Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-01-20, n. 201400257

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-01-20, n. 201400257
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201400257
Data del deposito : 20 gennaio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06204/2010 REG.RIC.

N. 00257/2014REG.PROV.COLL.

N. 06204/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6204 del 2010, proposto da:
Comune di Trieste, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avv.ti D V, M S G, M F, con domicilio eletto presso D V in Roma, via Emilio de' Cavalieri, 11;

contro

M M, non costituita nel presente giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. FRIULI-VENEZIA-GIULIA - TRIESTE: SEZIONE I n. 00356/2010, resa tra le parti, concernente divieto di effettuare opere edilizie.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 ottobre 2013 il Cons. N R e udito per le parti l’avv. Aldo Fontanelli, per delga dell'avv. Giraldi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

In data 22 luglio 2009 la signora M M presentava al Comune di Trieste una DIA per la realizzazione di una tettoia ad uso parcheggio con 21 posti macchina e relativa sistemazione del terreno su di un’area inedificata adiacente all’immobile di abitazione, classificata B4.

Detto intervento otteneva previamente l’autorizzazione paesaggistica e la ricorrente si impegnava a definire il legame pertinenziale dei realizzandi posti macchina con unità immobiliare posta nelle vicinanze ai fini dell’applicazione della L. n. 122 del 1999.

Successivamente in data 26 agosto 2009 interveniva l’ordine comunale di non effettuare le opere edilizie previste, ritenute in contrasto con le norme tecniche di attuazione dello strumento urbanistico adottato in data 6 agosto 2009, che classificava la zona come S5c-nuclei elementari di verde, dove non è consentito alcun tipo di edificazione.

Con ricorso n. 570 del 2009 proposto avanti al TAR Friuli Venezia Giulia la ricorrente impugnava detto ordine comunale unitamente alla deliberazione consiliare di adozione della nuova variante, deducendo tre motivi di diritto, il primo dei quali riguardava la tardività dell’atto comunale. Successivamente il Comune con atto del 4 dicembre 2009 riscontrava la tardività del precedente atto di sospensione della denuncia di inizio attività e ordine di non effettuare le opere previste e provvedeva ad annullare il silenzio-assenso formatosi sulla summenzionata DIA.

Con lo stesso atto l’Amministrazione medesima rilevava tra le altre cose, la piena legittimità dell’applicazione delle misure di salvaguardia di cui all’art. 20 L.R. n. 5/07 e 23 D.P.R. n. 380/01 alla fattispecie, attesa l’adozione della variante generale n. 118 al P.R.G. nelle more del decorso dal termine di 30 giorni dalla data di presentazione della DIA stabilita dalla legge.

Successivamente la signora M proponeva ricorso per motivi aggiunti.

Con sentenza n. 356 del 27 maggio 2010 il T.A.R. per il Friuli dichiarava l’improcedibilità del ricorso introduttivo ed accoglieva i motivi aggiunti, annullando per l’effetto il provvedimento del 4 dicembre 2009 di annullamento del silenzio assenso formatosi sulla DIA del 22 luglio 2009.

Avverso detta pronuncia propone appello il Comune di Trieste articolando due motivi di impugnazione;
con un primo motivo deduce l’errata interpretazione ed applicazione di norme di legge.

In particolare, l’appellante rileva che nella sentenza di cui si tratta il giudice di prime cure ha erroneamente accolto la tesi di parte ricorrente, ritenendo che l’applicazione delle misure di salvaguardia sia possibile solo dal momento in cui diviene esecutiva la deliberazione con cui viene adottato il P.R.G.C. o una sua variante. Secondo l’appellante con l’art. 20, comma 1 L.R. n. 5/07, è stato disposto che il momento da cui decorre la salvaguardia è quello della data della deliberazione di adozione del Piano e delle varianti, e tale momento non può che coincidere con la data in cui la deliberazione è stata approvata ed adottata dal Consiglio Comunale, non certamente quella diversa in cui è divenuta esecutiva.

Con il secondo motivo l’appellante rileva l’insufficienza della motivazione, che si è limitata a richiamare le norme che regolano l’esecutività delle deliberazioni assunte dagli organi collegiali degli enti locali, senza dare però alcuna contezza dei motivi che hanno indotto il Collegio a disattendere i rilievi e le deduzioni pur puntualmente operate e reiterate dalla difesa del Comune di Trieste in corso di causa in relazione alla non applicabilità di tali norme all’istituto della salvaguardia.

L’appellata, benché ritualmente intimata presso il procuratore costituito in primo grado, non si è costituita.

Con ordinanza n. 3650 del 2010 è stata concessa la sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata.

