Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-12-29, n. 202211538
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Pubblicato il 29/12/2022
N. 11538/2022REG.PROV.COLL.
N. 07571/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7571 del 2021, proposto dal signor -OMISSIS- rappresentato e difeso dall’avvocato M A A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,
contro
il Ministero dell’Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12,
per la riforma
della sentenza del Tar Lazio, sede di Roma, sez. I-ter, n. -OMISSIS-, non notificata, con la quale è stato respinto il ricorso proposto avverso il provvedimento del Ministero dell’Interno che ha rigettato la richiesta di concessione della cittadinanza italiana ai sensi dell’art. 9, co. 1, lett. f), l. n. 91 del 1992.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;
Vista la memoria difensiva del Ministero dell’Interno, depositata in data 7 ottobre 2021;
Viste le memorie difensive depositate dell’appellante;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 novembre 2022 il Cons. Giulia Ferrari e uditi altresì i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con provvedimento del Ministero dell’Interno del 1° agosto 2013 è stata respinta la richiesta di concessione della cittadinanza italiana ai sensi dell’art. 9, co. 1, lett. f), l. n. 91 del 1992, presentata dal cittadino egiziano -OMISSIS-.
Il provvedimento ha tratto fondamento dalla circostanza che dall’attività informativa esperita è emersa la contiguità del richiedente a movimenti aventi scopi non compatibili con la sicurezza della Repubblica e che tale motivo risulta ostativo alla concessione della cittadinanza.
2. Con ricorso proposto dinanzi al Tar Lazio, sede di Roma, il cittadino egiziano ha impugnato tale provvedimento contestandone l’illegittimità per eccesso di potere, nelle figure sintomatiche della carenza di motivazione e di istruttoria. In particolare, l’allora ricorrente ha dedotto che la motivazione del provvedimento sarebbe generica e tale da comprimere la possibilità di esercitare adeguatamente il proprio diritto di difesa.
3. Con sentenza n. -OMISSIS-, il Tar Lazio ha respinto il ricorso ritenendo che l’amministrazione avesse valutato in maniera procedimentalmente corretta e non manifestamente illogica la complessiva situazione dell’istante, evidenziando la contiguità dello stesso a movimenti aventi scopi non compatibili con la sicurezza della Repubblica
4. La citata sentenza n. -OMISSIS- è stata impugnata con appello notificato il 30 luglio 2021 e depositato il successivo 25 agosto, riproducendo sostanzialmente le censure non accolte in primo grado e ponendole in chiave critica rispetto alla sentenza avversata. Altresì, l’appellante ha chiesto la rimessione in termini per aver tardivamente proposto la presente impugnazione a causa del decesso del proprio difensore.
5. Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio, sostenendo l’irricevibilità del gravame e, comunque, l’infondatezza dello stesso.
6. Con ordinanza n. -OMISSIS-, sono stati disposti incombenti istruttori al fine di acquisire la documentazione che è stata posta a base del rigetto dell’istanza di concessione della cittadinanza italiana.
7. Alla pubblica udienza del 10 novembre 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Come esposto in narrativa, oggetto della presente controversia è il provvedimento del Ministero dell’Interno con il quale è stata respinta la richiesta di concessione della cittadinanza italiana ai sensi dell’art. 9, co. 1, lett. f), l. n. 91 del 1992, presentata dal cittadino egiziano in considerazione della circostanza che dall’attività informativa esperita è emersa la contiguità del richiedente a movimenti aventi scopi non compatibili con la sicurezza della Repubblica e che tale motivo risulta ostativo alla concessione della cittadinanza.
2. Preliminarmente, il Collegio è chiamato ad esaminare l’istanza di rimessione in termini formulata dall’appellante per aver tardivamente proposto il presente gravame. In particolare, lo straniero ha dedotto che la proposizione tardiva dell’appello sarebbe derivata da causa di forza maggiore, a lui non imputabile e cioè la morte del proprio difensore.
In punto di fatto, va chiarito che l’appellata sentenza è stata pubblicata in data 4 febbraio 2020, mentre l’appello è stato notificato il 30 luglio 2021 e, dunque, ben oltre il termine perentorio di sei mesi fissato dal comma 3 dell’art. 92 c.p.a., che sarebbe venuto a scadere in data 2 novembre 2020, tenuto conto della sospensione feriale del termine e della sospensione straordinaria determinata dall’emergenza pandemica.
In punto di diritto, giova ricordare che l’art. 37, c.p.a. – che disciplina i presupposti per riconoscere l’errore scusabile – è una norma di stretta interpretazione, dal momento che un uso eccessivamente ampio della discrezionalità giudiziaria che essa presuppone, lungi dal rafforzare l’effettività della tutela giurisdizionale, potrebbe alla fine risolversi in un grave vulnus del pariordinato principio di parità delle parti, disciplinato dall’art. 2, comma 1, c.p.a., sul versante del rispetto dei termini perentori stabiliti dalla legge processuale (Cons. St., A.P., 2 dicembre 2010, n. 3;id., sez. IV, 16 aprile 2012, n. 2155;id., sez. V, 8 ottobre 2011, n. 5496).
