Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-04-03, n. 201701508

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-04-03, n. 201701508
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201701508
Data del deposito : 3 aprile 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/04/2017

N. 01508/2017REG.PROV.COLL.

N. 02050/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2050 del 2007, proposto da “Nuovo Millennio” soc. coop. edilizia a r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Luigi Maria D'Angiolella e G A, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Luigi Maria D'Angiolella in Roma, via Terenzio n. 7;

contro

Comune di Marano di Napoli, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato R M, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. L N in Roma, via Sicilia, n. 50;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. Campania – sede di Napoli – Sez. I n. 4104 depositata in data 8 maggio 2006, resa tra le parti, concernente adozione di piano attuativo di zona;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 marzo 2017 il Cons. Luca Lamberti e uditi per le parti l’avvocato D'Angiolella;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

La società ricorrente, premesso in fatto di essere proprietaria di un’area ubicata in Comune di Marano di Napoli, identificata al N.C.T. al foglio 13, mappali 724-726 e 728 ed urbanisticamente inquadrata nella zona “C4”, per la quale “ è prevista l’attuazione tramite piano di zona ex l. 167/1962, atto peraltro dovuto per i Comuni con più di 50.000 abitanti ”, ha impugnato di fronte al T.a.r. Campania, sede di Napoli, la nota prot. n. 15790/u del 19 luglio 2005, con cui, “ a fronte della richiesta di avvio del procedimento di approvazione del piano attuativo di zona ”, il Comune resistente, dopo un’iniziale inerzia, ha enunciato la sua intenzione di non attuare, per il momento, la previsione del p.r.g. relativa alla zona “C4” mediante l’adozione di un piano di zona, ai sensi della legge 18 aprile 1962, n. 167.

Costituitosi il Comune, il Tar Napoli con la sentenza indicata in epigrafe ha dichiarato il ricorso inammissibile.

Il Tribunale ha, anzitutto, premesso che “ deve riconoscersi all’ente locale un’ampia discrezionalità nella scelta dei tempi di attuazione dello strumento urbanistico generale … e nell’individuazione delle aree da inserire nel p.e.e.p., anche in considerazione del fatto che la concreta realizzazione delle scelte dipende anche dalle risorse finanziarie che l’ente ritiene di poter utilizzare ”: pertanto, “ tali scelte non sono sindacabili, salvo che non siano manifestamente irragionevoli, illogiche od arbitrarie ”.

Il Tribunale ha, quindi, osservato che “ l’esistenza, in capo ad un Comune con popolazione superiore a 50.000 abitanti, di un obbligo di dotarsi di almeno un piano di zona, rivendicato da parte ricorrente, non può conculcare le scelte amministrative correlate all’esigenza di graduare nel tempo gli interventi di edificazione e di urbanizzazione, in un sistema in cui il piano regolatore ha per sua stessa natura durata a tempo indeterminato ” ed ha, conseguentemente, concluso che “ la posizione vantata dalla ricorrente non è assistita da quei connotati di particolarità e differenziazione che l’esistenza di un interesse legittimo postula ” ma che, di contro, costituisce un mero “ interesse di fatto sprovvisto di tutela giurisdizionale ”.

La cooperativa ha interposto appello, riproponendo criticamente le censure svolte in primo grado circa l’assunta doverosità dell’adozione del piano di zona, la contraddittorietà ed irragionevolezza delle motivazioni sottese alla gravata scelta amministrativa di non dotarsi di tale piano, l’inammissibilità di una sostanziale “ stasi della funzione pubblica ” programmatoria, la violazione dei principi di buon andamento ed efficacia dell’azione amministrativa.

Il Comune si è costituito ed ha svolto difese scritte, in cui, oltre a ribadire le proprie prospettazioni defensionali di merito, ha altresì formulato, in rito, eccezione di inammissibilità per carenza di interesse, sotto vari profili.

Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 16 marzo 2017, in vista della quale le parti non hanno redatto difese scritte.

Il ricorso, infondato nel merito, deve respingersi: può, quindi, omettersi la delibazione delle eccezioni in rito svolte da parte appellata.

