Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2009-09-09, n. 200905402

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2009-09-09, n. 200905402
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 200905402
Data del deposito : 9 settembre 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 09123/2008 REG.RIC.

N. 05402/2009 REG.DEC.

N. 09123/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 9123 del 2008, proposto da:
Immobiliare Santostefano S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. T M, M S, C C, con domicilio eletto presso Sanino in Roma, viale Parioli N.180;

contro

il Comune di Silvi, rappresentato e difeso dall'avv. C S, con domicilio eletto presso Segreteria Sezionale del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro 13;

per la riforma

della sentenza del Tar dell’Abruzzo n. 00098/2008, resa tra le parti, concernente APPROVAZIONE PRG - DESTINAZIONE URBANISTICA AREA.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 luglio 2009 il Consigliere Sergio De Felice e udito l’avv. Sanino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

Con ricorso proposto innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo la società attuale appellante impugnava la deliberazione consiliare del 1.7.2002 n. 41 di approvazione del PRG, già adottato con deliberazione consiliare n. 66/1999, e la presupposta deliberazione n. 111 di rigetto delle osservazioni presentate.

Nel ricorso esponeva di avere acquistato area edificatoria nel comune di Silvi, nella quale aveva realizzato previo rilascio di titolo abilitativo n. 2 fabbricati destinati ad abitazione civile;
in sede di rilascio del permesso di costruire e del relativo procedimento nessuno si avvedeva (né l’amministrazione, né il progettista) che una minima porzione di terreno di uno dei due fabbricati ricadeva in area riportata in catasto senza numerazione, circostanza rilevata dall’Ufficio del territorio di Teramo che, con atto di rettifica del 26.5.1998, provvedeva ad assegnare alla piccola area erroneamente definita strada il numero catastale n. 2194.

Avverso tale rettifica la ricorrente proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Teramo che con sentenza n. 39 del 2000 dichiarava la cessazione della materia del contendere, a causa della intervenuta cessione in proprietà da parte del Comune di Silvi della particella n. 2194.

Nonostante la inesistenza della predetta strada insistente su tale particella, inesistenza risultante da relazione del dirigente comunale competente, in sede di approvazione del P.R.G. l’amministrazione riconosceva a tale particella la destinazione di “viabilità urbana esistente”;
con le osservazioni al piano presentate in data 13.11.1999, richiamando la intervenuta cessione e l’intera vicenda, la proprietaria chiedeva il mutamento di destinazione della particella in questione, da viabilità urbana esistente a zona di completamento collinare.

Con la sentenza in questa sede impugnata, il giudice di primo grado, accogliendo il rilievo eccepito dal Comune di Silvi, sulla base della intervenuta adozione del P.R.G. con deliberazione n.19 del 22.4.2004, che modificava la pregressa destinazione delle zone del territorio comunale, definita con la impugnata deliberazione di approvazione n. 41 del 2002, dichiarava improcedibile il ricorso per sopravvenuto difetto di interesse.

Con l’atto di appello la società Immobiliare Santostefano contesta la sentenza di primo grado, che erroneamente avrebbe ritenuto esistente il sopravvenuto difetto di interesse, sulla base di un nuovo piano regolatore generale, in realtà solo adottato e non ancora approvato dall’aprile 2004 ad oggi, come osservato anche nella sentenza del medesimo giudice (n.935 del 2008) pronunciata in accoglimento del ricorso proposto dal Condominio Isola Verde contro il Comune di Silvi avente ad oggetto la medesima delibera consiliare.

L’appellante chiede quindi la riforma della impugnata sentenza per la erronea dichiarazione di sopravvenuto difetto di interesse, rappresentando quanto segue: a) di avere ricevuto in cessione la particella n. 2194;
b) che dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale di L’Aquila è stata dichiarata la cessazione della materia del contendere a causa della intervenuta cessione;
c) di avere richiesto la modifica di destinazione a zona di completamento collinare.

Si è costituito il Comune di Silvi che chiede rigettarsi l’appello, sia sotto il profilo della intervenuta carenza di interesse a causa della nuova deliberazione adottata, sia perché, nel merito, l’atto di cessione menzionato da parte appellante all’articolo 2 contiene la dichiarazione che il terreno in oggetto ha le caratteristiche come richiamate e risultanti dal certificato di destinazione urbanistica rilasciato dal Dirigente (certificato dal quale risulterebbe la destinazione a strada della particella n. 2194 del foglio 13).

Alla udienza pubblica del 14 luglio 2009 la causa è passata in decisione.

DIRITTO

1. L’appello è fondato.

Il primo giudice ha dichiarato la improcedibilità della precedente impugnativa di piano, in quanto la delibera pianificatoria sarebbe stata sostituita da altro strumento nel frattempo però (e dal 2004) soltanto adottato e mai approvato.

E’ vero che nel caso in cui venga impugnata la prescrizione contenuta in un piano urbanistico e questa sia “sostituita” da altra analoga, non impugnata o da impugnare, si determina la improcedibilità del ricorso, in quanto l’eventuale annullamento del primo atto non determinerebbe alcun vantaggio alla parte ricorrente, comunque lesa dagli effetti della successiva deliberazione.

