Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-04-18, n. 201802328

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-04-18, n. 201802328
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201802328
Data del deposito : 18 aprile 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/04/2018

N. 02328/2018REG.PROV.COLL.

N. 04041/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4041 del 2012, proposto da:
S.B (in proprio e quale legale rappresentante della Soc. omissis ), L. B e M C., rappresentati e difesi dagli avvocati R L, F S, con domicilio eletto presso lo studio F S in Roma, via Alessandro III, 6;

contro

Commissario Straordinario del Governo per il Coordinamento Antiracket e Antiusura, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Comitato di Solidarietà per le vittime dell'estorsione e dell'usura, U.T.G. - Prefettura di Napoli, Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. della Campania - Napoli, Sezione V, n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente diniego di accesso al fondo di solidarietà per le vittime estorsione e usura, di cui alla legge 23 febbraio 1999, nr. 44;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Commissario Straordinario del Governo per il Coordinamento Antiracket e Antiusura, del Comitato di Solidarietà per le vittime dell'estorsione e dell'usura, di U.T.G. - Prefettura di Napoli e del Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 gennaio 2018 il Cons. Giorgio Calderoni e uditi per le parti gli avvocati Ugo De Luca su delega di F S e l'Avvocato dello Stato Wally Ferrante;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

I. Nell’atto appello in esame, depositato il 30 maggio 2012, si espone quanto segue:

* il 10.5.2010, gli appellanti (madre, padre e figlio, quest’ultimo esercente attività di commercio di motoveicoli) hanno presentato, alla Prefettura di Napoli, domanda per l’accesso al fondo di solidarietà per le vittime estorsione e usura ex lege n. 44 del 1999, motivata con le circostanze che:

- in data 13.9.2007, essi avevano presentato denunzia per richieste estorsive ricevute;

- nel corso dell’udienza del relativo processo (svoltasi il 12.1.2010 in un clima di tensione, tanto da essere stata sospesa), il padre aveva reso testimonianza e ribadito le accuse nei confronti di uno degli imputati;

- dopo aver ricevuto ulteriori richieste estorsive e minacce, in data 22.2.2010 il capannone in cui si svolgeva l’attività commerciale era andato a fuoco per incendio doloso accertato dai VV.FF., con conseguente distruzione del locale e cessazione dell’attività medesima;

* con decreto 21.9.2010, il Commissario ha negato la richiesta perché i coniugi L. B e M C non sarebbero legittimati (siccome non esercenti l’attività) e perché il figlio S. B non sarebbe in possesso del requisito di cui alla lett. “c” art. 4 legge 44/1999: e cioè che la vittima, al tempo dell'evento e successivamente, non risulti sottoposta a misura di prevenzione o al relativo procedimento di applicazione, ai sensi delle leggi 27 dicembre 1956, n. 1423 e 31 maggio 1965, n. 575 e s. m..

II. Con la sentenza appellata, il giudice di primo grado ha respinto il ricorso degli odierni appellanti, alla stregua delle seguenti motivazioni:

i) quanto all'inesistenza dei presupposti di cui alla legge n. 44 del 1999 in capo ai due genitori, non vi sarebbe prova che questi ultimi abbiano compartecipato attivamente all'attività commerciale gestita dal figlio, risultando – “dagli atti acquisiti e censiti dalla Questura di Napoli” – solo quest’ultimo “socio unico e unico responsabile dell'attività in oggetto”;
inoltre, gli stessi avrebbero riportato denunce penali per reati di falso, contraffazione e ricettazione;

ii) anche la posizione del figlio sarebbe ostativa alla concessione del beneficio richiesto, siccome in passato denunciato per reati di falso e ricettazione e risultando a suo carico “la pendenza di numerosi procedimenti di prevenzione, con applicazione di altrettante misure personali di prevenzione”;

iii) in presenza di siffatti elementi ostativi, l'atto di diniego “rappresentava un esito vincolato, con conseguente dequotazione anche della rilevanza dei vizi procedimentali, pure allegati quale ulteriore motivo di doglianza nel ricorso introduttivo”.

