Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-11-27, n. 202310169
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Pubblicato il 27/11/2023
N. 10169/2023REG.PROV.COLL.
N. 02839/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2839 del 2019, proposto dalla Società Anthea Hospital S.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati A M A, F P e M P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
la Asl Bari, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall’avvocato L V, con domicilio eletto presso lo studio Alfredo Studio Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini, n. 30;
nei confronti
della Società C.B.H. Citta' di Bari Hospital S.p.A., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'avvocato Giovanni Abbattista, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Alfredo Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini, n. 30;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, Sezione Seconda, n. 1132/2018, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Asl Bari e della Società C.B.H. Citta' di Bari Hospital S.p.A.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 novembre 2023 il Cons. E F e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. La Società Anthea Hospital S.r.l. - struttura ospedaliera istituzionalmente accreditata dalla Regione Puglia, in precedenza autorizzata ad operare in regime di assistenza indiretta - con il ricorso n. 1939/2009 ha agito dinanzi al T.A.R. per la Puglia per l’annullamento del “ Contratto per l’erogazione e l’acquisto di prestazioni di ricovero da parte di Strutture della Ospedalità Privata operanti in regime di accreditamento ” per l’anno 2009, sottoscritto dal Direttore generale pro tempore dell’A.S.L. di Bari in data 21 settembre 2009 e con riserva dalla ricorrente in data 8 settembre 2009, nonché i provvedimenti con i quali era stato quantificato il proprio tetto di spesa relativamente alla suddetta annualità.
La ricorrente domandava altresì l’accertamento del proprio diritto a concludere il contratto di erogazione di prestazioni di ricovero secondo lo schema approvato dalla Regione Puglia (con D.G.R. n. 1073/2002), conformemente alle previsioni di cui all’art. 22 della l.r. n. 8/2004 e nel rispetto dei tetti di spesa correttamente determinati secondo i criteri di cui all’art. 17, comma 2, della l.r. n. 26/2006, in coerenza con il modello di organizzazione dipartimentale previsto dall’art. 17- bis del d.lvo n. 502/1992 e dalla normativa regionale.
Essa domandava inoltre l’accertamento e la declaratoria del diritto di ottenere, per l’anno 2009, un tetto di spesa invalicabile pari a quanto indicato nel “ piano preventivo delle prestazioni ” riferito al complesso di discipline per le quali era istituzionalmente accreditata, già notificato alla ASL BA, su espressa richiesta della stessa, con nota n. 111/DG/09 del 25 marzo 2009 (nel quale si indicava un valore della produzione per un importo pari ad € 33.100.000), ovvero alla maggiore o minor somma comunque spettante in base alle determinazioni contenute, in materia di acquisto di prestazioni ospedaliere nei confronti di Case di Cura private, nel D.I.E.F. 2009 (approvato con delibera di G.R. n. 1442 del 4 agosto 2009) e nelle linee guida relative agli accordi contrattuali anno 2009 approvate dalla Giunta regionale con D.G.R. n. 1494 del 4 agosto 2009.
La ricorrente chiedeva infine la declaratoria della nullità del contratto impugnato, perché predisposto e sottoscritto in violazione di norme imperative.
Con successivi motivi aggiunti, la società ricorrente impugnava la determinazione n. 7062 del 6 maggio 2011, con la quale la ASL aveva operato la ricognizione contabile e i conguagli a saldo per le prestazioni eseguite nell’anno 2009, nonché la nota della medesima ASL prot. n. 184184/UOR01 del 13 novembre 2012, con la quale le veniva richiesta l’emissione di una nota di credito di € 6.715.576,67 con riferimento alle attività di ricovero assolte in regime di accreditamento per l’anno 2009.
2. Il giudizio di primo grado è stato definito in senso sfavorevole per la proponente con la sentenza n. 1132 del 1° agosto 2018, recante, in riferimento alle plurime domande della ricorrente, altrettante statuizioni di improcedibilità, inammissibilità e reiezione nel merito.
3. La sentenza costituisce oggetto dell’appello proposto dalla originaria ricorrente, i cui contenuti possono essere subito esaminati, unitamente alle corrispondenti statuizioni impugnate recate dalla sentenza appellata, non senza aver prima evidenziato che si sono costituite, per resistere all’appello, la Società C.B.H. - Città di Bari Hospital S.p.A. e la ASL BA.
4. Il primo motivo di appello si rivolge avverso la sentenza impugnata nella parte in cui dichiara l’improcedibilità, per sopravvenuto difetto di interesse, con riferimento a tutte le censure inerenti le clausole dell’accordo che non incidono sul tetto di spesa riconosciuto: statuizione adottata dal T.A.R. sul presupposto che l’accordo suddetto aveva esaurito la sua efficacia e pertanto la ricorrente non avrebbe tratto alcuna utilità dalla dichiarazione di illegittimità/nullità delle clausole contestate.
