Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-08-02, n. 202105704
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Pubblicato il 02/08/2021
N. 05704/2021REG.PROV.COLL.
N. 02935/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2935 del 2014, proposto dal sig. G T, rappresentato e difeso dall’avvocato M F, con domicilio eletto presso lo studio Guido Lenza in Roma, via XX settembre, 98/E;
contro
Comune di Salerno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati A B e A D M, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania sezione staccata di Salerno (Sezione I) n. 01783/2013, resa tra le parti, concernente ordinanza di demolizione opere abusive.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Salerno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza del giorno 8 giugno 2021 il consigliere Andrea Pannone e uditi per le parti gli avvocati indicati nel verbale d’udienza;
L’udienza si svolge ai sensi dell’art. 4, comma 1, del decreto legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, e dell’art. 25 del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto dalla circolare del Segretario generale della Giustizia amministrativa 13 marzo 2020, n. 6305;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
A) La sentenza, qui impugnata, ha respinto il ricorso proposto dal sig. G T per l’annullamento:
a) dell’ordinanza n. 49 del 30 [recte: 31] luglio 2003 del direttore del Settore urbanistica del Comune di Salerno, di demolizione di opere abusive;
b) del rapporto dell’Ufficio Vigilanza del Comune di Salerno, prot. n. 70471 del 25 luglio 2003.
La sentenza osserva:
1. le opere abusive rilevate nel verbale di sopralluogo, consistenti in dodici pilastri in elevazione e platea di fondazione con particolare tompagnatura del lato sud ed avente dimensioni esterne (metri 15,80 di lunghezza circa e metri 8 di larghezza circa e di altezza variabile da metri 2,50 circa e metri 3,50 circa dal piano di campagna), effettuato dall’Ufficio vigilanza del Comune il 25 luglio 2003, insistono sulla proprietà del ricorrente, riportata in catasto terreni al foglio 4, par.lla 181;le stesse sono infatti prive di titolo autorizzatorio, atteso che l’autorizzazione n. 420/2000 riguardava la proprietà di Trezza Cinzia, individuata al catasto terreni al foglio 4 part.lla 241.
2. in assenza di una valida autorizzazione il ricorrente non avrebbe potuto avvalersi del regime relativo alle varianti in corso d’opera;
3. nell’ordinanza impugnata emerge peraltro che l’area oggetto degli abusi edilizi è a rischio frana – R2 (rischio medio) e ricade in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, in linea con l’art. 146, lett. c), d. lgs. 490/1999, normativa sui beni culturali all’epoca vigente;ciò comporta che, ai sensi dell’art. 22, comma 3, d.p.r. 380/2001, la realizzazione degli interventi di cui al comma 2 (varianti a permessi di costruire sottoposte a denuncia di inizio attività) relativi ad immobili per i quali vige una tutela storico-artistica o paesaggistico-ambientale è subordinata al preventivo rilascio del parere o dell’autorizzazione richiesti dalle relative previsioni normative di tutela.
4. Su queste premesse, le censure del ricorrente appaiono nel complesso infondate atteso che:
- non vi erano i presupposti per fruire del regime speciale previsto per le varianti in corso d’opera in quanto escluso dall’art. 22, comma 3, d.p.r. 380/2001, per essere l’area interessata soggetta a vincolo paesaggistico;
- non vi era stata una richiesta di permesso di costruire relativa all’area di cui il ricorrente è proprietario e, pertanto, l’amministrazione non aveva alcun obbligo di pronunciarsi preventivamente all’irrogazione della sanzione di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi;
- l’ordinanza di demolizione impugnata appare congruamente motivata relativamente sia all’iter procedimentale seguito sia ai presupposti di fatto e di diritto>>.
B) Il ricorso in appello è affidato ai seguenti motivi così epigrafati:
I - error in iudicando - violazione di legge (artt. 13 e 15 l. n. 47/85 previgente e artt. 22 e 36 d.P.R. n. 380/01) - eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto - di istruttoria - erroneità sviamento - arbitrarietà).