III. Questi i motivi d’appello dedotti avverso tale sentenza:

1) violazione legge n. 44 del 23.02.1999 e del D.P.R. n. 455 del 16.08.1999, nell’assunto che i genitori avrebbero aiutato attivamente e continuativamente il figlio nella gestione dell’azienda e che l'accesso al fondo di solidarietà per le vittime dell'estorsione sarebbe consentito non solo ai titolari di un'attività imprenditoriale stricto sensu , ma, altresì, a coloro che sono stati vittima del reato di estorsione e che hanno rapporti con il titolare dell'azienda (cfr. “Quinta relazione del Commissario per il Coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura");
quanto ai pregiudizi penali richiamati dal primo Giudice, con sentenza 23 marzo 2007 del Tribunale di Napoli essi sono stati assolti dai reati loro ascritti perché il fatto non sussiste e l’esistenza di mere denunce per reati di falso e ricettazione non sarebbe causa di esclusione dal beneficio in parola;

2) violazione delle stesse norme, con riferimento alla posizione del figlio in quanto:

- non sarebbe stata fornita dall'Amministrazione alcuna prova dell'esistenza delle asserite denunce per reati di ricettazione, furto e danneggiamento, mentre dal certificato penale del Casellario Giudiziario, depositato in primo grado il 17.10.2011, non sussisterebbero a suo carico né procedimenti penali, né condanne penali.

Neppure l'Amministrazione avrebbe fornito, in primo grado, la prova dell'esistenza di misure di prevenzione in capo al sig. S. B, quali il divieto di ritorno per tre anni in alcuni comuni campani e un rimpatrio con foglio di via obbligatorio del 17.06.2007 emesso dal Commissariato di P.S. di -OMISSIS-: tali provvedimenti non sono mai stati esibiti dalla P.A., né gli stessi sarebbero stati notificati all’interessato.

Inoltre, si tratterebbe di misure esclusivamente amministrative, prive di “natura giudiziale contrariamente a quelle emesse dalla A.G. (soggiorno obbligato, obbligo di residenza, sorveglianza speciale ecc.)” e, come tali, estranee al complesso delle condizioni tassativamente fissate dall'art. 4, L. n. 44 del 1999 ai fini della concessione del beneficio de quo .

Infine, si ripropone espressamente la questione di costituzionalità dell'art. 4, comma 1, lett. c) della Legge n. 44/1999, sollevata in via subordinata in primo grado (e non esaminata dal Tar), sotto il profilo che si introdurrebbe una misura preventiva (amministrativa), assolutamente sconosciuta al testo della Legge;

3) omesso esame di un punto decisivo della controversia, deducendosi che opererebbe a favore del sig. S. B l'esimente di cui al comma 2, art. 4 legge n. 44/1999 (rilevante contributo della vittima nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l'individuazione o la cattura degli autori delle richieste estorsive, o del delitto del delitto dal quale è derivato il danno, ovvero di reati connessi);

4) violazione degli artt. 7, 10 e 10 bis, l. n. 241 del 1990, nell’assunto di fondo che “l 'apporto collaborativo degli appellanti avrebbe indotto l'Amministrazione a riconoscere, nel caso di specie, la sussistenza di tutti i presupposti richiesti dal Legislatore per il riconoscimento del beneficio”;

5) infine, si ripropone il terzo motivo del ricorso di primo grado non esaminato dal Tar, con cui si denunciava il vizio di difetto di istruttoria, per mancata considerazione, da parte del Commissario, della documentazione prodotta dai richiedenti alla Prefettura.

IV. Costituendosi in giudizio il 7 giugno 2012, il Commissario straordinario ha depositato il fascicolo di parte di primo grado.

V. La causa è stata chiamata una prima volta per la decisione all’udienza pubblica del 2/02/17, in vista della quale gli appellanti hanno prodotto brevi note di udienza, riassuntive delle argomentazioni già svolte.

VI. All’esito di tale udienza, la Sezione ha pronunciato ordinanza collegiale n. -OMISSIS-, con cui -ritenuto necessario approfondire, quanto alla prospettata applicabilità dell’esimente di cui all’art. 4, comma 2, della legge 23 febbraio 1999, nr. 44, quale sia stato il contributo del signor S. B all’identificazione e alla cattura degli estorsori - si è chiesto “alla D.D.A. di Napoli di trasmettere, ove non vi ostino residue esigenze di segretezza connesse a indagini in corso, copia della denuncia presentata da ( omissis ) in data 13 settembre 2007 presso il Commissariato di P.S. di -OMISSIS-, nonché di ogni altro atto o informazione utile a una miglior comprensione del contributo fornito dal sig. S.B all’individuazione e alla cattura degli estorsori”, con fissazione del prosieguo all’udienza del 15 giugno 2017.

