Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2009-12-15, n. 200907944

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2009-12-15, n. 200907944
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 200907944
Data del deposito : 15 dicembre 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02273/2009 REG.RIC.

N. 07944/2009 REG.DEC.

N. 02273/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

sul ricorso n.r.g. n. 2273/2009, proposto dalla Regione Lombardia, rappresentata e difesa dagli avvocati P P e F T, con domicilio eletto presso il secondo, in Roma, largo Messico, n. 7;

contro

Telecom Italia, non costituita in appello;

nei confronti di

Comune di Broni, Provincia di Pavia, Arpa Lombardia, non costituiti in appello;

per la riforma

della sentenza del Tar Lombardia – Milano, sez. I, n. 95/2009, resa tra le parti.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 ottobre 2009 il cons.. Rosanna De Nictolis e uditi per l’appellante gli avvocati Pujatti e Tedeschini;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso al Tar Lombardia – Milano, la Telecom Italia s.p.a., società odierna appellata, contestava il diniego opposto dal Comune di Broni (prov. di Pavia) alla richiesta di realizzazione di una stazione radio base per telefonia mobile di potenza inferiore a 300 watt da installarsi su un edificio sito nel medesimo Comune;
oltre a tale diniego veniva impugnato il parere negativo espresso dalla Commissione comunale del paesaggio, e, per quel che qui interessa, gli artt. 25 e 30 delle norme tecniche di attuazione (NTA) del piano territoriale paesistico regionale (PTPR).

2. Il Tar adito, con la sentenza in epigrafe, accoglieva il ricorso.

Per quel che interessa in questa sede, in relazione al parere negativo espresso dalla commissione comunale del paesaggio fondata sulle NTA del PTPR, e alle contestazioni rivolte contro le NTA del PTPR, il Tar statuiva che tali norme, laddove assoggettano qualunque intervento edilizio sul territorio regionale a esame di impatto paesistico, da compiersi in sede di progettazione, non sono applicabili nel caso dello speciale procedimento autorizzatorio delle stazioni radio base per telefonia mobile di potenza inferiore a 300 watt, come delineato dall’art. 87, d.lgs. n. 259/2003, da intendersi sostitutivo di ogni procedimento di carattere edilizio-urbanistico, e cronologicamente successivo rispetto al piano paesistico regionale.

Sul presupposto della inapplicabilità, le citate NTA, ancorché impugnate, non sono state annullate dal Tar.

3. La sentenza è appellata in parte qua dalla Regione Lombardia, la quale invoca il proprio interesse a che sia affermato l’opposto principio di diritto, secondo cui l’esame di impatto paesistico è necessario per qualsivoglia progetto sul territorio regionale, nei limiti fissati dalle citate NTA (in caso di interventi incidenti sull’aspetto esteriore dei luoghi e degli edifici, da effettuarsi su aree o edifici non soggetti a vincoli), e non resta superato e assorbito dal procedimento di cui all’art. 87, d.lgs. n. 259/2003.

Assume la Regione ricorrente che dall’art. 87, d.lgs. n. 259/2003 e dall’art. 4, l.r. Lombardia n. 11/2001, si desumerebbe che lo speciale procedimento autorizzatorio per le antenne di telefonia mobile assorbe, come statuito anche dalla giurisprudenza, il procedimento di rilascio del titolo abilitativo edilizio, e i profili di localizzazione urbanistica, ma non assorbirebbe la valutazione di impatto paesaggistico.

Sarebbe il codice dei beni culturali e del paesaggio (art. 135, d.lgs. n. 42/2004) che, a prescindere dalla imposizione del vincolo paesaggistico su determinate zone, imporrebbe comunque la tutela paesistica dell’intero territorio, consentendo che le Regioni esigano che la valutazione paesaggistica diventi un elemento interno a tutti i procedimenti nei quali venga in evidenza la trasformazione del territorio

4. La censura proposta è infondata e, quindi, l’appello è da respingere..

4.1. L’art. 86, d.lgs. n. 259/2003, nel delineare il procedimento autorizzatorio per gli impianti di telefonia mobile e relative antenne, poi dettagliato nei successivi articoli, al comma 4 fa espressamente salve le disposizioni a tutela dei beni ambientali e culturali contenute nel d.lgs. 29 ottobre 1999 n. 490, ora sostituito dal d.lgs. n. 42/2004.

