Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-01-18, n. 201700190

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-01-18, n. 201700190
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201700190
Data del deposito : 18 gennaio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/01/2017

N. 00190/2017REG.PROV.COLL.

N. 07832/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7832 del 2006, proposto da:
Soc. Davoli 90 di A M &
C. S.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati O A C.F. BBMRZO61S17F839L, G A C.F. BBMGPP23C17F839S, A G C.F. GRLRND32D30D762X, con domicilio eletto presso Studio Zimatore-Abbamonte in Roma, via G. G. Porro, n. 8;

contro

Comune di Davoli, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati G Calcaterra , Domenico Poerio C.F. PRODNC60M19C352A, con domicilio eletto presso E Associati Studio Morandini in Roma, via Flaminia, n. 79;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CALABRIA – CATANZARO, SEZIONE I n. 01781/2005, resa tra le parti, concernente risarcimento danni per illegittimo annullamento concessione edilizia.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 gennaio 2017 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e uditi per le parti gli avvocati Zuppari su delega di G. Abbamonte e D. Poerio;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto dinanzi al TAR per la Calabria, sezione staccata di Catanzaro, l’odierno appellante invocava la condanna del Comune di Davoli al risarcimento dei danni causati dall’illegittimo annullamento da parte dell’ordinanza n. 27/1997 della concessione edilizia n. 17/1996, che quantificava in misura pari a 905.635,59 euro, oltre interessi legali sulle somme rivalutate.

2. Il primo giudice accoglieva l’eccezione di prescrizione proposta dall’amministrazione comunale resistente, ritenendo che il termine quinquennale di prescrizione decorresse dalla notifica del provvedimento di annullamento impugnato effettuata in data 22 gennaio 1997 e che, quindi, in data 22 gennaio 2002 fosse scaduto. In ogni caso il TAR riteneva non sussistente l’elemento soggettivo dell’illecito, difettando la colpa dell’amministrazione.

3. Avverso la pronuncia indicata in epigrafe propone appello l’originaria ricorrente, lamentando l’erroneità della sentenza sia nella parte in cui ritiene maturatasi la prescrizione, sia nella parte in cui esclude la sussistenza degli elementi integrativi dell’illecito aquiliano. Pertanto, la Soc. Davoli 90 di A M &
C. S.a.s. reitera la richiesta risarcitoria richiamando la quantificazione del danno già operata in primo grado, ovvero invocandone la determinazione equitativa ovvero la quantificazione all’esito di espletanda c.t.u.

4. Resiste in giudizio l’amministrazione comunale che invoca la conferma della sentenza di primo grado.

5. L’appello è fondato e deve essere accolto. Quanto, al capo della sentenza che ha ritenuto fondata l’eccezione di prescrizione, infatti, deve rilevarsi che l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha chiarito quale sia la disciplina dei termini per avanzare domanda risarcitoria nel processo amministrativo, precisando che: a) il termine decadenziale di centoventi giorni previsto, per la domanda di risarcimento per lesione di interessi legittimi, dall’articolo 30, comma 3, del codice del processo amministrativo, non è applicabile ai fatti illeciti anteriori all’entrata in vigore del codice (Cons. St., Ad. Plen., n. 6/2015);
b) l’azione di risarcimento dei danni può essere proposta sia unitamente all’azione giurisdizionale di annullamento degli atti illegittimi, sia in via autonoma, dopo l’annullamento degli atti in sede giurisdizionale;
in quest’ultimo caso, il momento iniziale del decorso del termine quinquennale di prescrizione dell’azione di risarcimento va individuato nella data di passaggio in giudicato della decisione di annullamento del giudice amministrativo (Cons. St., Ad. Plen., n. 2/2006).

Pertanto, specie in un momento, quello dell’adozione del provvedimento illegittimo, in cui era dubbia la stessa proponibilità dell’azione risarcitoria dinanzi al g.a. ed ancora più incerto il superamento della cd. pregiudiziale amministrativa, la soluzione offerta dal TAR non può essere condivisa.