VII. In vista di tale nuova udienza:

- il 13 giugno 2017, gli appellanti hanno dimesso ulteriori note difensive;

- il 14 giugno 2017, il Ministero dell’Interno si è costituito con atto formale e il Commissario straordinario ha trasmesso relazione 13.6.2017 della Prefettura di Napoli, in cui si rappresenta in primo luogo di avere interessato sia il Commissariato in cui la denuncia è stata presentata, sia l’organo giudiziario titolare dell’azione penale, senza tuttavia aver ricevuto ancora riscontri positivi;
e si svolgono, quindi, proprie considerazioni sulle questioni caratterizzanti la controversia.

VIII. Ciò stante, con ordinanza -OMISSIS-, la Sezione, rilevata la permanenza delle suddette esigenze istruttorie, ha reiterato l’incombente, chiedendo anche al “Commissario straordinario del governo per il coordinamento antiracket e antiusura” di dichiarare, se del caso, l’impossibilità di reperire il documento nel fascicolo del processo penale.

IX. In data 3 ottobre 2017, il Commissario Straordinario ha depositato l’adempimento richiesto, composto da più atti, tra i quali figurano:

- la nota 28.9.2017 del Commissariato di -OMISSIS-, con cui si trasmette la denunzia sporta il 14 settembre 2017 da MB, altro figlio dell’appellante L.B, nonché dichiarazioni in merito rese dallo stesso L.B e dalla moglie M, e si chiarisce che “non esistono atti relativi a denunzie e dichiarazioni rese da S.B, ma che il predetto è il titolare effettivo dell’attività per la quale veniva avanzata la richiesta estorsiva”.

X. Dopodiché, gli appellanti hanno prodotto a loro volta:

* il 30 novembre 2017, documentazione;

* il 16 dicembre 2017, memoria difensiva finale in cui si sostiene essere provato che l’intera famiglia B avrebbe partecipato attivamente alla cattura e all’arresto di noti esponenti del “-OMISSIS-”, come risulterebbe:

- dalla nota 9.6.2010 del Comando provinciale Carabinieri di Napoli (già presente nella produzione di parte di primo grado, nuovamente depositata in appello);

- dalle dichiarazioni e denunce rese alla Questura di Napoli e al Commissariato di -OMISSIS- dai sig.ri L.B e M C., depositate dall’Amministrazione resistente in data 3.10.2017;

- dalla denuncia datata 13.09.2007 del sig. S.B resa al Commissariato di P.S. di -OMISSIS-, pur non rinvenuta dalla stessa Amministrazione.

Per il resto, nella menzionata memoria conclusiva si ribadiscono censure e argomenti già sviluppati in primo grado e nel presente atto di appello.

XI. La causa è, quindi, passata in decisione all’odierna udienza pubblica.

XII. Stante la reiterata attività istruttoria svolta dal Collegio, occorre in primo luogo dar conto delle risultanze della stessa, nonché delle principali evenienze fattuali emergenti dagli atti di causa:

a) innanzitutto, risulta comprovato che titolare dell’attività imprenditoriale, in relazione alla quale è stato chiesto il beneficio de quo , è unicamente il Sig. S.B, quale unico amministratore e socio, come risulta dalla visura storica trasmessa in data 13.7.2010 dalla Guardia di Finanza alla Prefettura e richiamata nelle premesse del decreto commissariale 21 settembre 2010, impugnato in primo grado.

Il che è, del resto confermato, dalla visura in data 13.11.2017, depositata dagli appellanti il 30 novembre 2017, unitamente ad altra documentazione, la quale non è, tuttavia, in grado di comprovare un diverso di ruolo di fatto del padre S.B in seno alla predetta società, in quanto:

- alla delega a L.B ad effettuare operazioni bancarie in favore della società stessa non si accompagna l’attestazione del se, quali e quante operazioni siano poi state effettivamente svolte da L.B;

- analogamente, il contratto (scrittura privata) di collaborazione coordinata e continuativa (a titolo gratuito) tra la società e L.B non reca alcuna data di registrazione e/o alcuna forma di “validazione” proveniente da soggetto terzo non necessariamente pubblico, bensì anche privato (studio di consulente del lavoro o altro);
né sono state documentate le spese sostenute dalla società per la prestazione di attività di collaborazione (sui mercati orientali) da parte di L.B, spese che l’art. 5 del contratto pone espressamente a carico della società;

