Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2016-06-06, n. 201602413
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N. 02413/2016REG.PROV.COLL.
N. 10068/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10068 del 2015, proposto dal Ministero dell'Interno e dall’U.T.G. - Prefettura di Bergamo, in persona dei rispettivi rappresentanti legali
pro tempore
, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;
contro
Il signor S T, rappresentato e difeso dall'avvocato C P, con domicilio eletto presso la Segreteria della Terza Sezione del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, n. 13;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Lombardia, Sezione staccata di Brescia, Sez. I, n. 1123/2015, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di S T;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 maggio 2016 il pres. Luigi Maruotti e uditi per le parti l'avvocato dello Stato Maria Vittoria Lumetti e l’avvocato Fausta Marchese, su delega dell’avvocato Cristina Pizzoccaro;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. In applicazione dell’art. 120, commi 1 e 2 del d.lg n. 285 del 1992, il Prefetto di Bergamo, con l’atto n. 61563 del 31 marzo 2014, ha revocato la patente di guida già rilasciata all’appellato, in seguito ad una sua condanna – disposta dal Tribunale di Bergamo, poi ridotta con una pronuncia del 5 novembre 2012 - per detenzione illecita di una sostanza stupefacente.
2. Col ricorso di primo grado n. 805 del 2014 (proposto al TAR per la Lombardia, Sezione di Brescia), l’interessato ha impugnato il provvedimento del 31 marzo 2014, deducendo che l’Amministrazione non avrebbe potuto applicare ‘automaticamente’ il medesimo art. 120.
3. Il TAR, con la sentenza n. 1123 del 2015, ha accolto il ricorso ed ha compensato tra le parti le spese del giudizio.
4. Con l’appello in epigrafe il Ministero dell’Interno ha chiesto che – in riforma della sentenza del TAR – sia dichiarato il difetto di giurisdizione amministrativa, ovvero che il ricorso di primo grado sia respinto, perché infondato.
L’appellato si è costituito in giudizio ed ha chiesto che l’appello sia respinto.
5. Ritiene la Sezione che sia fondato il primo motivo dell’appello, sul difetto della giurisdizione amministrativa.
La giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ha più volte affermato che sussiste la giurisdizione del giudice civile in ordine alla contestazione degli atti con cui l’Amministrazione rileva la insussistenza dei «requisiti morali» previsti dall’art. 120 del d.lg. n. 285 del 1992 (Cass., Sez. Un., sentt. n 22491 del 2010, n. 28239 del 2011, n. 2446 del 2006;v. anche le sentenze n. 10406 del 2014, n. 8693 del 2005 e n. 7898 del 2003).
La Sezione prende atto di tale orientamento, non essendo emerse ragioni per discostarsi da esso, nel corso del giudizio.
Pertanto, in riforma della sentenza del TAR e ai sensi dell’art. 11, commi e e 2 del codice del processo amministrativo, va dichiarata la insussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo, poiché sussiste quella del giudice civile a conoscere del ricorso di primo grado.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese e gli onorari dei due gradi del giudizio..