I presupposti per riconoscere l’errore scusabile sono dunque rigidi. È in primo luogo necessario che sussista una situazione connotata da un’obiettiva incertezza, ascrivibile di volta in volta alla difficoltà di interpretare una norma o all’esistenza di contrasti giurisprudenziali, oppure alla particolare complessità della vicenda dedotta nel giudizio o, ancora, al comportamento non lineare dell’Amministrazione (Cons. St., A.P., 2 dicembre 2010, n. 3;sez. V, 28 dicembre 2011, n. 6939;id., sez. VI, 13 dicembre 2011, n. 6531;id., sez. V, 2 novembre 2011, n. 5896).
Nel caso di specie, gli elementi di fatto rappresentanti dall’appellante non permettono di ravvisare i presupposti per la concessione dell’errore scusabile.
Invero, dalla procura presente a margine del ricorso di prime cure si evidenzia come l’allora ricorrente avesse nominato suoi difensori gli avvocati M A e L S conferendo loro, anche disgiuntamente, ogni facoltà di legge. Altresì è stato indicato quale domicilio digitale presso cui ricevere le comunicazioni di segreteria unicamente l’indirizzo di PEC dell’avvocato S, successivamente deceduto.
Come rappresentato nell’atto d’appello, l’avvocato S è deceduto prima che venisse celebrata l’udienza di merito dinanzi al Tar Lazio, tenutasi in data 17 dicembre 2019 e presenziata dall’avvocato A, il quale ha chiesto il passaggio in decisione della causa.
Pertanto, l’allora ricorrente in tale occasione ben avrebbe potuto indicare alla Segreteria della Sezione presso cui la causa era incardinata un ulteriore indirizzo di PEC presso cui ricevere le comunicazioni di segreteria o, comunque, avendo contezza che di lì a poco sarebbe stata pubblicata la sentenza che avrebbe definito il giudizio, verificare, con l’ordinaria diligenza, l’avvenuto deposito della decisione, essendo del resto nel suo specifico interesse farlo.
Per tali ragioni, l’appello è irricevibile, non potendo riconoscersi l’errore scusabile.
3. Sebbene quanto rilevato sub 2 assume carattere assorbente, per completezza espositiva, il Collegio rileva che l’appello è anche infondato.
Invero, come già correttamente evidenziato dal primo giudice, non può ritenersi irragionevole o incompleta la valutazione compiuta dall’Amministrazione.
Ritiene il Collegio che i motivi dedotti dall’appellante non tengano conto dell’amplissima discrezionalità, informata anche a criteri di precauzione di profilo oggettivo (Cons. St., sez. III, 11 maggio 2016, n. 1874) e di cautela (Cons. St., sez. III, 29 marzo 2019, n. 2102;6 settembre 2018, n. 5262), che caratterizza il provvedimento di concessione della cittadinanza italiana, in quanto atto che attribuisce definitivamente uno status che comporta rilevantissime conseguenze per il patrimonio giuridico del richiedente e sui suoi diritti all’interno dello Stato;tale concessione può però comportare conseguenze altrettanto rilevanti, anche gravemente perniciose per l’interesse nazionale in caso di infelice concessione. Proprio per la rilevanza di tale riconoscimento, l’art. 9, l. n. 91 del 1992 demanda al Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell'interno, la concessione della cittadinanza.
A fronte degli importanti interessi della comunità nazionale coinvolti nel procedimento l’interesse del cittadino di altro Stato a conseguire la cittadinanza italiana è inevitabilmente recessivo e sottoposto a severa verifica istruttoria, affidata non solo alle autorità locali di pubblica sicurezza (il Prefetto e il Questore, i quali nella fattispecie, come prospettato dall’appellante, non hanno evidenziato criticità), ma anche agli organismi specificamente preposti ai servizi di sicurezza dello Stato, che invece nella presente fattispecie hanno evidenziato - con modalità compatibili con la riservatezza (pure consentita perché dovuta a esigenze di sicurezza nazionale: si pensi alla tutela delle fonti di informazione) e dunque non soggette ai pieni canoni di trasparenza che debbono caratterizzare l’attività amministrativa ordinaria - possibili criticità (Cons. St., sez. II, 31 agosto 2020, n. 5326).
