Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2018-03-14, n. 201801638

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2018-03-14, n. 201801638
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201801638
Data del deposito : 14 marzo 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/03/2018

N. 01638/2018REG.PROV.COLL.

N. 04087/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4087 del 2017, proposto da:
Associazione dei Docenti di Diritto dell'Economia - Adde, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato S A, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Ciro Menotti, 24;

contro

Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza in forma semplificata 22 marzo 2017, n. 4487 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Roma, Sezione III.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca;

viste le memorie difensive;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nella camera di consiglio del giorno 8 marzo 2018 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti gli avvocati Sandro amorosino e Gabriella D’Avanzo dell'Avvocatura generale dello Stato.


FATTO e DIRITTO

1.– L’Associazione dei docenti di diritto dell'economia per gli studi di giurisprudenza (ADDE) ha chiesto al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, di intervenite per evitare la discriminazione derivante dall’esclusione del diritto dell’economia (IUS/05) dalle attività formative caratterizzanti ai fini del corso (classe) di laurea in giurisprudenza, stabilite dal decreto ministeriale 25 novembre 2005.

Non avendo l’amministrazione statale fornita una risposta, l’ente ha proposto azione avverso il silenzio innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio che, con sentenza n. 3310 del 2015, ha dichiarato l’illegittimità del silenzio dell’amministrazione.

Il Ministero, con provvedimento del 12 febbraio 2016, ha modificato il suddetto decreto ministeriale, inserendo, nella tabella allegata relativa alla classe (corso) di laurea in giurisprudenza, i settori scientifico-disciplinari SSD IUS/05 e SSD IUS/03 (poi fusi nel settore concorsuale 12/E3) tra le « attività formative caratterizzanti nell’ambito economico e pubblicistico ».

A tali “attività” il decreto ministeriale attribuisce complessivamente 15 crediti, dei quali, la nota n. 4, in calce alla Tabella, ne riserva almeno 9 ad insegnamenti svolti nel periodo formativo iniziale (triennio) e almeno altri 5 al settore IUS/12 (diritto tributario).

Su 15 crediti attribuiti all’ambito economico-pubblicistico, 14 risultano assegnati in modo vincolante dal Ministero e in particolare: i ) nove crediti riguarderebbero le materie insegnate (diritto privato, diritto pubblico, diritto romano;
diritto civile, diritto commerciale e diritto costituzionale) nei primi anni del corso di laurea in giurisprudenza, tra le quali nel medesimo ambito “economico e pubblicistico” economia politica; i ) cinque dei rimanenti sei crediti utilizzabili nel biennio superiore sono riservati dal predetto decreto ministeriale al diritto tributario.

Le materie comprese nel diritto dell’economia e nel diritto agroalimentare alle quali è stato assegnato un solo credito nel corso di laurea in giurisprudenza continuerebbero, secondo la prospettazione dell’Associaizone, ad essere discriminate.

L’esclusione dei settori IUS/05 e IUS/03 dagli insegnamenti caratterizzanti la classe di laurea in giurisprudenza sarebbe elusiva del giudicato formatosi in relazione alla predetta sentenza n. 3310 del 2015.

2.– L’ADDE ha chiesto, pertanto, al Ministero di annullare la “nota 4” della tabella relativa agli insegnamenti qualificanti del corso di laurea magistrale in giurisprudenza di cui al d.m. 25 novembre 2005 e di aumentare il numero dei crediti attribuiti all’area delle attività formative caratterizzanti l’ambito “economico e pubblicistico”

Tale “invito a provvedere” – notificato il 2 settembre 2016 e ricevuto il 5 settembre 2016 – sarebbe rimasto privo di riscontro da parte del Ministero.

