Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2022-07-25, n. 202206536
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Pubblicato il 25/07/2022
N. 06536/2022REG.PROV.COLL.
N. 02563/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2563 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati D C e C D M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. C D M in -OMISSIS-, piazza Garibaldi n. 73;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi n.12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la -OMISSIS-, resa tra le parti sul ricorso volto all’annullamento del provvedimento datato 10 luglio 2016 di revoca trasferimento ex art. 33 l. n. 104 del 1992;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 luglio 2022 il Cons. M S B;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. L’odierno appellante, agente di Polizia Penitenziaria, espone che in data 12 agosto 2011 formulava istanza di prima assegnazione, all'esito del superamento dell'esame finale dopo il periodo di prova, presso una delle strutture di servizio più vicine al domicilio del fratello disabile, ai sensi dell’art. 33, legge n. 104/1992.
Impugnato avanti al T.A.R. -OMISSIS- il provvedimento di diniego n.0397969-2011, opposto dal Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, il ricorso venne accolto con sentenza n. -OMISSIS-, sicché il Ministero della Giustizia - Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, con decreto del 20 maggio 2013, dispose il trasferimento dell’interessato dalla casa circondariale di -OMISSIS- (alla quale era stato nel frattempo assegnato) alla Casa Circondariale di -OMISSIS- “-OMISSIS-”.
2. A seguito del decesso del congiunto disabile, in data 10 luglio 2016 il Ministero della Giustizia dispose la revoca dell’assegnazione del ricorrente, con la seguente motivazione:
- « nelle osservazioni il dipendente richiede il mantenimento del beneficio di assegnazione per altro disabile che però necessita nuova istruttoria ……»;
- « la normativa dettata dalla Legge n. 104 del 1992 mira a tutelare l’interesse del congiunto portatore di handicap, in situazione di gravità come riconosciuto dalla competente commissione ASL, ad una assistenza adeguata, e non l’interesse del congiunto, che lo abbia assistito, a permanere in via definitiva nella sede che per tale ragione gli era stata assegnata »;
- « la scelta della sede, pertanto, non è un privilegio che la citata Legge n. 104 riconosce a chi ha prestato assistenza ad un congiunto inabile, ma è lo strumento a mezzo del quale si garantisce la continuità dell’assistenza a chi ne ha bisogno »;
- « dal computo virtuale della condizione del Palazzo rispetto all’ultimo pari ruolo costà trasferito esclude posizione utile nella graduatoria per il trasferimento ordinario … Infatti si è rilevato che il Palazzo non sarebbe comunque stato assegnato alla sede in questione per effetto della mobilità ordinaria del personale del Corpo, nonché che la permanenza nell’altra sede del dipendente potrebbe pregiudicare chi invece, pur avendone il diritto per posizione in graduatoria, non può essere trasferito in quanto il proprio posto in organico occupato »;
- « dalla comparazione organica della sede di -OMISSIS- emerge che tra un organico previsto del ruolo maschile agenti/assistenti di n. 128 unità risultano amministrate n. 124 unità, mentre nel reparto della Casa Circondariale di -OMISSIS- “-OMISSIS-”, per un organico del ruolo previsto di n. 739 unità risultano amministrate n. 735 unità ».
3. Avverso tale determinazione, il ricorrente propose ricorso al TAR -OMISSIS- che lo ha respinto con la sentenza appellata, richiamando il comma 7-bis dell’art. 33, legge n. 104/1992, introdotto dalla legge n. 183/2010, in vigore dal 24 novembre 2010 (e perciò applicabile al caso in esame), le circolari GDAP n. 3582/2003, n. 253970/2006 e n. 457451 del 28 dicembre 2012 (volta a conformare i procedimenti alla novella dell’art. 24, legge n. 183/2010), che prevedono espressamente la revoca dei trasferimenti nel caso di cessazione dei presupposti.