Il successivo art. 87, che trova applicazione nel caso di specie, prevede un procedimento autorizzatorio che, secondo l’interpretazione giurisprudenziale, assorbe e sostituisce anche il procedimento di rilascio del titolo abilitativo edilizio.

L’interessato deve limitarsi a presentare l’istanza di autorizzazione, laddove se occorrono ulteriori valutazioni e dunque autorizzazioni di carattere ambientale, sanitario, storico-culturale, le autorità preposte devono essere sentite in sede di conferenza di servizi e in quella sede possono far valere il loro dissenso (art. 87, commi 6, 7, 8).

Dal combinato disposto dell’art. 86, comma 4 e dell’art. 87, comma 8, si desume che laddove un dato bene o area siano sottoposti a vincolo paesistico, assurgendo così a <<bene ambientale>>, occorre sentire l’autorità preposta alla tutela del vincolo, il cui dissenso ha carattere qualificato e differenziato rispetto ad altri dissensi, aggravando il procedimento necessario per il superamento del dissenso.

Il procedimento semplificato delineato dall’art. 87, d.lgs. n. 259/2003 può essere derogato solo nel senso di prevedere forme ulteriori di semplificazione, e non anche nel senso di aggravare il procedimento imponendo agli interessati oneri aggiuntivi (art. 87, co. 9).

4.2. Nel caso specifico, l’edificio su cui è progettata l’installazione dell’antenna non è sottoposto a vincolo paesistico, come non lo è l’area su cui insiste l’edificio.

Tuttavia, nella Regione Lombardia, il piano paesistico territoriale regionale dispone che anche nelle aree non sottoposte a specifico vincolo paesaggistico, i progetti di interventi edilizi devono essere corredati da esame di impatto paesistico.

Tale previsione è di epoca anteriore al d.lgs. n. 259/2003, e deve ritenersi superata e inapplicabile nel procedimento di cui all’art. 87, d.lgs. n. 259/2003.

E, invero, l’esame di impatto paesistico di cui al piano regionale, riguardando le aree non sottoposte a specifico vincolo paesistico, si inserisce nel procedimento urbanistico-edilizio, come componente che impone di considerare, in sede di tale procedimento, anche i profili paesistici.

L’esame di impatto paesistico è dunque una componente del procedimento di rilascio del titolo edilizio.

Ma come si è visto, il procedimento di cui all’art. 87, d.lgs. n. 259/2003, sostituisce e assorbe il procedimento abilitativo edilizio, e conseguente assorbe tutti gli elementi necessari nel suo ambito, ivi compresa l’esame di impatto paesistico.

Inoltre, come già osservato, dagli artt. 86 e 87, d.lgs. n. 259/2003, si evince che sono fatti salvi solo i procedimenti a tutela di <<beni ambientali>>, ossia di beni specificamente sottoposti a vincolo paesaggistico, e non i procedimenti genericamente volti a tutelare indifferenziatamente il paesaggio a prescindere dall’esistenza di un vincolo specifico.

4.3. Neppure si può condividere l’assunto della Regione appellante secondo cui gli artt. 25 e 30 del PTPR troverebbero il loro fondamento, sia pure postumo, nell’art. 135, d.lgs. n. 42/2004.

Infatti il codice dei beni culturali e del paesaggio impone, all’art. 135, che in sede di piani paesistici regionali <<tutto il territorio sia adeguatamente conosciuto, salvaguardato, pianificato e gestito in ragione dei differenti valori espressi dai diversi contesti che lo costituiscono>>. Il che significa che tutto il territorio va studiato e preso in considerazione, non che su tutto il territorio debbano imporsi vincoli paesistici o imporsi oneri indifferenziati. Infatti, è testualmente stabilito che i piani paesaggistici (espressione che comprende sia i piani paesaggistici in senso stretto, sia quelli urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesaggistici), con riferimento al territorio considerato, ne riconoscono gli aspetti e i caratteri peculiari, nonché le caratteristiche paesaggistiche, e ne <<delimitano i relativi ambiti>>. Ciascun ambito deve avere una normativa d’uso che sia proporzionata alle relative caratteristiche, sicché non si giustifica che tutte le zone diverse da quelle vincolate siano accomunate da un indifferenziato e unico onere di valutazione di impatto paesaggistico.

Nel caso di specie, dunque, non poteva negarsi l’autorizzazione sulla base di considerazioni inerenti alla tutela del paesaggio, in difetto di uno specifico vincolo paesaggistico.

5. Per quanto esposto l’appello va respinto.

Nulla per le spese in difetto di costituzione dell’appellata.


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