L’ADDE ha proposto, innanzi al medesimo Tribunale, azione avverso il silenzio opposto dal Ministero in quanto determinerebbe, tra l’altro, il protrarsi della discriminazione dei suddetti corsi di studio rispetto agli altri settori scientifici già inseriti nei corsi di laurea e un grave pregiudizio agli studiosi (ed anche agli studi) di diritto dell'economia, poiché l'esclusione dello IUS 05 impedirebbe di bandire i concorsi per l’insegnamento nel medesimo settore per le chiamate degli idonei.

3.– Il Tribunale amministrativo, con sentenza 22 marzo 2017, n. 4487, ha rigettato il ricorso.

In particolare, il primo giudice ha ritenuto che il Ministero intimato con decreto ministeriale del 12 febbraio 2015 ha modificato il decreto ministeriale 25 novembre 2005 inserendo, nella tabella allegata relativa al corso di laurea in giurisprudenza, i settori scientifico disciplinari SSD IUS/05 (diritto dell’economia) e SSD IUS/03 (diritto agrario).

In particolare, si è affermato che: « Anche a voler considerare l’aspettativa degli studiosi di diritto dell'economia ad ottenere il riconoscimento di un maggiore presenza (e/o di un maggior peso) nell’ambito dell’attività didattica svolta presso i corsi di laurea della facoltà di giurisprudenza, il giudice ammnistrativo non può sostituirsi a valutazioni che spettano esclusivamente all’amministrazione intimata, se non negli stretti limiti sopra indicati del palese errore di fatto e/o della illogicità che tuttavia non è dato evincere nel caso di specie ».

4.– La ricorrente in primo grado ha proposto appello.

L’appellante ha dedotto che il primo giudice avrebbe omesso di pronunciarsi sulla prima e pregiudiziale domanda con la quale l’Associazione aveva chiesto l’accertamento dell’illegittimità del silenzio della p.a. a provvedere mediante la soppressione della “nota 4” del d.m. 25 novembre 2005.

Nel merito è stata comunque ritenuto erronea la decisione.

5.– La causa è stata decisa all’esito della camera di consiglio dell’8 marzo 2018.

6.– Il ricorso è inammissibile.

La giurisprudenza di questo Consiglio è costante nel ritenere che « il presupposto per la condanna ai sensi dell' art. 117 c.p. a. è il fatto che al momento della pronuncia del giudice perduri l'inerzia dell'Amministrazione inadempiente (e che dunque non sia venuto meno il relativo interesse ad agire);
sotto tale angolazione si ritiene che: i) in linea generale l'adozione di un provvedimento esplicito (in risposta all'istanza dell'interessato o in ossequio all'obbligo di legge), rende il ricorso o inammissibile per carenza originaria dell'interesse ad agire (se il provvedimento intervenga prima della proposizione del ricorso) o improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse (se il provvedimento intervenga nel corso del giudizio all'uopo instaurato)
» (Cons. Stato, sez. VI, 30 marzo 2015, n. 1648;
si v. anche Cons. Stato, sez. V, 14 aprile 2016, n. 1502).

Nel caso in esame il Ministero ha adottato, dopo l’istaurazione del presente giudizio, una nota di chiarimenti 22 novembre 2017, con la quale, tra l’altro, ha affermato che « in relazione alla eliminazione della citata “nota 4” occorre attendere l’avvio della revisione complessiva della classe LMG/01 » prima di procedere alla soppressione della suddetta nota 4 della tabella allegata al d.m. 25 novembre 2005.

Avendo l’appellante, con il ricorso in esame, chiesto la riforma della sentenza del primo giudice nella parte in cui non avrebbe accertato l’inadempimento del Ministero, l’adozione di tale nota costituisce l’atto amministrativo di “risposta” alla pretesa avanzata dall’appellante.

Ne consegue che deve essere dichiarata la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione del presente appello.

Del resto, lo stesso appellante ha dedotto, nell’ultima memoria difensiva, di avere proposto, avverso la suddetta nota, autonomo ricorso di impugnazione innanzi al Tribunale amministrativo.

7.– La natura della controversia e il suo esito giustifica l’integrale compensazione tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

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