Ad avviso del giudice di prime cure, l’Amministrazione aveva doverosamente preso atto del venir meno delle condizioni richieste per la legittima fruizione delle prerogative di cui alla richiamata legge n. 104/1992, disponendone la decadenza, precisando che eventuali ulteriori esigenze del ricorrente (in particolare, in relazione all’assistenza del padre), peraltro emerse successivamente alla definizione della precedente richiesta di trasferimento, avrebbero dovuto essere oggetto di distinta, apposita istruttoria, come correttamente prefigurato dall’Amministrazione.
La sentenza ha poi respinto la tesi del ricorrente, volta a vedersi computato il periodo decorrente dal primo rifiuto opposto dall’Amministrazione con il decreto GDAP-0397969-2011, sia perché, essendo il predetto decreto datato 21 ottobre 2011, i cinque anni non sarebbero comunque maturati, sia perché l’intervenuta sentenza n. -OMISSIS- aveva disposto il mero annullamento del diniego, senza tuttavia pronunciarsi sulla concreta spettanza all’interessato della richiesta assegnazione.
4. L’appellato impugna la decisione in epigrafe, lamentando:
- il difetto di motivazione nel provvedimento impugnato, essendosi l'Amministrazione limitata alla generica affermazione del venir meno della condizione legittimante la concessione del trasferimento;
- la contraddittorietà nel riferimento al trasferimento ex L. 104/92, quando, a seguito della sentenza del T.A.R. -OMISSIS- n. -OMISSIS-, era stato riconosciuto, dal Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria – Direzione Generale del Personale e della Formazione, il diritto alla prima assegnazione presso la sede di -OMISSIS- “-OMISSIS-” e, in ogni caso, la sussistenza di tutti i presupposti per il trasferimento definitivo “a domanda ed a proprie spese” alla Casa Circondariale di -OMISSIS- “-OMISSIS-”;
- il provvedimento del 20 maggio 2013, revocato, aveva natura di provvedimento definitivo ex art. 38 D. Lgs. 443/92, in quanto, trattandosi di prima assegnazione, non era condizionato alla permanenza dei requisiti che lo avevano determinato e legittimato, essendo del tutto assente qualsiasi “riserva” dell'Amministrazione alla revoca dello stesso;
- la revoca, integrando un nuovo trasferimento d'ufficio, doveva contenere l'espressa motivazione in ordine alle ragioni di interesse pubblico che avessero indotto a rimuovere il ricorrente dall'attuale sede di servizio, tenendo conto delle circostanze dedotte dal ricorrente in sede partecipativa, relative all'assistenza al padre, anch'egli portatore di handicap grave, ed alle scelte familiari compiute (matrimonio ed acquisto della prima casa) in virtù del giustificato affidamento sulla definitività dell'assegnazione;
- sarebbe violata la circolare GDAP n. 0253970 del 26/07/2006, non annullata, relativa alla stabilizzazione dei trasferimenti ex L. 104/92 trascorso il periodo di cinque anni;
- la carenza organica delle due sedi sarebbe perfettamente equivalente.
5. L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio, chiedendo il rigetto dell’appello.
6. Con ordinanza n. -OMISSIS- è stata respinta la domanda di sospensione e, all'udienza pubblica del giorno 19 luglio 2022, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
7. L'appello è infondato.
7.1. Occorre premettere che l'art. 33, comma 7-bis, della l. n. 104/1992, aggiunto dall'art. 24, comma 1, lett. c), della l. 4 novembre 2010, n. 183 (pacificamente applicabile alla vicenda in esame, ratione temporis ), così recita: " Ferma restando la verifica dei presupposti per l'accertamento della responsabilità disciplinare, il lavoratore di cui al comma 3 decade dai diritti di cui al presente articolo, qualora il datore di lavoro o l'INPS accerti l'insussistenza o il venir meno delle condizioni richieste per la legittima fruizione dei medesimi diritti (...) ".
7.2. Per giurisprudenza consolidata di questo Consiglio (per tutte si veda la decisione di questa Sez. II n.7823 del 22/11/2021), il trasferimento di cui all'art. 33, comma 5, della l. n. 104/1992 è disposto a vantaggio del disabile e non nell'interesse del richiedente, avendo lo stesso natura strumentale ed essendo intimamente connesso con la persona dell'assistito (cfr. le decisioni richiamate dalla citata n.7823/2021: Sez. IV, 26 gennaio 2021, n. 787;id., 27 settembre 2018, n. 5550;id., 3 gennaio 2018, n. 29;id., 31 agosto 2016, n. 3526).
