Consiglio di Stato, sez. II, parere definitivo 2014-08-07, n. 201402661

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, parere definitivo 2014-08-07, n. 201402661
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201402661
Data del deposito : 7 agosto 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02857/2012 AFFARE

Numero 02661/2014 e data 07/08/2014

REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Seconda

Adunanza di Sezione del 7 maggio 2014




NUMERO AFFARE

02857/2012

OGGETTO:

Ministero della Difesa, Direzione Generale per il Personale Militare.


Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dal Carabiniere-OMISSIS-per l'annullamento della sanzione disciplinare di corpo del "rimprovero" e dell'atto con cui è stato rigettato il relativo ricorso gerarchico.

LA SEZIONE

Vista la relazione prot. n. M_

DGMIL III

7^ 3^ -OMISSIS-, con la quale il Ministero della Difesa chiede il parere del Consiglio di Stato sul ricorso straordinario in oggetto;

Visto l'art. 52 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, commi 1 e 2;

Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Nicolò Pollari;


Premesso:

Il comandante della Compagnia Carabinieri di -OMISSIS-notificava al Carabiniere-OMISSIS-la sanzione disciplinare di corpo del "rimprovero", con la seguente motivazione: "in servizio di pattuglia, quale autista, unitamente ad altro militare, durante un controllo ad autovettura, usava modi poco cortesi e non confacenti alla dignità e al decoro nei confronti della conducente, violando gli articoli 14 e 36 del regolamento di disciplina militare correlati, dall'articolo 57 del regolamento di disciplina militare, ai numeri 52 e 424 del regolamento generale per l'Arma dei carabinieri".

Avverso tale provvedimento, il militare, in data -OMISSIS-, presentava ricorso gerarchico, successivamente rigettato dal Comandante provinciale Carabinieri di-OMISSIS-, con determinazione notificata il -OMISSIS-. Contro quest'ultimo provvedimento il Carabiniere proponeva ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.

In punto di fatto, il ricorrente descrive le vicende che hanno condotto alla impugnata contestazione. In particolare, evidenzia che, in -OMISSIS-, durante un servizio perlustrativo, unitamente ad altro collega (rispettivamente in qualità di autista e di capo equipaggio), notava un'autovettura in sosta in zona vietata, che non consentiva il transito di altri mezzi. Dopo aver invitato la conducente del veicolo a liberare il passaggio, parcheggiando in modo regolare, quest'ultima ignorava l'invito, non manifestando alcuna collaborazione, e si rivolgeva, con fare arrogante, alle successive richieste tese alla sua generalizzazione, mostrando il proprio tesserino di riconoscimento di appartenente alle forze dell'ordine. Nelle successive operazioni il ricorrente constatava che il documento di guida era scaduto di validità. La conducente, che continuava a mostrare resistenze, peraltro, apostrofando gli stessi come "incompetenti", veniva invitata in Caserma per gli accertamenti di rito, che si concludevano con la denuncia, da parte della stessa, dello smarrimento del tagliando di rinnovo. In quella sede, le venivano contestate tre violazioni al codice della strada, di cui due commesse nell'effettuare il tragitto per raggiungere la caserma stessa.

Successivamente, la stessa ha presentato le proprie rimostranze al comandante della Compagnia Carabinieri di-OMISSIS-, affermando che i militari si sarebbero comportati in modo scortese e provocatorio, nonostante la stessa, in quelle circostanze, fosse in difficoltà poiché occupata a controllare una figlia da poco scesa dall'autovettura e l'altra, di quattordici mesi, che era in procinto di allattare. Veniva, conseguentemente, avviato il procedimento disciplinare conclusosi con la sanzione del "rimprovero".

Il ricorrente deduce i seguenti motivi di diritto: il difetto di motivazione del provvedimento di rigetto del ricorso gerarchico;
l'eccesso di potere per l'assenza di infrazione disciplinare, mancanza di istruttoria e contraddittorietà;
la violazione e falsa applicazione dell'art. 15 della Legge n. 382/1978 per non aver, l'autorità responsabile, valutato le memorie difensive formulate nel corso del procedimento disciplinare;
la violazione e falsa applicazione dell'art. 6, comma 2, del D.M. n. 690/1996, dal momento che sono stati concessi solo dieci giorni di tempo per controdedurre;
la violazione e falsa applicazione dell'art. 58 del regolamento di disciplina militare;
la violazione e falsa applicazione dell' art. 59 del regolamento di disciplina militare per carenza di istruttoria, in quanto l'amministrazione non avrebbe sentito le testimonianze dei militari presenti in caserma.

Il ricorrente lamenta, inoltre, che, nel provvedimento con il quale Comandante provinciale Carabinieri di-OMISSIS- ha rigettato il ricorso gerarchico, l'organo decidente avrebbe omesso di esaminare le doglianze sollevate e di indicare i motivi per cui le stesse non potevano essere oggetto di favorevole scrutinio.

