Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-12-20, n. 202108436

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-12-20, n. 202108436
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202108436
Data del deposito : 20 dicembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/12/2021

N. 08436/2021REG.PROV.COLL.

N. 07604/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7604 del 2014, proposto dal sig.
I C, rappresentato e difeso dall’avv. B G e con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. R Lombardi, in Roma, viale Mazzini, n. 145

contro

Comune di Savogna d’Isonzo (GO), in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avv.ti L P e L D P e con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. E D I, in Roma, viale Mazzini, n. 33

nei confronti

Regione Friuli Venezia Giulia, non costituita in giudizio

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo per il Friuli Venezia Giulia, Sezione Prima, n. 2/2014 del 9 gennaio 2014, resa tra le parti, con cui è stato dichiarato inammissibile il ricorso R.G. n. 211/2012, presentato avverso le delibere di adozione e di approvazione della variante n. 9 al Piano Regolatore Generale Comunale (P.R.G.C.) di Savogna d’Isonzo (GO).


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Vista la memoria di costituzione e difensiva del Comune di Savogna d’Isonzo (GO);

Vista l’ulteriore memoria del Comune appellato;

Viste le istanze delle parti costituite di passaggio della causa in decisione sulla base dei soli scritti difensivi;

Vista l’ordinanza collegiale n. 7522/2021 dell’11 novembre 2021, emessa ai sensi dell’art. 73, comma 3, del d.lgs. n. 104/2010 (c.p.a.);

Viste le memorie depositate dalle parti in riscontro alla stessa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 novembre 2021 il Cons. Pietro De Berardinis e preso atto che nessuno è comparso per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. Con l’appello in epigrafe il sig. I C ha impugnato la sentenza breve del T.A.R. Friuli Venezia Giulia, Sez. I, n. 2/2014 del 9 gennaio 2014, chiedendone la riforma.

1.1. La sentenza impugnata ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal predetto ricorrente avverso la delibera di avvio dei lavori preparatori per l’adozione della variante n. 9 al P.R.G.C. del Comune di Savogna d’Isonzo (GO), nonché avverso la delibera di adozione della medesima variante e la delibera di approvazione della stessa.

1.2. In punto di fatto, il sig. Guglielmo Cotti, di cui il ricorrente è erede, aveva impugnato gli atti di pianificazione urbanistica del Comune di Savogna d’Isonzo (GO) nella parte riguardante l’area di sua proprietà (una ex cava), ottenendone l’annullamento da parte del T.A.R. Friuli Venezia Giulia con sentenza n. 610/2008 del 27 ottobre 2008.

1.2.1. L’adito Tribunale aveva stabilito, in particolare, che la classificazione dell’area in esame come totalmente inedificabile non potesse supportarsi solo sulla sua caratteristica di ex cava colmata con materiale di riempimento, ma richiedesse un’analisi puntuale e specifica delle caratteristiche effettive del sito, di cui dovesse essere dato riscontro nella motivazione posta a supporto della classificazione stessa. Ciò, in quanto ogni motivazione in merito avrebbe dovuto essere assunta sulla base non già di considerazioni generali e specifiche, bensì di concrete verifiche tecniche, in relazione alle specifiche condizioni del terreno.

1.3. Nel ricorso da lui proposto il sig. I C ha lamentato che il Comune avrebbe, a ben vedere, disatteso il decisum , rendendo edificabile soltanto una parte dell’area già destinata a cava e non la sua intera superficie.

2. Il primo giudice, tuttavia, ha considerato il ricorso inammissibile, siccome rivolto avverso atti non lesivi, l’unico atto lesivo essendo la D.G.R. n. 376 dell’8 marzo 2012, di approvazione della variante, la quale, però, è stata impugnata irritualmente, giacché la relativa impugnazione è stata notificata alla Regione presso la sua sede e non presso l’Avvocatura dello Stato (come sancito dall’art. 1, secondo comma, del d.P.R. n. 78/1965, di attuazione dello Statuto Regionale).

2.1. Il T.A.R. ha negato la possibilità di invocare, sul punto, l’errore scusabile, essendo consolidato l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui l’onere di notifica del ricorso nei confronti della Regione Friuli Venezia Giulia va assolto mediante notifica all’Avvocatura Distrettuale dello Stato (e non già presso la sede della Regione).

3. Nel gravame l’appellante censura la sentenza impugnata, pur senza tradurre le censure in formali motivi d’impugnazione.