Alla pubblica udienza del 15 ottobre 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

L’appello è fondato e merita di essere accolto per il seguente ordine di considerazioni.

E’ noto che in presenza di uno strumento urbanistico adottato (cioè deliberato per la prima volta dal Consiglio comunale), scattano le misure di salvaguardia di cui all’articolo unico della legge 3 novembre 1952, n. 1902 (oggi articolo 12, comma 3, del Testo Unico per l’edilizia approvato con d.P.R. n. 380 del 2001), in forza delle quali il Comune deve sospendere ogni determinazione sulle domande di permesso di costruire che siano in contrasto con lo strumento urbanistico adottato.

Ancorché l’articolo unico della legge n. 1902 del 1952, parli di sospensione della “licenza di costruzione” (poi “concessione edilizia” e ora “permesso di costruire”), e l’articolo 12, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, a sua volta, parli di sospensione del “permesso di costruire”, le misure di salvaguardia si applicano anche alla denuncia di inizio attività. Qualora l’intervento denunciato sia in contrasto con le previsioni di uno strumento urbanistico adottato prima che siano trascorsi i trenta giorni dalla presentazione della D.I.A., è obbligatoria l’applicazione delle misure di salvaguardia (con la conseguente necessità di emettere un provvedimento che inibisca l’esecuzione dei lavori previsti dalla stessa D.I.A.).

Ad avviso del Collegio le misure di salvaguardia trovano applicazione fin dalla data della deliberazione comunale di adozione dello strumento urbanistico generale, e quindi prima che la delibera divenga esecutiva per effetto della pubblicazione.

La funzione delle misure di salvaguardia è, infatti, quella di impedire che, nelle more del complesso procedimento di approvazione definitiva dello strumento urbanistico, siano posti in essere interventi edilizi che comportino una modificazione del territorio tale da rendere estremamente difficile se non addirittura impossibile l’attuazione del piano urbanistico in itinere .

Proprio per tale finalità di carattere conservativo, le misure devono ritenersi operative sin dal momento in cui l’organo deliberativo dell’ente locale ha manifestato la propria volontà sull’adozione del piano, quand’anche la relativa deliberazione non sia ancora esecutiva.

La mera adozione della delibera, infatti, al di là della sua esecutività, configura inequivocabilmente l’assetto che l’Amministrazione intende imprimere al territorio e tale assetto non può – nelle more del procedimento che dovrebbe portare alla definitiva approvazione del piano – essere messo in discussione o addirittura vanificato per effetto di interventi edilizi con esso contrastanti.

A tale conclusione si perviene anche dall’esegesi della specifica disciplina sulle misure di salvaguardia.

In primo luogo, deve rilevarsi che l’abrogato articolo unico della legge n. 1902/1952 stabiliva espressamente che le misure fossero disposte <<A decorrere dalla data della deliberazione comunale di adozione dei piani (…)>>;
mentre l’attuale art. 12, comma 3, del D.P.R. n. 380/2001 fissa la durata massima delle misure con decorrenza <<
(…) dalla data di adozione dello strumento urbanistico>>, prescindendo quindi dall’esecutività della suddetta delibera di adozione.

Se, dunque, la normativa relativa alle misure di salvaguardia ha lo scopo di evitare la realizzazione di interventi che nelle more dell’approvazione degli strumenti urbanistici adottati possono compromettere l’assetto del territorio programmato dal Comune, vanificandone la sua concreta attuazione e se, proprio per ovviare a tali inconvenienti, la legge ha stabilito che a decorrere dalla data della deliberazione di adozione dei piani regolatori generali e fino all’emanazione del decreto di approvazione il dirigente dell’ufficio comunale sia obbligato a sospendere ogni determinazione in ordine ai progetti che risultino in contrasto con le relative previsioni, ne consegue che, attesa l’immediata operatività delle misure di salvaguardia e verificata l’assenza della c.d. "doppia conformità", ovvero la conformità dell’intervento proposto agli strumenti urbanistici vigenti e a quelli medio tempore adottati, l’Amministrazione nella specie, come fondatamente dedotto nel primo motivo di appello, non poteva che procedere all’annullamento del silenzio assenso formatosi nel frattempo in relazione alla D.I.A. presentata dalla signora M, odierna appellata, in data 22 luglio 2009.

In accoglimento dell’appello, e rimanendo assorbito ogni altro motivo od eccezione, la sentenza impugnata, in quanto in contrasto con la normativa in materia di misure di salvaguardia e con la ratio che la sottende, deve, dunque, essere riformata.

Le spese del doppio grado di giudizio possono essere integralmente compensate tra le parti.

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