Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-02-25, n. 201901315

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-02-25, n. 201901315
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201901315
Data del deposito : 25 febbraio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 25/02/2019

N. 01315/2019REG.PROV.COLL.

N. 08795/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8795 del 2018, proposto da:
M F, rappresentato e difeso dall'avvocato M D, con domicilio eletto presso il suo studio sito a Roma, via Conca D’Oro, 184/190;

contro

Università Politecnica delle Marche - Ancona, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

C C, non costituito in giudizio;

sull’istanza per ottenere chiarimenti in ordine alle modalità di ottemperanza

alla sentenza n. 3021/2018 del Consiglio di Stato, sez. VI, resa all’esito del ricorso n. 768/2018 R.G..


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Università Politecnica delle Marche - Ancona;

Viste le memorie difensive;

Visto l'art. 112, co. 5 e 114 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 febbraio 2019 il Consigliere Oswald Leitner e uditi, per le parti, gli avvocati Diego Perucca, in dichiarata delega dell'avv. M D, e Paola De Nuntis dell'Avvocatura Generale dello Stato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con l’istanza in esame si chiedono chiarimenti in ordine alle modalità di ottemperanza ed alla corretta applicazione della sentenza n. 3021/2018 del Consiglio di Stato, sezione VI, pubblicata in data 21.05.2018, concernente l’ ottemperanza alle sentenze del

TAR

Marche n. 539/2012 e del Consiglio di Stato n. 5847/2017, in particolare precisando se la statuizione contenuta nella sentenza n. 3021/2018, con la quale il Consiglio di Stato, sez. VI, ha accolto il ricorso n. 768/2018 proposto dal dott. C C per la riforma della sentenza del

TAR

Marche n. 943/2017 ed ha stabilito che “l’esecuzione del giudicato, quindi, non può che riguardare esclusivamente la posizione del dott. F, il quale dovrà essere valutato da una nuova Commissione e, in caso di esito favorevole, assunto, se del caso, anche in soprannumero fino al verificarsi di una nuova vacanza” , sia stata correttamente interpretata ed applicata dall’ Università Politecnica delle Marche con l’ordinanza dirigenziale n. 591 reso in data 01.08.2018 con la quale, all’ esito delle prove della progressione verticale dalla quale il dott. F era stato illegittimamente escluso, è stato dato atto che egli “ha ottenuto il punteggio complessivo di 67,83/100 risultando idoneo, ma non vincitore” , ed in particolare per ottenere che questo Consiglio di Stato dichiari che l’ esatta ottemperanza della sentenza n. 3012/2018 comporta che per effetto dell’ idoneità conseguita nella procedura concorsuale svoltasi in adempimento della sentenza n. 3012/2018 il ricorrente ha diritto all’assunzione nella categoria EP anche in soprannumero.

La vicenda contenziosa in forza della quale è stata proposta l’istanza trae origine dalla selezione, per titoli e prove, per l’inquadramento, mediante progressione verticale, nella categoria EP, con n. 1 posto assegnato all’ area tecnica, tecnico – scientifica ed elaborazione dati, area di attività: informatica, indetta dall’ Università Politecnica delle Marche con O.D. n. 394 del 4.3.2003.

Dagli atti e dalla graduatoria della predetta selezione, approvati con O.D. n. 839 del 3.6.2003, risulta che si classificavano al primo posto il dott. C C con punti 80,22/100 ed al secondo posto la dott.ssa G V con punti 65,56/100.

Il dott. M F è stato escluso da detta procedura per ritenuta carenza del requisito dell’inquadramento nella qualifica inferiore per almeno 5 anni.

Con sentenza del

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