Con il primo motivo si contesta che la sentenza abbia ritenuto l’autorizzazione n. 420 del 2000 non riferibile all’immobile del ricorrente, notando che essa non menziona alcuna particella e che l’immobile è parte dello stesso complesso immobiliare di cui è parte l’immobile della signora Cinzia Trezza ( ricorrente per altro con separato appello chiamato all’udienza odierna ).
II - error in iudicando - violazione di legge (artt. 13 e 15 l. n. 47/85 previgente e artt. 22 e 36 d.P.R. n. 380/01) - eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto - di istruttoria – erroneità sviamento - arbitrarietà).
Il ricorrente con questo motivo contesta la sentenza nella parte in cui ha ritenuto esistente un rischio frana ed un vincolo paesaggistico sull’immobile per cui è processo.
Il realizzato non comporterebbe alcun rischio e le varianti in corso d’opera sarebbero del tutto compatibili con le previsioni del PAI.
Il vincolo paesaggistico sarebbe escluso dall’ubicazione nell’ambito del centro edificato zona B dell’area in oggetto sin dal 6 settembre 1985.
III - error in iudicando - violazione di legge (artt. 13 e 15 l. n. 47/85 previgente e artt. 22 e 36 d.P.R. n. 380/01) - eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto - di istruttoria - erroneità sviamento - arbitrarietà).
Vi sarebbe l’obbligo di pronunciarsi sulle varianti in corso d’opera rimasto inadempiuto.
L’appellante ha poi ripresentato i sei motivi assorbiti in primo grado.
C) Parte appellante ha poi riproposto, a fini devolutivi, i motivi dedotti in primo grado:
I - Violazione di legge (artt. 13 e 15 l. n. 47/85 previgente e artt. 22 e 36 d.p.r. n. 380/01) - Eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto - di istruttoria - erroneità sviamento - arbitrarietà)
II - Violazione di legge (artt. 12 e 15 l. n. 47/85;art. 22 d.p.r. n. 380/01 in relazione all’art. 34 dello stesso d.p.r.) - Violazione del giusto procedimento - Eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto - di istruttoria - erroneità - sviamento - perplessità).
III - Violazione di legge (art. 12 l. n. 47/85 e 34 d.P.R. n. 380/01 in relazione all’art. 3 della l. n. 241/90) - Eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto - di istruttoria – erroneità - sviamento).
IV - Violazione di legge (artt. 22 e 36 d.P.R. n. 380/01) - Eccesso di potere (difetto assoluto di istruttoria - del presupposto – erroneità - travisamento).
V - Violazione di legge (art. 34 d.P.R. n. 380/01 in relazione all’art. 3 l. n. 241/90) - Eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto - di motivazione - arbitrarietà - sviamento).
VI - violazione di legge (art. 34 d.P.R. n. 380/01 in relazione all’art. 3 l.. n. 241/90) - Eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto e di motivazione).
VII - Violazione di legge (art. 34 d.P.R. n. 380/01 in relazione agli artt. 7 e ss. l. n. 241/90) - Violazione del giusto procedimento.
D) Si è costituito in giudizio il Comune di Salerno evidenziando innanzitutto, in punto di fatto: “A differenza di quanto erroneamente affermato dal ricorrente, le opere abusive riscontrate nel verbale di sopralluogo effettuato dall’Ufficio di Vigilanza del Comune di Salerno si riferiscono ad abusi eseguiti dal sig. Trezza Giuseppe sul suolo di sua proprietà riportato in catasto terreni al foglio 4, part.lla 181, e per le quali non era stata rilasciata alcuna precedente autorizzazione edilizia. Infatti, 1’autorizzazione edilizia n. 420/2000, a cui fa riferimento il ricorrente al solo fine di creare confusione, era stata rilasciata esclusivamente alla sig.ra Trezza Cinzia ed interessava un suolo diverso, riportato in catasto terreni al foglio 4, part.lla 241.