3.1. Innanzitutto, egli contesta la declaratoria di inammissibilità del ricorso, asserendo la correttezza della notifica del ricorso alla Regione, anche se non fatta presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato, alla stregua dell’art. 12 del d.P.R. n. 469/1987 (recante norme integrative di attuazione dello Statuto della Regione Friuli Venezia Giulia) e tenuto conto che, ai sensi dell’art. 13 del d.P.R. n. 469 cit., il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato in favore della medesima Regione, da obbligatorio che era, è diventato facoltativo;
in ogni caso, sostiene che nella fattispecie sussisterebbero i presupposti della rimessione in termini ex art. 37 c.p.a. per errore scusabile.

3.1.1. Nel merito, poi, l’appellante riproduce le censure già dedotte in primo grado e non esaminate dal T.A.R. (fermatosi a una pronuncia di natura processuale): in particolare, lamenta che il Comune non avrebbe esplicitato i motivi per cui l’intera particella di sua proprietà (corrispondente all’ex cava) non potesse essere riclassificata in zona B3 residenziale.

3.1.2. Il sig. Cotti conclude: a) in via principale, per la concessione dell’errore scusabile e, pertanto, per la rimessione in termini ai fini della notifica del ricorso di primo grado alla Regione Friuli Venezia Giulia presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato, con esame nel merito della controversia presso il Tribunale adito in prima istanza; b) in via subordinata, per l’accoglimento nel merito dell’appello e la conseguente riforma della sentenza gravata.

3.2. Si è costituito in giudizio il Comune di Savogna d’Isonzo, eccependo, anzitutto, che la notifica del ricorso alla Regione sarebbe erronea, alla stregua della giurisprudenza consolidata espressasi sulla questione, il che escluderebbe la configurabilità dell’errore scusabile. Osserva, poi, che l’impugnativa della delibera di adozione della variante sarebbe tardiva, poiché essa avrebbe dovuto essere proposta nel 2011, mentre il ricorso risale al 2012. Ancora, eccepisce che il privato già propose un ricorso per l’ottemperanza della sentenza del T.A.R. Friuli Venezia Giulia n. 610/2008: questo venne dichiarato irricevibile e infondato dal Tribunale con sentenza n. 287/2012 del 19 luglio 2012, non impugnata e, perciò, passata in giudicato. Infine, rileva nel merito che la variante impugnata, con cui il Comune è di nuovo intervenuto sull’area, prevedendone una parziale edificabilità, sarebbe pienamente legittima e coerente con il contenuto conformativo della citata sentenza n. 610/2008.

3.2.1. Il Comune ha successivamente depositato memoria, ribadendo le eccezioni di rito e di merito già sollevate in precedenza.

3.3. La Regione Friuli Venezia Giulia non si è costituita in giudizio (così come, del resto, non si era costituita nel giudizio di primo grado).

3.4. Entrambe le parti costituite hanno depositato istanza di passaggio della causa in decisione sulla base degli scritti difensivi e senza discussione.

4. All’esito dell’udienza pubblica del 9 novembre 2021, in cui nessuna delle parti è comparsa, con ordinanza n. 7522/2021 dell’11 novembre 2021, emessa ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a., è stato assegnato alle parti stesse un termine di venti giorni dalla comunicazione in via amministrativa o (se anteriore) dalla notifica dell’ordinanza per presentare memorie sulla questione degli effetti spiegati sulla presente causa dalla sentenza della Corte costituzionale n. 148 del 9 luglio 2021: ciò, essendo insorto in seno al Collegio il serio dubbio che l’irritualità (da qualificare in termini di nullità) della notifica del ricorso di primo grado alla Regione comporti, in base alla riferita pronuncia della Corte, l’assegnazione di un termine alla parte per la sua rinnovazione, e non la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Il Collegio si è riservato la decisione della causa all’esito di apposita camera di consiglio riconvocata alla scadenza del citato termine di venti giorni.

4.1. Sia l’appellante, sia il Comune appellato, hanno depositato memoria.

5. A scioglimento della riserva di cui all’ordinanza n. 7522/2021 cit. e lette le memorie delle parti, il Collegio osserva quanto segue.

5.1. La sentenza della Corte costituzionale n. 148 del 9 luglio 2021 ha espunto dall’art. 44, comma 4, c.p.a., l’inciso in base al quale, in caso di nullità della notifica del ricorso, cui faccia seguito la mancata costituzione in giudizio del suo destinatario, il giudice fissa al ricorrente un termine perentorio per rinnovarla “ se ritiene che l’esito negativo della notificazione dipenda da causa non imputabile al notificante ”: alla luce di tale pronuncia, dunque, il termine per rinnovare la notifica nulla deve essere comunque assegnato in caso di esito negativo della stessa.

