Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-04-16, n. 201002181

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-04-16, n. 201002181
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201002181
Data del deposito : 16 aprile 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08285/2009 REG.RIC.

N. 02181/2010 REG.DEC.

N. 08285/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 8285 del 2009, proposto da D E, rappresentato e difeso dall’avv. R M, ed elettivamente domiciliato, unitamente al difensore, presso lo studio legale Modena – Schwarzenberg in Roma, via Monte delle Gioie n. 24, come da mandato a margine del ricorso introduttivo;

contro

Ministero della difesa - Comando generale dell’Arma dei carabinieri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi n.12;

nei confronti di

M S, non costituito in giudizio;

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione prima bis, n. 5702 del 16 giugno 2009;


visto il ricorso in appello, con i relativi allegati,

visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione appellata;

viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

visti gli atti tutti della causa;

relatore all’udienza pubblica del giorno 26 gennaio 2010 il consigliere Diego Sabatino;

uditi per le parti l’avv. Modena e l'avv. dello Stato Greco;

considerato in fatto e ritenuto in diritto quanto segue:


FATTO

Con ricorso iscritto al n. 8285 del 2009, D E proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione prima bis, n. 5702 del 16 giugno 2009 con la quale era stato respinto il ricorso proposto contro il Ministero della difesa - Comando generale dell’Arma dei carabinieri per l'annullamento del decreto dirigenziale n. 14/09 del 12 gennaio 2009 – pubblicato nella G.U. - 4ª s.s. n. 5 del 20.01.2009 – a firma del direttore Generale della DGPM (ed in particolare dell’art. 2 comma 6) avente ad oggetto l’avvio delle procedure straordinarie di stabilizzazione di 45 Ufficiali in FP ausiliari del ruolo speciale dell’Arma dei Carabinieri;
del provvedimento di esclusione del ricorrente dalla procedura di cui al citato decreto dirigenziale n. 14/09 a firma del Capo della 1ª Divisione del I Reparto della DGPM del Ministero della Difesa prot. n. MD/GMIL/I/1/2/0076333 datato 12.02.2009;
di ogni altro atto comunque antecedente, presupposto e conseguente.

A sostegno delle doglianze proposte dinanzi al giudice di prime cure, la parte ricorrente aveva premesso di essere tenente dei carabinieri in congedo e di essere stato escluso dalla procedura di stabilizzazione sull’assunto che egli non può vantare i trentasei mesi di servizio nel quinquennio 1 gennaio 2002 – 31 dicembre 2006.

Al contrario, il ricorrente sosteneva di possedere il requisito richiesto in quanto, pur escludendo il servizio di leva, vanta tre anni e due giorni di servizio dal 23 novembre 2002 al 26 novembre 2005 avendo svolto, dall’ottobre del 2002 e per quattordici mesi, servizio da Ufficiale di complemento (di 1^ nomina e poi in rafferma biennale).

Costituitosi il Ministero della difesa - Comando generale dell’Arma dei carabinieri, il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata, resa in forma semplificata. In essa, il T.A.R. riteneva infondate le doglianze, evidenziano la non assimilabilità tra il periodo svolto come ufficiale di complemento di 1^ nomina con il servizio in ferma prefissata, indicato come requisito dal bando di selezione.

Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenziava come la sentenza avesse erroneamente escluso la computabilità del servizio svolto quale ufficiale di complemento.

Nel giudizio di appello, si costituiva il Ministero della difesa - Comando generale dell’Arma dei carabinieri, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

All’udienza del 10 novembre 2009, l’istanza cautelare veniva respinta con ordinanza n. 5592/2009.

Alla pubblica udienza del 26 gennaio 2010, il ricorso è stato discusso ed assunto in decisione.

DIRITTO

1. - L’appello non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.

2. - Con un unico motivo di diritto, articolato sotto più profili, viene dapprima dedotta l’inesistenza dei presupposti per il rilascio in forma semplificata della decisione, per la mancata acquisizione agli atti delle ragioni per l’ammissione alla procedura di altri soggetti, ritenuti non in possesso dei requisiti necessari, come pure per il mancato chiarimento del significato di una espressione all’interno del provvedimento gravato.

2.1. - La censura non ha pregio.

Va rilevato che gli elementi che la difesa indica come non acquisiti in sede istruttoria attengono a profili inconferenti al fine della decisione. Infatti, da un lato, deve ritenersi che la supposta presenza di soggetti eventualmente non legittimati non è fatto in sé idoneo ad incidere sulla legittimità dell’esclusione impugnata, in quanto, quand’anche provato, tale fatto non elimina l’onere del ricorrente di dare prova del possesso da parte sua dei requisiti di partecipazione;
dall’altro, la motivazione del provvedimento di esclusione, basata sul mancato possesso del periodo minimo di svolgimento del servizio necessario, appare ben chiara e quindi gli ulteriori chiarimenti richiesti non si dimostrano necessari al giudizio di annullamento.

3. - Nel corpo dello stesso motivo, come secondo profilo, viene sollevata la questione di costituzionalità dell’art. 2 comma 6 lett. a) del decreto dirigenziale n. 14/09 del 12 gennaio 2009 (pag. 4 e 10 del ricorso), dolendosi peraltro della circostanza che il giudice di prime cure non abbia nemmeno esaminato il detto profilo.

3.1. - La questione non ha alcun pregio.

La Sezione al proposito non può infatti che rimarcare come la questione di costituzionalità possa essere rivolta contro norme di rango legislativo e non contro provvedimenti amministrativi, quale quello indicato.

4. - Sotto un terzo profilo, più attinente al merito, l’appellante si duole della mancata considerazione della perfetta equiparabilità tra servizio svolto quale ufficiale di complemento e servizio svolto quale ufficiale ausiliario in ferma prefissata. Secondo la difesa, il rapporto dell’ufficiale di complemento con l’amministrazione non dovrebbe essere considerato meramente obbligatorio di servizio, ma effettivamente di impiego.

4.1. - La censura non può essere condivisa.

Questa Sezione ha già evidenziato, trattando esplicitamente le procedure di stabilizzazione (decisione n. 6635 del 2008) come queste siano “uno strumento legislativo di natura eccezionale concepito per favorire l’occupazione stabile nel lavoro dipendente ed è rivolto a chi, per il tempo indicato dal legislatore, è stato precariamente alle dipendenze dell’Amministrazione”, e che pertanto debbano essere applicate solo nei confronti di chi abbia prestato un servizio di carattere non obbligatorio.

Ed, infatti, sebbene l’ufficiale di complemento partecipi a procedure di selezione per l’accesso, tale elemento non vale a mutare la natura dell’attività di servizio, che rimane obbligatoria, e per questo insuscettibile di qualificazione in termini di rapporto di lavoro dipendente.

Correttamente, il giudice di prime cure ha quindi rilevato come l’assimilazione del servizio svolto da ufficiale di complemento al servizio di leva determina anche per il primo tipo la presenza del carattere dell’obbligatorietà e non della volontarietà del rapporto instaurato con l’amministrazione militare. Tale ragione comporta che questo non può dare luogo ad un rapporto d’impiego e neppure essere computato come periodo di servizio impiegatizio ai fini della stabilizzazione del rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione.

Correttamente, pertanto, l’amministrazione della difesa non ha dato seguito all’istanza di partecipazione del ricorrente, in quanto non in possesso dei requisiti richiesti dal bando.

5. - L’appello va quindi respinto. Sussistono peraltro giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali.

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