Pertanto, in assenza di autorizzazione edilizia le opere abusive riscontrate devono ritenersi effettuate in totale assenza di permesso di costruire e, quindi, soggette alla prescrizione di demolizione della struttura abusiva con ripristino dello stato dei luoghi ex art. 31 D.P.R 380/01>>.
E) Il ricorso in appello non può trovare accoglimento.
L’appellante, nel corso del giudizio, ha contestato solo genericamente quanto affermato dal Comune di Salerno (ed in proposito la circostanza della riferibilità dell’autorizzazione n. 420 del 2000 ad un unico complesso immobiliare o la mancanza di menzione delle particelle nell’atto, a fronte del rilascio dell’autorizzazione alla sola Trezza Cinzia appaiono circostanze insufficienti).
L’appellante ha dedotto: “In presenza dei suddetti presupposti ed in conformità alle predette disposizioni normative, in data 27.06.2003 e 08.07.20003, prima della ultimazione dei lavori, l’appellante ha prodotto due regolari richieste di variante in corso d’opera.
Le suddette istanze risultano tuttora pendenti”.
Ma le richieste di variante sono tecnicamente problematiche a fronte dell’acclarata esistenza di un rischio frana, ai sensi del comma 9 dell’art. 20 del T.U. 6 giugno 2001, n. 380 e del vincolo idrogeologico, e, non essendo riferibili ad una previa istanza di permesso a costruire, debbono intendersi come irrituali e non decisive, con la conseguenza che le opere realizzate permangono abusive.
Su di esse poi – ove mai si ritenessero idonee a innescare un obbligo a provvedere il che non è per quanto già detto – giammai si potrebbe essere formato un silenzio assenso essendo l’immobile in zona vincolata (e arg. in proposito dagli artt.163 del dlgs. n. 490 del 199 ed oggi anche dall’art. 146 del dlgs n. 42 del 2004 che contiene una disciplina volta ad imporre pronunce espresse nella specie mai intervenute).
F) Nel ricorso n. 2933/2014, chiamato alla medesima udienza e patrocinato dal medesimo difensore, parte appellata ha dedotto (producendo documentazione in proposito, utilizzabile perché si tratta di ricorsi chiamati all’odierna udienza e relativi a cause connesse riguardanti immobili posseduti da due coniugi) che l’area su cui ricade l’immobile del ricorrente, alla data del 6 settembre 1985, non aveva nessuna classificazione dal momento che il Comune di Salerno ha provveduto alla suddivisione del territorio in zone omogenee, con una variante di adeguamento alla disciplina del D.M. 1444/68, solo nel 1989 con deliberazione consiliare n. 71. Né l’area in questione ricadeva nel centro edificato, perimetrato ai sensi dell’articolo 18 della L. n. 865 del 22.10.1985. Si allega a tal proposito specifica attestazione prot. 107768 del 2 luglio 2014 del Servizio trasformazioni urbanistiche dell’ente comunale qui rappresentato.
La zona in cui sono state realizzate le opere era, quindi, vincolata.
Proprio dalla natura dell’eccezione sollevata (l’invocazione dell’art. 146 - comma 2 del d.lgs. n. 490/1999, che disciplina un’esenzione temporale) trova conferma l’esistenza del vincolo.
G) Dall’esistenza del vincolo deriva altresì l’obbligo procedimentale indicato dal Comune di Salerno: le opere dovevano necessariamente essere autorizzate preventivamente.
Le richieste di variante non sono mai state accolte e le opere difformi aventi consistenza tale da richiedere un permesso a costruire (opere in ordine alle quali, non sono invocabili le richieste di variante poiché su di esse medio tempore , non si è avuta la formazione di un provvedimento espresso) indi permangono abusive.