5.2. In particolare, la Corte ha censurato la limitazione della rinnovazione della notifica ai soli casi in cui la nullità non sia imputabile al notificante, trattandosi di limitazione non proporzionata agli effetti che ne derivano: il difetto di proporzione tra mezzo e fine – osserva la pronuncia – è reso evidente dall’effetto combinato che sull’esercizio del diritto di azione producono, da un lato, la limitazione in esame, dall’altro, la decadenza dall’impugnazione degli atti amministrativi allo spirare del termine di sessanta giorni di cui all’art. 29 c.p.a. e ciò vale anche per le altre ipotesi nelle quali vi sia un termine decadenziale per la proposizione di azioni. Se, infatti, nel processo amministrativo la sottoposizione dell’azione al termine de quo garantisce la stabilità degli effetti giuridici, in conformità con l’interesse pubblico di pervenire in tempi brevi alla definitiva certezza del rapporto giuridico amministrativo, tale esigenza è travalicata dalla limitazione censurata, che fa derivare da un vizio esterno all’atto di esercizio dell’azione stessa la definitiva impossibilità di far valere in giudizio la situazione sostanziale sottostante: la preclusione – afferma la Corte – va ricollegata all’esercizio dell’azione in violazione del termine perentorio e non alla nullità della notificazione, poiché questa non è elemento costitutivo dell’atto che ne forma oggetto, ma assolve alla funzione strumentale e servente di conoscenza legale e di instaurazione del contraddittorio.

5.2.1. Il difetto di proporzione – aggiunge la pronuncia – si coglie anche nel fatto che la limitazione dichiarata incostituzionale non è posta a presidio di alcun interesse specifico che non sia già tutelato dalla previsione del termine di decadenza per la proposizione di un ricorso;
ed anzi tale limitazione, ogni volta che l’accertamento della nullità intervenga dopo lo spirare di detto termine, comporta la perdita definitiva della possibilità di ottenere una pronuncia giurisdizionale di merito, con una grave compromissione del diritto di agire in giudizio.

6. Dalla suindicata sentenza della Corte si evince, dunque, che nel caso in esame l’irritualità ( id est : nullità) della notifica del ricorso di primo grado nei confronti della Regione Friuli Venezia Giulia, in quanto effettuata dal ricorrente presso la Regione e non presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato, avrebbe dovuto comportare l’assegnazione al ricorrente stesso di un termine per la sua rinnovazione e non (come invece avvenuto) la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

6.1. La mancata assegnazione di un termine alla parte per la rinnovazione della notifica del ricorso di primo grado rileva in questa sede alla stregua della regola secondo cui il rapporto processuale rimane unitario nel corso dei due gradi di giudizio (cfr., ex plurimis , C.d.S., Sez. IV, 30 novembre 2020, n. 7563). Ed essa rileva nel senso di determinare l’annullamento della sentenza appellata con rimessione della causa al giudice di primo grado, ai sensi dell’art. 105, comma 1, c.p.a., per la mancata rituale instaurazione del contraddittorio (cfr. C.d.S., Sez. VI, 6 aprile 2020, n. 2256).

6.1.1. A nulla vale, quindi, che la mancata fissazione da parte del T.A.R. di un termine al ricorrente per la rinnovazione della notifica nulla costituisse corretta applicazione dell’art. 44, comma 4, c.p.a., nella versione vigente ratione temporis , in quanto l’illegittimità costituzionale ha come presupposto l’invalidità originaria della legge, sia essa di natura sostanziale, procedimentale o processuale, per contrasto con un precetto costituzionale, cosicché le pronunce della Corte che dichiarano la suddetta illegittimità eliminano la norma con effetto ex tunc (C.d.S., Sez. III, 12 luglio 2018, n. 4264), con il limite dei rapporti esauriti: limite che, però, non ricorre nel caso di specie, essendo tuttora pendente il giudizio senza che sia intervenuto alcun giudicato.