Deduce in particolare la parte appellante, in senso contrario alle conclusioni raggiunte dal T.A.R., che la ricognizione contabile effettuata dalla ASL con la determinazione n. 7062/2011, impugnata con motivi aggiunti, era espressamente qualificata come “suscettibile” di modifica sulla scorta degli esiti del contenzioso promosso dalla suddetta in relazione al contratto 2009: ciò senza considerare che la ricorrente aveva comunque dedotto che la nuova clausola – che eliminava il riferimento ai “raggruppamenti di area”, invece contenuto nella bozza precedente – determinava una limitazione - del tutto immotivata e contraddittoria rispetto al quadro normativo di riferimento - sotto il profilo della autonomia organizzativa della Casa di Cura, introducendo elementi nuovi di diseconomicità rispetto all’assetto complessivo del presidio ospedaliero già definito in sede di accreditamento istituzionale.
Aggiunge la parte appellante di aver dedotto che l’art. 22 della l.r. n. 8/2004 prevede che lo schema-tipo sia approvato dalla Giunta regionale e dispone che esso sia obbligatorio e vincolante per le ASL e gli operatori accreditati: essa ha in tal modo prospettato la violazione del proprio diritto soggettivo all’utilizzo dello schema-tipo di accordo predisposto dalla Regione, non venendo in rilievo una discrezionalità della ASL sull’ an della sottoscrizione dell’accordo e rispondendo la disposizione invocata ai principi di interesse generale che, secondo la stessa impostazione del T.A.R., sono suscettibili di integrare una causa di nullità del contratto, ovvero l’eguaglianza fra tutte le strutture sanitarie, che devono operare in condizioni di uniformità sull’intero territorio regionale, anche per i profili riflessi sulla qualità ed efficacia delle prestazioni erogate.
Infine, allega la parte appellante di aver dedotto con il ricorso introduttivo anche vizi incidenti sulla libera formazione del consenso, a causa della violenza morale esercitata dalla ASL nell’imporre un contenuto iniquo del contratto: ebbene, essa deduce, tra i rilievi de quibus vi era anche quello della non conformità del contratto allo schema-tipo regionale all’epoca vigente, per cui l’accertamento della fondatezza delle censure sollevate aveva rilievo anche sotto il profilo “strumentale” della valutazione del comportamento complessivamente tenuto dalla ASL in sede di stipula dell’accordo.
Il motivo, come innanzi illustrato, non è complessivamente meritevole di accoglimento.
In primo luogo, nonostante la parte appellante lamentasse essenzialmente, con il ricorso introduttivo del giudizio, l’assenza nello schema di contratto sottoposto alla sua approvazione della previsione, presente invece nella bozza originaria, secondo cui “ l’attività della Casa di Cura ” sarebbe stata altresì valutata “ non già in relazione alle singole discipline, bensì in ragione del concetto di “raggruppamento” medico e chirurgico, in ottemperanza alla normativa vigente… ”, deve osservarsi che essa, nell’intento di dimostrare la permanenza del suo interesse all’annullamento ( recte , alla declaratoria di nullità) in parte qua del contratto contestato nonostante l’esaurimento della relativa annualità, non evidenzia le possibili ricadute che l’omissione censurata avrebbe avuto sulla quantificazione del tetto di spesa e, quindi, sui conteggi effettuati dalla ASL con la menzionata determinazione n. 7062/2011, che la medesima Amministrazione si riservava di rivedere all’esito del contenzioso instaurato dalla Casa di Cura: dimostrazione tanto più necessaria tenuto conto che la previsione ( recte , l’omissione) contestata attiene al piano dell’organizzazione della struttura sanitaria e della predisposizione dei relativi percorsi diagnostico-terapeutici, piuttosto che alla quantificazione del tetto di spesa (cui direttamente si correlano i conteggi sottesi alla richiamata determinazione n. 7062/2011).
A tanto deve aggiungersi che, sebbene la parte appellante prospetti – facendo discendere anche la sanzione della nullità della clausola difforme – la violazione dell’art. 22 l.r. n. 8/2004, il profilo di difformità in discussione viene prospettato con il ricorso introduttivo del giudizio (non rispetto allo schema-tipo di accordo approvato dalla Giunta Regionale, ma) in relazione al primo schema di accordo trasmesso (nel luglio del 2009) dalla ASL.
Invero, le censure inerenti alla violazione dello schema-tipo regionale (di cui ai parr. 52 e 53 del ricorso introduttivo del giudizio) sono state espressamente dichiarate inammissibili dal T.A.R. (cfr. par.