Sicché lo stesso obbligo di motivazione del diniego si presta ad essere adeguatamente calibrato in funzione, anche, della delicatezza degli interessi coinvolti, che potrebbero ricevere pregiudizio già per effetto di un indiscriminato ed incontrollato palesamento dei fatti accertati dall’Amministrazione e degli strumenti istruttori utilizzati: sì da legittimare un assolvimento “attenuato” dell’obbligo esplicativo delle ragioni del provvedimento, da parte dell’Amministrazione, quando una più ampia disclosure, già nel contesto del provvedimento medesimo, dei dati e delle informazioni in possesso dell’Amministrazione potrebbe costituire, come nella specie, un attentato alla segretezza connaturata allo svolgimento di investigazioni particolarmente penetranti ed in ambiti estremamente rischiosi (Cons. St., sez. III, 29 marzo 2019, n. 2102). Aggiungasi che la Sezione (29 maggio 2018, n. 3206) ha rilevato che se, in base ad accertamenti esperiti, l’aspirante cittadino italiano risulta appartenere a movimenti aventi scopi non compatibili con la sicurezza della Repubblica, è legittimo il diniego alla concessione della cittadinanza italiana, senza che, peraltro, il Ministero sia tenuto a concedere l’accesso agli atti presupposti;in quanto la fattispecie è espressamente individuata nell’elenco degli atti sottratti al diritto di accesso. Il provvedimento di diniego della richiesta cittadinanza italiana non deve necessariamente riportare analiticamente le notizie che potrebbero in qualche modo compromettere l’attività preventiva o di controllo da parte degli organi a ciò preposti, essendo sufficiente l’indicazione delle ragioni del diniego senza dover indicare tutte le valutazioni interne che hanno condotto al giudizio di pericolosità sociale del richiedente.
Come più volte chiarito (Cons. St., sez. II, 31 agosto 2020, n. 5326), non sono negati diritti fondamentali della persona garantiti a livello costituzionale, comunitario o internazionale;è stato invece negato un beneficio la cui concessione è subordinata ad una valutazione di opportunità politico-amministrativa altamente discrezionale e informata a principi di cautela, nell’interesse nazionale, senza che sia peraltro preclusa al richiedente la riproposizione dell’istanza, alla luce di eventuali successivi ed ulteriori elementi (in tesi) “favorevoli” alla sua posizione.
Rispetto a queste valutazioni la posizione soggettiva del richiedente ha consistenza di affievolito interesse legittimo, atteso che l’attribuzione del nuovo status di cittadino italiano comporta l’inserimento dello straniero, a tutti gli effetti, nella collettività nazionale e l’acquisizione a pieno titolo, da parte del richiedente, dei diritti e dei doveri che competono ai cittadini.
Considerate le indicate caratteristiche di delicatezza e riservatezza dell’istruttoria in tema di concessione della cittadinanza e della suddetta cautela alla base delle relative statuizioni non emerge alcuna laconicità nella motivazione esternata nel decreto ministeriale. Invero, è del tutto idonea per la giustificazione del diniego di cittadinanza la valutazione che il richiedente sia contiguo, simpatizzante o comunque idealmente vicino o in contatto con un movimento potenzialmente in grado di minare interessi vitali del nostro Stato.
Inoltre, in ottemperanza dell’incombente istruttorio disposto da questo Giudice con ordinanza n. -OMISSIS-, l’Amministrazione ha depositato in data 14 settembre 2022 un atto classificato, dal quale è possibile corroborare la sussistenza di ragioni di sicurezza nazionale che hanno ragionevolmente condotto al rigetto della presentata istanza.
Dunque, dal carteggio ministeriale emerge l’apporto di elementi di valutazione dai quali risulta un’applicazione dei criteri, anche di cautela, sopra esposti che – tenuto conto della particolare materia – appare priva di palesi vizi logico-valutativi e motivazionali.
Pertanto, come correttamente ritenuto dal primo giudice, la motivazione che ha condotto al diniego non può dirsi insufficiente, in quanto il preminente interesse della sicurezza dello Stato e la tutela avanzata apprestata nel campo del contrasto di attività che attentano all’integrità della Repubblica, non può che giustificare una motivazione succinta, ma comunque in grado di rendere intellegibili le ragioni che hanno determinato un esito procedimentale negativo per il richiedente.
L’interesse nazionale è, infatti, interesse di rango certamente superiore rispetto all’interesse di uno straniero ad ottenere la cittadinanza italiana ed il riconoscimento della cittadinanza, per sua natura irrevocabile, presuppone che “nessun dubbio, nessuna ombra di inaffidabilità del richiedente sussista, anche con valutazione prognostica per il futuro, circa la piena adesione ai valori costituzionali su cui Repubblica Italiana si fonda” (cfr. Cons. St., sez. III, 14 febbraio 2017, n. 657).
4. In conclusione, per le ragioni che precedono, l’appello deve essere dichiarato irricevibile per tardiva notifica.
Spese compensate.