono alla sospensione da parte della ASL, per rilevate non conformità igienico-sanitarie, del centro di cottura di Galatone, indicato dall’aggiudicataria La Fenice s.r.l. in sede di gara.
10.1. Orbene, malgrado gli sforzi dell’appellante per ricondurre la fattispecie alla mancanza in capo all’aggiudicataria di uno dei requisiti tecnici di partecipazione previsto espressamente dal bando di gara (ovvero la “ Disponibilità di un centro cottura autorizzato a norma di legge ubicato non oltre 30 Km dalla cucina comunale Montessori, pronto ad essere utilizzato come centro di cottura d’emergenza ”), la vicenda appare attenere in realtà alla fase esecutiva del contratto (per come fatto palese tra l’altro dal richiamo dell’appellante all’art. 65 del capitolato speciale).
10.2. In proposito, la determinazione ANAC qui impugnata, n. 28 del 18 gennaio 2017, ha bene ritenuto che “ la sopravvenuta sospettata inidoneità del centro di cottura alternativo, peraltro intervenuta a valle del procedimento di gara, riguardi contestazioni, relative alla corretta esecuzione del contratto tra le parti […]”.
Malgrado poi la motivazione sia stata estesa anche al merito (con l’aggiunta che la questione “ appare infondata, in ragione della dichiarata riapertura del centro (di cottura) medesimo ”), rileva ai fini dell’inammissibilità dell’istanza di parere la sua non attinenza “ a illegittimità nella disciplina dei contratti pubblici ” (come detto nella delibera n. 28/17).
10.3. Esulando dall’ambito di applicazione dell’art. 211, comma 1, per tale ultima doglianza l’istanza di parere avrebbe dovuto più correttamente essere dichiarata inammissibile, piuttosto che infondata.
Comunque, il ricorso in primo grado non avrebbe potuto essere accolto, in ragione della definitività del provvedimento di aggiudicazione, di certo non compromessa dalle vicende successive, per le quali la cooperativa non aggiudicataria è priva di legittimazione ad agire in giudizio ed ai sensi dell’art. 211, comma 1, del Codice dei contratti pubblici del 2016.
Il primo motivo di appello va quindi respinto.
11. I restanti due motivi di gravame (riguardanti rispettivamente, il merito delle censure mosse dall’appellante all’operato della stazione appaltante e l’asserito silenzio-diniego alle richieste di accesso agli atti da parte dell’ANAC) risultano improcedibili per carenza di interesse a seguito della definitività della pronuncia di inammissibilità del ricorso in primo grado.
In conclusione, l’appello va respinto.
11.1. La novità delle questioni interpretative poste dall’art. 211 d.lgs. n. 50 del 2016 consente di compensare le spese processuali.