6. In relazione, invece, alla sussistenza degli elementi dell’illecito aquiliano in capo all’amministrazione, non v’è dubbio che deve ravvisarsi una condanna illecita da parte del comune che annulli illegittimamente in autotutela un provvedimento di concessione edilizia ampliativo della sfera giuridica del privato sulla scorta di una valutazione illegittima accertata con sentenza definitiva di questo Consiglio n. 4766/2001, che concerne censure di tipo sostanziale.

Il Consiglio, infatti, rilevava che: a) il PRG del 1994, nelle Norme tecniche di attuazione, art. 4, ha dichiarato prescrittive le “convenzioni in atto anche se non formalmente corrette ma recepite e individuate dal P.R.G.”, e la convenzione per cui è causa figura tra quelle espressamente recepite.

E’ agevole rilevare che tali proposizioni hanno effetto derogatorio rispetto alle prescrizioni dettate in via generale dal medesimo strumento urbanistico, le quali pertanto non potevano essere addotte a supporto di un accertamento di illegittimità della concessione annullata, sotto il profilo del difetto di un valido piano di lottizzazione;
b) la rilevata mancanza di alcune opere di urbanizzazione in parte dell’area considerata, se, giustamente, viene fatta dipendere, dall’appellante, dai provvedimenti di sospensione dei lavori e di annullamento della concessione, non è peraltro tale da modificare il convincimento che la zona disponesse di una completa sistemazione sul piano progettuale, sì da rendere superfluo ogni altra forma di pianificazione particolareggiata.

Quanto, invece, alla dichiarata assenza di colpa da parte dell’amministrazione comunale, il privato assertivamente danneggiato da un provvedimento illegittimo dell'Amministrazione non deve svolgere un particolare impegno per dimostrare la colpa della stessa, potendo egli limitarsi ad allegare l'illegittimità dell'atto e per il resto farsi applicazione, al fine della prova dell'elemento soggettivo, delle regole di comune esperienza e della presunzione semplice di cui agli artt. 2727 e 2729 Cod. civ., con la conseguenza a tal punto che spetta all'Amministrazione dimostrare, se del caso, che si è verificato un errore scusabile, il quale è configurabile in caso di contrasti giurisprudenziali sull'interpretazione di una norma, di formulazione incerta di norme da poco entrate in vigore, di rilevante complessità del fatto, d'influenza determinante di comportamenti di altri soggetti o di illegittimità derivante da una successiva dichiarazione d'incostituzionalità della norma applicata. Nella fattispecie, però, non solo l’amministrazione non offre una simile prova, ma la stessa non è comunque desumibile dagli atti di causa, risultando al contrario che l’ordinanza sindacale di annullamento del permesso di costruire giudicata illegittima da questo Consiglio venne assunta con il parare contrario degli uffici tecnici della stessa amministrazione.

Pertanto, anche l’elemento soggettivo dell’illecito dell’amministrazione deve ritenersi sussistente.

7. Venendo, infine, alla quantificazione del danno, in mancanza di opposizione delle parti appare opportuno dettare ex art. 34, comma 4, c.p.a., i criteri in base ai quali l’amministrazione comunale appellata deve proporre a favore dell’appellante il pagamento di una somma di denaro entro il termine di 90 giorni dalla notificazione della presente pronuncia.

I detti criteri sono i seguenti: a) le eventuali conseguenze dello stato di fermo del cantiere relativo al fabbricato B oggetto del titolo edilizio sulle opere realizzate tra il rilascio della concessione edilizia e la rimozione giudiziale del provvedimento di annullamento della stessa;
b) le eventuali conseguenze dell’annullamento della detta concessione sull’attività economica della società tra l’adozione dell’ordinanza sindacale adottata in autotutela e la sua la rimozione giudiziale.

8. L’odierno appello deve, quindi, essere accolto, con ciò che ne consegue in termini di riforma della sentenza impugnata e di accoglimento nei termini sopra indicati del ricorso di primo grado. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

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