Il Collegio, anzitutto, osserva che la nota impugnata presenta un contenuto dettagliato e puntuale ed individua con chiarezza i plurimi motivi per cui il Comune non intende, allo stato, procedere all’adozione di un p.e.e.p.: l’ente locale valorizza, in particolare, l’intervenuta decadenza del vincolo apposto all’area de qua con il p.r.g. (risalente al 1987) per decorso del termine quinquennale previsto dalla legge, con conseguente sottoposizione della zona alla disciplina urbanistica di cui all’art. 9 del d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380;
l’ascrizione della decisione circa l’eventuale reiterazione del vincolo alla discrezionalità amministrativa, anche in considerazione “ della necessaria previsione di un congruo indennizzo ai proprietari e, soprattutto, di una opportuna ed adeguata motivazione ”;
la scelta di dare priorità “ al miglioramento delle condizioni di vivibilità cittadine attraverso la realizzazione di infrastrutture e servizi ad uso della collettività, lasciando sostanzialmente all’iniziativa privata le costruzioni di carattere residenziale ”, anche alla luce del “ notevole e talvolta caotico sviluppo dell’edilizia abitativa avutosi nel corso di questi anni, segnati da ben tre condoni edilizi ” e dell’insistenza nell’area de qua di svariati insediamenti abusivi, per i quali è necessario procedere al recupero urbanistico ”.

Il Collegio rileva, più in generale, che la pianificazione attuativa, di cui è manifestazione il p.e.e.p. previsto dalla legge 18 aprile 1962, n. 167, costituisce, al pari del p.r.g., espressione della potestà pianificatoria, seppure declinata in ottica più specifica e, per così dire, operativa: la costitutiva finalità attuativa propria di tale programmazione di dettaglio, peraltro, impone all’Amministrazione la contestuale ponderazione di molteplici e potenzialmente contrastanti interessi anche non strettamente urbanistici ed è, pertanto, innervata da valutazioni eminentemente discrezionali in ordine non solo al quomodo, ma pure al quando.

Siffatto spazio ampio di discrezionalità da un lato non consente di predicare, in capo al privato, una pretesa giuridicamente tutelata e coercibile all’emanazione hic et nunc di un piano attuativo da parte del Comune, dall’altro circoscrive significativamente la capacità penetrativa del sindacato del Giudice Amministrativo nei casi in cui, come nella specie, l’ente locale abbia esternato i motivi sottesi alla scelta di non procedere, qui ed ora, all’adozione della pianificazione di dettaglio.

Più in particolare, in assenza di profili di macroscopica illogicità, di eclatante irragionevolezza, di palese travisamento dei fatti, nella specie certo non ricorrenti, il Giudice non ha elementi su cui fondare il giudizio di legittimità della scelta di non procedere, in un certo momento storico, all’attuazione concreta ed operativa delle previsioni di massima contenute nella pianificazione urbanistica di carattere generale: tale scelta, infatti, è esito, funzione ed espressione di un complessivo bilanciamento di diversificati, contestuali e spesso confliggenti interessi e, come tale, è manifestazione del merito della funzione amministrativa.

Oltretutto, la significativa attività edilizia ab origine abusiva e poi condonata a quanto consta intervenuta negli ultimi anni nel Comune resistente, dato questo non specificamente contestato ex adverso , rappresenta un elemento di particolare pregnanza motivazionale: lo stravolgimento dell’assetto urbanistico a suo tempo divisato dal p.r.g., infatti, ben giustifica la priorità riconosciuta dall’ente locale alla tessitura di un ordito infrastrutturale che tenga conto delle nuove aree abitate, sorte completamente al di fuori del progetto di sviluppo cittadino immaginato dal p.r.g., proprio in funzione del quale era stata allora individuata una zona “C4” destinata all’ulteriore espansione edilizia del nucleo urbano.

Sulla scorta delle considerazioni che precedono l’appello va pertanto respinto, restando assorbito l’esame di ogni altra questione irrilevante ai fini del decidere.

Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

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