- sotto questo profilo, nessun rilievo può essere, di conseguenza, attribuito ai visti cinesi presenti sul passaporto di L.B;

b) le denunzie al Commissariato P.S. di -OMISSIS- sono state presentate dai predetti L.B e MC. (padre e madre di S.B) e da MB, fratello di S.B: in quest’ultima denuncia si dichiara che il titolare dell’attività (commercio di motocicli) è il fratello S.B e che, oltre al titolare, in essa lavorano il denunciante, il padre e la madre;
inoltre, dalle denunce di MB e L.B emerge che all’origine della vicenda è lo stesso MB, che nel 2004 aveva contratto un debito di 8.000 euro, poi lievitato a 12.000 euro e successivamente “ceduto” a esponenti del -OMISSIS-;

c) agli atti del Commissariato non risulta, tuttavia, alcuna denuncia presentata da S.B, come affermato espressamente nella nota 28.9.2017 della Dirigente del Commissariato;
né l’appellante è stato in grado di depositare attestazione copia della stessa o ricevuta dell’avvenuta presentazione, che a richiesta viene rilasciata dagli organi di polizia;

d) nella nota 9.6.2010 del Comando provinciale dei Carabinieri - riferita alla domanda di concessione del beneficio di cui è causa e su cui fanno leva le difese degli appellanti - si rappresenta effettivamente che l’episodio dell’incendio verificatosi nel capannone della Società di S.B “poteva ricondursi alla collaborazione fornita dai componenti della famiglia B”, in occasione di un tentativo di estorsione posto in essere da alcuni elementi di spicco del -OMISSIS-;
ma nella stessa nota si evidenziano il concreto contributo rispettivamente offerto da MC. e L.B (quest’ultimo con la sua testimonianza in aula e il diverbio con gli avvocati difensori degli imputati che ne era seguito), mentre nulla si dice a proposito dell’eventuale contributo proveniente da S.B;

e) nella stessa nota 9.6.2010, si sottolinea, poi, che la Compagnia C.C. di -OMISSIS- ha notiziato anche la locale Direzione distrettuale antimafia, nella persona del Sostituto Procuratore dott.-OMISSIS-, cui è affidata la trattazione del procedimento penale sul menzionato tentativo di estorsione a danno della famiglia B: ebbene, il Commissario Straordinario ha prodotto nel giudizio di primo grado la nota 5 luglio 2010, indirizzata dal predetto Procuratore distrettuale antimafia al Prefetto in merito all’istanza di concessione del beneficio de quo e nella quale si evidenzia la stretta connessione e successione temporale tra l’incendio dell’attività commerciale e l’aspro scontro verificatosi in aula a seguito della testimonianza resa da L.B: di nuovo, nessun ruolo particolare risulta svolto da S.B;

f) infine, nella documentazione depositata dal Commissario straordinario il 7.6.2012 (fascicolo di parte di primo grado) figura la nota 6 luglio 2010 con cui la Questura di Napoli informa che a carico di S.B figurano ai propri atti un rimpatrio con foglio di via obbligatorio e un divieto di ritorno in alcuni comuni dell’isola di -OMISSIS- per tre anni, entrambi emessi in data 17 giugno 2007: pertanto, come osservato nella relazione 13.6.2017 della Prefettura di Napoli, la suddetta misura era operante alla data (10.5.2010) di presentazione dell’istanza di concessione del beneficio.

XIII. Ciò puntualizzato in fatto, va osservato in diritto quanto segue.

XIII.1. I genitori L.B e MC. non possono usufruire del beneficio richiesto, in quanto non esercenti l’attività imprenditoriale interessata, come richiesto dall’art. 3 comma 1 legge 44/99: invero, la giurisprudenza di questo Consiglio ha da tempo chiarito (cfr. sez. VI, 27/12/2007, n. 6681) che “presupposto per l'applicabilità della legge n. 44/1999 (…) è l'iniziativa estorsiva di cui l'esercente un'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o comunque economica sia stato vittima”;
invero, dalla lettura combinata dello stesso art. 3 con il successivo art. 15 della legge n. 44 emerge l'intenzione del Legislatore di agevolare la prosecuzione dell'attività economica in ragione della quale si sono verificati gli eventi delittuosi indicati dalla legge:

XIII.2. A tal fine, è pertanto indispensabile che il soggetto richiedente (e potenziale beneficiario de) l’elargizione statale sia anche il titolare dell’impresa, onde assicurare l’effettivo proseguimento dell’attività e perseguimento della ratio della legge.

Condizione questa non rinvenibile in capo ai Sigg. ri MC. e L.B, il che comporta di conseguenza la:

- legittimità del motivo di diniego addotto nei loro confronti dal decreto commissariale 21.9.2010;

- condivisibilità del corrispondente passaggio motivazionale contenuto nella sentenza gravata;

- infondatezza del primo motivo di appello che tale passaggio censura.