6.2. Va precisato, ancora, che la questione ora vista è ben diversa da quella – dedotta dall’appellante – della sussistenza dei presupposti dell’errore scusabile, ai fini della rimessione in termini ex art. 37 c.p.a.: l’assegnazione del termine per la rinnovazione della notifica nulla, conseguente al nuovo testo dell’art. 44, comma 4, c.p.a. scaturito dall’intervento della Corte costituzionale, prescinde del tutto, infatti, dall’imputabilità alla parte del vizio che ha cagionato detta nullità e, quindi, dalla scusabilità dell’errore/negligenza in cui la parte stessa sia incorsa, cosicché essa è dovuta anche quando – come nel caso di specie – sia stata la parte a darvi causa. La predetta assegnazione si spiega, infatti, come visto, alla luce del principio di proporzione (che risulta violato, ove essa sia limitata ai casi in cui la nullità della notifica del ricorso dipenda da causa non imputabile al notificante) e dall’esigenza, posta dall’art. 24 Cost., che a colui che agisce in giudizio non vengano imposti oneri o prescritte modalità tali da rendere impossibile o estremamente difficile l’esercizio del diritto di difesa o lo svolgimento dell’attività processuale (cfr., ex multis , Corte Cost., 10 maggio 2021, n. 102, 26 novembre 2020, n. 253 e 13 dicembre 2019, n. 271).

6.2.1. L’ora vista precisazione rileva in quanto sulla questione processuale posta dalla sentenza della Corte costituzionale in commento, in difetto di un contraddittorio spontaneo tra le parti (che si sono limitate ad affrontare il profilo dell’errore scusabile ex art. 37 c.p.a.), si è reso necessario stimolare il contraddittorio stesso attraverso la già citata ordinanza n. 7522/2021, alla quale le parti hanno fornito riscontro con apposite memorie. Queste ultime, però, – e in specie le argomentazioni contenute nella memoria del Comune appellato – non valgono a dissipare i dubbi del Collegio.

6.2.2. In particolare, non può condividersi la tesi della difesa comunale, secondo cui tra le ipotesi di “ mancanza del contraddittorio ” (che ai sensi dell’art. 105, comma 1, c.p.a. comportano la rimessione della causa al primo giudice) non rientrerebbe l’erronea effettuazione della notifica del ricorso a una delle parti originariamente intimate, trattandosi di fattispecie non individuata dall’Adunanza Plenaria nelle decisioni nn. 10 e 11 del 30 luglio 2018 (che hanno delimitato l’ambito applicativo dell’istituto processuale di cui all’art. 105, comma 1, cit.). L’anteriorità temporale delle due decisioni ora elencate rispetto alla declaratoria di incostituzionalità dell’art. 44, comma 4, c.p.a., infatti, già vale di per sé a spiegare perché l’Adunanza Plenaria non abbia potuto indicare tra i casi di rimessione della causa al T.A.R. quello della mancata assegnazione da parte del primo giudice al ricorrente di un termine per la rinnovazione della notifica del ricorso affetta da nullità e non sanata dalla costituzione della parte intimata.

6.2.3. Inoltre, l’art. 44, comma 4, c.p.a., nella versione vigente all’epoca della sentenza appellata e che è stata “sanzionata” dalla pronuncia della Corte, comportava una lesione del diritto di difesa della parte penalizzata: ipotesi, questa, a sua volta rientrante nell’elencazione dell’art. 105, comma 1, c.p.a., che prevede il rinvio della controversia al primo giudice se “ è stato leso il diritto di difesa di una delle parti ” senza specificare quale debba essa la causa di tale lesione, sicché la causa stessa ben può essere l’applicazione di una norma incostituzionale (come tale, ab initio illegittima).

6.3. Per le medesime ragioni, neppure può sostenersi che la decisione di questo Collegio di accogliere l’appello ai fini della rimessione ex art. 105 c.p.a. contrasti con le richiamate pronunce dell’Adunanza Plenaria, di tal ché si imporrebbe – secondo il non condivisibile assunto del Comune – il deferimento della questione alla Plenaria stessa, ai sensi dell’art. 99, comma 3, c.p.a..

6.4. Da ultimo, mette conto rilevare che a conclusioni in tutto analoghe è pervenuto un recentissimo arresto di questo Consiglio di Stato (Sez. IV, 13 dicembre 2021, n. 8303) espressosi sulla medesima questione prima della riconvocazione della camera di consiglio.

7. In conclusione, per le considerazioni fin qui svolte, l’appello va accolto e, per l’effetto, va disposto l’annullamento della sentenza impugnata con rimessione della causa al primo giudice ai sensi dell’art. 105, comma 1, c.p.a., versandosi in un’ipotesi di mancanza del contraddittorio per l’omessa rituale instaurazione del contraddittorio nel giudizio di primo grado nei confronti della Regione, in esso non costituitasi a causa della nullità della notificazione del ricorso introduttivo, senza fissazione alla parte ricorrente di un termine per rinnovarla.

8. Tenuto conto della complessità e della novità delle questioni giuridiche che connotano la presente controversia, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del doppio grado di giudizio interamente compensate tra tutte le parti.

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