Come però ha condivisibilmente sostenuto l’appellante, evidenziando la circostanza che la successiva delibera pianificatoria sia stata solo adottata e non risulti ancora approvata, la dichiarazione di improcedibilità del ricorso avanti al giudice amministrativo per sopravvenuta carenza di interesse può essere pronunciata soltanto al verificarsi di una situazione di fatto o di diritto del tutto nuova ( e sostitutiva) rispetto a quella esistente al momento della proposizione del ricorso, tale da rendere certa e definitiva la inutilità della sentenza, per avere fatto venire meno per il ricorrente qualsiasi (anche soltanto strumentale o morale o comunque residua) utilità della pronuncia del giudice.

Tale circostanza deve però essere accertata con il massimo rigore, per evitare che la declaratoria di improcedibilità si trasformi in una sostanziale elusione del dovere da parte del giudice di pronunciarsi sulla domanda (Consiglio di Stato, IV, 21 agosto 2003, n. 4699).

Se, quindi, è vero che nel caso in cui venga impugnata la prescrizione contenuta in un piano urbanistico e nelle more del processo questa sia sostituita da altra analoga, non impugnata, si determina la improcedibilità del ricorso, in quanto l’eventuale annullamento del primo atto non determinerebbe alcun vantaggio alla parte ricorrente, comunque lesa dagli effetti della successiva pianificazione, deve escludersi la sopravvenuta carenza di interesse in caso di adozione di nuova variante urbanistica, non ancora approvata, in quanto dalla mera adozione di un nuovo piano regolatore consegue soltanto la obbligatoria applicazione di misure di salvaguardia.

Al riguardo la giurisprudenza ha da tempo affermato che in ordine alle misure di salvaguardia (conseguenza della mera adozione del piano) sussiste la facoltà ma non anche l’onere di impugnazione, potendosi attendere la piena efficacia della fattispecie, sicchè la delibera soltanto adottata, non determina, in pendenza del procedimento di approvazione, la “novazione” della fonte procedimentale del rapporto e non rende, pertanto, improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso contro la variante al pendente piano regolatore.

2. Una volta ritenuta erronea la declaratoria di rito adottata dal primo giudice, corre l’obbligo di esaminare la pretesa riproposta con l’atto di appello, nella quale la parte appellante rappresenta: 1) di avere acquistato terreno edificatorio nel Comune di Silvi catastalmente identificato;
2) di avere realizzato, in virtù di concessioni edilizie nn. 4592 del 1995 e 4911 del 1996 su tale fondo n. 2 fabbricati ad uso civile abitazione, e che si verificò un errore materiale sia del progettista che dell’Ufficio tecnico del Comune, entrambi non avendo accertato che una parte minima di uno dei due fabbricati ricadeva in piccola area riportata in catasto senza numerazione;
3) tale circostanza veniva rilevata dall’Ufficio del Territorio di Teramo, che assegnava alla piccola area il numero di particella 2194 e attribuiva la comproprietà della medesima e di parte del fabbricato al Comune di Silvi;
4) avverso tale ultimo provvedimento ricorreva dinanzi al giudice tributario l’attuale appellante e contemporaneamente il Comune accertava in sede istruttoria la inesistenza di strade su tale area, addivenendo poi alla soluzione di adeguare, previa adozione di Giunta Municipale n. 384 del 1998 e delibera di Consiglio Comunale n. 78 del 1998, la situazione catastale a quella reale, con conseguente cessione della proprietà di tale area n. 2194 alla società appellante a mezzo di atto pubblico sopra menzionato;
5) il giudizio dinanzi al giudice tributario si concludeva con dichiarazione di cessazione della materia del contendere, con “l’obbligo dell’Ufficio di intestare alla società appellata la particella n. 2194 e la sovrastante porzione di fabbricato”.

Nonostante tali fatti e, in particolare, nonostante l’obbligo di intestare la particella in questione unitamente alla sovrastante porzione di fabbricato (di cui si dava quindi atto), nella deliberazione di piano impugnata non venivano recepite le precedenti determinazioni e veniva rigettata la richiesta presentata sotto forma di osservazione, con la quale si rappresentava la esigenza di mutamento della destinazione da “viabilità urbana esistente” a “zona di completamento collinare” .

Il motivo di appello è quindi fondato, dovendo ritenersi illegittimo, oltre che contraddittorio con i precedenti comportamenti, l’operato del Comune che da un lato – al fine di evitare le incertezze createsi in precedenza – cede (con finalità anche di accertamento) la particella contestata, riconosce la destinazione reale dando atto della esistenza della sovrastante porzione di fabbricato e, dall’altro lato, non adegua a tale situazione di fatto e di diritto le generali previsioni di piano corrispondenti alla zona in questione, lasciando invece immutata la destinazione “a strada”.

3. Per le considerazioni sopra svolte, l’appello va accolto e, in conseguenza, in riforma della impugnata sentenza, va accolto il ricorso proposto in primo grado ai sensi di cui in motivazione.

Sussistono giusti motivi per disporre tra le parti la compensazione delle spese di giudizio del doppio grado.

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