XIII.3. Quanto all’esercente S.B, col secondo motivo di appello si deduce:

- che l’Amministrazione non avrebbe fornito la prova dell’esistenza a suo carico del rimpatrio con foglio di via obbligatorio e del divieto di ritorno per tre anni in alcuni comuni dell’isola di -OMISSIS-;

- che in ogni caso si tratterebbe di misure amministrative, estranee alla previsione ostativa di cui all’art. 4 legge 44/99;

- che, in tal caso, la stessa norma dovrebbe essere sospettata di incostituzionalità.

XIII.3.1. Circa la prima obiezione, il Collegio osserva che con la comunicazione 6 luglio 2010, indirizzata alla Prefettura di Napoli, il Questore di Napoli ha comunicato che ai propri atti risultavano i suddetti foglio di via e divieto di ritorno, indicandone con precisione la data di emissione, la durata, i Comuni interessati, l’autorità emanante: tale nota riveste pertanto un inequivoco valore certificativo dell’esistenza dei relativi provvedimenti, sì da rientrare fra gli atti di certificazione o di attestazione rilasciati ratione officii e facenti prova - fino a querela di falso o comunque fino a prova contraria - di quanto in essi esplicitamente riportato (cfr. in tal senso Consiglio di Stato, sez. IV, 21/02/2005, n. 550).

Gli appellanti non hanno né proposto querela di falso o perlomeno addotto alcunché in ordine alla non presenza di S.B a quella data e in quella località, per cui il profilo di censura deve essere disatteso.

XIII.3.2. Ugualmente da disattendere è il secondo profilo di censura del secondo motivo, in quanto i provvedimenti di cui sopra sono contemplati dall’art. 2 legge n. 1423/1956 e sono stati sempre qualificati come misure di prevenzione da giurisprudenza incontrastata (cfr. ex multis Consiglio di Stato, sez. VI, 10/05/2006, n. 2571 e sez. IV, 27/05/2002, n. 2931): pertanto, tali provvedimenti rientrano pacificamente nella previsione di cui alla lett. c) del comma 1 dell’art. 4 legge n. 44/1999 che pone quale condizione per l’elargizione che la vittima non risulti - al tempo dell’evento (come nel caso di specie) e successivamente (ancora come nel caso di specie, in relazione al momento della proposizione della domanda) - sottoposta a misura di prevenzione ai sensi della legge n. 1423/1956.

XIII.3.3 . Alla stregua del diritto vivente in subiecta materia , non può, pertanto, porsi alcun dubbio di costituzionalità della suddetta norma.

XIII.3.4. Conclusivamente, il secondo motivo va respinto.

XIII.4 . Il signor S.B non può, poi, fondatamente invocare in suo favore l’esimente di cui al successivo comma 2 del medesimo art. 4 (rilevante contributo fornito dalla vittima nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l'individuazione o la cattura degli autori delle richieste estorsive o del delitto dal quale è derivato il danno) in quanto – come risulta per tabulas da quanto esposto alle lettere da “b” a “e” del precedente capo XII – S.B non ha fornito contributo alcuno in tal senso, bensì lo hanno fatto i suoi genitori e suo fratello MB: il che è del, resto, intuibile, in quanto all’origine della vicenda di cui è causa vi è assai più un suo debito personale che una ragione legata all’attività commerciale di cui è titolare S.B

Anche il terzo motivo di appello risulta, pertanto, privo di pregio.

XIII.5 . Una volta acclarato che in capo a tutti i richiedenti difettano i requisiti soggettivi rispettivamente richiesti dagli artt. 3 e 4 della legge n. 44/1999, diviene irrilevante esaminare la sussistenza o meno degli ulteriori elementi ostativi addotti - sotto il profilo penale e ad abudantiam - tanto dal controverso provvedimento commissariale, quanto dalla sentenza di primo grado.

Per la stessa ragione, si rivelano infondati sia il quarto che il quinto motivo di appello, poiché:

- il consequenziale diniego di ammissione riveste carattere vincolato, come esattamente rilevato dal primo Giudice e come del resto riconosciuto, indirettamente e parzialmente, dagli stessi appellanti che, nell’esposizione del secondo motivo, definiscono le condizioni di cui al citato art. 4 come “tassativamente fissate”;

- ne discende che non sono rilevabili né il vizio di difetto di istruttoria (quarto motivo), né il vizio di difetto del contraddittorio procedimentale, atteso che in nessun modo il provvedimento finale avrebbe potuto avere un differente esito.

XIV . Conclusivamente, l’appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza di primo grado.

Le spese del grado posso, tuttavia, essere compensate tra le parti, avuto riguardo alla peculiarità della materia del contendere e della stessa fattispecie dedotta in causa.

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