Il Ministero riferente ritiene condivisibile tale ultimo rilievo, "in quanto nel provvedimento reiettivo de quo, oltre al generico riferimento all'esame disciplinare ed alle norme presumibilmente violate, non si rilevano ulteriori elementi chiarificatori. L'indicazione, in via alternativa, della disposizione violata ovvero la descrizione della negligenza commessa ex art. 59, comma 5, del regolamento di disciplina militare (allora vigente), avrebbero costituito motivazione sufficiente solo ove inserite nel corpo della sanzione medesima;
al contrario, con la determinazione in esame, il Comandante provinciale Carabinieri di-OMISSIS- avrebbe dovuto spiegare e, seppur in maniera stringata, argomentare le ragioni per cui, in relazione alle violazioni precedentemente riscontrate e già oggetto di reprimenda, l'Amministrazione aveva scelto di confermare quanto disposto in precedenza. Il provvedimento emesso, pertanto, appare scarno, innanzi tutto, sul piano dei presupposti di fatto, dal momento che le risultanze acquisite dall'autorità competente non erano idonee a supportare il giudizio disciplinare. Sul versante delle ragioni giuridiche, poi, la mera elencazione degli articoli del regolamento di disciplina militare che, tra l'altro, avevano già costituito la base per infliggere l'impugnata sanzione, non fornisce delucidazioni precise in merito all'iter logico seguito".

Con riferimento specifico al comportamento tenuto dal ricorrente ed oggetto di sanzione, il Ministero ritiene di non ravvisare rilievi da un punto di vista disciplinare.

Osserva, in particolare, che, dal rapporto redatto dal Comandante della compagnia carabinieri di-OMISSIS-, emergono perplessità in ordine agli accertamenti effettuati dalla medesima autorità prima di contestare gli addebiti e, successivamente, infliggere la sanzione. In particolare, il predetto organo, nell'esplicitare i motivi che lo hanno indotto ad avviare il procedimento disciplinare, afferma che la condotta assunta dal ricorrente aveva alimentato "impressioni e valutazioni negative circa la rettitudine dei militari nell'intera vicenda", senza, tuttavia, spiegare quali concrete verifiche abbia posto in essere per accertare la dinamica dei fatti e la veridicità della ricostruzione proposta dal ricorrente.

Appare ancor più netta la presa di posizione del Ministero, rispetto a quanto motivato dal Comandante di compagnia, nella parte in cui afferma che "l'intento dell'odierno ricorrente (unitamente al collega), infatti, era quello di procedere ai controlli di rito con le stesse modalità ed il medesimo scrupolo utilizzato con qualsivoglia cittadino e non si capisce sotto quale profilo tale condotta possa essere stata ritenuta deprecabile;
era effettivamente in possesso di un documento privo dell'apposito tagliando comprovante il rinnovo. Il comportamento assunto dal militare in oggetto, pertanto, non sembra contraddistinto da alcun profilo di illegittimità anzi il ricorrente ha adempiuto, nel miglior modo possibile ai compiti di vigilanza a lui affidati, curando in maniera coscienziosa l'osservanza della normativa vigente in materia di polizia stradale".


Considerato:

Il ricorso è in effetti fondato.

Il Collegio non ignora l’orientamento giurisprudenziale in virtù del quale le valutazioni del comportamento dei dipendenti sotto il profilo disciplinare sono sindacabili esclusivamente per travisamento dei fatti o gravi illogicità. Sono, infatti, numerosissimi i pronunciamenti (ex plurimis Consiglio di Stato, Sez. VI, 14 febbraio 2008, n. 512;
Sez. IV, 16 giugno 2008, n. 2984;
31 maggio 2007, n. 2830 e 18 dicembre 2006, n. 7615) che hanno ribadito come, in tale ambito, il potere di sindacato del giudice amministrativo sull’operato dell'Amministrazione non possa impingere in valutazioni connotate da ampia discrezionalità.

Questa stessa giurisprudenza, tuttavia, ha ammesso la declaratoria di illegittimità dei provvedimenti disciplinari contestati quando, nella formulazione del proprio giudizio posto a base dei medesimi provvedimenti impugnati, l'Autorità sanzionatrice non abbia tenuto conto della sussistenza di circostanze di fatto tali da poter incidere sulle proprie valutazioni. E proprio il caso di specie presenta alcune significative peculiarità, che, segnatamente, inducono a ritenere viziata la fase istruttoria del procedimento.

I circostanziati accadimenti esposti dal ricorrente, in sede disciplinare, paiono essere completamente obliterati nella motivazione dei provvedimenti gravati, al punto da far emergere significativi profili di illegittimità nell’operato dell’Amministrazione resistente.

La determinazione impugnata non è, infatti, sostenuta da accertamenti tesi a riscontrare la ricostruzione dei fatti fornita dall'inquisito (ad esempio, previa audizione dei testimoni appositamente indicati dal ricorrente nelle proprie giustificazioni), mentre appare basarsi su mere considerazioni soggettive, volte a smentire la versione rilasciata dal militare, peraltro, affidandosi alle sole dichiarazioni della conducente, la quale, peraltro, non nega di essersi fermata in zona vietata, né di aver mostrato il proprio tesserino alla richiesta di esibire la patente di guida.

Il comportamento dell'Amministrazione, che ha valutato disciplinarmente il contegno tenuto dal militare ricorrente è, a dir poco, contraddittorio e fuorviante, poiché appare invertire i valori da tutelare. In merito, è sufficiente citare un passo del ricorso straordinario, non smentito in atti, nel quale il ricorrente afferma che "durante la nostra permanenza in sede per verbalizzare, il Caposervizio riceveva una telefonata al cellulare da parte del Comandante di Stazione, il quale ci invitava a valutare la possibilità di non sanzionare la "poliziotta" senza nulla eccepire circa il nostro operato". Il Collegio ritiene che quanto esposto dal ricorrente (ove opportunamente riscontrato) appare addirittura più significativo rispetto a quanto ad egli sommariamente addebitato senza idonei supporti probatori, su cui poter legittimamente fondare la pretesa sanzionatoria del superiore gerarchico.

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