Così, il decesso del disabile svuota dall'interno la funzione del provvedimento, privato irrimediabilmente della sua costitutiva ragion d'essere e, dunque, impone alla P.A. la revoca del movimento a suo tempo disposto, in quanto l'interesse pubblico all'ottimale allocazione del personale torna a riespandersi pienamente (cfr. C.d.S., Sez. IV, 6 novembre 2017, n. 5125;id., 9 ottobre 2017, n. 4671).
Nello stesso senso si era espressa anche la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato anteriore alle modifiche apportate dalla l. n. 183/2010 (cfr. Sez. IV, 16 ottobre 2009, n. 6355), rilevando come il trasferimento ex art. 33 cit. risulti finalizzato al soddisfacimento dell'interesse all'assistenza del soggetto disabile, ma non anche di chi detta assistenza debba prestare (tanto che il decesso del disabile in pendenza del procedimento di trasferimento determina la restituzione automatica del congiunto incaricato dell'assistenza alla sede di ordinaria assegnazione).
Quindi, la pretesa del dipendente di intendere il trasferimento previsto dall'art. 33 della l. n. 104/1992 come un trasferimento tendenzialmente definitivo - quindi potenzialmente sganciato dalle esigenze di assistenza del congiunto disabile - risulta del tutto contrastante con la ratio dell'istituto, per come concepito fin dall'origine, facendone uno strumento non di tutela della persona affetta da handicap grave, ma finalizzato a consentire al congiunto del disabile, con il pretesto di assisterlo, di eludere la normativa sui trasferimenti ordinari: il che non solamente lede l'interesse pubblico, ma calpesta, altresì, l'interesse degli altri dipendenti, i quali avrebbero titolo al trasferimento per le vie ordinarie e si vedono invece, così, illegittimamente pretermessi (Sez.II, n.7823/2021 cit.).
8. Venendo al caso in questione, le specifiche censure prospettate risultano infondate.
8.1. Quanto alla prospettazione secondo la quale il trasferimento del ricorrente era in realtà un trasferimento definitivo, si deve osservare che la sentenza del T.A.R. -OMISSIS- n. -OMISSIS- accolse il ricorso avverso il diniego dell’assegnazione, quale prima sede di servizio, a quella più vicina alla residenza del familiare disabile, diniego ancorato all’insussistenza del presupposto dell’esclusività dell’assistenza, motivazione ritenuta illegittima dal T.A.R.
Nelle more il ricorrente era stato assegnato alla Casa circondariale di -OMISSIS-.
Il decreto di trasferimento venne emesso in ottemperanza alla sentenza, con espresso riferimento alla L.104/1992, quindi non risulta corretto che si sia trattato di un ordinario trasferimento a domanda definitivo.
8.2. Quanto alla pretesa di trattare differentemente le situazioni in cui la sede ex L. 104/92 sia stata individuata al momento della prima assegnazione rispetto alle ipotesi di trasferimento successivo (l’appellante sostiene che il trasferimento accordatogli andava considerato come istanza di assegnazione della prima sede), in punto di fatto, pur non risultando, dalla documentazione prodotta, se l’istanza dell’appellante venne presentata in tempo utile per la prima assegnazione oppure se intervenne a prima assegnazione disposta, il dato può essere ricavato, indirettamente, dalla circostanza che nel ricorso in primo grado il ricorrente sosteneva di aver presentato istanza di prima assegnazione all’esito del superamento dell’esame finale, dopo il periodo di prova, e la sentenza n. -OMISSIS- testualmente indica il “ provvedimento gravato di diniego dell’assegnazione, quale prima sede di servizio ”.