H) “ Nel caso di provvedimento amministrativo basato su di una motivazione plurima, ovvero su più ragioni giustificatrici tra loro autonome, logicamente indipendenti e non contraddittorie, il giudice, ove ritenga infondata la censura indirizzata verso uno dei motivi assunti a base dell’atto controverso idoneo di per sé a sostenerne e comprovarne la legittimità, può respingere il ricorso sulla sola base di tale rilievo, con assorbimento delle censure dedotte avverso gli altri capi del provvedimento, in quanto la conservazione dell’atto implica la perdita di interesse del ricorrente all’esame delle altre doglianze ” (Cons. Stato sez. II, 22 gennaio 2021, n. 657).
Alla luce del richiamato principio, il giudice adito è esonerato dall’esaminate la rilevanza del rischio frana (indicato nel provvedimento impugnato) perché, quandanche si accertasse la sua insussistenza, rimarrebbe il profilo esaminato sub F).
I) Restano da esaminare (a fini di completezza espositiva) i motivi riprodotti.
I1) In ordine al primo motivo si ribadisce che le istanze di variante debbono ritenersi respinte.
I2) In ordine al secondo motivo la Sezione non può che richiamare il proprio precedente (5 giugno 2017, n. 2681): << L’efficacia paralizzante degli effetti di un’ordinanza di demolizione possono essere attribuiti solo a una domanda di condono (Cons. Stato VI, 26 marzo 2010, n. 1750).
Quei principi non possono trovare applicazione nel caso di specie, in cui il ricorrente ha formulato istanza ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 [e qui di variante], ossia ai sensi di una norma che, prevedendo quella che, sinteticamente, si definisce doppia conformità, limita la valutazione dell’opera sulla base di una disciplina preesistente.
Sostenere che, nell’ipotesi di rigetto, esplicito o implicito, dell’istanza di accertamento di conformità, l’amministrazione debba riadottare l’ordinanza di demolizione, equivale al riconoscimento in capo a un soggetto privato, destinatario di un provvedimento sanzionatorio, il potere di paralizzare, attraverso un sostanziale annullamento, quel medesimo provvedimento.
La ricostruzione dell’intero procedimento nei termini suddetti non può essere effettuata in via meramente interpretativa, ponendosi essa al di fuori di ogni concezione sull’esercizio del potere, e richiede un’esplicita scansione legislativa, allo stato assente, in ordine ai tempi e ai modi della partecipazione dei soggetti del rapporto (Consiglio di Stato, VI, 6 maggio 2014, n. 2307)>>.
I3) Anche il terzo motivo è infondato perché in presenza di interventi edilizi in zona paesaggisticamente vincolata, ai fini della loro qualificazione giuridica e dell’individuazione della sanzione applicabile, è indifferente la distinzione tra interventi eseguiti in difformità totale o parziale ovvero in variazione essenziale, in quanto l’art. 32, c. 3, D.P.R. 380/2001, prevede espressamente che tutti gli interventi realizzati in zona sottoposta a vincolo paesaggistico eseguiti in difformità dal titolo abilitativo, inclusi quelli eseguiti in parziale difformità, si considerano come variazioni essenziali e, quindi, quali difformità totale.
I4) Anche il quarto motivo è infondato perché i principi affermati dall’Adunanza plenaria 19 maggio 1983, n. 12 risultano superati dall’Adunanza plenaria 17 ottobre 2017, n. 9 che ha statuito: “ Il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso. Il principio in questione non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino ”.
I5) Anche il quinto motivo risulta infondato alla luce dell’Adunanza plenaria n. 9/2017, richiamata nel paragrafo precedente.
I6) Anche il sesto motivo è infondato perché, nel caso di specie, era sufficiente indicare le opere realizzate in assenza di qualunque titolo abilitativo, in considerazione del vincolo che gravava sulla zona di intervento.
I7) Anche il settimo motivo è infondato. Nel caso di specie poteva omettersi la comunicazione dell’avvio del procedimento perché parte appellante era ben consapevole della mancanza di autorizzazione, circostanza dimostrata dalla presentazione delle domande di variante.
D) Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.