Come sopra rilevato, il movimento, intervenuto in ottemperanza al giudicato, fu disposto come trasferimento (perché nelle more il ricorrente era stato assegnato ad altra sede), e non come prima assegnazione;in disparte la circostanza che il ricorrente, ove avesse ritenuto lesivo dei propri interessi un provvedimento così formulato, avrebbe dovuto tempestivamente impugnarlo, risulta comunque troncante rilevare che, ai fini della decadenza dei benefici concessi ex art.33 L. 104/92, la chiara formulazione della norma di cui al comma 7 bis non consenta di introdurre alcun differente trattamento se la sede sia stata assegnata come prima assegnazione rispetto all’ipotesi di trasferimento successivo: in entrambi i casi, venuto meno il presupposto, viene meno il titolo al trattamento preferenziale che ha consentito di pretermettere l’ordine di scelta delle sedi.
Anche in sede di prima assegnazione, se il dipendente scavalca altri colleghi in virtù degli obblighi assistenziali tutelati dall’art.33 della L.104/1992, il presupposto legittimante è l’assistenza al disabile, venuto meno il quale (nel caso in questione, a seguito del decesso dell’assistito), il dipendente non può rivendicare la natura permanente dell’assegnazione a suo tempo disposta, che si tradurrebbe in un ingiustificato privilegio.
Le esigenze di assistenza della persona disabile costituiscono la ragion d'essere e l'unico presupposto dell’assegnazione così come del trasferimento, di tal ché il loro venir meno non può che far venir meno anche il beneficio.
Anche la circolare n. 0457451 del 28.12.2012, con valenza generale, afferma che " Nel caso di cessazione dei presupposti l'amministrazione avvierà d'ufficio le procedure di revoca del trasferimento " in tal modo conformando con il carattere della temporaneità tutti i provvedimenti adottati ai sensi dell'art. 33, comma 5 della legge 104/1992 (Consiglio di Stato sez. IV, 13/11/2017, n.5206).
Ne risulta l’infondatezza del profilo di appello.
9. Sono parimenti infondati gli ulteriori motivi del ricorso di primo grado riproposti nell'atto di appello. In particolare:
- la revoca del trasferimento, assunta ai sensi dell'art. 33, comma 7-bis, della l. n. 104/1992, non è un nuovo trasferimento (d'ufficio) e quindi non richiede una motivazione sull'interesse pubblico, oltre al venir meno del presupposto che aveva determinato la temporanea assegnazione;
- le censure incentrate sulla violazione delle garanzie partecipative del dipendente sono insuscettibili di positiva valutazione, alla luce del carattere dovuto e vincolato del provvedimento adottato (v. art. 21-octies, comma 2, della l. n. 241/1990);
- il provvedimento impugnato non è carente sotto il profilo dell'interesse pubblico ad esso sotteso, dovendosi questo rinvenire, come detto, nell'interesse all'ottimale allocazione del personale, che si riespande di fronte al venir meno del presupposto fattuale giustificativo del trasferimento;
- in ogni caso, quanto alle esigenze assistenziali (sopravvenute) del padre, in disparte la circostanza che la carenza documentale rilevata nel provvedimento impugnato non ha costituito oggetto di impugnazione, in ogni caso il T.A.R. ha correttamente rilevato (e sul punto non vi è nemmeno censura) che le stesse ben possono essere oggetto di distinta, apposita istruttoria, come correttamente prefigurato dall’Amministrazione;mentre le scelte di vita stanziali (incautamente) operate dall’appellante nel vigore di una normativa che escludeva chiaramente la definitività della sede individuata ex L. 104/92 non possono essere fatte ricadere sull’Amministrazione, sulla quale non gravava dunque alcun obbligo di motivazione rafforzata;
- infine, risulta irrilevante il dato riferito alla carenza organica delle due sedi, in quanto ciò che rileva è restituire all’Amministrazione il potere organizzativo ed ai colleghi pretermessi il diritto di scelta delle sedi in base all’ordine di graduatoria.
10. In conclusione, l'appello è infondato e deve, perciò, essere respinto.
11. Sussistono, comunque, giusti motivi per disporre l'integrale compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio, attesa la natura della controversia.